Questa affermazione dimostra una profonda ignoranza (voluta o meno non mi interessa rilevarlo qui visto che questo è un post a valenza giuridico amministrativa e non certo politica) della normativa che disciplina le aree protette anche regionali e la collocazione di questa materia nell’ambito della Costituzione.
Intanto una premessa: non è vero che la normativa attuale non riconosca già ora poteri ai Comuni nell’area parco, basti pensare a questi due esempi:
1.
l’intesa obbligatoria con i Comuni per l’approvazione del piano del parco nelle
aree di promozione economico sociale
2. la
possibilità per i Comuni di predisporre strumenti urbanistici in attuazione del
Piano del Parco (articolo 19 LR 12/1995)
Ma al di la di questo aspetto di titolarità di funzioni quello che
rileva è che l’affermazione riportata all’inizio dei fautori della
abolizione del Parco Montemarcello Magra è chiaramente incostituzionale
perché non riconosce che:
1. le aree
protette rientrano nella materia ambientale che è di competenza esclusiva dello
Stato
2. l’ente parco
a differenza del Comune tutela specificamente il bene ambiente naturale
presente nel territorio dell’area protetta, mentre l’ente comunale tutela
interessi diversi (la pianificazione territoriale in particolare) che non
possono essere in mano allo stesso soggetto istituzionale. Peraltro al di la
degli aspetti giuridici sappiamo bene come i territori di pregio naturalistico
sono stati gestiti dai Comuni che proprio per ruolo e funzioni sono più
influenzabili dagli interessi forti che si muovono sul territorio
A conferma di quanto sopra si veda la sentenza della Corte
Costituzionale n.44 del 2011: “ - Nel rispetto dei livelli uniformi, previsti
dalla legislazione statale nell'esercizio
della competenza esclusiva in materia di tutela dell'ambiente, di cui
all'art.117, secondo comma, lettera s), Cost. - e tale e' la materia delle aree
protette, in cui la legge n. 394 del
1991 costituisce fonte di principi
fondamentali (sentenze n. 20 e n. 315 del 2010; n.366 del 1992) - la Regione
esercita la propria potestà legislativa, senza
potervi derogare, mentre puo'
determinare, sempre nell'ambito delle proprie competenze, livelli maggiori di
tutela (sentenze n. 193 del 2010 e
n. 61 del 2009)”
Insomma la tesi degli "abolizionisti" esprime un pensiero che visto in generale sulle aree protette cozza direttamente contro la Costituzione!
Aggiungo che non possono essere accettabili, sempre sotto il profilo costituzionale come sopra riportato, certe proposte di “pseudo riforma” della organizzazione e delle funzioni di un Ente Parco che sopravviverebbe ma praticamente esautorato da ogni potere di pianificazione del territorio dell’area protetta con la eliminazione del potere di nulla osta sulle pratiche urbanistiche ed edilizie.
Infatti l’articolo
25 della legge quadro nazionale sulle aree protette regionali, in relazione
agli strumenti di gestione del Parco, recita: “1. Strumenti di
attuazione delle finalità del parco naturale regionale sono il piano per il
parco e il piano pluriennale economico e sociale per la promozione delle
attività compatibili.
2. Il piano per il parco è adottato dall'organismo di gestione del
parco ed è approvato dalla regione. Esso ha valore anche di piano paesisti co e
di piano urbanistico e sostituisce i piani paesistici e i piani territoriali o
urbanistici di qualsiasi livello.”
POSSIBILI LINEE DI RIFORMA
DELLA ORGANIZZAZIONE E GESTIONE DEI PARCHI REGIONALI NEL RISPETTO DEL QUADRO
COSTITUZIONALE
Chiarito
quanto sopra quali linee di miglioramento della governance dei Parchi regionali
come quello di MonteMarcello che rispettino il quadro costituzionale e di
legislazione nazionale sopra delineato, esprimo alcuni esempi:
Questione dell’autonomia degli Enti parco
L’autonomia dell’Ente
Parco dai Comuni presenti sul territorio deve fondarsi non tanto su rigidi
criteri di rappresentanza (minor ruolo dei rappresentanti della Comunità negli
organismi di gestione degli enti parco) ma semmai sulla capacità dell’Ente
Parco di trasformare l’area protetta in occasione di sviluppo secondo i
principi della sostenibilità e con il coinvolgimento delle forze economiche e
sociali. In tal senso gli Enti da organismi di vigilanza e di gestione dei
poteri di nulla osta in perenne conflitto con le comunità locali, dovranno
trasformarsi in vere e proprie Agenzie per lo sviluppo sostenibile
dell’area parco utilizzando in tal senso in primo lo strumento del
Programma Pluriennale di sviluppo (ex legge 394) come un Piano per lo sviluppo
sostenibile attuativo degli indirizzi del Piano del Parco nel quadro di una
politica di concertazione sociale e istituzionale secondo le forme della Programmazione
Negoziata e dell’Amministrazione per accordi ed i principi dell’Agenda 21
locale.
Questione
nulla osta e pianificazione del territorio da parte dell'Ente Parco
I parametri per il
rilascio del nulla osta dell’Ente Parco, sugli interventi nel territorio dell’area
protetta, sono contenuti nel Piano e nel Regolamento. In questo senso sarà
opportuno che tali strumenti di disciplina del territorio protetto contengano
indicazioni puntuali in ordine alle diverse attività consentite nelle singole
zone con particolare riferimento alle aree a minor intensità di tutela. Sarà
utile anche procedere all’elaborazione di una dettagliata casistica, con
riferimento alle categorie di interventi ed opere di cui al comma 2 dell’art.11
della legge 394/1991 (l’elenco delle attività che dovranno essere disciplinate
dal Regolamento), questo perché nella legge 394 tali categorie presentano
contorni sfumati che finirebbero per assegnare all’Ente Parco una
discrezionalità così ampia in ordine alla compatibilità del singolo intervento
da rendere evanescente ogni effettiva possibilità di controllo.
D’altronde la chiave per
fondare giuridicamente il suddetto ragionamento è nella stessa legge quadro
nazionale delle aree protette. L’art. 22.2 della 394 introduce una precisazione
affermando “la partecipazione degli enti locali alla definizione del piano
del parco”, partecipazione che ha valenza costituzionale visto che viene considerata
principio fondamentale di riforma economico-sociale quindi a valenza
costituzionale. Questa norma esprime alla lettera la necessità del parere obbligatorio e non vincolante da parte degli Enti locali su Piano
e Regolamento del Parco, ma potrebbe
anche riferirsi alla predisposizione di un Documento di Indirizzo preliminare sia all’istituzione dell’area protetta che alla stesura del Piano e Regolamento del Parco alla cui stesura partecipino anche gli Enti
Locali. Non solo ma la norma suddetta potrebbe anche essere interpretata nel
senso di permette la possibilità di applicare ai parchi regionali quanto previsto
per quelli nazionali dall’art.12.4 (legge 349/1991) per il quale relativamente
alle aree di promozione economica e sociale il piano del parco è approvato
dalla Regione d’intesa con Ente Parco e Comuni.
Quelli sopra sono soli esempi, altri se ne potrebbero fare, quello che deve cessare sono le proposte fatte solo per conquistare qualche voto, la questione delle aree
protette va affrontata con rigore e serietà nel rispetto delle autonomie dei
Comuni ma anche del bene ambiente ma soprattutto rispettando i principi
costituzionali. E' possibile tutto questo? Si e, sia pure sinteticamente, l'ho dimostrato sopra.
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