Il Consiglio di Stato (con sentenza
5857 del 12/8/2021 QUI) è intervenuto su un appello che
chiedeva l’annullamento di una sentenza del TAR che confermava la VIA negativa
e il rigetto della istanza di autorizzazione integrata ambientale (AIA) ad un
progetto di impianto di produzione biometano e compost di qualità
da FORSU (frazione organica dei rifiuti solidi urbani), nella zona industriale
del Comune interessato.
Il diniego di VIA positiva
e di rilascio dell’AIA si era fondato, anche sulla base dei parere di Arpa e
ASL territorialmente competenti, sul dato che l’impianto proposto dista circa
1.300 metri da centri abitati, mentre il piano gestione rifiuti urbani vigente
dispone una distanza minima di 2.000 metri. Inoltre venne sollevata anche la
questione che nell’area interessata dal nuovo impianto era, secondo le
previsioni del Piano Regionale Rifiuti, in
realizzazione un altro impianto pubblico diverso da quello proposto dalla
società appellante.
Il TAR ha confermato il
diniego di VIA positiva e del rilascio dell’AIA affermando che , pur non
essendo di ostacolo alla costruzione dell’impianto la previsione della
realizzazione di un’analoga struttura pubblica, lo stesso sarebbe stato
costruito ad una distanza minima inferiore a 2.500 metri da siti sensibili
presenti nel Comune di Surbo (la Scuola Materna di Via Lecce, l’Asilo Nido di
Via B. Croce, il Centro Poliambulatorio Territoriale di Via F. Cosma oltre i
Campi Sportivi esistenti).
Né
la distanza minima, secondo il Tar, poteva essere derogata, in quanto tale
ipotesi sarebbe stata prevista solo per i “centri abitati” e non anche per gli
altri due punti di riferimento del Piano Regionale, le case sparse e i siti
sensibili.
La
sentenza viene appellata dalla ditta che voleva realizzare il progetto di
biodigestore e il Consiglio di Stato respinge l’appello con le seguenti
motivazioni.
Il Consiglio di Stato
rileva prima di tutto che il Piano Regionale Gestione Rifiuti Urbani prevede
quali elementi escludenti la realizzazione di tale tipologia di impianti:
1. una
distanza inferiore a 2000 in dai centri abitati,
2. inferiore a 300 m da case sparse,
3. inferiore a 2500 m da luoghi sensibili (strutture
scolastiche, asili, strutture sanitarie con degenza, case di riposo).
Il Piano Regionale Rifiuti
poi aggiunge che individuata una macroarea potenzialmente idonea, la scelta
dell’ubicazione finale dell’impianto deve essere definita in sede di rilascio
dell'autorizzazione e potrà comunque avvenire ad una distanza di tutela dai
vicini centri inferiore a quella indicata, sulla base delle risultanze
derivanti da uno studio di approfondimento sull’impatto odorigeno.
In base alla istruttoria svolta da Arpa e ASL gli approfondimenti su monitoraggio e misure di mitigazione delle emissioni odorigene non hanno dimostrato di poter tutelare soprattutto i siti c.d. sensibili per i quali quindi non scatta la deroga prevista dal Piano Regionale di poter realizzare il biodigestore anche al di sotto delle distanze in precedenza riportate.
Afferma in conclusione la
sentenza del Consiglio di Stato: “non può neppure ritenersi per implicito
che la deroga si riferisca anche ai siti sensibili, laddove gli stessi possono
essere ubicati all’interno dei centri abitati. Le finalità sono infatti diverse
ed attengono alla presenza negli stessi siti di soggetti potenzialmente fragili
che richiedono una maggiore tutela e protezione.”
In altri termini, secondo
il Consiglio di Stato, la tutela della salute pubblica è prioritaria rispetto
alle deroghe previste dal Piano se queste deroghe non sono fondate su
istruttorie adeguate che ne dimostrino la praticabilità in termini preventivi.
Quindi il Consiglio di
Stato conferma quanto affermato dalla Provincia nel suo diniego alla
realizzazione del biogestore nel sito proposto per cui “la Provincia non ha potuto che prendere
atto della mancanza della distanza minima dell’impianto dai siti sensibili
ubicati nel Comune di Sorbo (inferiore a 2500 mt) e di conseguenza, anche sulla
base del parere comunale, richiamando i principi di prevenzione e di
precauzione di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 152/2006, ha adottato il
provvedimento di rigetto.”
CONCLUSIONI
Al di là del caso specifico
trattato nella sentenza il principio significativo che emerge, generalizzabile
per casi simili, è che le prescrizioni del Piano sono vincolanti in fase di
autorizzazione del singolo impianto salvo che con apposite istruttorie si
dimostri la non esistenza di un rischio per la salute pubblica ma più in
generale per l’ambiente (per sito sensibile si può intendere anche aree protette o siti tutelati dalla direttiva sulla biodiversità) e sempre che le deroghe siano previste nel Piano stesso.
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