La recente
discussione apertasi sulla lettera della società Recos che propone un “ristoro
ambientale” per i Comuni
territorialmente contermini ( se non addirittura ospitanti) al proposto
biodigestore (trattamento rifiuti organici) nella provincia spezzina ha due
aspetti paradossali. Perché paradossali? Perché quando si propongono scelte che
possono incidere pesantemente sulla qualità della vita dei cittadini occorre
massima chiarezza prima di tutto sul rispetto delle procedure di legge, cosa
che non risulta dal caso in esame. Ma vediamoli questi due aspetti paradossali:
Il primo, di
cui ho già trattato QUI, riguarda la mancanza di chiarezza del sito
dove dovrà finire il biodigestore nonostante sia stato approvato lo scorso
agosto (dal Consiglio Provinciale e dal Comitato di Ambito Regionale) un piano
con un sito preciso.
Il secondo
riguarda invece il fondamento normativo del "ristoro ambientale" da cui nasce la proposta di Recos. La
questione non è secondaria intanto perché a seconda del fondamento normativo
che giustifica il “ristoro ambientale” discendono procedure di autorizzazione
diverse dell’impianto in questione, e inoltre perché trattandosi di una
compensazione ambientale deve rispettare determinati parametri normativi nazionali ed europei in materia di compensazioni del danno ambientale
potenziale e/o reale.
IL FONDAMENTO NORMATIVO DEL “RISTORO
AMBIENTALE” E LE PROCEDURE AUTORIZZATORIE DEL BIODIGESTORE
Gli impianti
come il biodigestore proposto hanno due procedure di legge per la loro
autorizzazione a seconda che vengano considerati impianti di utilizzo di fonti
assimilate alle rinnovabili o impianti di trattamento rifiuti.
Nel primo
caso entra in gioco la normativa del DLgs 387/2003 ed in particolare il comma 3 [NOTA 1]
dell’articolo 12 Autorizzazione Unica
di seguito AU (vedi QUI) .
Nel secondo caso entra in gioco la
disciplina della Autorizzazione
Integrata Ambientale di seguito AIA
(titolo III-bis Parte II del DLgs 152/2006 : QUI).
A mio avviso
i biodigestori sono impianti di trattamento rifiuti ma in Liguria le
istituzioni competenti (Regioni e Province) non hanno le idee chiare in
proposito, tanto che il biodigestore di
Cairo Montenotte è stato autorizzato con AIA mentre per il biodigestore di Isola del Cantone (peraltro per
il momento bocciato dal TAR Liguria) si è scelta la strada dell’AU.
Comunque
tornando al prospettato “ristoro ambientale” prospettato dalla società Recos
per il biodigestore spezzino in entrambe le procedure autorizzatorie sopra
esposte sono previsti strumenti di compensazione ambientale ma sulla base di
precisi parametri normativi.
COMPENSAZIONI AMBIENTALI IN CASO
DI AU DEL BIODIGESTORE TRATTATO COME IMPIANTO ASSIMILABILE ALLE FONTI RINNOVABILI
Il comma 6 articolo 12 del DLgs 387/2003 e s.m.i. recita: “6.
L'autorizzazione non può essere subordinata né prevedere misure di
compensazione a favore delle regioni e delle province.” Questo significa
che questi Enti non possono obbligare i proponenti dei progetti autorizzati con
questa procedura a versare compensazioni monetarie ai territori.
Però possono prevedere compensazioni ambientali, ciò è previsto dal Decreto del Ministero dello Sviluppo
Economico del 10 settembre 2012 (QUI)
che ha approvato le Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati
da fonti rinnovabili.
In
particolare i punti 14.15 della Parte 3 e
16.15. della Parte 4 di detto Decreto prevedono che: “Le amministrazioni competenti determinano in sede di riunione di
conferenza di servizi eventuali misure di compensazione a favore dei Comuni,
di carattere ambientale e territoriale e non meramente patrimoniali o
economiche, in conformità ai criteri di cui all'allegato 2 delle presenti
linee guida. Le suddette misure di compensazione potranno essere anche
individuate in riferimento agli impatti
negativi non mitigabili anche in attuazione dei criteri di localizzazione
territoriali – progettuali ed energetici di cui al punto 16.1”.
Molto
interessante per capire su quali basi possano essere previste misure di
compensazione ambientale (ribadisco non patrimoniale o monetaria) è analizzare
sinteticamente quanto afferma il sopra citato allegato 2 al Decreto Ministeriale 10 settembre 2012:
1. le misure di compensazione
devono essere inserite all’interno della autorizzazione unica. L'autorizzazione
unica comprende indicazioni dettagliate sull'entità delle misure compensative e
sulle modalità con cui il proponente provvede ad attuare le misure
compensative, pena la decadenza dell'autorizzazione unica;
2. le misure di compensazione e di
riequilibrio ambientale e territoriale sono determinate in riferimento a concentrazioni
territoriali di attività, impianti ed infrastrutture ad elevato impatto
territoriale», con specifico riguardo alle opere in questione;
3. le misure compensative devono
essere concrete e realistiche, cioè
determinate tenendo conto delle specifiche caratteristiche dell'impianto e del
suo specifico impatto ambientale e territoriale;
4. le misure compensative sono definite in sede di conferenza di servizi,
sentiti i Comuni interessati, anche sulla base di quanto stabilito da eventuali
provvedimenti regionali e non possono
unilateralmente essere fissate da un singolo Comune e quindi tanto meno da
chi propone il progetto da autorizzare (come sta accadendo nel caso spezzino sulla base della lettera della società Recos;
5. se il progetto è sottoposto a Valutazione di Impatto Ambientale (VIA)
si applicano prima di tutto le misure di compensazione ambientale previste dal
provvedimento finale che conclude la VIA. Ora è noto agli addetti ai lavori che i biodigestori come quello proposto a
Spezia sono sottoponibili sicuramente a VIA.
Quindi, per tornare al bodigestore spezzino e con
buona pace di Recos, se si sceglie la
procedura della AU le misure di compensazione devono rispettare i suddetti
criteri e non possono essere fondate, come sembra in questa lettera, sul numero
dei residenti. Con questa impostazione non si produce un ristoro ambientale ma
si fa monetizzazione della salute o al massimo si regala una mancia ai Comuni
magari per renderli più disponibili a tollerare il sito scelto dall’impianto e
comunque, a prescindere da tutto questo si violano gli indirizzi di legge sopra
descritti.
IL FONDAMENTO NORMATIVO DEL
RISTORO AMBIENTALE NELLA PROCEDURA DI AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE DEL
BIODIGESTORE
Se la
procedura di autorizzazione del biodigestore scelta è quella dell’AIA allora
rileva quanto previsto dal comma 15 articolo 29-quater del DLgs 152/2006: “15. In considerazione del particolare e
rilevante impatto ambientale, della complessità e del preminente interesse
nazionale dell'impianto, nel rispetto delle disposizioni del presente decreto, possono
essere conclusi, d'intesa tra lo Stato, le regioni, le province e i comuni
territorialmente competenti e i gestori, specifici accordi, al fine di
garantire, in conformità con gli interessi fondamentali della collettività,
l'armonizzazione tra lo sviluppo del sistema produttivo nazionale, le politiche
del territorio e le strategie aziendali. In tali casi l'autorità
competente, fatto comunque salvo quanto previsto al comma 12, assicura il
necessario coordinamento tra l'attuazione dell'accordo e la procedura di
rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale. Nei casi disciplinati dal
presente comma i termini di cui al comma 10 sono raddoppiati.”
Anche in
questo caso i parametri per i “ristori ambientali” (per usare il linguaggio confuso della lettera della società Recos nel caso spezzino) sono chiari e netti per
arrivare a stipulare gli accordi di cui tratta la sopra citata norma:
1. il rilevante impatto ambientale
dell’impianto che deve ricevere l’AIA,
2. la complessità dell’impianto in
questione
3. il rilevante interesse nazionale e/o regionale
dell’impianto,quindi cmq sovra locale.
Questi tre
parametri di riferimento dovranno essere attuativi delle
disposizioni del DLgs 152/2006, in materia di AIA.
E’ chiaro
quindi come il riferimento alle politiche del territorio e alle strategie
aziendali sia riferito al rapporto tra l’impianto da autorizzare (secondo i
principi del DLgs 152/2006) e il territorio in cui dovrà essere collocato.
Ciò è
confermato dal penultimo capoverso del comma, sopra riportato,
secondo il quale l’autorità competente al rilascio dell’AIA (in questo
caso la Provincia) deve svolgere un ruolo di garanzia nel coordinare
quanto emerge dalla istruttoria dell’AIA e l’accordo stesso.
In sostanza
l’accordo dovrà attuare le prescrizioni emerse dall’AIA in chiave
socioeconomica ma strettamente inerenti il rapporto tra modello gestionale
dell’impianto e il territorio e le sue politiche. Dove per modello
gestionale si intende in primo luogo: potenza, tipo/quantità rifiuti trattati, tecniche e
tecnologie disinquinanti.
Quindi,
sotto il profilo del dettato della norma vigente, non è possibile
utilizzare accordi, come quelli previsti dal comma 15 articolo 29-quater, per produrre logiche di monetizzazione della salute o di mero rimborso monetario anche sotto le spoglie di un "ristoro ambientale".
Insomma ci
deve essere una correlazione diretta tra gli investimenti previsti
nell'accordo e le politiche ed interventi di mitigazione dell'impatto
ambientale e sanitario dell’impianto previsto .
Quindi:
- tutta un'altra cosa della “elargizione” unilaterale (una sorta di "mancia per il disturbo") che propone Recos in base all’assurdo criterio del numero dei cittadini
residenti nel Comune.
- non si possono prevedere elargizioni
come propone Recos senza prima aver definito il sito dell’impianto, il tipo di
impianto e gli impatti che potrebbe produrre.
COME DEFINIRE LE AMMINISTRAZIONI
DA COINVOLGERE NELLE COMPENSAZIONI AMBIENTALI IN CASO DI AIA PER IL
BIODIGESTORE
Il comma 2
articolo 9 DLgs 152/2006 prevede che nel processo/procedimento che porta al
rilascio dell’AIA e agli atti ad esso collegati (vedi appunto gli accordi di
cui al citato comma 15 articolo 29-quater DLgs 152/2006) debbano essere
acquisiti: “gli elementi informativi e le
valutazioni delle altre autorità pubbliche interessate”. Non solo ma il
comma 3 dell’articolo 9 del DLgs 152/2006 prevede in modo ancor più chiaro: “Nel rispetto dei tempi minimi definiti per
la consultazione del pubblico, nell'ambito delle procedure di seguito disciplinate,
l'autorità competente può concludere con il proponente o l'autorità procedente
e le altre amministrazioni pubbliche interessate accordi per
disciplinare lo svolgimento delle attività di interesse comune..”
Risulta con
chiarezza che le eventuali amministrazioni interessate a compensazioni ambientali
frutto di accordi con il proponente del progetto di biodigestore, dovranno
essere individuate sulla base dell’impatto diretto producibile dal prospettato
impianto.
Non a caso
la procedura di consultazione dell’AIA viene definita dalla lettera t) comma 1
articolo 5 del DLgs 152/2006 come: “l'insieme
delle forme di informazione e partecipazione, anche diretta, delle
amministrazioni, del pubblico e del pubblico interessato nella raccolta dei
dati e nella valutazione dei piani, programmi e progetti”. Anche qui
si fa riferimento genericamente alla definizione di “amministrazioni” senza
collegamenti diretti alla circoscrizione territoriale di competenza. [NOTA 2]
Conta l’impatto potenziale quindi
altro che numero di abitanti del Comune come prevede la lettera di Recos!
IL NECESSARIO RISPETTO DELLA NORMATIVA SUL DANNO AMBIENTALE
Quanto sopra
va ulteriormente integrato con la normativa sul risarcimento danno ambientale
che non si limita a prevedere una compensazione in chiave di confini
amministrativi ma solo di misurato e verificato impatto ambientale e sanitario.
Infatti l’idea
contenuta nella lettera di Recos (sui “ristori ambientali” per il progetto di
biodigestore spezzino) risulta anche in contrasto con i criteri della
Direttiva sul risarcimento danno ambientale 2004/35/CE. Mi riferisco
quindi ad una norma europea (non ad interpretazioni dottrinali) che è stata
recepita in Italia attraverso gli articoli da 299 a 318 del TU ambiente DLgs
152/2006. In particolare nella citata direttiva 2004/35 le misure di
compensazione del danno ambientale alternative alle misure dirette di
ripristino ambientale sono così definite : “ La compensazione consiste in ulteriori miglioramenti alle specie e agli
habitat naturali protetti o alle acque nel sito danneggiato o in un sito
alternativo. Essa non è una compensazione finanziaria al pubblico”.
CONCLUSIONI
Quindi mi
aspetto, alla luce di quanto sopra esposto, un chiarimento da parte delle
Amministrazioni competenti e/o interessate (Regione, Provincia e Comuni
spezzini):
1. sul tipo di progetto di
biodigestore da realizzare, comprese le quantità di rifiuti da gestire nello stesso;
2. sul tipo di procedura da
adottare per autorizzare il biodigestore;
3. sul rispetto o meno, in
relazione al sito dove collocare il biodigestore, della pianificazione vigente;
4. su quali riferimenti normativi
si fondano eventuali compensazioni ambientali per i i Comuni interessati dal
potenziale impatto del biodigestore.
Sia chiaro
il punto 4 deve discendere da un chiarimento dei primi 3 punti come ho spiegato sopra.
Fino al suddetto chiarimento qualsiasi trattativa economica (palese od occulta) sulle compensazioni
monetarie per la realizzazione del progetto di biodigestore, risulterebbe non
solo contro la normativa ampiamente spiegata nel post qui pubblicato ma
soprattutto contro la dignità di istituzioni elette dai cittadini e non proprietà
di chi le amministra.
[1] 3. La costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di
energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica,
potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti
dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture
indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono
soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province
delegate dalla regione, ovvero, per impianti con potenza termica installata
pari o superiore ai 300 MW, dal Ministero dello sviluppo economico, nel
rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela
del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, che costituisce, ove occorra,
variante allo strumento urbanistico.
[2] Sul concetto ampio di autorità
e/o amministrazione pubblica interessata partecipante ai procedimenti a
rilevanza ambientale si veda la copiosa giurisprudenza amministrativa in
materia secondo la quale: “È ammissibile il ricorso dell’amministrazione
comunale che non ha partecipato alla conferenza dei servizi ad impugnare
provvedimenti regionali di approvazione del progetto per la localizzazione e la
realizzazione della discarica di rifiuti speciali non pericolosi quando, per la
prossimità dell’opera al territorio comunale, possono derivare alla comunità
effetti negativi dall’attivazione dell’impianto” (TAR Lombardia sez.
Brescia 19/9/2000 n. 696). Non solo ma ancora più precisamente e autorevolmente
gli enti locali interessati ad essere coinvolti nei procedimenti decisionali a
rilevanza ambientale: “ sono quelli i cui interessi vengono coinvolti
dalla decisione della Autorità Competente al rilascio della autorizzazione e,
quindi, non solo quelli nel cui territorio viene ubicato l’impianto , ma
anche quelli la cui popolazione potrebbe subire danni dall’attuazione
delle scelte delle aree interessate” Consiglio di Stato sezione
IV 3/12/1992 n. 1001 . Quindi secondo la sentenza gli enti locali
interessati vanno individuati secondo un criterio applicabile ex
ante per il quale già in sede procedimentale debbono far parte
della conferenza i rappresentanti dei Comuni il cui territorio e i cui
abitanti possono essere coinvolti dalla opera di cui si è chiesta
l’autorizzazione . Il criterio dovrà essere verificabile caso per caso tenuto
conto di vari fattori quali :
1. la
situazione geomorfologia del territorio interessato dall’opera progettata
2. potenziali
inquinamenti aree attigue tenuto conto della mappatura delle falde
e senza dimenticare la possibilità di dispersione di inquinanti
3. la
compatibilità degli insediamenti e della destinazione urbanistica delle aree
limitrofe con il costruendo impianto
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