Recos SpA la partecipata
Iren che vuole realizzare il bodigestore a Saliceti (Vezzano Ligure) con un
comunicato uscito oggi sui mass media locali , ribadisce la sua proposta di un
ristoro economico per i Comuni spezzini
nel caso verrà realizzato il biodigestore.
Prima una riflessione più
generale però. È curioso che Recos ricordi ai Comuni di questo contributo
proprio dopo che è uscita la notizia dell’accoglimento della Petizione
(sottoscritta da Sindaci , associazioni e comitati) inviata al Parlamento
Europeo che ora inizierà l’iter di verifica sul fondamento delle violazioni di
diritto comunitario avanzato dagli estensori di detta Petizione.Insomma invece
che rispondere nel merito delle violazioni Recos prima di tutto ricorda ai
Comuni, compresi i due che hanno sottoscritto la Petizione, che ci sono in
ballo tanti bei soldini per loro! Un bel
modo di dialogare con chi contesta il sito e il progetto no?
Ma torniamo alle questioni
tecnico giuridiche .
Il comunicato di
Recos fa riferimento a cifre distinte
per Comune per un totale di 570 mila euro: 390 mila per Spezia; 43 mila per Santo Stefano
e Arcola; 32 mila a Vezzano e Bolano, e 27 mila euro per Follo.
Il parametro su cui si
fondano queste cifre annunciate da Recos è un tot per abitante. Quindi a prescindere da
dove viene concretamente collocato l’impianto chi ha più abitanti si beccherà
più soldi. Siamo quindi di fronte ad un “ristoro economico” che si configura
neppure come una monetizzazione della salute. Infatti Spezia che sarà il Comune
che, per le distanze dal sito di Saliceti, avrà sicuramente gli impatti ambientali sanitarie e socio
economico minori, prenderà oltre due terzi del totale mentre Vezzano e Santo
Stefano che il biodigestore lo avranno in casa prenderanno le briciole.
Insomma una sorta di
liberalità che con l’ambiente e la sua tutela anche solo in chiave riparatoria
non c’entra un bel nulla! Mi viene in mente un'altra definizione ma voglio
mantenere il confronto su un piano tecnico.
Vediamo da dove deriva
questo “ristoro economico” in termini normativi regionali. Deriva dal
Regolamento n° 2 del 2002 (e s.m.i. per il testo coordinato QUI)
Intanto occorre dire che
il regolamento stabilisce (articolo 4) che il ristoro economico sia indirizzato
a interventi di mitigazione degli impatti del biodigestore sul territorio
comunale. Già qui nasce una clamorosa contraddizione tra le cifre distribuite
ai Comuni (vedi sopra) e il testo del regolamento. Infatti mi chiedo cosa potrà
fare il Comune di Vezzano Ligure con soli 32mila euro per mitigare l’impatto
del biodigestore e cosa invece ci farà il Comune di Spezia con ben 390mila euro
visto che il sito dove è previsto il biodigestore neppure confina con il suo
territorio di competenza? Siamo all’assurdo.
Quindi le cifre di cui
parla Recos sono in contrasto palese con l’articolo 4 del regolamento regionale
per altro l’articolo 2 del regolamento fa riferimento ad una quota per kg di
rifiuto trattato nell’impianto non per numero di abitanti. Non solo ma l’articolo
40 legge regionale 18/1999 da cui discende il regolamento regionale sopra
descritto afferma testualmente:
“Art. 40. (Onere di servizio). 1. La Giunta regionale individua:
a) la tipologia degli impianti di smaltimento e
di recupero dei rifiuti per i quali è dovuto un contributo annuale da parte dei
gestori degli impianti al Comune ove tali impianti sono siti;
b) i criteri per la determinazione del contributo
da commisurarsi alla quantità e qualità dei rifiuti movimentati, nonché alla
tipologia dell'impianto. Il contributo può essere aggiornato ogni tre anni.
2. I relativi introiti sono destinati in via
preferenziale dal Comune per interventi in campo ambientale.”
Come si vede anche qui non
c’è alcun riferimento al numero di abitanti e soprattutto l’onere di servizio è
riferito solo al Comune sede dell’impianto, nel caso del biodigestore spezzino
il Comune di Vezzano Ligure.
Quindi le cifre di cui
parla Recos non corrisponderebbe nelle modalità distributive al suddetto
regolamento regionale.
Ma la questione non
finisce qui.
In realtà a prescindere
dalla miseria di soldi (miseria in rapporto all’impatto che un impianto che
tratterà da un minimo di 60.000 ton/anno ad una massimo di 80-90.000 di rifiuti
organici) che arriveranno ai Comuni più
interessati dal progetto di biodigestore , la normativa che disciplina la
autorizzazione di questo tipo di impianti prevede ben altro che una sorta di “regalo”
monetario.
Vediamo di cosa si tratta.
Come risulta dalla
procedura di Provvedimento di autorizzazione unico regionale in corso per il
progetto di biodigestore su Saliceti (Vezzano Ligure) all’interno di detta
procedura c’è non solo la Valutazione di Impatto Ambientale ma anche l’Autorizzazione
Integrata Ambientale (AIA).
La disciplina nazionale di
questa tipologia di autorizzazione (AIA) prevede ben altro che una elargizione
come quella prospettata da Recos, peraltro basata su un parametro (il numero di abitanti del Comune) che con l’ambiente
e la salute non c’entrano un tubo come vedremo subito…
IL FONDAMENTO NORMATIVO DEL RISTORO
AMBIENTALE NELLA PROCEDURA DI AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE DEL
BIODIGESTORE
Se la procedura di
autorizzazione del biodigestore scelta è quella dell’AIA allora rileva quanto
previsto dal comma 15 articolo 29-quater del DLgs 152/2006: “15. In considerazione del particolare e
rilevante impatto ambientale, della complessità e del preminente interesse
nazionale dell'impianto, nel rispetto delle disposizioni del presente
decreto, possono essere conclusi, d'intesa tra lo Stato, le regioni, le
province e i comuni territorialmente competenti e i gestori, specifici accordi,
al fine di garantire, in conformità con gli interessi fondamentali della collettività,
l'armonizzazione tra lo sviluppo del sistema produttivo nazionale, le politiche
del territorio e le strategie aziendali. In tali casi l'autorità competente,
fatto comunque salvo quanto previsto al comma 12, assicura il necessario
coordinamento tra l'attuazione dell'accordo e la procedura di rilascio
dell'autorizzazione integrata ambientale. Nei casi disciplinati dal presente
comma i termini di cui al comma 10 sono raddoppiati.”
Quindi i parametri per i “ristori economici”
(per usare il linguaggio confuso della Recos nel caso spezzino) sono chiari e
netti per arrivare a stipulare gli accordi di cui tratta la sopra citata norma:
1. il rilevante
impatto ambientale dell’impianto che deve ricevere l’AIA,
2. la complessità
dell’impianto in questione
3. il rilevante
interesse nazionale e/o regionale dell’impianto,quindi cmq sovra locale.
Questi tre parametri di
riferimento dovranno essere attuativi delle disposizioni del DLgs
152/2006, in materia di AIA.
E’ chiaro quindi come il
riferimento alle politiche del territorio e alle strategie aziendali sia
riferito al rapporto tra l’impianto da autorizzare (secondo i principi del DLgs
152/2006) e il territorio in cui dovrà essere collocato.
Ciò è confermato dal
penultimo capoverso del comma, sopra riportato, secondo il quale l’autorità
competente al rilascio dell’AIA (in questo caso la Provincia) deve
svolgere un ruolo di garanzia nel coordinare quanto emerge
dalla istruttoria dell’AIA e l’accordo stesso.
In sostanza l’accordo
dovrà attuare le prescrizioni emerse dall’AIA in chiave socioeconomica ma
strettamente inerenti il rapporto tra modello gestionale dell’impianto e il
territorio e le sue politiche. Dove per modello gestionale si intende in
primo luogo: potenza, tipo/quantità rifiuti trattati, tecniche e tecnologie
disinquinanti.
Quindi, sotto il profilo del dettato della norma
vigente, quanto previsto dal'articolo 29-quater sopra citato non può produrre ristori o accordi economici che richiamino logiche di monetizzazione della salute o di
mero rimborso monetario anche sotto le spoglie di un "ristoro
ambientale" come invece si sta proponendo per il progetto di biodigestore
spezzino.
Insomma ci deve
essere una correlazione diretta tra gli investimenti previsti
nell'accordo e le politiche ed interventi di mitigazione dell'impatto ambientale
e sanitario dell’impianto previsto .
Quindi:
- tutta un'altra cosa
della “elargizione” unilaterale (una sorta di "mancia per il
disturbo") che propone Recos in base all’assurdo criterio del numero dei
cittadini residenti nel Comune.
- non si possono
prevedere elargizioni come propone Recos senza prima aver definito il sito
dell’impianto, il tipo di impianto e gli impatti che potrebbe produrre.
COME DEFINIRE LE AMMINISTRAZIONI DA
COINVOLGERE NELLE COMPENSAZIONI AMBIENTALI IN CASO DI AIA PER IL BIODIGESTORE
Il comma 2 articolo 9 DLgs 152/2006 prevede che nel
processo/procedimento che porta al rilascio dell’AIA e agli atti ad esso
collegati (vedi appunto gli accordi di cui al citato comma 15 articolo
29-quater DLgs 152/2006) debbano essere acquisiti: “gli elementi informativi e le valutazioni delle altre autorità
pubbliche interessate”. Non solo ma il comma 3 dell’articolo 9 del DLgs
152/2006 prevede in modo ancor più chiaro: “Nel
rispetto dei tempi minimi definiti per la consultazione del pubblico,
nell'ambito delle procedure di seguito disciplinate, l'autorità competente può
concludere con il proponente o l'autorità procedente e le altre
amministrazioni pubbliche interessate accordi per disciplinare lo
svolgimento delle attività di interesse comune..”
Risulta con chiarezza
che le eventuali amministrazioni
interessate a compensazioni ambientali frutto di accordi con il
proponente del progetto di biodigestore, dovranno essere individuate sulla base dell’impatto diretto producibile
dal prospettato impianto.
Non a caso la procedura di
consultazione dell’AIA viene definita dalla lettera t) comma 1 articolo 5 del
DLgs 152/2006 come: “l'insieme delle
forme di informazione e partecipazione, anche diretta, delle
amministrazioni, del pubblico e del pubblico interessato nella raccolta dei
dati e nella valutazione dei piani, programmi e progetti”. Anche qui
si fa riferimento genericamente alla definizione di “amministrazioni” senza
collegamenti diretti alla circoscrizione territoriale di competenza. [NOTA 1]
Conta l’impatto potenziale
quindi altro che numero di abitanti del Comune come prevede la lettera di
Recos!
IL NECESSARIO RISPETTO DELLA
NORMATIVA SUL DANNO AMBIENTALE
Quanto sopra va
ulteriormente integrato con la normativa sul risarcimento danno ambientale che
non si limita a prevedere una compensazione in chiave di confini amministrativi
ma solo di misurato e verificato impatto ambientale e sanitario.
Infatti l’idea contenuta
nella dichiarazione di Recos (sui “ristori economici” per il progetto di
biodigestore spezzino) risulta anche in contrasto con i criteri della
Direttiva sul risarcimento danno ambientale 2004/35/CE. Mi riferisco
quindi ad una norma europea (non ad interpretazioni dottrinali) che è stata
recepita in Italia attraverso gli articoli da 299 a 318 del TU ambiente DLgs
152/2006. In particolare nella citata direttiva 2004/35 le misure di
compensazione del danno ambientale alternative alle misure dirette di
ripristino ambientale sono così definite : “La
compensazione consiste in ulteriori miglioramenti alle specie e agli habitat
naturali protetti o alle acque nel sito danneggiato o in un sito
alternativo. Essa non è una compensazione finanziaria al pubblico”.
[NOTA 1]
Sul concetto ampio di autorità e/o amministrazione
pubblica interessata partecipante ai procedimenti a rilevanza ambientale si
veda la copiosa giurisprudenza amministrativa in materia secondo la quale: “È
ammissibile il ricorso dell’amministrazione comunale che non ha partecipato
alla conferenza dei servizi ad impugnare provvedimenti regionali di
approvazione del progetto per la localizzazione e la realizzazione della
discarica di rifiuti speciali non pericolosi quando, per la prossimità
dell’opera al territorio comunale, possono derivare alla comunità effetti
negativi dall’attivazione dell’impianto” (TAR Lombardia sez.
Brescia 19/9/2000 n. 696). Non solo ma ancora più precisamente e
autorevolmente gli enti locali interessati ad essere coinvolti nei procedimenti
decisionali a rilevanza ambientale: “ sono quelli i cui interessi vengono
coinvolti dalla decisione della Autorità Competente al rilascio della
autorizzazione e, quindi, non solo quelli nel cui territorio viene ubicato
l’impianto , ma anche quelli la cui popolazione potrebbe subire danni dall’attuazione
delle scelte delle aree interessate” Consiglio di Stato sezione
IV 3/12/1992 n. 1001 . Quindi secondo la sentenza gli enti
locali interessati vanno individuati secondo un criterio applicabile ex
ante per il quale già in sede procedimentale debbono far parte
della conferenza i rappresentanti dei Comuni il cui territorio e i cui
abitanti possono essere coinvolti dalla opera di cui si è chiesta
l’autorizzazione . Il criterio dovrà essere verificabile caso per caso tenuto
conto di vari fattori quali:
1. la situazione geomorfologia
del territorio interessato dall’opera progettata
2. potenziali inquinamenti aree
attigue tenuto conto della mappatura delle falde e senza
dimenticare la possibilità di dispersione di inquinanti
3. la compatibilità degli
insediamenti e della destinazione urbanistica delle aree limitrofe con il
costruendo impianto
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