La discussione che ormai da anni sta andando avanti sul futuro
dell’area Enel continua ad essere caratterizzata dalla incertezza su quale sarà
l’utilizzo di questa area come dimostra l’ultima audizione di Enel nella
Commissione Ambiente del Consiglio Comunale.
Ma come si è arrivati a questo punto e soprattutto quali errori
sono stati fatti in questi anni dal momento in cui è apparso chiaro che la
centrale a carbone avrebbe chiuso prima di tutto per scelta di Enel come
dimostrava il progetto Futur-E presentato da Enel nel 2015 (QUI).
Sui quotidiani ho letto una presa di posizione critica del
segretario del PD e dei sindacati sul fatto che il progetto di un possibile
impianto di produzione di idrogeno, oggetto di un avviso della Regione Liguria
(DGR 26 gennaio 2023 QUI) sembra per
il momento bloccato se non addirittura tramontato.
Intanto la discussione locale sulla, per ora, tramontata ipotesi
idrogeno appare molto provinciale e frutto del fatto che sul futuro dell’area
enel la classe dirigente locale e regionale non ha mai espresso una propria
visione supportata da un metodo corrette di valutazione su scenari nell’interesse del territorio. Ci si è
limitati ad oggi ad attendere le mosse degli altri Enel in primo luogo.
LA LOGICA PASSIVA DELLE AMMINISTRAZIONI LOCALI ATTUALI E PASSATE
Sulla questione idrogeno tornerò nell’ultima parte del post ma per
ora rilevo come dentro questa logica passiva rientrino:
1. lo
studio che l’ultima amministrazione di centro sinistra aveva commissionato all'ENEA (per
il testo vedi QUI
e QUI)
Un testo francamente utile per un seminario universitario sulle politiche
energetiche territoriali ma che non fece fare un passo avanti concreto per
individuare soluzione realistiche e nell’interesse generale del territorio e
non solo delle solite lobby. Non a caso quel documento è rimasto nei cassetti
del Comune anche quando governava il centro sinistra ed ora che governa il centro destra da anni.
2. L’ultimo protocollo sottoscritto con Enel dalla Amministrazione Comunale di centro destra ha come uniche certezze quello che
Enel ha già da tempo presentato (quindi a prescindere dal protocollo)
fotovoltaico e impianto di accumulo, e un progetto logistico legato ad una società promossa da Enel non certo dal Comune e tanto meno dalla Regione. Per il resto il
Protocollo è una scatola vuota da riempire, anche gli allegati soprattutto il 2
non fanno altro che schematizzare il piano di demolizione di Enel.
3. Il fatto che non sia chiaro ad oggi
lo stato della bonifica dell’area della ex centrale a carbone, è la conseguenza del fatto che il tema è stato lasciato nelle mani di Enel essendo totalmente assente un protocollo operativo [NOTA 1] e
relativi step di controllo delle pubbliche amministrazioni.
4. il
fatto che nei vari protocolli Enel-Comune (compreso l’ultimo citato sopra al
punto 2) che si sono avvicendati in questi anni è stata rimossa la questione
dei danni ambientali prodotti dalla presenza della centrale nel nostro
territorio. Così non si è mai voluto avviare
un confronto con Enel, anche alla luce delle sentenze di condanna per
l’inquinamento prodotto nel passato [NOTA 2],
sul risarcimento del danno ambientale da riconoscere alla città
a prescindere dalla bonifica che è invece un obbligo di legge. Di questa
rimozione ad oggi è certamente responsabile la attuale Amministrazione Comunale
ma anche e ancora di più quella di centro sinistra che nella convenzione
socioeconomica legata all’AIA rilasciata nel 2013 (QUI)
aveva bellamente annullato questa responsabilità di Enel con i
cambio qualche miseria di terreni per altro mai utilizzati perché
inquinati.
QUALE PROTOCOLLO SUL FUTURO DELL'AREA DELLA CENTRALE ENEL SPEZZINA SAREBBE STATO NECESSARIO
Ma soprattutto quello che è mancato soprattutto nell’ultimo
Protocollo sul futuro dell’area in questione sottoscritto dalla Amministrazione
Comunale attuale è stato un metodo per definire il futuro dell’area mettendo al
centro un piano di riconversione fondato su questo metodo.
Occorreva e occorre che il Protocollo fosse il punto finale di un metodo di
lavoro fondato su questi presupposti
1. avviare immediatamente, coinvolgendo tutte le autorità tecniche
competenti, uno studio del danno sanitario prodotto dalla centrale a
carbone in questi anni ma anche da altre fonti inquinanti in atto nella
zona, al fine di avere un quadro sulle reali criticità sanitarie
necessario per qualsiasi discussione sul futuro uso delle aree attualmente
occupate dalla centrale a carbone;
2. avvia un confronto pubblico (secondo la metodologia swot: punti
di forza debolezza opportunità e minacce) con tutti gli interessi economici ma
anche diffusi (quindi anche ambientali) per elaborare scenari di utilizzo
dell’area applicando la metodologia della valutazione ambientale strategica di
piani programmi al fine di individuare gli scenari più sostenibili sotto il
profilo ambientale tenuto conto degli obiettivi di neutralità climatica della
UE recepite dal Piano Nazionale Integrato energia e clima e relative
aggiornamenti
3. il protocollo quindi avrebbe dovuto produrre, con i passaggi di cui ai punti 1 e 2, un vero e proprio piano di
riconversione dell’area in rapporto con l’area vasta da sottoscrivere da tutti
i soggetti istituzionali che possono avere un ruolo operativo (Ministeri
Ambiente e Sviluppo Economico, Regione, Provincia della Spezia, Comuni di
Spezia e Arcola). Piano/Programma presentato e discusso pubblicamente legato con studi di fattibilità economica sociale e ambientale poi approvato dai consigli comunali provinciale e regionale.
L'occasione persa del metodo del progetto FUTUR-E
Che poi quello sopra esposto non è molto lontano dal metodo
contenuto nel Progetto Futur-E di Enel (QUI)
relativo alla dismissione di siti con
impianti energetici convenzionali (a carbone, olio e gas) che non definiva una
soluzione a priori ma un metodo in tre fasi: - ascolto del
territorio, - manifestazione di interesse,- invio di proposte progettuali
comprensive di offerte vincolanti per l’acquisizione del sito. Non avere saputo sfruttare da parte della classe politica questa opportunità esistente nel suddetto
Progetto Futur-E ha permesso ad Enel di uscire dal confronto locale e limitarsi
ad avanzare singoli progettini calati dall’alto che hanno prodotto lo stallo
attuale
Non solo, aggiungo che, a conferma di quello che scrivo sul metodo, quello che afferma il Piano REPowerEU presentato
dalla Commissione UE lo scorso 22 maggio 2022 (QUI). Questo documento pur contenendo una sezione che riguarda la accelerazione della
diffusione dell’idrogeno afferma la necessità di pubblicare: “due atti
delegati sulla definizione e la produzione di idrogeno rinnovabile per
raccogliere le osservazioni del pubblico”.
RELATIVAMENTE ALLA QUESTIONE IDROGENO NELL’AREA ENEL
Come ho scritto all’inizio di questo post il dibattito locale
sull'ipotizzato, dall’avviso della Regione, impianto di produzione
dell’idrogeno sconta la mancanza del metodo sopra esposto ma anche un certo provincialismo nell’affrontare le problematiche che pur esistono
sul filone idrogeno.
Ora sullo sviluppo dell’idrogeno
non solo i filoni di finanziamento e relativi criteri di selezione dei
bandi sono approvati da tempo (DM 21 settembre 2022 QUI; DM 21 ottobre 2022 QUI; DM 23
dicembre 2022 QUI; Legge
41/2023 QUI che all’articolo
41 semplifica la VIA per gli impianti per idrogeno; DM 14 luglio 2023 QUI su garanzie
origine da fonti rinnovabili per l’idrogeno).
In realtà aver previsto queste norme e relativi incentivi non è
garanzia automatica della realizzazione dei progetti che riguardano l’idrogeno come dimostra il caso spezzino per ora.
Come ha dimostrato il recente Rapporto della Agenzia Internazionale per l’Energia ha dimostrato enormi criticità nello sviluppo dell’idrogeno:
1. l’aumento dei costi finanziaria e delle attrezzature
2. la lentezza nello sviluppo di sistemi di incentivazione
governativi. Non a caso Elettricità Futura (associazione delle imprese
elettriche italiane) in un documento recente ha proposto di favorire lo
sviluppo dell’idrogeno sostenibile, emanando un decreto che preveda incentivi
alla produzione per promuoverne il consumo
3. incertezza nella domanda di elettrolizzatori
4. l'idrogeno a basse emissioni viene adottato molto
lentamente nelle applicazioni esistenti, rappresentando solo lo 0,7% della
domanda totale di idrogeno. Non a caso che anche in Italia sono previsti
incentivi (DM 326/2023 QUI) per
finanziare la ricerca, lo sviluppo e l'innovazione nel campo dei processi
industriali, al fine di sviluppare iniziative per l'impiego di idrogeno nei
settori industriali che utilizzano il metano (QUI) come fonte
di energia termica (cemento, cartiere, ceramica, industrie del
vetro ecc.).
Da non dimenticare che nel nostro Paese ex Decreto Ministeriale 21
ottobre 2022 (già citato in precedenza) questi progetti per avere i
finanziamenti devono rispettare il principio di diritto comunitario di non
arrecare un danno significativo all’ambiente (DNHS).
Questo dibattito globale è totalmente assente nel dibattito locale
spezzino a conferma della superficialità di cui scrivevo in precedenza ma anche
la mancanza di metodo e rigore nell’affrontare, da parte della politica locale
e regionale, sulla questione futuro area Enel.
IL RUOLO DELLA REGIONE NELLA ATTUAZIONE DEL
FINANZIAMENTO SULL’IDROGENO NELLE AREE INDUSTRIALI DISMESSE COME QUELLA DELL’AREA
DELLA EX CENTRALE A CARBONE SPEZZINA E ALCUNE SEMPLICI DOMANDE
Ora il rischio è che i soldi stanziati per la Regione Liguria
relativamente al filone idrogeno se non utilizzati siano redistribuiti con
decreto ministeriale sulla base delle effettive esigenze derivanti dai progetti
utilmente collocati in graduatoria e non finanziati per mancanza di risorse
(comma 5 articolo 4 Decreto Ministeriale 21 ottobre 2022.
Non solo ma come afferma l’articolo 7 del Decreto 21 ottobre 2021 le
Regioni sono soggetti attuatori dei finanziamenti statali previsti,
attraverso apposito bando che si basa sul bando tipo emanato con Decreto
Ministeriale n° 427 del 2022. Secondo il bando tipo spetta alle Regioni
vagliare una serie di criteri per concedere il finanziamento quali:
“d) essere siti su cui sia possibile realizzare uno o più
impianti di generazione di energia elettrica rinnovabile di capacità adeguata
al processo di produzione dell’idrogeno, da intendersi come capacità di detti
impianti di soddisfare potenzialmente anche in quota parte quanto previsto
dall’articolo 5, comma 2, lettera e) (capacità totale pari almeno al 20 per cento della potenza elettrica
dell’elettrolizzatore stesso);
e) essere siti non contaminato ai sensi del Titolo V, Parte IV del
D.lgs. del 3 aprile 2006, n. 152 ovvero, qualora contaminato, sito nel quale la
realizzazione dei progetti, degli interventi e dei relativi impianti di cui ai
punti precedenti, oggetto di finanziamento, siano realizzati senza pregiudicare
né interferire con il completamento della bonifica e senza determinare rischi per la
salute dei lavoratori e degli altri fruitori dell’area;
f) essere già dotato, o potenzialmente dotabile mediante riattivazione
o adeguamento, delle seguenti caratteristiche infrastrutturali: i. connessione
alla rete elettrica; ii. risorse d’acqua adeguate
alla produzione di idrogeno rinnovabile; iii. connessione alla rete gas; iv.
accesso alla rete stradale;
g) sito contiguo o prossimo, ovvero distante non più di 50
chilometri, ad un’area caratterizzata dalla presenza di industrie e/o altre
utenze che possano esprimere una domanda potenziale di idrogeno, anche parziale
rispetto alla quantità di idrogeno producibile dall’impianto. La distanza di
cui al primo periodo è calcolata considerando il perimetro del sito presso cui
è installato l’elettrolizzatore e il perimetro del sito della prima utenza
potenziale individuata.”
La domanda è come la Regione Liguria una volta pubblicato il bando
con la già citata DGR 26 gennaio 2023, abbia verificato nel confronto con il
titolare dell’area (Enel) la realizzabilità del progetto e se l’arresto attuale
sia dovuto dalla difficoltà a rispettare qualcuno di quei criteri o altri
motivi.
Ma soprattutto Enel ha mai presentato la documentazione per
presentare il progetto sull’idrogeno come previsto dall’appendice A allegata
alla DGR 26 gennaio 2023? Visto che il
termine, secondo l’articolo 10 della DGR 26 gennaio 2023, scadeva il 24
febbraio 2023, la Regione ha sollecitato Enel in questo senso? C’è un rapporto
di confronto dove Enel ha motivato queste sue inadempienze? Se fossero state
presentate domande di agevolazione la Regione Liguria ha mai utilizzato le
procedure su revoca e rinunce previste dall’articolo 18 della DGR 26 gennaio
2023?
Domande che restano ad oggi senza risposte chiarificatrici anche
se in realtà Enel molto probabilmente possiamo supporre che non ha mai
presentato detta documentazione di cui alla citata appendice A. Non solo ma
esiste una graduatoria di soggetti che hanno presentato domanda delle agevolazioni
ai sensi dell’articolo 13 della DGR 26 gennaio 2023 visto che chi presentava
domanda doveva dimostrare di avere la disponibilità dell’area secondo l’appendice
A?
LA QUESTIONE DELLA ZONA LOGISTICA SEMPLIFICATA
Non solo occorre anche rilevare come il sistema di incentivi per i
progetti come quello citato nel bando regionale ligure che per ora peraltro
come abbiamo visto è fermo al palo, tende a legarsi nel piccolo dibattito
locale anche dentro una logica che non ponga al centro un vero risanamento e
rilancio dell’area in questione nell’interesse generale della città e non delle
solite lobby. Non a caso si parla di legare
il progetto di hydrogen valley con la zona logistica semplificata.
Si tratta delle zone pensate per le aree portuali e che, grazie
anche a modifiche normative recenti, possono essere applicate al porto
spezzino. L’obiettivo sembra quindi quello di perimetrare dentro la ZLS
spezzina anche gran parte dell’area Enel e forse questo spiega la proposta di
Enel di creare un deposito doganale per gestione container. Potrebbe essere
questa la “merce di scambio” per ottenere l’assenso a far rientrare lo spazio
occupato dalla centrale dentro il perimetro della costruenda ZLS. La seconda
perplessità, sempre in relazione alla ZLS, è che far rientrare anche l'area
Enel significa prima di tutto derogare alle norme ambientali accelerando
procedure per tutte le principali autorizzazioni e valutazioni (VIA, VAS, AIA,
AU, vincolo paesaggistico, urbanistica etc.). Non solo ma ZLS vuol dire (e qui
non si capisce perché una proposta di ampliamento del perimetro si avanzata da
chi si candida a Sindaco) che la gestione del Piano di Sviluppo finisce in mano
ad un Comitato di Indirizzo dove contano Presidente della Autorità di Sistema
Portuale, Regione e Ministeri mentre il Comune ha solo poteri consultivi.
Tutto questo in modo molto approfondito l’ho spiegato QUI.
1. ricognizione di tutta la normativa interferente con bonifiche analizzando specificamente gli spazi che, la vigente normativa e la giurisprudenza della corte di giustizia e nazionale, conferiscono alle amministrazioni pubbliche nell’imporre la bonifica in base al principio chi inquina paga e nel coinvolgere investitori privati: vedi ad es. QUI
2. buone pratiche di bonifiche di aree con ex centrali a carbone
3. ricognizione dei sistemi di finanziamento europei e anche privati (banche istituti di crediti, fondi) per riconversioni di aree
4. ricognizione
di buone pratiche di riconversione di aree industriali assimilabili
[NOTA 2] La Perizia Annovi, Cocheo, Cruciani, (Perizia
tecnica in incidente probatorio nei procedimenti n° 2540/91 R.G. notizie di
reato e n° 6656/91 R.G. GIP contro Benedetti Luigi ed altri – Ufficio del GIP
della Pretura Circondariale di La Spezia. Vol. I, Vol. II, Appendice) già
nel gennaio 1993 affermava senza ombra di dubbio che: “Esiste un rapporto
di causalità fra emissioni della CTE Enel e ricadute nelle zone
limitrofe duplice, riguardando sia le immissioni non visibili che quelle
visibili dalla popolazione” e che “ E’ stato accertato che esiste un
nesso di causalità fra funzionamento della centrale ed aumento della
deposizione gravinometrica in alcune località limitrofe all’impianto”.
Sulla base di quella perizia i dirigenti Enel patteggiarono la pena ammettendo
la loro responsabilità per le ripetute emissioni anomale.
Nel procedimento penale relativo alla violazione
della legge Merli (in vigore all’epoca, siamo negli anni 90) il giudice,
utilizzando le perizie dell’USL 12 e dell’IRSA relative al giudizio di
legittimità davanti al TAR (sull’ordinanza di chiusura della CTE Enel
per violazione dei limiti agli scarichi termici), stabilì che si fosse
verificato un danno ambientale condannando i due direttori della CTE e
riconoscendo i diritti alle parti civili attraverso una provvisionale di
£. 50.000.000; tale somma doveva essere considerata un anticipo sul
risarcimento totale del danno che, secondo la perizia a firma Prof. Finzi
Contini (che sosteneva essere già in atto, e da tempo, una gravissima
compromissione ambientale del golfo della Spezia), veniva prudenzialmente
quantificato in 229 miliardi del vecchio conio.
Ovviamente le varie Amministrazioni succedutesi in
questi anni non solo non hanno mai attivato le cause civili possibili sulla
base delle suddette sentenze penali ma neppure hanno posto la questione del
risarcimento del danno ambientale sia al momento della autorizzazione del 1996
che ora in sede di rilascio dell’AIA e della relativa convenzione allegata.
Anzi hanno perfino rimosso una relazione commissionata dalla stessa
Amministrazione Comunale, grazie soprattutto alla azione dell’allora Avvocato
Civico Accordon che nel Marzo 2000 aggiornava i costi dei danni
ambientali prodotti dalla presenza della centrale nel nostro territorio.
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