L’articolo 4 della legge 156/2021
modifica l’articolo 5 della legge quadro sui porti - legge 84/1994 (QUI) che disciplina sia il Documento di
Programmazione Strategica di Sistema (DPSS) che il Piano Regolatore Portuale (PRP ma prima della riforma PRSP Piano regolatore di sistema portuale).
I capisaldi di questa riforma, come spiegavo
criticamente in un post del mio blog (QUI), erano i
seguenti:
1. aggirare il più possibile la
applicazione di procedure di valutazione ambientale nelle scelte strategiche di
pianificazione dell’uso del demanio portuale, a cominciare
dalla Valutazione Ambientale Strategica;
2. accentrare
le decisioni sull’approvazione degli strumenti di programmazione e
pianificazione portuale nelle mani delle Autorità di Sistema Portuale tagliando
fuori le Regioni ed in primo luogo i Consigli Regionali;
3. ridurre sempre di più le scelte di pianificazione del demanio portuale a decisioni “tecniche” attraverso l’ampio uso dell’adeguamento tecnico funzionale anche in contrasto con le stesse Linee guida Consiglio Superiore Lavori Pubblici del 2017 sui Piani Regolatori di Sistema Portuali - PRSP QUI che non casualmente vede applicato ai suoi pareri un assurdo meccanismo di silenzio assenso;
4. esclusione dell’interesse paesaggistico attraverso la equiparazione degli ambiti portuali alle zone omogenee B del Decreto 1444 del 1968 QUI;
5. alla approvazione del Documento di
Programmazione Strategica di Sistema (DPSS) si applica la procedura della
conferenza dei servizi semplificata.
6.
non c’è più il riferimento alla approvazione da parte della Regione del DPSS.
La riforma è stata contestata con ricorso da
parte di due Regioni: Toscana e Friuli e sul ricorso si è pronunciato
unitariamente la Corte Costituzionale con sentenza n° 6 del 23 gennaio 2023
(QUI).
La sentenza ha dichiarato la incostituzionalità di parti rilevanti della riforma del 2021 sopra sintetizzata. Altre parti sono state salvate come vedremo e su questo restano le mie perplessità pur ovviamente prendendo atto della decisione della Corte. Resta il fatto positivo che la sentenza restituisce, almeno in parte, un ruolo attivo a Comuni ma soprattutto alla Regione quanto meno nella programmazione delle scelte strategiche delle aree portuali e limitrofe.
La Corte conferma la riforma del 2021 nella parte che toglie il potere regionale di intesa e approvazione del PRP, però boccia quella che non prevede l’Intesa sul DPSS che se ben esercitata può colmare il non riconosciuto ruolo della Regione e dei Comuni sull'approvazione del PRP ma solo a condizione che anche il DPSS sia sottoponibile a Valutazione Ambientale Strategica (di seguito VAS) come spiego, nella parte finale di questo post.
Si può dire che la sentenza della Corte Costituzionale, in modo contraddittorio, riconosce un grande rilievo istituzionale
al DPSS tanto da sottoporlo alla Intesa con la Regione e al contempo rimuove
che ad esso non si applica l’unico strumento di valutazione (la VAS) che ne garantisce
una procedura di approvazione trasparente e soprattutto rispettosa dei
molteplici interessi che si muovono sull’area vasta (termine usata proprio
dalla sentenza) interessata dal DPSS.
Inoltre altro aspetto rilevante della sentenza
della Corte Costituzionale questa fa salve le norme paesaggistiche che erano
state cancellate dalla riforma del 2021.
Nel post che segue riporto in sequenza:
1. la ricostruzione, da parte della Corte
Costituzionale, delle norme previgenti su programmazione e pianificazione
portuale
2.
la ricostruzione delle principali modifiche che la riforma del 2021 aveva
apportato all’articolo 5 della legge quadro sui porti relativamente a
programmazione e pianificazione portuale
3.
le parti della riforma dichiarate incostituzionali con relativa motivazione
4.
le parti della riforma per le quali è stata dichiarata non fondata la questione
di costituzionalità con relativa motivazione
IL QUADRO NORMATIVO PRIMA
DELLA RIFORMA ORA OGGETTO DEL RICORSO ALLA CORTE COSTITUZIONALE
1. I
piani di nuovo conio non si atteggiano più a meri strumenti di programmazione
di opere e sono divenuti strumenti pianificatori settoriali
2. Per ciò che concerne i meccanismi decisionali, le riforme del 2016-17 avevano previsto (con disposizioni oggi modificate dalle norme impugnate):
a) per il nuovo documento di area vasta (DPSS), l'adozione da parte del Comitato di gestione della AdSP su parere dei comuni (da rendere entro quarantacinque giorni) e l'approvazione della regione (nei sessanta giorni successivi alla adozione) su intesa con il Ministero delle infrastrutture (art. 5, comma 1-quater, della legge n. 84 del 1994, nel testo anteriore alla novella impugnata);
b) per i piani regolatori dei porti di rilevanza nazionale e
internazionale ricompresi nel sistema, l'adozione da parte del Comitato di
gestione della AdSP su intesa con i comuni interessati (da raggiungere entro il
termine di quarantacinque giorni dal ricevimento dell'atto), limitatamente alla
coerenza con la pianificazione urbanistica delle aree di interazioni porto-città,
e l'approvazione della regione (entro quarantacinque giorni dalla conclusione
della VAS) (art. 5, comma 1-sexies, della legge n. 84 del 1994, nel testo
anteriore alla novella impugnata).
3. Per superare gli eventuali stalli decisionali
dovuti alle mancate predette intese, era prevista la convocazione di apposita
conferenza di servizi in forma simultanea e il ricorso al meccanismo dell'art.
14-quinquies della legge n. 241 del 1990 (QUI) e, dunque, in ultimo, in caso di
persistenza del disaccordo, la devoluzione della decisione al Consiglio dei
ministri (art. 5, commi 1-quinquies e 2-quinquies, della legge n. 84 del 1994,
nel testo anteriore alla novella impugnata).
LA RIFORMA, IN SINTESI,
OGGETTO DEL RICORSO ALLA CORTE COSTITUZIONALE
1.
Relativamente al DPSS per quel che concerne l'aspetto procedimentale, il comma
1-bis del novellato art. 5 della legge 84/1994 prevede l'adozione, da parte del Comitato di
gestione, dell'AdSP, l'acquisizione, in conferenza di servizi asincrona, del
parere di comuni e regioni da rendere in quaranta giorni, scaduti i quali si
intende espresso «parere non ostativo», e l'approvazione da parte del Ministero
delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (MIMS).
2. L'adozione del PRP è ora rimessa al Comitato
di gestione dell'AdSP, su parere - da rendere in quarantacinque giorni e con
valutazione contenutistica (ancora) «limitata alla coerenza» tra le sue
previsioni relative alle aree portuali e retroportuali perimetrali e le
previsioni degli strumenti urbanistici relative alle aree ad esse contigue -
del comune e della regione, nonché su parere (da rendere entro 90 giorni) del
Ministero. I pareri non resi nel previsto termine si intendono espressi in
senso «non ostativo». Infine, il PRP, in esito alla VAS, è approvato ancora dal
Comitato di gestione
3.
Il piano regolatore portuale non è più subordinato alla generale pianificazione
urbanistica territoriale (è abrogata la previgente previsione «non può
contrastare con gli strumenti urbanistici vigenti»), ma è su di essa
prevalente.
4.
Il PRP è definito, infatti, «piano territoriale di rilevanza statale che
rappresenta l'unico strumento di pianificazione e di governo del territorio nel
proprio perimetro di competenza» (art. 4, comma 1-septies, lettera b, del d.l.
n. 121 del 2021 nella parte in cui riformula l'art. 5, comma 2-ter, della legge
n. 84 del 1994), e nella pianificazione di tale perimetro (aree portuali e
retro-portuali) ha «esclusiva competenza» l'Autorità di sistema (art. 4, comma
1-septies, lettera a, del d.l. n. 121 del 2021, come convertito, nella parte in
cui riformula l'art. 5, comma 1-quinquies, della legge n. 84 del 1994 primo
periodo), che come detto, acquisisce il solo parere di regione e comune sulla
coerenza con la pianificazione delle aree contigue. Le disposizioni, in ragione
del dato letterale, della collocazione sistematica e del raccordo con la
apposita procedura di approvazione, sono da intendere limitate ai soli porti
nazionali e internazionali.
5. sottratto le aree costiere dei porti
ricompresi nel sistema portuale dalle aree tutelate per legge ai sensi del
Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (art. 142, comma 1, del d.lgs. n. 42
del 2004 - QUI)
tramite la loro equiparazione alle zone territoriali omogenee B di cui al Decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti
inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricanti e
rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e
produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde
pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi
strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art.
17 della legge 6 agosto 1967, n. 765);
6.
ha previsto una procedura semplificata di adozione delle modifiche non
sostanziali al piano regolatore portuale (cosiddetti adeguamenti
tecnico-funzionali, ex art. 4, comma 1-septies, lettera e, di modifica del
comma 5 dell'art. 5 della legge n. 84 del 1994);
7.
ha disposto che, per i porti ancora dotati di PRP approvati antecedentemente al
1994 (meri piani di opere), nell'ipotesi in cui il Comitato di gestione
dell'AdSP ravvisi la necessità di realizzare opere in via d'urgenza, il piano
operativo triennale (POT) può, transitoriamente, definire la destinazione
funzionale delle relative aree, ed è, in tal caso, soggetto ad approvazione del
Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibile (art. 4, comma
1-septies, lettera a, che novella l'art. 5, comma 1-sexies, della legge n. 84
del 1994).
LE PARTI DELLA RIFORMA DEL
2021 DICHIARATE INCOSTITUZIONALI DALLA SENTENZA
In particolare, la sentenza ha dichiarato
incostituzionali i seguenti passaggi della riforma del 2021:
1.
quello che prevedeva che il DPSS non sia accompagnato da una relazione
esplicativa delle sue finalità. Questo perché detta relazione esplicativa ha la
finalità di rendere possibile l’espressione di un parere consapevole da parte
di Enti Locali e Regioni
2.
quello che non prevedeva l’Intesa con la Regione nella approvazione del DPSS.
Questo perché tale DPSS finisce per stabilire ciò che è di competenza
pianificatoria dell'AdSP (aree portuali e retroportuali) e ciò che spetta alla
pianificazione di comune, regione e altri enti competenti (interazione
porto-città e collegamenti infrastrutturali). Nell'esercizio di tale rilevante
funzione programmatoria - ferme le previsioni sulla adozione da parte dell'AdSP
e sul parere del comune - non si può, allora, prescindere da uno strumento collaborativo
tra Stato e regioni, quale l'intesa, nella fase di approvazione.
3. quello secondo cui il DPSS può ricomprendere
negli ambiti portuali «le ulteriori aree pubbliche e private assoggettate alla
giurisdizione dell'Autorità di sistema portuale», esterne alla sua
circoscrizione. Questo perché Il
legislatore statale, infatti, non indica alcun criterio, geografico o
funzionale, per l'individuazione di tali imprecisate zone, esterne tanto
all'ambito portuale di ciascun porto, quanto al sistema. Viene, così, rimessa
alla stessa Autorità chiamata all'esercizio delle funzioni amministrative
l'individuazione del perimetro territoriale in cui esse possono essere
esercitate.
4. quello che ha sottratto le aree costiere dei porti ricompresi nel sistema portuale dalle aree tutelate per legge ai sensi del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio equiparandole alle zone territoriali omogenee B di cui al Decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444. Secondo la Corte la incostituzionalità di questo passaggio deriva dalla sottrazione, da parte di questa disposizione, delle zone ricomprese negli ambiti portuali al vincolo paesaggistico delle aree costiere e nell'imporre alle regioni il conseguente obbligo di modifica dei piani paesistici, incidendo in via unilaterale sull'assetto della pianificazione paesaggistica. Tutto questo in contrasto con il principio di co-pianificazione in materia paesaggistica principio, per di più risolvendosi, a causa della descritta assimilazione tra zone urbane di completamento e zone portuali, in un arretramento della protezione del bene paesaggistico.
Aggiunge infine la Corte che la affermazione
della norma contestata dalle due Regioni per cui il piano regolatore portuale è
redatto in attuazione del Piano strategico nazionale della portualità e della
logistica, del DPSS e delle linee guida appositamente emanate dal Consiglio
superiore dei lavori pubblici e approvate dal Ministero delle infrastrutture e
della mobilità sostenibili, non significa che il Piano Paesaggistico sia
subordinato al Piano Regolatore Portuale
LE PARTI DELLA RIFORMA PER
LE QUALI LA CORTE HA DICHIARATO NON FONDATA LA QUESTIONE DI COSTITUZIONALITÀ
1.
La Corte Costituzionale con la sentenza in esame conferma la riforma nella
parte in cui il PRP è definito come un piano territoriale di rilevanza statale
e rappresenta l'unico strumento di pianificazione e di governo del territorio
nel proprio perimetro di competenza (art. 5, comma 2-ter) e che la valutazione
consultiva regionale e comunale su di esso sia di mera coerenza con le
previsioni degli strumenti urbanistici (per le sole aree di cerniera tra il
porto e la città) (art. 5, comma 2-bis, lettera b). Esse, tanto singolarmente
quanto nel loro complesso, effettivamente, assegnano preminenza al PRP nel suo
rapporto con i piani urbanistici generali.
2.
La qualificazione della regola della "prevalenza" del PRP dei porti
nazionali e internazionali sui piani urbanistici, in termini di principio
fondamentale della materia, conduce alla non fondatezza delle questioni
seguenti:
2.1. la norma
che ammette nelle aree retro-portuali solo attività accessorie alle funzioni
portuali (art. 4, comma 1-septies, lettera a, che ha modificato l'art. 5, comma
1-quater, secondo periodo, della legge n. 84 del 1994). La norma limita il
potere pianificatorio "prevalente" dell'Autorità portuale nell'area
di sua competenza e, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, tale
limitazione è garanzia e non frustrazione degli interessi territoriali, al pari
della previsione, contenuta nello stesso articolo, secondo cui nelle aree del
porto sono consentite esclusivamente le funzioni portuali;
2.2. la norma che, per l'adozione delle modifiche
che non alterano in modo sostanziale la struttura del PRP (definiti adeguamenti
tecnici funzionali), abroga la necessità della verifica, richiesta in
precedenza, dell'assenza di contrasto con gli strumenti urbanistici in
relazione alle aree di interazione porto-città (art. 4, comma 1-septies,
lettera e, del d.l. n. 121 del 2021, come convertito, che modifica il comma 5
dell'art. 5 della legge n. 84 del 1994). L'abrogazione è logico corollario
della necessità della sola coerenza tra pianificazione perimetrale portuale e
pianificazione urbanistica delle aree contigue (vigente art. 5, comma 2-bis,
della legge n. 84 del 1994). Le modifiche non sostanziali a un PRP già
approvato non sono, peraltro, idonee a incidere negativamente sul suo assetto
né sul rapporto con le aree contigue, rimesse alla pianificazione regionale e
comunale.
N.B.
Su quanto riportato sopra nel punto 2.2. mi permetto di sottolineare in
termini applicativi (ovviamente compito non della Corte Costituzionale) occorrerebbe
che venissero ben definite le differenze tra adeguamento tecnico funzionale,
variante stralcio e variante generale al PRSP, secondo le linee guida del
Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (sia versione 2004 QUI che 2017 QUI). Qui la
applicazione risulta molto approssimativa come dimostra il caso dello
spostamento dei depositi chimici nel porto di Genova (QUI), per cui
quanto meno queste linee guida andrebbero riadattate a quello che resta in
piedi della riforma del 2021 sulla pianificazione portuale proprio per uscire
da palesi violazioni delle stesse come nel caso dei depositi chimici sopra
citato.
3. la norma in fase di adozione del PRP e alla
approvazione di questo da parte della regione (per la precisione il Consiglio
Regionale) ha sostituito la competenza
all'adozione e all'approvazione dell'Autorità di sistema su mero parere
regionale e comunale (per giunta, relativo alla mera coerenza con gli strumenti
urbanistici in relazione alle aree porto-città) da rendere in quarantacinque
giorni, decorsi i quali il parere deve intendersi come «non ostativo».
Secondo la sentenza della Corte Costituzionale
portano, nel loro complesso, a tale conclusione le seguenti considerazioni:
3.1. l'esclusiva
pertinenza dell'atto pianificatorio al perimetro portuale (aree portuali e
retro-portuali, novellato art. 5, comma 1-quinquies, della legge n. 84 del
1994);
3.2. la
prevalenza dell'interesse statale allo sviluppo dello snodo portuale di rilevanza
nazionale e internazionale sugli interessi regionali o comunali;
3.3. l'adozione, ma anche l'approvazione dello
strumento da parte del Comitato di gestione, cui partecipano, per come
illustrato, membri nominati da comune e regione;
4.4. infine, la prevista sottoposizione del PRP
alla VAS (al contrario di quanto stabilito per il DPSS).
In sostanza la Corte Costituzionale ritiene
che per il PRP l’approvazione della Regione non sia necessaria perché è il
piano che regola in attuazione degli indirizzi strategici lo sviluppo dello
specifico ambito portuale con prescrizioni che stabiliscono la
caratterizzazione e destinazione delle aree nonché la localizzazione delle
opere pubbliche e di pubblica utilità, mentre il DPSS è atto di programmazione
di una area vasta - cui la riforma ha, in particolare, sottratto la competenza
a stabilire i contenuti sistemici di pianificazione.
CONCLUSIONI SULLA SENTENZA
DELLA CORTE NELLA PARTE CHE RESPINGE I PROFILI DI INCOSTITUZIONALITÀ
Due sono le cose che non
convincono nella riforma del 2021 nella parte salvata dalla Corte
Costituzionale:
LA PRIMA: Relativamente
alla rimozione del potere di approvazione da parte della Regione del PRP non si comprende perché tutti gli strumenti di
pianificazione territoriale che decidono le destinazioni funzionali negli usi
dei territori su scala locale (il porto come occupazione di spazio non vive in
un entità astratta nazionale ma in aree territoriali ben precise anche in
termini di confini amministrativi) sono tutti approvati da assemblee elettive
tranne appunto il PRP che, come ogni strumento di pianificazione urbanistica,
“individua analiticamente anche le caratteristiche e la destinazione funzionale
delle aree interessate” (articolo 5 legge quadro sui porti post riforma del
2021). Non solo ma le linee guida del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici
non casualmente affermano: “il concetto di un ambito non strettamente
riferito al porto propriamente detto, ma allargato a porzioni di territorio
latistante che si mostrino funzionalmente interconnesse al porto operativo
anche se, in alcuni casi, potrebbero non ricadere nel demanio marittimo.”
Francamente in questo
senso appare non convincente la affermazione della sentenza della Corte
Costituzionale che nelle Autorità mdi Sistema Portuale un sorta di logica di
decentramento in un certo senso compensativa del minor ruolo della Regione
(almeno per la approvazione del PRP). Una cosa è il decentramento amministrativo
altro è il ruolo di una assemblea elettiva espressione di interessi
differenziati che devono pensare nelle scelte di destinazione funzionale di un
area territoriale ben precisa, destinazione che avrà inevitabilmente riflessi
al di la dell’ambito portuale.
LA SECONDA: soprattutto quello che convince ancora
di meno è invece la mancata applicazione della VAS al DPSS.
Infatti proprio per la natura strategica del
DPSS e proprio perché come afferma l’articolo
5 della legge quadro sui porti questo
Documento non si limita a indirizzi strategici ma:
“c) ripartisce gli ambiti
portuali in aree portuali, retro-portuali e di interazione tra porto e città;
d)
individua i collegamenti infrastrutturali di ultimo miglio di tipo viario e
ferroviario con i singoli porti del sistema esterni all'ambito portuale nonché
gli attraversamenti dei centri urbani rilevanti
ai fini dell'operativita' dei singoli porti”.
Quindi anche nella versione
2021 dell’articolo 5 legge quadro sui porti resta valido quanto affermato dalle
linee guida del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici del 2017 relativamente alla
natura del DPSS: “ “Il suo
ruolo, infatti, è quello di definire preliminarmente obiettivi
integrati (tecnici ed ambientali), anticipando così i nodi critici della
fattibilità amministrativa, tecnica, urbanistica ed ambientale, per pervenire a
condivise politiche del territorio e ad una procedura di approvazione del piano
che effettivamente coordini la valutazione tecnica ed ambientale del piano
medesimo.”
Qui si inserisce la
necessità affermata a pagina 34 delle citate linee guida di una valutazione ex
ante nella procedura di redazione del nuovo PRSP al fine di definire la
strategia generale di piano (con confronto comparato tra alternative
strategiche). Tra gli indicatori su cui svolgere questa valutazione le Linee
Guida individuano
1. Compatibilità con uno sviluppo urbano
sostenibile
2. Coerenza con i principi di sostenibilità
ambientale, paesaggistica ed energetica
Quindi è fondamentale che
aspetti di valutazione ambientali vengano presi in considerazione fin dalla
redazione adozione e approvazione del DPSS per evitare che i contenuti del DPSS
anticipino i contenuti del PRSP impedendo una valutazione preventiva degli
impatti ambientali e sanitari contenuti negli obiettivi del DPSS come sopra
descritti dalla citazione delle Linee guida. Non a caso il comma 1
articolo11 del DLgs 152/2006 afferma che: “La valutazione ambientale
strategica è avviata dall'autorità procedente contestualmente al processo di
formazione del piano o programma”. È indiscutibile che il DPSS faccia
pienamente parte della fase preliminare del processo di formazione del PRSP.
Ad ulteriore conferma di
quanto sopra si vedano le linee guida del 2017, più volte citate, secondo le
quali il DPSS:
1. “definisce parte dei
contenuti del rapporto ambientale preliminare, funzionale all’espletamento
della prima fase del procedimento di VAS;
2. costituisce strumento a
supporto del raggiungimento di pre-intese con le Amministrazioni Comunali
interessate, in quanto consente di confrontarsi preliminarmente sugli obiettivi
di PRdSP, al fine di una loro preventiva condivisione”.
Nessun commento:
Posta un commento