Come è noto (vedi titolo
articolo del Secolo XIX) la Procura del Tribunale di Genova ha aperto una
inchiesta sullo sversamento nel canale tra la diga foranea e l’aereoporto di Genova
di materiale dai dragaggi per un totale di 700.000 m3.
L’accusa risulta essere quella
di avere smaltito illegalmente rifiuti potenzialmente classificati come
pericolosi.
Subito sono partite le
richieste di operatori e rappresentanti vari del mondo della portualità per
applicare normative che “aiutino” a realizzare in sicurezza (per chi?) le
operazioni di dragaggio. Leggo l’intervento di un autorevole ufficiale della
MMI (QUI)
che contesta la mancata approvazione
soprattutto attuazione del Piano Nazionale dei dragaggi.
Davvero il problema dei dragaggi deve essere affrontato in questo modo? Ma soprattutto in cosa consiste questo piano nazionale dei dragaggi? Perchè invece di cercare deroghe alle norme ambientali, come vedremo, non si mette al centro di ogni percorso decisionale prima di tutto la tutela di un bene collettivo come il nostro mare e le nostre coste?
Intanto rilevo come il
rischio che lo sversamento dei fanghi di dragaggio nel porto di Genova fosse al
limite se non oltre la legge vigente (peraltro, come vedremo, anche già troppo
permissiva) era chiaro sin dall’inizio.
La Cassazione con
sentenza Sez. III n. 45844 del 12 novembre 2019 ha affermato che “Ed
invero, a fronte della citata disciplina di cui al suindicato paragrafo 3.4.
dell’allegato tecnico al DM 173/2016, il Ministero dell’Ambiente e della tutela
del territorio e del mare con il <<Manuale della movimentazione dei
sedimenti marini (agosto 2006)>> ha significativamente evidenziato come
“in ambiente sommerso il semplice spostamento di sedimenti in aree
immediatamente contigue è compatibile unicamente in relazione al ripristino
della navigabilità in ambito portuale o di corsi d’acqua nonchè al fine di
realizzare imbasamenti di opere marittime o agevolare l’operatività portuale.
Tale attività viene ritenuta ambientalmente compatibile solo alle seguenti
condizioni:
i quantitativi
coinvolti siano inferiori a 25 .000 mc3;
i sedimenti coinvolti
siano di classe A (1 e 2) o di classe B1 […];
l’area sulla quale
vengono spostati i sedimenti abbia le caratteristiche fisiche, chimiche e
biologiche dell’area di provenienza;
sia da escludere
qualsiasi impatto su biocenosi sensibili presenti in loco”.
Non solo ma l’Allegato
Tecnico al D.M. 173/2016 (Regolamento recante modalità e criteri tecnici per
l'autorizzazione all'immersione in mare dei materiali di escavo di fondali
marini) indica la necessità di seguire specifici protocolli metodologici
riguardo la determinazione dei parametri eco-tossicologici: “Le metodologie
analitiche da utilizzare per la determinazione dei parametri fisici, chimici,
microbiologici ed ecotossicologici devono essere conformi a protocolli
nazionali e/o internazionali standardizzati o riportati su Manuali e Linee
Guida del Sistema Nazionale delle Agenzie.”
Ma al di la di questi aspetti giurisprudenziali e normativi in cosa consiste questa panacea (secondo l’ufficiale della MMI) del piano nazionale dragaggi?
L’articolo 6-bis del
Decreto Legge 77/2021 convertito nella legge 108/2021 (QUI)
afferma che al fine di consentire lo sviluppo dell'accessibilità marittima e
della resilienza delle infrastrutture portuali ai cambiamenti climatici entro
sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto (termine scaduto nel 2021), con decreto del Ministero delle
infrastrutture e della mobilità sostenibili e del Ministero per la transizione ecologica, di concerto con
il Ministero della cultura, previa
intesa in sede di Conferenza unificata Stato Regioni Città é approvato il Piano
nazionale dei dragaggi sostenibili, anche sulla base della programmazione delle
autorità di sistema portuale e delle regioni con particolare riferimento ai
programmi finanziati dal PNC e di ulteriori risorse europee, nazionali,
regionali e delle autorità di sistema portuale.
L'articolo 6-bis della legge 108/2021 prevede in particolare (qui ci sta la ciccia altro che piano dragaggi sostenibili): Le attività di dragaggio nelle infrastrutture portuali del territorio nazionale e nelle acque marino-costiere sono interventi di pubblica utilità e indifferibili e urgenti e costituiscono, ove occorra, variante al piano regolatore portuale e al piano regolatore del sistema portuale. Quindi si draga a prescindere dalle destinazioni contenute nel PRSP del demanio portuale? Sembrerebbe di si dalla lettera di questa nuova norma.
Insomma, una sorta di <<liberi tutti>>, o quasi, a dragare (una volta che il sito di dragaggio è inserito
in questo piano nazionale dragaggi) quando serve solo ed unicamente alle navi e
senza tenere conto delle destinazioni funzionali del demanio portuale con buona
pace di tutta la normativa di tutela ambientale e territoriale:
1. le linee guida del
Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici che prevedono obbligo di varianti ai
piani regolatori portuali quando l’’intervento comporti un aumento della
pressione ambientale
2. delle specificità dei siti dove i dragaggi avvengono e relativo potenziale sversamento in mare dei fanghi di risulta
3. delle norme europee sulla pianificazione degli spazi marittimi questa si sostenibile. Non casualmente l'attuazione di detta normativa è stata rinviata e depotenziata come si legge nel punto 2.1.1. del Piano del Mare (QUI).
Ma per capire le vere
finalità di questo Piano Nazionale dragaggi sostenibili bisogna leggere il Piano
del Mare approvato con Delibera Comitato Interministeriale per le politiche del
mare (CIPOM) del 31 luglio 2023. Al punto 2.3.8 di detto Piano del Mare si
afferma: “E' dunque impellente la necessità di definire una normativa
nazionale - ad oggi ancora disorganicamente rintracciabile e differentemente
rivolta ai porti ricadenti e non ricadenti nei siti di interesse nazionale
- in cui siano definite in maniera olistica: (a) i criteri e le modalità
relative alla caratterizzazione dei sedimenti, alla valutazione della loro
qualità, nonché alla gestione di vari passaggi autorizzativi (ad esempio ai
fini dell'approvazione di un apposito Piano nazionale dei dragaggi
sostenibili) “.
In realtà le norme sui dragaggi ci sono eccome (ma non bastano alle lobby portuali) ma i veri obiettivi dal suddetto passaggio sono:
1.
togliere il Decreto sui dragaggi in aree marine oggetto di siti di bonifica
nazionali meno permissiva (QUI)
del Decreto che disciplina i dragaggi in tutte le altre aree comprese oggetto
di siti di bonifica regionali (QUI).
Cosa abbia prodotto questa seconda disciplina ne è ottimo esempio il porto di
Spezia con una gestione dei dragaggi finita con la prima sentenza sui delitti
ambientali QUI.
2. permettere
di spandere i materiali di dragaggio, tutti, direttamente al largo delle coste
italiane. Qui come dire hanno già creato i presupposti legislativi per il
prossimo regolamento citato dal Piano del Mare sopra riportato. Infatti
con l’articolo 4 della legge 156/2021 (QUI)
è stato modificato l’articolo 184-quater (QUI)
del DLgs 152/2006 introducendo un nuovo comma 5-bis con un
indirizzo chiaro per il "riutilizzo" in ambienti marino costieri vale
a dire sversare in mare il materiale escavato. D'altronde il nuovo
comma 5-ter diventa norma di chiusura prevedendo un nuovo decreto che
disciplini questo "riutilizzo
Come si vede tutto si tiene norme permissive già prodotte, nuove in arrivo con la scusa del piano nazionale dragaggi sostenibili.
Il tutto condito ulteriormente con la notizia che il Ministro delle politiche del mare ha delegato al Cipom (Comitato Interministeriale per le politiche del mare) la stesura della ennesima riforma, in chiave ultra-semplificatoria, della disciplina dei dragaggi. Come afferma fonte (QUI) non certo tacciabile di ambientalismo estremista la delega viene conferita ad un: “un comitato d’esperti” composto in larga parte da lobbisti portatori di interessi vari (armatori, militari, think thank, ecc.) ma non esaustivi di quelli dal tema dragaggi toccati.”
La
delega per una nuova riforma dei dragaggi nasce dal Piano del Mare deliberato
proprio dal CIPOM ma siamo di fronte ad una ulteriore riforma voluta dalla
lobby portuale rimasta insoddisfatta della proposta di nuovo regolamento (QUI)
per la gestione delle terre e rocce di scavo nella parte che riguarda i
dragaggi che speravano invece di poter applicare il nuovo
regolamento (che permette di classificare le terre e rocce di scavo come
sottoprodotti e non più rifiuti) anche per lo sversamento in mare dei fanghi di
dragaggio.
Insomma,
l’obiettivo è chiaro attraverso il piano nazionale dragaggi e le nuove norme
semplificatorie in arrivo oltre a quelle esistenti: fare gestire i dragaggi e la
destinazione dei fanghi agli operatori portuali in accordo con le autorità
portuali.
DRAGAGGI
SOSTENIBILI SI CERTO PER LE FINANZE DEGLI OPERATORI PORTUALI
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