Oggi sul
quotidiano La Nazione di Spezia i dirigenti di Acam si lamentano dei ritardi
burocratici per la autorizzazione della discarica di Saturnia.
A mio
avviso quel progetto è previsto in un sito sbagliato come è emerso con
chiarezza anche dalla Inchiesta Pubblica in particolare per le problematiche
idrogeologiche ma anche legate alla bonifica complessiva dell’area in cui la
nuova discarica verrebbe collocata.
Ma non è di questo che ora
voglio trattare. Ma della superficialità del management di Acam nel presentare/elaborare e gestire proceduralmente i progetti di impianti a rilevante impatto ambientale come una
discarica di servizio.
LA PRESENTAZIONE/ELABORAZIONE DEI PROGETTI
DI ACAM: UN PO DI STORIA SULLA DISCARICA DI SERVIZIO
Intanto nel campo della presentazione
e quindi della elaborazione di progetti la storia ci insegna come la dirigenza Acam sia maestra nel
presentare progetti non fattibili o in siti assolutamente non adeguati, in questo spesso "spalleggiata" dalle varie istituzioni locali e spesso anche dalla Regione.
Vogliamo degli esempi? Eccoli:
Discarica Le Gronde Bonassola
In una prima fase siamo
intorno agli anni 2008-2009 la frazione stabilizzata (la FOS) prodotta dall’impianto
di Saliceti, esaurita la discarica di Val Bosca, avrebbe dovuto confluire,
secondo i progetti di Acam, in quella di
Bonassola. Li erano stati autorizzati gli interventi di ampliamento e
adeguamento: 150.000 mc con costi superiori ai 6 milioni di euro. Nel 2009 questi
costi arrivano, stime Acam, a 10 milioni di euro. 10
milioni di euro per smaltire circa 150.000 mc (capacità della discarica bastante
per soddisfare le necessita della provincia per circa 2,5 anni alla situazione
attuale di raccolta differenziata), troppo pochi per il tempo necessario a
garantire l'avvio di qualsiasi altro sistema di chiusura del ciclo per il quale
ci vorrebbero almeno 4/5 anni circa.
Eppoi si “scopre” improvvisamente che c’è nel corpo della discarica un roccione
di serpentino da rimuovere che farebbe lievitare il costo di altri
600.000/700.000 euro). Insomma alla fine non se ne fa nulla e tuttosommato
meglio così per i cittadini di Bonassola viste le problematiche del sito di
discarica esistente di cui si è tornato a parlare anche recentemente.
Progetto discarica Rocchetta Vara
Presentata come soluzione
ottimale per la c.d. discarica di servizio fino a quando con un sopralluogo (1 marzo 2012) con gli stessi tecnici di Acam,
oltre che del Comune di Rocchetta della
Regione della Provincia e di Arpal è emerso che come si ricava dal verbale:
“…l’intervento risulta tecnicamente più complicato di quanto inizialmente
previsto e con costi rilevanti in considerazione dei volumi utilizzabili; si
ritiene pertanto che la discarica non risponda più ai criteri di fattibilità
previsti dalla programmazione di cui al Piano provinciale dei rifiuti”.
Piano che invece prevedeva proprio questo sito come discarica di
servizio. Ma nel frattempo nessuno aveva verificato che il piano di recupero
della ex cava presente nel sito aveva comportato il riempimento dell’area con
inerti rendendo impossibile la realizzazione della discarica. Ma i progetti di
recupero delle cave chi li approva? Con ruoli e funzioni diversi gli stessi
enti che poi andando sul posto si sono accorti che il progetto non si poteva
più fare. E Acam nel frattempo dove era? Ma ad inventarsi un altro sito impossibile ovviamente:
quello di Mangina.
Progetto discarica di Mangina
Presentato da Acam così “Il
progetto è stato redatto da professionisti tra i migliori del panorama
nazionale”.
Un progetto così perfetto che nel Piano
economico-finanziario di Acam presentato nel 2013, a pagina 54 e 55,
veniva descritta la procedura di approvazione del progetto di discarica rimuovendo:
1. i
problemi di falda dell’area,
2. i
problemi della riclassificazione del rischio idraulico della zona dopo
l’alluvione disastrosa che l’ha colpita,
3. rimuoveva
altresì l’obbligo della procedura di Valutazione Ambientale Strategica
della necessaria variante al PUC del Comune di Borghetto Vara
4. prevedeva
la semplice procedura di verifica per la VIA, quando invece occorre (ex lege)
per discariche di questo tipo la VIA ordinaria
5. rimuoveva
l’obbligo di autorizzazione integrata ambientale e il relativo parere
obbligatorio e vincolante del Sindaco competente territorialmente sotto il
profilo del rischio sanitario.
Sappiamo tutti come è
finito quel progetto bocciato addirittura dalla stessa Regione Liguria.
LA GESTIONE DEI PROGETTI DI ACAM
La dirigenza di Acam, come
scritto all’inizio di questo post, si lamenta delle lungaggini burocratiche
delle procedure di valutazione e approvazione del progetto di discarica in
località Saturnia.
In realtà dovrebbe
prendersela prima di tutto con se stessa e la confusione totale che alberga nelle
menti di chi la rappresenta in particolare sulle finalità e le modalità delle
procedure di legge in materia.
Infatti i signori dirigenti
di Acam, che sono arrivati a dare dei “cialtroni”
ai cittadini della Val di Vara che contestavano il progetto di Mangina ,
dovrebbero sapere che:
1. nella
procedura di VIA l’elemento del consenso sociale e delle problematiche socio
economiche è parte decisiva nella decisione che conclude questo processo di
valutazione dell’impatto ambientale di un progetto
2.
la normativa prevede di unificare procedura di VIA e AIA e questo può essere
richiesto dallo stesso committente dell’opera.
Vediamo meglio questi due
aspetti decisivi nella vicenda Saturnia:
1. Il parametro della accettabilità sociale
del progetto nella procedura di VIA.
La procedura di VIA non
può essere vista come fosse una mera autorizzazione per cui tu presenti il
progetto dimostri di rispettare i limiti di legge dei vari inquinanti e io ti
do la autorizzazione. La procedura di VIA è un processo che mira a dimostrare la
compatibilità del progetto ( a prescindere dalla bontà tecnica dello stesso) in
rapporto al sito in cui verrà collocato tenuto conto di più aspetti non solo
strettamente ambientali ma anche sanitari e socio economici. Quindi anche il livello di accettabilità
sociale del progetto deve rientrare nei parametri della procedura di VIA. Non
si tratta di una mia interpretazione ma di quello che c’è scritto nella stessa
normativa ligure sulla VIA.
La Delibera Giunta Regionale
della Liguria n.1660/2013 (Aggiornamento
delle Norme Tecniche per la procedura di VIA) prevede:
1. tra i contenuti
del Quadro di riferimento progettuale del SIA: “la gestione sociale del progetto, con riferimento ai soggetti
coinvolti, agli impatti relativi a vantaggi e svantaggi sui gruppi sociali, i
beneficiari, l’utenza diretta o indiretta, i possibili conflitti.”. (lettera
b) punto 5 articolo 4 DGR 1660/2013)
2. tra i
comparti ambientali presi in esame dal SIA, questo ultimo: “deve
contenere indicazioni sui possibili effetti economici e sociali del progetto,
sia direttamente sia indirettamente, sia nel corso della realizzazione che a
regime, sulle seguenti variabili:
2.1.occupazione
2.2. composizione socio-anagrafica della comunità
locale
2.3. grado di coesione ed integrazione della comunità
locale” (lettera h) articolo 11 DGR 1660/2013)”
2. AIA e VIA si possono svolgere
contemporaneamente e in modo coordinato
Le due
procedure per legge andrebbero integrate come prevede il comma 2 articolo 10 del DLgs 152/2006 (testo unico ambientale) cosa
che fino ad ora stranamente non è stato fatto.
Quindi
non è vero che prima bisogna fare la VIA
e poi l’AIA.
Secondo
la Direttiva Europea 2010/75/UE il coordinamento tra le
procedure di VIA e AIA non ha una finalità meramente semplificatoria ma
prima di tutto di garantire un approccio integrato effettivo di tutte le
autorità competenti per questa procedura.
In
altri termini il coordinamento tra le due procedure, VIA e AIA, deve
servire prima di tutto a permettere una istruttoria completa al fine
di dimostrare la compatibilità del progetto con il sito (VIA) e la
compatibilità del modello gestionale di tale progetto con il sito (AIA). Per
questo come abbiamo visto sopra la norma nazionale anche nel caso di competenza
regionale prevede la integrazione dei documenti previsti per l’AIA all’interno
della procedura di VIA.
In tal senso la documentazione per la VIA dovrà essere opportunamente
integrata con:
a) le
informazioni previste dai commi 1 (contenuto domanda di AIA) e 2 (sintesi
non tecnica della domanda) dell’articolo 29 ter del DLgs 152/2006
b) le
informazioni ex rapporti di sicurezza (previsti dalla normativa sulle industrie
a rischio se applicabile) e quella prevista dal regolamento 761/2001 (se si
tratta di sito registrato EMAS)
c) le
condizioni per il rilascio dell’AIA ex articolo 29sexies DLgs 152/2006: MODELLO
GESTIONALE IMPIANTO
d) se
applicabili, le misure supplementari richieste dalla MTD ( Migliore Tecnologie
Disponibili) secondo l’articolo 29septies DLgs 152/2006.
Quanto sopra significa che siamo di fronte ad un unificazione dei provvedimenti e dei
relativi procedimenti ma la specificità della istruttoria propedeutica al
rilascio dell’AIA viene comunque salvaguardata.
Nella stessa direzione va la giurisprudenza amministrativa:
A
conferma si veda Consiglio di Stato del 17/10/2012 n. 5299 secondo
il quale: “alla delineata autonomia funzionale degli atti in questione
consegue che l’eventuale intangibilità dell’autorizzazione integrata ambientale
(nel caso di specie) non potrebbe spiegare alcun effetto sanante dei vizi di
cui è affetta la valutazione di impatto ambientale, non potendosi neppure
logicamente (ancor prima che sul piano strettamente giuridico) ammettere che le
problematiche attinenti la localizzazione e gli aspetti strutturali di un impianto
siano assorbite o inglobate dal provvedimento di autorizzazione all’esercizio
dell’impianto stesso.”
Si
veda inoltre Consiglio di Stato del 19/3/2012 n. 1541: “E’ vero
infatti che, a seguito del d.lgs. n. 128 del 2010 (entrato in vigore dopo i provvedimenti
impugnati), si è giunti ad una nuova formulazione del d.lgs. n. 152 del 2006,
in particolare dell’art. 10, volta al massimo coordinamento delle due
procedure, ma emerge altresì che è restata ferma la loro diversità di funzione,
specificata in particolare nelle lettere b) e c) dell’art. 4, comma 4, del
detto decreto legislativo, in quanto orientate la VIA alla verifica del
progetto e la AIA alla verifica dell’attività riguardo a particolari impianti
“salve le disposizioni sulla valutazione di impatto ambientale” (specificità
altresì indicata nel comma 13 dell’art. 6, che prevede la AIA per gli impianti
di cui all’allegato VIII, nonché nel comma 2 dello stesso art. 10 in cui, nel
momento in cui si prevede il coordinamento delle due procedure, contestualmente
si presuppone la permanenza della loro distinzione).”
In
altri termini, secondo queste sentenze, VIA e AIA possono
anche coordinarsi temporalmente ma la seconda non può essere assorbita dalla
prima sotto il profilo dei contenuti che devono essere valutati perché i
parametri istruttori e tecnici di queste due procedure devono restare distinti
e devono risultare dal provvedimento finale che conclude la VIA coordinata con
l’AIA. Questa distinzione sostanziale comporta anche una conseguenza procedurale i
vizi dell’AIA non possono sanare quelli della VIA in termini processuali.
CONCLUSIONI
Non sono le procedure di
legge a fermare il progetto ma semmai i rischi legati a questo progetto di
discarica e diciamolo anche una certa faciloneria tecnico amministrativa dei
signori di Acam come ho dimostrato in questo post.
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