giovedì 19 settembre 2024

Consiglio di Stato: il Comune può bloccare un impianto rifiuti con una variante urbanistica

Il Consiglio di Stato con sentenza n° n. 6758 del 26 luglio 2024 (QUI) ha considerato legittima la variante urbanistica e la successiva approvazione di un nuovo Piano urbanistico generale comunale con la quale vietava la costruzione di un impianto rifiuti in un’area che, prima di detta variante, prevedeva una destinaziona funzionale una discarica e una cava in attività, area nella disponibilità della società che voleva ampliare la attività di gestione rifiuti e coltivazione cava oltre che continuare le attività esistenti. Si smentisce ancora una volta, da parte della giurisprudenza, la interpretazione letterale dell’articolo 208 del DLgs 152/2006 per cui l’autorizzazione ad un impianto di gestione rifiuti una volta approvata costituisce automatica variante alla pianificazione urbanistica quanto meno comunale.

 

LA GIURISPRUDENZA PRECEDENTE ALLA NUOVA SENTENZA CHE CONFERMA I POTERI DEL COMUNE IN MATERIA DI PIANIFICAZIONE URBANISTICA

La sentenza si inserisce in un filone della giurisprudenza del Consiglio di Stato già analizzato in questo blog QUI, dove si citava la sentenza  n° 4734 del 2019 (QUI) che in relazione alla proposta di realizzazione di un impianto di trattamento rifiuti aveva affermato che è la Conferenza dei Servizi la sede dove verificare l’applicazione di detta automaticità, per cui solo in quella sede si potrà dimostrare che la applicazione della norma che prevede che la autorizzazione all’impianto costituisce variante automatica al PUC vigente non comporti impatti ambientali sociali ed economici non superabili.

Ancora prima si veda Consiglio di Stato sentenza 28/8/2008 n° 4097(QUI)  ha precisato che nella VIA “La conformità urbanistica del progetto alle previsioni urbanistiche comunali […] costituisce, contrariamente a quanto prevede l’appellante, elemento indispensabile della valutazione."  NON SOLO, in coerenza con quanto sopra la questione della conformità dell’opera agli strumenti di pianificazione deve essere intesa nel senso che il giudizio di conformità deve essere reso con riferimento anche agli eventuali profili di tutela ambientale.

 

 

 

FATTO OGGETTO DEL CONTENZIOSO CHE HA PORTATO ALLA NUOVA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO

Il Comune ha deciso, con apposita variante, di includere i terreni in questione in una zona vincolata, denominata “Parco Tufarelle”, e quindi di stabilire per essi un regime urbanistico ritenuto meno favorevole, con divieto di svolgervi attività estrattiva, di realizzarvi discariche e depositi di rifiuti e di ampliare le attività esistenti. Successivamente il Comune ha adottato e approvato un nuovo piano urbanistico generale – P.U.G., sostitutivo come tale del piano previgente e della suddetta variante.

In particolare, la variante e il successivo nuovo piano urbanistico comunale prevede che nelle aree per cui è causa “sono occupate da impianti speciali (discariche), impianti di trattamento reflui, cave in attività e cave dismesse”, si consente in modo espresso “l’esercizio degli impianti esistenti”, proibendone l’ampliamento, come pure il rilascio di autorizzazioni per nuove cave e nuovi impianti.

Infine il Comune ha adeguato il suddetto nuovo PUG alle disposizioni del Piano paesistico territoriale regionale, che inserisce le aree in questione in un ulteriore ambito di tutela, denominato “Ambito di Paesaggio.

 


 

I MOTIVI DI CONTESTAZIONE DELLA SOCIETÀ CONTRO LA DECISIONE DEL COMUNE

 

Primo motivo

La scelta del Comune di includere le proprie aree nel parco Tufarelle contrasterebbe con l’effettivo stato dei luoghi, nel senso che si tratterebbe di aree prive delle caratteristiche naturali e paesistico ambientali che ne giustificherebbero la tutela; sarebbe poi errata anche perché si tratterebbe di aree non incluse in alcun parco istituito con legge nazionale o regionale

 

Secondo motivo

Uno strumento urbanistico comunale non potrebbe imporre vincoli di natura paesaggistica o architettonica, ma soltanto rendere eventualmente più rigorosa la tutela di beni già vincolati nel piano paesaggistico regionale; di conseguenza, il Comune non avrebbe potuto vincolare le aree per cui è causa, non tutelate dal piano paesaggistico stesso né da alcun altro vincolo speciale.

 

Terzo motivo

Sussisterebbe la violazione dell’art. 208 del d.lgs. 3 aprile 2006 n.152 ed in particolare il comma 6 [NOTA 1] dello stesso. La parte appellante assume che le disposizioni di piano contestate conterrebbero un divieto di localizzazione di impianti di trattamento rifiuti e sostiene che al Comune non spetterebbe alcun potere in materia: ciò sarebbe comprovato dall’art. 208 in questione, per cui il provvedimento che autorizza alla realizzazione e gestione degli impianti di questo tipo vale anche deroga agli strumenti urbanistici comunali, deducendosene che il Comune non potrebbe in alcun modo interferire nella materia.

 


 

LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO

 

Relativamente al secondo motivo di doglianza della società: Il Comune con la sua pianificazione può imporre ulteriori vincoli a quelli previsti dalle leggi speciali (nazionali e regionali)

Il Comune, nell’esercizio della sua potestà di pianificazione del territorio, ben può prevedere per determinate zone del proprio territorio vincoli ulteriori e diversi rispetto a quelli previsti dalle leggi speciali. La pianificazione territoriale si sviluppa per “cerchi concentrici”, nel senso che le previsioni del piano territoriale di livello inferiore non possono porsi in contrasto con quelle del piano territoriale di livello superiore, ma non è precluso al Comune – dato che diversamente verrebbe nella sostanza negata la sua autonomia- di dotarsi di strumenti di pianificazione urbanistica con prescrizioni più dettagliate ovvero più rigorose rispetto a quelle degli atti di pianificazione di livello superiore, giustificate da aspetti particolari del proprio territorio, che ad esso spetta di disciplinare in accordo con il principio costituzionale di sussidiarietà verticale: così la costante giurisprudenza, per tutte Consiglio di Stato. sez. IV 31 agosto 2023 n.8091 (QUI), e sez. II 14 novembre 2019 n.7839 (QUI).

 


Relativamente al terzo motivo di doglianza della società: L’articolo 208 del DLgs 152/2006 non impedisce che attraverso la conferenza dei servizi la variante imponga una destinazione funzionale diversa

L’art. 208 comma 6 del d. lgs. 152/2006, come già riportato in precedenza, prevede che l’autorizzazione unica per gli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti “sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori”.

Secondo la sentenza qui esaminata non è corretta l’interpretazione che la parte appellante propone di questa norma, che a suo avviso avrebbe spogliato il Comune da ogni competenza in materia. A parte l’evidente rilievo per cui una così marcata compressione dell’autonomia costituzionalmente garantita dell’ente locale dovrebbe risultare se mai da una norma espressa, e non da un’interpretazione, la giurisprudenza ha infatti chiarito che l’art. 208 comma 6 citato non preclude ai Comuni di individuare, nell’esercizio delle loro competenze in materia urbanistica, siti non compatibili con gli impianti di smaltimento rifiuti, perché se così fosse, per assurdo, non avrebbe senso la norma che ritiene superabili previsioni di questo tipo attraverso il valore di variante che assume il provvedimento autorizzatorio. L’atto comunale che incide in materia, quindi non è nullo né illegittimo, soltanto è possibile che la conferenza di servizi, appunto imponendo una variante, motivatamente superi la pianificazione del Comune in tal senso: così in modo espresso Consiglio di Stato  sez. IV 10 agosto 2020 n.4991 (QUI).

 

 

Relativamente al terzo motivo di doglianza il Consiglio di Stato precisa ulteriormente i poteri del comune in materia di pianificazione urbanistica anche con la finalità di prevenire ulteriori degradi ambientali delle aree di competenza

Afferma in conclusione la sentenza e a prescindere dai motivi di doglianza sopra richiamati: in materia di pianificazione urbanistica il Comune è titolare di un’ampia discrezionalità, sindacabile dal Giudice amministrativo di legittimità nei soli casi di esiti abnormi o manifestamente illogici. Si deve poi escludere che esiti di questo tipo sussistano nel caso di specie, per le ragioni che seguono.

Secondo la giurisprudenza di questo Consiglio, infatti l’imposizione di un vincolo può avere anche il fine di recuperare un’area degradata, allo scopo di prevenire un degrado ulteriore, e quindi di “salvare il salvabile”: sul punto specifico, Consiglio di Stato sez. VII 23 marzo 2023 n.2959 (QUI).

Questo comporta che la sentenza in esame respinga anche il primo motivo di doglianza della società per cui il Comune poteva imporre il nuovo vincolo attraverso la variante e il nuovo PUG anche se “si tratterebbe di aree non incluse in alcun parco istituito con legge nazionale o regionale”.

 

 


INFINE, SECONDO LA SENTENZA IL CONCETTO DI AREA DEGRADATA DA RISANARE NON PUÒ LIMITARSI AL SITO DOVE ESISTONO IMPIANTI DA AMPLIARE

Afferma la sentenza: Va sul punto in particolare osservato che la soluzione scelta rispetta un canone di proporzionalità, dato che fa salve in modo espresso le attività esistenti, le quali quindi potranno continuare sino al naturale loro esaurimento. Va poi ulteriormente osservato che quanto deduce la parte, circa il presunto nessun pregio ambientale delle aree di sua disponibilità, si fonda su un punto di vista atomistico, che le considera in modo isolato, anziché, come dovrebbe essere, nell’ambito della complessiva zona occupata dal parco.

 

 

 

 





[NOTA 1]6. Entro 30 giorni dal ricevimento delle conclusioni della Conferenza dei servizi, valutando le risultanze della stessa, la regione, in caso di valutazione positiva del progetto, autorizza la realizzazione e la gestione dell'impianto. L'approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori.”

 

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