Leggo sul Secolo XIX di
oggi che Arpal e Polizia Provinciale hanno effettuato nuovi
rilievi sul cantiere di “riqualificazione” della ex cava Brina in località
Ponzano Magra.
Ovviamente non ho elementi
di conoscenza di cosa gli organi di vigilanza abbiano rilevato durante la loro
ispezione. Una delle questioni che resta
però in dubbio su questa attività è quella legata alla presenza di amianto.
Amianto presente in passato come presenza naturale e che portò al sequestro
dell’area ma amianto che potrebbe tornare in questa area proprio dai lavori di
riqualificazione e con tanto di avvallo di legge.
Quello che, le autorità che
hanno autorizzato a suo tempo il progetto di riqualificazione di questa area, non hanno minimamente preso in considerazione è l’arrivo di un discusso nuovo regolamento
sulla gestione delle terre e rocce da scavo.
Come è noto agli addetti
ai lavori le terre e rocce da scavo sono tutt’ora considerati rifiuti ma grazie
ad una normativa permissiva in vigore ormai da quale anno sono stati “declassificati”
a sottoprodotti e possono quindi essere utilizzati anche per lavorazioni come
quella della riqualificazione della ex cava Brina ed infatti la autorizzazione prevede proprio l'utilizzo di questo materiale.
Ma cosa c’è nelle terre e
rocce di scavo non più considerati rifiuti, dalla vigente normativa nazionale?
1. scavi
in genere (sbancamento, fondazioni, trincee, ecc.);
2. perforazione,
trivellazione, palificazione, consolidamento, ecc.;
3. opere
infrastrutturali in generale (galleria, diga,
strada,ecc.);
4. materiali
litoidi in genere e comunque tutte
le altre plausibili frazioni granulometriche
provenienti da escavazioni effettuate negli alvei, sia
dei corpi idrici superficiali che
del reticolo idrico scolante, in zone
golenali dei corsi d'acqua, spiagge, fondali lacustri e
marini;
QUESTA NORMATIVA ITALIANA CONTRADDICE SIA IL
TESTO UNICO AMBIENTALE CHE LA DIRETTIVA EUROPEA SUI RIFIUTI
Ora l’articolo 185 del
DLgs 152/2006 (tutt’ora in vigore), come pure la lettera c) paragrafo 1
articolo 2 della Direttiva 2008/98, non considera come rifiuto il suolo
non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso
di attività di costruzione, ove sia certo che esso verrà riutilizzato a fini di
costruzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui è stato
escavato.
Inoltre il comma 4 di
detto articolo 185 afferma che il suolo escavato non contaminato e
altro materiale allo stato naturale, utilizzati in siti diversi da quelli in
cui sono stati escavati, non sono classificati come rifiuti se qualificati come
sottoprodotti o preventivamente trattati.
Quindi risulta con
chiarezza come secondo la Direttiva della UE non si possa escludere dalla
definizione di rifiuto il suolo contaminato e/o materiale artificiale. Il
Decreto 161/2012 afferma esattamente il contrario.
Si sostiene ([3]) che i materiali da
scavo contaminati o meno: “non possono derivare da attività di demolizioni in
corso d'opera” , citando il comma 2 articolo 3 del Decreto 161 secondo il
quale: “Sono esclusi dall'ambito
di applicazione del
presente regolamento i rifiuti
provenienti direttamente dall'esecuzione di interventi di demolizione di edifici o
altri manufatti preesistenti([4]),
la cui gestione è disciplinata dal DLgs 152/2006”. Il punto è che introducendo la possibilità di
considerare sottoprodotto anche materiali contaminato si crea un presupposto di
aggiramento della normativa sui rifiuti, compresi i vincoli dello stesso
Decreto 161, difficilmente controllabile. Questo a prescindere dai contrasti
con la normativa gerarchicamente superiore come analizzato in vari punti del
presente Commento Sistematico.
MA IL PEGGIO ARRIVERÀ A BREVE CON IL NUOVO REGOLAMENTO SU TERRE E ROCCE DI SCAVO
Il nuovo decreto che sta
per essere pubblicato dopo aver svolto l’iter di legge, prevede tra l’altro:
1.
le terre e rocce da scavo potranno contenere amianto sia
pure entro certi limiti quantitativi (limite massimo di 100 mg/kg.). Rilevo su
questo aspetto il parere contrario dell’apposita Sezione del Consiglio di Stato
(parere[5] Numero 00390/2016
e data 16/02/2016) secondo il quale la scelta di togliere il divieto della
presenza di amianto dalle terre e rocce di scavo: “ non risulta
documentato da alcun atto depositato presso la Segreteria della Sezione da cui
possano evincersi i necessari elementi
istruttori utilizzati dall’Amministrazione stessa per raggiungere le succitate
conclusioni e, conseguentemente, che la scelta di superare il divieto della
presenza di amianto non risulta adeguatamente motivata nella relazione
ministeriale, che peraltro si è limitata a sostenere che tale modifica si è
resa necessaria anche perché “la formulazione pregressa, consistente nel
divieto assoluto, non era verificabile in concreto”.
2. le
terre e rocce da scavo potranno contenere fino al 20% in peso materiali di “origine antropica”
sostanzialmente non definiti dal testo del nuovo decreto, essendo la definizione
di cui alla lettera e) articolo 2 del decreto piuttosto generica;
3. esclude,
dalla nozione di terre e rocce da scavo, i residui della
lavorazione dei materiali lapidei novità, consentendo agli
operatori di qualificarli come sottoprodotti quindi non più rifiuti. In questo
modo viene aggirato il minimo divieto che c'era nel Decreto 161/2012
(esaminato sopra) alla presenza di sostanze pericolose
quali: flocculanti con acrilammide o poliacrilammide. Voglio
ricordare che l'acrilammide è un cancerogeno e La poliacrilamide è
utilizzata come agente flocculante nei limi da lavaggio di inerti.
4. la
utilizzabilità delle terre e rocce di scavo si fonda su una autodichiarazione del produttore di questo materiale.
Questo vale anche cantieri di grandi dimensioni che producono le terre da
abbancare nella futura discarica di Saturnia come si evince chiaramente
dall’articolo 22 del decreto in fase di pubblicazione. Non a caso il
Consiglio di Stato in Adunanza Generale nel parere sul nuovo Decreto ha
chiesto di inserire l’obbligo di controlli randomizzati (casuali) sul materiale
utilizzato ma per ora non è stato accolto.
PER UN APPROFONDIMENTO SULLA NORMATIVA SULLE TERRE E ROCCE DI SCAVO VEDI QUI
[1] Per il materiale da riporto l’allegato 9
al Decreto 161/2012 intende i riporti come “per lo più una miscela eterogenea
di terreno naturale e di materiali di origine
antropica..” quindi possono contenere anche materiale inquinante non
naturale.
[2] calcestruzzo, bentonite,
polivinilcloruro (PVC),
vetroresina, miscele cementizie
e additivi per
scavo meccanizzato
[3] M. Santoloci e
V. Vattani in greenreport.it del 2/4/2013 http://www.greenreport.it/_archivio2011/?page=default&id=21232
[4] Secondo la
Circolare Ministero Ambiente n.13338 del 14/05/2014 “Si rileva che le disposizioni di cui all’articolo 41 comma 3 della
legge 98/2013 (relative al materiale di riporto vedi paragrafo in questo
commento INTERPRETAZIONE AUTENTICA DEL CONCETTO DI MATERIALE DI RIPORTO) devono
ritenersi unicamente applicabili a riporti storici, ovvero formatisi a seguito
di conferimenti avvenuti antecedentemente alla entrata in vigore del DPR 10
settembre 1982 n. 915, che per la natura dei rifiuti e per le modalità di
deposito, non integrino la fattispecie di discarica abusiva. Tra dette
modalità, a titolo di esempio, si ricordano: la irreversibile trasformazione
dello stato dei luoghi e l’ingente quantitativo di rifiuti oggetto di ripetuti
e sistemativi abbandoni”.
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