Letti
i motivi aggiunti (vedi QUI) presentati dalla Amministrazione Federici nell’ambito del ricorso da essa promosso contro
gli atti della Direzione Regionale per i Beni Culturali e della Soprintendenza
per i Beni Architettonici della Liguria che di fatto costringono l’Amministrazione a
presentare un nuovo progetto profondamente modificativo di quello a suo tempo
autorizzato con atto ora annullato dalla Soprintendenza nelle sue parti
principali.
Si
tratta di un documento complesso. Sugli aspetti più strettamente legali risponderemo nelle
sedi opportune, ora mi interessa mettere in rilievo le palesi e in alcuni casi
clamorose falsità e contraddizioni di questo atto, per non parlare delle offese
gratuite al Ministro Bray per le quali credo che gli estensori dovrebbero rispondere nelle sedi penali opportune: come ad esempio per la frase vergognosa che adombra
esplicitamente una sorta di scambio di favori tra il Ministro e il noto critico
d’arte Sgarbi. Ma su questo decideranno gli interessati se presentare querela o
meno.
Di
seguito invece voglio rilevare le falsità dell’atto presentato dal Comune
mettendo prima in rosso le citazioni dall’atto del Comune e poi successivamente
in nero i documenti ufficiali che le smentiscono
clamorosamente! Buona lettura…….
Afferma l’atto
del Comune: “ Inizialmente lo spazio
della piazza fu lasciato libero, essendo stati realizzati soltanto larghi marciapiedi
laterali ed uno centrale, dotato di alti e fini lampioni”
FALSO!
Afferma la
Soprintendenza nelle sue controdeduzioni, del 25/10/2013, alle osservazioni del Comune
nell’ambito della procedura di verifica dell’interesse culturale della piazza: “L’incongruità di tale valutazione prende
maggiore evidenza se si considera che le opere di pavimentazione in progetto
furono collaudate con deliberazione del Podestà dl 25/1/1937, ed il pagamento
fu completato nel novembre dello stesso anno. Nel mese di settembre 1937, per
contro, l’Ispettorato ai Giardini della città aveva avanzato il progetto per l’alberatura
della piazza, poi approvato nel mese di dicembre 1937 e consistente nella
piantagione di 12 piante di pino domestico lungo l’asse maggiore della piazza;
l’alberata fu realizzata e ultimata tra tale date e il luglio 1939, quando ne
fu deliberato il pagamento. Appare quindi evidente che l’alberatura centrale di
pini marittimi risulta, parte integrante della fase originaria di costruzione e realizzazione di piazza ( o
largo) Giuseppe Verdi.”
L’atto del
Comune afferma:”Non è certo che i pini oggi esistenti siano quelli posti a
dimora nel 1939, vi sono infatti testimonianze secondo le quali gli attuali
alti pini comuni sono stati collocati nella piazza dieci anni dopo la seconda
guerra mondiale”
FALSO!
A pagina 13 della Perizia del dott. Sani (commissionata
dalla stessa Amministrazione Federici) si afferma: “Si
tratta di dieci pini domestici (Pinus pinea L.), residuo di almeno dodici
esemplari, il cui impianto originario è abbastanza antico, in quanto può esser
fatto risalire, secondo la documentazione disponibile, intorno al 1939. Gli
alberi avrebbero quindi una età cronologica prossima a 75 anni o poco più (a
seconda del materiale utilizzato per la piantagione). Non si è ritenuto opportuno determinare con maggiore accuratezza
l’età cronologica degli alberi mediante estrazione della cosiddetta “carota” di
legno, in quanto l’età desunta sembra essere plausibile, stante le condizioni
di modesta fertilità del luogo. Tale determinazione, comunque, non contribuisce
alla delineazione del quadro diagnostico richiesto.”
Afferma l’atto
del Comune: “ È certo invece che i pini esistenti sono in parte pericolanti e, tutti
assai vicini alla fine del normale ciclo vitale proprio di queste piante…e che
la metà deve essere subito abbattuta per ragioni di sicurezza”
FALSO!
Afferma
la relazione sulla stabilità dei pini domestici di Villa Borghese a Roma: “in ambiente urbano la sua vita media oscilla tra i 110
e i 150 anni, con rari esemplari che raggiungono i 170 anni, in formazioni naturali ....può
raggiungere i 250 anni di età".
Afferma
la relazione del dott. Sani a pagina 70: “si ritiene consigliabile provvedere all’abbattimento in via
precauzionale e solo per ragioni di sicurezza. Gli alberi per i quali si
consiglia di applicare tale prescrizione sono il n° 9 e il n° 10. Ad essi si aggiunge
certamente il n° 1 che, sebbene non si sia eseguita la prova di trazione,
manifesta chiari segni di instabilità strutturale. Tutti gli altri alberi
esaminati sembrano registrare una condizione di pericolosità inferiore rispetto
a questa forma di cedimento”.
Afferma
il penultimo considerando del Decreto della Direzione Regionale per i Beni
Culturali sull’interesse culturale di Piazza Verdi:“specifiche
tecniche fitologiche, alla luce della pubblicistica in materia sono in grado di
curare e mantenere in situ esemplari arborei ammalorati, tramite azioni
prescritte e seguite dalla Soprintendenza competente”.
Afferma l’atto
del Comune: “A tale scopo il progetto ha
previsto l’eliminazione del filare centrale di pini comuni: presenza estranea
successivamente aggiunta, che ha l’effetto di impedire sia la percezione della
continuità prospettica delle due vie collegate dalla piazza; sia per le
dimensioni delle piante, del disegno architettonico dei circostanti edifici:
oltre ovviamente la realizzazione del predetto spazio pubblico polifunzionale.”
FALSO! Afferma la
Soprintendenza nelle sue controdeduzioni, del 25/10/2013, alle osservazioni del Comune
nell’ambito della procedura di verifica dell’interesse culturale della piazza: “L’articolata vicenda della costruzione di
Piazza Verdi si completa con la determinazione – ben inquadrata nel Piano
Regolatore Generale[1]
e concretizzata nel 1933 – della demolizione
del Politeama Duca di Genova e della costruzione del Palazzo delle Poste. La
nuova vocazione della piazza non è più solo quella di quinta scenografica a
fondale della via Chiodo e ideale contrappunto della facciata dell’Arsenale, ma
diviene quello di una piazza degli affari capace di una nuova centralità nella
vita urbana per l’importanza dei palazzi
pubblici che la circondano, ed in particolare dell’imponente volume del Palazzo
delle Poste”
Afferma l’atto
del Comune: “ Non è un fuor d’opera
rammentare che il Sindaco in carica è stato eletto nel 2012 al primo turno di
consultazione in base ad un programma che prevedeva la realizzazione del
progetto Vannetti Buren risultato vincitore, programma successivamente
approvato dal Consiglio Comunale contestualmente eletto”
FALSO!
Premesso che il Sindaco in avvio della campagna elettorale dichiarò
esplicitamente che il progetto di Piazza Verdi era sospeso per ragioni
economiche ( ciò nonostante il progetto fosse già stato selezionato e
finanziato dalla UE) e di questa dichiarazione esistono articoli di stampa già
ripubblicati anche negli ultimi mesi. Premesso ciò occorre ricordare, a proposito
di consenso al progetto e di rispetto
del Consiglio Comunale e dei suoi indirizzi, che in data 14/12/2009 il Consiglio
Comunale approvò a larga maggioranza un ordine del giorno che affermava:“ Impegna
il Sindaco ….. A trovare le forme con cui aprire, prima della stesura del
progetto definitivo, una fase partecipativa del consiglio comunale e della
città, affinché la comunità cittadina possa esprimersi sulla sistemazione
futura di piazza Verdi a cui la comunità stessa, guarda con grande interesse”.
Peccato che di tale percorso partecipativo non si è mai avuto riscontro prima
della selezione del progetto avvenuta il 4 febbraio 2010!
D’altronde
come peraltro ha dichiarato lo stesso Sindaco Federici in Consiglio Comunale:
1. la
Circoscrizione è stata coinvolta solo dopo la avvenuta selezione del progetto,
2. i
cittadini sono stati coinvolti in un convegno di presentazione del progetto
ormai vincitore,
3. gli
altri progetti partecipanti sono stati esposti a concorso ormai chiuso da
tempo.
Afferma l’atto
del Comune: “La relazione della
dott.ssa non è stata inviata alla
Soprintendenza con l’istanza del 8/5/2012 presentata per ottenere l’autorizzazione
alla esecuzione del progetto, rilasciata con atto del 6/11/2012”
FALSO!
E’ impossibile che la Soprintendenza non
fosse a conoscenza della suddetta relazione per un motivo temporale e per un
motivo fattuale (anzi documentale).
Il
motivo temporale è che il bando a cui la
relazione è allegata è del 2009 e la
selezione del progetto avviene nel 2010.
Il
motivo fattuale è contenuto nelle premesse del Decreto di annullamento della
autorizzazione del 6/11/2102, emanato dalla Soprintendenza in data 15/11/2013.
Afferma testualmente tale Decreto, al quarto “premesso che”: “nel corso dell’esame istruttorio del
progetto la Soprintendenza si avvaleva di una relazione storica redatta dalla
dott.ssa Marzia Ratti, dirigente per i servizi culturali del Comune di Spezia,
nel 2009 per il bando di progettazione di piazza Verdi“.
E’
proprio questa relazione che costituirà elemento decisivo per sviare la
Soprintendenza nella valutazione dell’interesse storico della piazza nella
istruttoria che porterà alla autorizzazione, ora annullata, del 6/11/2012.
Afferma l’atto
del Comune: “ Riteneva il Comune che la
verifica di interesse culturale fosse già attivata di ufficio dal Ministero e
comunicava che avrebbe fatto avere tutta la documentazione utile a tale
verifica come in effetti è avvenuto successivamente con lettera del 20/6/2013”.
FALSO!
Nella autorizzazione del novembre 2012 la
Soprintendenza afferma: ““si invita codesto Ente (Comune di Spezia ndr) ad avviare
presso la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della
Liguria la necessaria procedura di verifica dell’interesse relativo
all’immobile medesimo”. Quindi all’epoca non ci fu nessun avvio di
ufficio ma una richiesta, rivolta al Comune proprietario dell'immobile piazza Verdi, di approfondimento istruttorio nelle more della
esecuzione del progetto, approfondimento che il Comune non ha mai avviato.
Infatti il Comune interviene nel procedimento di verifica solo dopo l’avvio di
questo da parte della Soprintendenza in data 17/7/2013. In particolare il
Comune presenta le proprie osservazioni
con nota protocollo n. 87477 del 10/10/2013 . A conferma di ciò si veda
quanto affermato dalla Soprintendenza nell’atto di avvio di ufficio della
procedura di verifica in data 19/7/2013 secondo il quale:
“… accertato
altresì che ad oggi nessun affidamento può essersi ingenerato in capo a codesto
Comune, considerato che già con nota prot.n. 33062 del 6/11/2012 veniva
precisata la necessità di procedere con la verifica dell’interesse culturale…”
Afferma l’atto
del Comune “Il Comune non è a conoscenza
di formali provvedimenti del Ministero con i quali esso abbia prescritto o
richiesto agli organi periferici del Ministero e o al Comune di sospendere o
abbia sospeso l’esecuzione del progetto
e l’atto di sua approvazione del 6/11/2012 o abbia avocato a se la decisione
sul progetto stesso e su lavori.
FALSO E TENDENZIOSO!
Si tratta di affermazione assolutamente non
fondata ma anche tendenziosa perché tendente appunto a rimuovere la realtà
normativa che dovrebbe essere ben nota agli estensori dell’atto in
questione. Infatti come è noto il Ministero
ha sui beni culturali un potere di
vigilanza generale di cui all’articolo 18 del Codice. Questo potere il Ministero
ha esercitato segnalando la lacuna istruttoria
e chiedendo che Direzione Regionale per i Beni Culturali e Soprintendenza verificassero
la fondatezza di tale lacuna. Quindi non può esserci stato nessun atto del
Ministero semplicemente perché gli atti
di amministrazione attiva spettano ai suddetti organi periferici del Ministero attivati
da quest’ultimo proprio esercitando i suoi potere generali di vigilanza.
Afferma l’atto
del Comune: “Il Ministro non può
revocare, riformare o avocare a se o altrimenti adottare provvedimenti o atti
di competenza dei dirigenti”
TENDENZIOSO! Infatti non c’è stato
nessun atto del Ministro, la sospensione del giugno 2013 è arrivata con atti
della Direzione Regionale e della Soprintendenza.
Afferma l’atto
del Comune: “ Sussistono i vizi rubricati
poiché la Direzione Regionale :
- Ha disapplicato l’atto soprintendenti zio di
autorizzazione del 6/11/2012 e ne ha disconosciuto e sospeso gli effetti pur
essendo a tal fine incompetente
- Ha ignorato la decisiva circostanza che nell’autorizzazione
del 6/11/2012 la Soprintendenza aveva escluso ogni valore artistico e storico
ai vegetali arborei”
FALSO!
Sul primo interlinea: La Direzione invita a non procedere ai lavori in quanto in carenza
della procedura di verifica dell’interesse culturale; invito poi recepito con atto di sospensione da parte della Soprintendenza. In tal modo la Direzione Regionale ha esercitato quanto
previsto dalla lettera a) comma 3 articolo 17 del Regolamento di Organizzazione del Ministero cioè i poteri di direzione, indirizzo,coordinamento, controllo e, solo in caso di necessità ed
urgenza, avocazione e sostituzione, verso le Soprintendenze.
Sul secondo interlinea: la autorizzazione del novembre 2012 non cita il
filare proprio perché depistata dalla relazione della dott.sa Ratti e soprattutto dalla mancata procedura di verifica
dell’interesse culturale della piazza non avviata dal Comune nonostante la
richiesta contenuta nella autorizzazione del novembre 2012.
Afferma l’atto del Comune: “per l’ipotesi non creduta che gli atti di sospensione siano ritenuti
espressione del potere ex articolo 28
comma 2 Codice essi sono comunque illegittimi in quanto tale potere è
esercitabile solo in carenza di atti autorizzativi, mentre nella specie è
intervenuta l’autorizzazione del 6/11/2012”.
FALSO!
Recita il citato comma 2 articolo 28 " 2. Al soprintendente spetta altresì la
facoltà di ordinare l'inibizione o la sospensione di interventi relativi alle
cose indicate nell'articolo 10, anche quando per esse non siano ancora intervenute
la verifica di cui all'articolo 12, comma 2, o la dichiarazione di cui
all'articolo 13."
Afferma l’Atto
del Comune: “ f) il progetto della
sistemazione di Piazza Verdi approvato con delibera del Podestà del 10/4/1934
non ha assolutamente previsto l’alberatura del marciapiede centrale”
FALSO!
Il
28 settembre 1937 l’Ispettorato ai giardini, riscosso il parere positivo del
Delegato Podestarile ai giardini e passeggiate, avanzava l’opportunità di
alberare la Piazza in seno ad un progetto di messa a dimora di nuovi alberi e
di creazione di masse di verde che interessava, oltre a piazza Verdi, le nuove
arterie viarie (via XXIV Maggio e via Vittorio Veneto) aperte in seguito agli
importanti progetti di espansione della Città verso est realizzati proprio in
quegli anni[2].
È
significativo che il Podestà avesse incaricato una Commissione Edilizia per
esprimere un parere esclusivamente sulla piantumazione dei pini in piazza Verdi
e non per le altre zone della Città. Possiamo ritenere infatti che il filare di
pini domestici sulla Piazza, nelle intenzioni dell’epoca, avesse una ‘valenza
architettonica’ all’interno della Piazza stessa e rivestisse non soltanto una
funzione estetica ma costituisse un elemento di raccordo – visivo e simbolico –
tra le due grandi strade (via Domenico Chiodo e via Vittorio Veneto) che essa
mette ancora oggi in collegamento, dunque tra la città vecchia e la città nuova[3].
P.S.
Una
delle poche affermazioni vere dell’atto del Comune è questa: “ L’annullamento (della autorizzazione ndr)
impedisce la realizzazione della parte più importante e qualificante del
progetto approvato dal Comune”. Si è proprio così e quindi il Comune deve
presentare un progetto alternativo come richiesto correttamente dalla
Soprintendenza con il Decreto di annullamento della autorizzazione del
6/11/2012.
[1] “Il Piano Regolatore generale della Città (nella relazione
del Gruppo degli Urbanisti Romani), Comune della Spezia. Rassegna
Municipale, 1933, pag. 12
[2] Cfr. Comune della Spezia. Deliberazioni del Podestà. 1937. Vol III, pag.
879, n.12/847, delibera del 6 novembre 1937,
Piantagioni lungo le strade e
nelle piazze cittadine.
[3] Ipotesi che si pone in perfetta
antitesi con l'interpretazione formulata dalla dott.ssa Ratti nella relazione
accompagnatoria al bando dove, unitamente all’errore di datazione dell’età dei
pini, commenta: “(…) il collegamento con via Veneto è stato attuato e l’unica
direttrice via Chiodo-via Veneto è ben percepibile dalla piazza che non
ha alberature centrali, che saranno messe a dimora solo nel dopoguerra con
incomprensione totale del senso della piazza stessa e delle prospettive che da
essa si aprivano su via Chiodo da una parte e su via Veneto dall’altra (…).
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