mercoledì 20 settembre 2017

Parco Montemarcello Magra: una riforma nel rispetto della Costituzione e dell’ambiente

Il pensiero “forte” che sta dietro la richiesta di abolizione del Parco Montemarcello Magra si riassume in questa frase di uno dei sostenitori più accaniti della abolizione: “ L’abolizione del parco non spegne le tutele in sua difesa, non annulla le normative regionali, ma consente ai Sindaci la pianificazione e la gestione delle zone, un’autonomia superiore agli enti locali. Dire che dopo si cementifica gratis è una bugia perché rimangono tutti i vincoli connessi.”


Questa affermazione dimostra una profonda ignoranza (voluta o meno non mi interessa rilevarlo qui visto che questo è un post a valenza giuridico amministrativa e non certo politica) della normativa che disciplina le aree protette anche regionali e la collocazione di questa materia nell’ambito della Costituzione.

Vediamo perché…

Intanto una premessa: non è vero che la normativa attuale non riconosca già ora poteri ai Comuni nell’area parco, basti pensare a questi due esempi:
1. l’intesa obbligatoria con i Comuni per l’approvazione del piano del parco nelle aree di promozione economico sociale
2. la possibilità per i Comuni di predisporre strumenti urbanistici in attuazione del Piano del Parco (articolo 19 LR 12/1995)

Ma al di la di questo aspetto di titolarità di funzioni quello che rileva è che l’affermazione riportata all’inizio dei fautori della abolizione del Parco Montemarcello Magra è chiaramente incostituzionale perché non riconosce che:
1. le aree protette rientrano nella materia ambientale che è di competenza esclusiva dello Stato
2. l’ente parco a differenza del Comune tutela specificamente il bene ambiente naturale presente nel territorio dell’area protetta, mentre l’ente comunale tutela interessi diversi (la pianificazione territoriale in particolare) che non possono essere in mano allo stesso soggetto istituzionale. Peraltro al di la degli aspetti giuridici sappiamo bene come i territori di pregio naturalistico sono stati gestiti dai Comuni che proprio per ruolo e funzioni sono più influenzabili dagli interessi forti che si muovono sul territorio

A conferma di quanto sopra si veda la sentenza della Corte Costituzionale  n.44 del 2011: “ -  Nel rispetto dei livelli uniformi, previsti dalla legislazione statale nell'esercizio  della competenza  esclusiva  in materia di tutela dell'ambiente, di cui all'art.117, secondo comma, lettera s), Cost. - e tale e' la materia delle aree protette, in  cui la legge n. 394 del 1991 costituisce fonte di  principi fondamentali (sentenze n. 20 e n. 315 del 2010; n.366 del 1992) - la Regione esercita la propria potestà legislativa, senza  potervi  derogare, mentre puo' determinare, sempre nell'ambito delle proprie competenze, livelli maggiori di tutela (sentenze n. 193 del  2010  e  n.  61  del 2009)

Insomma la tesi degli "abolizionisti" esprime un pensiero che visto in generale sulle aree protette cozza direttamente contro la Costituzione!

Aggiungo che non possono essere accettabili, sempre sotto il profilo costituzionale come sopra riportato, certe proposte di “pseudo riforma” della organizzazione e delle funzioni di un Ente Parco che sopravviverebbe ma praticamente esautorato da ogni potere di pianificazione del territorio dell’area protetta con la eliminazione del potere di nulla osta sulle pratiche urbanistiche ed edilizie.
Infatti l’articolo 25 della legge quadro nazionale sulle aree protette regionali, in relazione agli strumenti di gestione del Parco, recita: “1. Strumenti di attuazione delle finalità del parco naturale regionale sono il piano per il parco e il piano pluriennale economico e sociale per la promozione delle attività compatibili.
2. Il piano per il parco è adottato dall'organismo di gestione del parco ed è approvato dalla regione. Esso ha valore anche di piano paesisti co e di piano urbanistico e sostituisce i piani paesistici e i piani territoriali o urbanistici di qualsiasi livello.”



POSSIBILI LINEE DI RIFORMA DELLA ORGANIZZAZIONE E GESTIONE DEI PARCHI REGIONALI NEL RISPETTO DEL QUADRO COSTITUZIONALE
Chiarito quanto sopra quali linee di miglioramento della governance dei Parchi regionali come quello di MonteMarcello che rispettino il quadro costituzionale e di legislazione nazionale sopra delineato, esprimo alcuni esempi:

Questione dell’autonomia degli Enti parco
L’autonomia dell’Ente Parco dai Comuni presenti sul territorio deve fondarsi non tanto su rigidi criteri di rappresentanza (minor ruolo dei rappresentanti della Comunità negli organismi di gestione degli enti parco) ma semmai sulla capacità dell’Ente Parco di trasformare l’area protetta in occasione di sviluppo secondo i principi della sostenibilità e con il coinvolgimento delle forze economiche e sociali. In tal senso gli Enti da organismi di vigilanza e di gestione dei poteri di nulla osta in perenne conflitto con le comunità locali, dovranno trasformarsi in vere e proprie Agenzie per lo sviluppo sostenibile dell’area parco utilizzando in tal senso in primo lo strumento del Programma Pluriennale di sviluppo (ex legge 394) come un Piano per lo sviluppo sostenibile attuativo degli indirizzi del Piano del Parco nel quadro di una politica di concertazione sociale e istituzionale  secondo le forme della Programmazione Negoziata e dell’Amministrazione per accordi ed i principi dell’Agenda 21 locale.

Questione  nulla osta e pianificazione del territorio da parte dell'Ente Parco
I parametri per il rilascio del nulla osta dell’Ente Parco, sugli interventi nel territorio dell’area protetta, sono contenuti nel Piano e nel Regolamento. In questo senso sarà opportuno che tali strumenti di disciplina del territorio protetto contengano indicazioni puntuali in ordine alle diverse attività consentite nelle singole zone con particolare riferimento alle aree a minor intensità di tutela. Sarà utile anche procedere all’elaborazione di una dettagliata casistica, con riferimento alle categorie di interventi ed opere di cui al comma 2 dell’art.11 della legge 394/1991 (l’elenco delle attività che dovranno essere disciplinate dal Regolamento), questo perché nella legge 394 tali categorie presentano contorni sfumati che finirebbero per assegnare all’Ente Parco una discrezionalità così ampia in ordine alla compatibilità del singolo intervento da rendere evanescente ogni effettiva possibilità di controllo.
D’altronde la chiave per fondare giuridicamente il suddetto ragionamento è nella stessa legge quadro nazionale delle aree protette. L’art. 22.2 della 394 introduce una precisazione affermando “la partecipazione  degli enti locali alla definizione del piano del parco”, partecipazione che ha valenza costituzionale visto che viene considerata principio fondamentale di riforma economico-sociale quindi a valenza costituzionale. Questa norma esprime alla lettera la necessità del parere obbligatorio e non vincolante da parte degli Enti locali su Piano e Regolamento del Parco, ma  potrebbe anche riferirsi alla predisposizione di un Documento di Indirizzo  preliminare sia all’istituzione dell’area protetta che alla stesura del Piano e Regolamento del Parco alla cui stesura partecipino anche gli Enti Locali. Non solo ma la norma suddetta potrebbe anche essere interpretata nel senso di permette la possibilità di applicare ai parchi regionali quanto previsto per quelli nazionali dall’art.12.4 (legge 349/1991) per il quale relativamente alle aree di promozione economica e sociale il piano del parco è approvato dalla Regione d’intesa con Ente Parco e Comuni.

Quelli sopra sono soli esempi, altri se ne potrebbero fare, quello che deve cessare sono le proposte fatte solo per conquistare qualche voto, la questione delle aree protette va affrontata con rigore e serietà nel rispetto delle autonomie dei Comuni ma anche del bene ambiente ma soprattutto rispettando i principi costituzionali.  E' possibile tutto questo? Si e, sia pure sinteticamente, l'ho dimostrato sopra. 


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