L’Amministrazione Comunale spezzina dichiara che farà
causa al Ministro Bray per il famoso “tweet” con il quale dichiarava che il
Comune avrebbe dovuto svolgere la verifica di interesse culturale di Piazza
Verdi prima di iniziare i lavori del progetto di riqualificazione della stessa.
A questo punto sorgono due domande inevitabili:
1. il Comune ha dei fondamenti legali
forti per attivare questa causa e soprattutto chiedere poi un eventuale
risarcimento danni all’ex Ministro?
2. la sentenza del Consiglio di Stato che
dette ragione al Comune sul progetto Buren Vannetti contiene elementi che
possano sostenere la tesi risarcitoria del Comune?
A mio avviso no e spiego perché:
COSA DICE LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO
SULLE RESPONSABILITÀ DEL MINISTRO BRAY
sotto il profilo giurisprudenziale il Consiglio di Stato ha respinto l'appello
incidentale del Comune che chiedeva la riforma della sentenza del TAR Liguria
nella parte in cui non aveva annullato il "famoso"
tweet.
Non solo, ma il Consiglio di Stato nella parte finale della
sentenza afferma: “il Collegio osserva che gli atti dell’autorità politica,
limitati all’indirizzo, controllo e nomina ai sensi del decreto legislativo
n.165 del 2001, debbono pur sempre concretarsi nella dovuta forma tipica
dell’attività della pubblica amministrazione (Cons. Stato, V, 24 settembre
2003, n.5444, Cassazione civile, sezione II, 30 maggio 2002, n.7913; III, 12
febbraio 2002, n.1970), anche, e a maggior ragione, nell’attuale epoca di
comunicazioni di massa, messaggi, cinguettii, seguiti ed altro, dovuti alle
nuove tecnologie e alle nuove e dilaganti modalità di comunicare l’attività
politica.”
Quindi il Consiglio di Stato sostanzialmente dice che
per avere valore giuridico amministrativo il “tweet” deve tradursi in un atto
amministrativo. È proprio quello che è avvenuto da parte della Direzione
Regionale e della Soprintendenza.
Quindi dove sta il problema?
In realtà se come poi è avvenuto, sotto il profilo
giuridico, le decisioni della Soprintendenza sono risultate illegittime per TAR
e Consiglio di Stato, l’azione del Ministero non è stata oggetto di alcun
annullamento diretto. Questo perché non c’era alcun motivo per farlo, essendo
il concetto di “spia da eccesso di potere”,
riferito al tweet di Bray, rimasto allo stato della semplice descrizione
nelle motivazioni del Consiglio di Stato.
IL RUOLO SVOLTO DAL MINISTRO BRAY, SOTTO IL
PROFILO ISTITUZIONALE, RIENTRA PIENAMENTE NELLE SUE FUNZIONI
Ma sul ruolo dell’ex Ministro Bray nella
vicenda di Piazza Verdi voglio svolgere un ragionamento più articolato sotto
il profilo giuridico amministrativo. Per una ragione molto semplice. Ci
lamentiamo sempre che il livello politico non esercita la sua funzione di
vigilanza sugli atti degli organi burocratici che dirige, vigilanza
riconosciuta dalla legge soprattutto ad un Ministro.
Bene in questo caso Bray lo ha fatto, che poi i
successivi atti, della Soprintendenza e non del Ministro, siano stati dichiarati illegittimi è un altro
discorso, ma resta il fatto che il Ministro ha esercitato un suo potere ex lege
come preciso di seguito.
ll Ministro ha sui Beni Culturali un potere di
vigilanza generale di cui all’articolo 18 del Codice. Questo potere il
Ministero ha esercitato segnalando la potenziale lacuna istruttoria e
chiedendo che Direzione Regionale per i Beni Culturali e Soprintendenza
verificassero la fondatezza di tale lacuna. La potenziale lacuna
istruttoria derivava dal mancato svolgimento della procedura di verifica
dell'interesse culturale della piazza nel suo insieme (pertinenze arboree
comprese), procedura che era stata ordinata come "necessaria" dalla
autorizzazione rilasciata nel novembre 2012.
Quindi non può esserci stato nessun atto del Ministero
semplicemente perché gli atti di amministrazione attiva spettano ai
suddetti organi periferici del Ministero attivati da quest’ultimo proprio
esercitando i suoi potere generali di vigilanza.
Affermano gli atti depositati dal Comune nei due
processi di fronte al Tar e al Consiglio di Stato:
“Il Ministro non può revocare, riformare o avocare a se o altrimenti
adottare provvedimenti o atti di competenza dei dirigenti”
Infatti non c’è stato nessun atto del Ministro, la
sospensione del giugno 2013 è arrivata con atti della Direzione Regionale e
della Soprintendenza.
Affermano gli atti depositati dal Comune:
“ Sussistono i vizi rubricati poiché la Direzione Regionale :
- Ha disapplicato l’atto soprintendentizio di
autorizzazione del 6/11/2012 e ne ha disconosciuto e sospeso gli effetti pur
essendo a tal fine incompetente
- Ha ignorato la decisiva circostanza che
nell’autorizzazione del 6/11/2012 la Soprintendenza aveva escluso ogni valore
artistico e storico ai vegetali arborei”
Sul primo interlinea: La Direzione invita a non
procedere ai lavori in quanto in carenza della procedura di verifica
dell’interesse culturale; invito poi recepito con atto di sospensione da parte
della Soprintendenza. La Direzione Regionale ha esercitato quanto
previsto dalla lettera a) comma 3 articolo 17 del Regolamento di
Organizzazione del Ministero cioè i poteri di direzione,
indirizzo,coordinamento, controllo e, solo in caso di necessità ed
urgenza, avocazione e sostituzione, verso le Soprintendenze.
Sul secondo interlinea: la autorizzazione del novembre
2012 non cita il filare proprio perché depistata dalla relazione della dott.sa
Ratti e soprattutto dalla mancata procedura di verifica dell’interesse
culturale della piazza non avviata dal Comune nonostante la richiesta contenuta
nella autorizzazione del novembre 2012.
I
RITARDI NELLE REALIZZAZIONE DEL PROGETTO
Peraltro la eventuale causa del Comune contro l’ex
Ministro non ha fondamento neppure sotto il profilo della dinamica del percorso
amministrativo del progetto.
Infatti due sono stati gli errori amministrativi che
hanno costituito, a prescindere dalle questioni di legittimità, i presupposti
per l’allungamento dei tempi di realizzazione del progetto:
1. la mancata effettuazione della verifica
dell’interesse culturale come aveva richiesto in tempi non sospetti (novembre
2012 quindi molto prima dell’intervento del Ministero del giugno 2013) la
stessa Soprintendenza (vedi QUI);
2. la mancata effettuazione della verifica
dell’interesse archeologico della Piazza anche questa richiesta in tempi non
sospetti (2012) da parte della competente Soprintendenza (vedi QUI).
CONCLUSIONI
In conclusione il fatto che gli atti della
Soprintendenza siano stati dichiarati illegittimi non inficia minimamente il
potere di vigilanza esercitato dal Ministero ne tanto meno il diritto di agire
che avevano Direzione Regionale e Soprintendenza nel quadro delle conoscenze e
della procedura al momento della sospensione del cantiere nel giugno
2013.
Non è vero quanto continuano ad affermare i “signori”
dell’Amministrazione Comunale spezzina che, secondo la sentenza del
Consiglio di Stato : “la Soprintendenza non poteva arbitrariamente
cambiare idea solo perché il ministro si era pronunciato contro il progetto via
twitter.”
Non sono questi i veri motivi che
hanno portato il Consiglio di Stato a pronunciarsi a favore del Comune. I
motivi invece sono questi due che riporto sinteticamente:
1. la Soprintendenza non poteva
sospendere il cantiere perché questo non è previsto dalla legge in caso di
mancanza della verifica di interesse culturale ma solo per mancanza della
autorizzazione ai lavori o per mancato rispetto delle prescrizioni
2. il filare non costituisce parte
integrante della definizione storico culturale della piazza in quanto
intervenuto in epoca successiva.
Sulla contraddittorietà di questa tesi del Consiglio
di Stato ho scrittoQUI,
ma ovviamente conta quello che ha deciso il Consiglio di Stato il cui
giudicato io rispetto nelle sue conseguenze giuridico amministrative anche se
costituisce mio diritto costituzionale criticarne le motivazioni.
Ma questo è altra cosa rispetto ad una eventuale causa
di risarcimento danni conto l’ex Ministro.
Resta in tutta questa vicenda la consapevolezza che
leggendo articoli di quotidiani, dichiarazioni di politici e di amministratori
e tecnici, ma anche tutto sommato quelle di molti critici al progetto Buren
Vannetti, in nessuno si manifesta la volontà di cogliere il vero nodo
politico della vicenda di Piazza Verdi: il modo in cui si discutono prima
e si decidono poi le scelte rilevanti per la città (vedi QUI).
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