La Corte Costituzionale con sentenza n° 86/2019 (QUI) si occupa della legittimità costituzionale di una norma della Regione
Basilicata sulle c.d. aree di rispetto cio+ quelle aree dove non é possibile autorizzare l'installazione di impianti
alimentati da fonti rinnovabili secondo le modalità e
prescrizioni indicate nel comma 1 di
detta norma regionale.
LE REGIONI DEVONO RISPETTARE I CRITERI LOCALIZZATIVI DELLE LINEE GUIDA NAZIONALI SALVO CONCORDARLI CON LO STATO SECONDO APPOSITI PROTOCOLLI IN SEDE DI PIANIFICAZIONE PAESAGGISTICA
Tale
norma regionale è stata approvata, unilateralmente, in contrasto con le linee guida nazionali
(D.M. 10/9/2010 , per il testo completo vedi QUI) sui criteri di realizzazione
e localizzazione di impianti da fonti rinnovabili ma anche con il
Protocollo di Intesa (2011) con il MIBAC e con
il MATTM, in vista della elaborazione congiunta del
piano paesaggistico regionale. In particolare in quel Protocollo, le parti avevano stabilito di
individuare prioritariamente e congiuntamente la metodologia per il riconoscimento delle aree non
idonee alla localizzazione degli impianti
da fonti rinnovabili, ai sensi del d.m. 10 settembre 2010 e sulla base dei
criteri di cui all'Allegato 3 paragrafo 17 Criteri per l'individuazione di aree non
idonee del citato DM (art. 4 del Protocollo).
La
sentenza ha dichiarato altresì la illegittimità costituzionale dell’allegato
alla norma regionale con la quale sono state previste regole
inerenti alla realizzazione e all'esercizio di impianti di energia da fonti rinnovabili. In questo modo, secondo la sentenza della Corte Costituzionale, il legislatore regionale stabilendo in via generale e unilaterale, senza istruttoria e valutazione in concreto
dei luoghi in sede procedimentale, l'individuazione delle aree
non idonee all'installazione degli impianti di energia da fonti
rinnovabili
e anche quella delle aree idonee, previa abrogazione dei criteri individuati
congiuntamente con gli organi statali, ha violato non solo l'impegno assunto
con il Protocollo di intesa del 2011 (citato sopra) ma anche i criteri fissati
dal paragrafo 17 delle linee guida di cui al d.m. 10
settembre 2010. Tali criteri impongono, fra l'altro, un'istruttoria adeguata, volta a
prendere in considerazione tutti gli interessi coinvolti, nonché la descrizione
delle incompatibilità riscontrate con gli obiettivi di protezione
ambientale e puntuali atti di programmazione.
CRITERI PER IL RILASCIO DELLA PROCEDURA ABILITATIVA SEMPLIFICATA (PAS) AGLI IMPIANTI DA FONTI RINNOVABILI
Infine
la Corte Costituzionale è intervenuta sulla norma regionale che ha introdotto
ingiustificati aggravi alla realizzazione e all'esercizio degli impianti solari fotovoltaici di potenza fino a 200 kW, da collocare
a terra. In particolare la norma regionale fa discendere la applicazione della
Procedura abilitativa semplificata (PAS) al rispetto di condizioni diverse da
quelle statali (DLgs 387/2003 dlgs 28/2011 e DM 10/9/2010, in mancanza di
rispetto di tali condizioni non si applica la PAS ma la più complessa
autorizzazione unica.
La norma regionale quindi si pone in contrasto, in
particolare, con il DLgs. n. 28 del
2011 che ha disciplinato le varie ipotesi in cui l'installazione di impianti di
energia da fonti rinnovabili é possibile all'esito di una procedura
semplificata (la PAS). In questo quadro
risulta evidente che la norma regionale
impugnata, nella parte in cui stabilisce
condizioni diverse e aggiuntive rispetto a quelle prescritte dal
legislatore statale per il rilascio della PAS, introduce previsioni che si traducono in ingiustificati aggravi per
la realizzazione e
l'esercizio degli impianti in
questione, in contrasto con il principio fondamentale di massima diffusione
delle fonti di energia rinnovabile, stabilito
dal legislatore statale in
conformità alla Direttiva 2001/77/CE (sentenze n. 177 del 2018 e
n. 13 del 2014;
nello stesso senso, sentenza n.
44 del 2011).
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