Le Terre rare sono diventate da tempo le nuove materie prime
definite critiche ( Critical Raw Materials – CRM, versione italiana
dell’acronimo: MPC) indispensabili alla transizione ecologica.
Su questa problematica è vicino alla pubblicazione un Regolamento
della UE ( ne ho trattato QUI) che è
prima di tutto una risposta all'US Inflation Reduction Act (IRA
- QUI), che
prevede crediti di imposta per le auto elettriche a condizione che almeno il
40% dei metalli per le batterie sia di provenienza USA con il rischio di
delocalizzazione di aziende, non USA, che producono batterie per ottenere gli
incentivi della nuova norma statunitense. La proposta di Regolamento è accompagnata
da uno studio propedeutico QUI.
L’Italia, a sua volta, ha introdotto una normativa (ne ho trattato
QUI) che
regolamenta le esportazioni delle stesse anche se contenute in rottami ferrosi
o rifiuti elettronici ed ha istituito dal 2021 un tavolo tecnico QUI.
Ora arrivano due studi italiani ma con lo sguardo
globale che aiutano a capire meglio lo stato della problematica di queste
fonti minerarie che stanno trasformando sempre di più la transizione ecologica
in uno scontro geopolitico globale.
Vediamo prima una breve sintesi dei due studi e poi una analisi più approfondita
degli stessi…
Il primo studio (per il testo completo vedi QUI) è dell’Osservatorio
conti pubblici italiani (QUI) che individua le
seguenti criticità:
1. scarsità offerta dei Paesi UE in
generale
2. forte
dipendenza dei Paesi UE da Paesi extra comunitari soprattutto la Cina e in
misura minore ma significativa Turchia Kazakistan, Congo, Guinea
3. paesi fornitori quindi
politicamente non completamente affidabili, nella logica occidentale, soprattutto
sotto il profilo geopolitico
4. necessità
di una centrale di acquisto unica delle MPC per la UE
5. necessità
di costruire partnership strategiche tra UE e Paesi produttori
6. necessità
di realizzare impianti di raffinazione delle MPC dentro la UE per utilizzo
finale
Il secondo studio (per il testo vedi QUI), più
precisamente un Rapporto, e del Gestore Mercati Energetici (QUI) analizza soprattutto il ruolo della Cina
sempre più rilevante nella produzione delle tecnologie per il fotovoltaico e i
tentativi di risposta della UE in termini di politiche di sostegno alle manifatture
europee in questo settore. In secondo analizza il ruolo delle principali MPC
necessarie per sviluppare il fotovoltaico mettendo a confronto UE, Cina e Stati
Uniti.
ARTICOLO DELL’OSSERVATORIO CONTI PUBBLICI ITALIANI
A
fronte di una domanda prevista in forte espansione, i Paesi dell’UE soffrono
mediamente di una scarsa capacità di offerta di MPC. Solo due nazioni europee
occupano la prima posizione nella classifica dei principali fornitori mondiali
di MPC: la Francia, con (quasi) la metà dell’offerta mondiale di afnio, e la
Spagna, che controlla il 31 per cento della produzione complessiva di stronzio.
Per il resto la quasi totalità dei Paesi membri dell’Unione non è in grado di
produrre volumi considerevoli di MPC.
Il
combinato disposto di una capacità di offerta (attuale e futura) limitata e di
una domanda elevata e crescente di MPC spinge naturalmente l’UE verso una
condizione di quasi-dipendenza da Paesi extra-UE soddisfatta attraverso un
continuo flusso di importazioni. Un fenomeno che può scatenare criticità nel
momento in cui la fornitura di una MPC risulta estremamente concentrata in uno
o pochi Stati-nazione, specie se retti da regimi politici instabili o
illiberali.
È
il caso della Cina, che rappresenta il Paese portatore del più elevato rischio
di approvvigionamento per l’UE. Secondo uno studio della Commissione europea,
nel periodo 2016-2020 la Cina ha soddisfatto la domanda interna UE di terre
rare pesanti per il 100 per cento, di magnesio per il 97 per cento, di terre
rare leggere per l’85 per cento e di gallio per il 71 per cento. Altri Paesi
forieri per l’UE di un elevato rischio di fornitura – che condividono con la
Cina lo status di regime politico instabile o illiberale – sono la Turchia (99
per cento del borato e 63 per cento dell’antimonio), il Kazakistan (71 per
cento del fosforo), la Repubblica Democratica del Congo (63 per cento del
cobalto) e la Guinea (63 per cento della bauxite). In termini generali (Fig. 2)
la stragrande maggioranza delle importazioni UE di MPC (23 categorie
merceologiche su 34) proviene da Paesi non OCSE considerati generalmente meno
affidabili e stabili da un punto di vista economico e geopolitico.
Secondo l’articolo dell’Osservatorio conti pubblici italiani, una prima valutazione dello stato dell’arte sul tema delle MPC in UE non conduce a risultati particolarmente lusinghieri, soprattutto quando si confronta il caso europeo con quello degli Stati Uniti.
Con
l’Inflation Reduction Act l’amministrazione Biden ha definito una chiara
strategia basata sull’erogazione di sussidi e incentivi per promuovere la
generazione e l’adozione di tecnologie al fine di accelerare la transizione
ecologica e per contenere i rischi per la sicurezza nazionale determinati da
una condizione di dipendenza dall’estero anche nel campo delle MPC.
La
Commissione europea, con la definizione del Critical Raw Materials Act , ha
semplicemente fornito alcune linee guida e parametri di riferimento
(10-40-15-65 per cento), che tuttavia appaiono di scarsa utilità pratica.
Sebbene a tutt’oggi non ci siano dati ufficiali sulla situazione a livello
europeo, è lecito pensare che questi parametri siano difficilmente
raggiungibili, considerando la scadenza imminente al 2030 e la condizione di
scarsità di MPC all’interno dell’UE.
Come
uscire da questa sorta di impasse? Una prima possibilità è rappresentata dalla
costituzione di una centrale d’acquisto delle MPC a livello UE (sulla falsariga
di quanto già sperimentato nel caso dei vaccini e del GNL). In tal modo si
sfrutterebbero i vantaggi derivanti dal potere di mercato di un acquirente avente
la dimensione dell’UE e si faciliterebbe il conseguimento di obiettivi
comunitari di sicurezza energetica. Una possibile alternativa è costituita
dalla sottoscrizione di partnership strategiche tra UE e Paesi extra-UE con
l’obiettivo di creare legami più duraturi e affidabili, che potrebbero essere
rinsaldati dal supporto tecnico-finanziario fornito dall’UE per realizzare
investimenti in capacità produttiva utile a completare fasi di
raffinazione/trattamento delle MPC prodotte in loco.
È
plausibile che la soluzione possa provenire – secondo una logica di tipo bottom-up –
dalle azioni intraprese dai singoli Stati membri dell’UE? Analizzando il caso
italiano, non si direbbe. Per quanto riguarda il tavolo tecnico
interministeriale, solo le formalità sembrano essere state rispettate. Dal
punto di vista sostanziale vi sono evidenti difficoltà nella messa in moto del
meccanismo operativo. Anche considerando altre iniziative realizzate in ambiti
affini – come la Strategia nazionale per l’economia circolare (che propone
risparmi di materiali nell’elettronica, imballaggi, plastica, tessuti,
edilizia, alimenti e nutrienti) e il Programma Nazionale per la Gestione dei
Rifiuti (che definisce le linee guida per la gestione dei rifiuti a livello
regionale per il corretto smaltimento e riciclo) – emerge come poco o nulla sia
stato in corso di attuazione con riferimento alle MPC.
In
definitiva, la permanenza di una condizione di dipendenza dell’UE da Paesi
extra-UE (politicamente instabili o illiberali) che controllano la
disponibilità di MPC rimane uno scenario assai probabile. Sembra quindi
seriamente a rischio il proposito di coniugare il raggiungimento degli
obiettivi di sostenibilità ambientale con quelli della sicurezza energetica.
IL RAPPORTO DEL GESTORE MERCATI ENERGETICI SULL’IMPATTO GLOBALE DELLA PRODUZIONE DI MATERIE PRIME CRITICHE SUL SETTORE FOTOVOLTAICO
La
Newsletter del Gestore Mercati Energetici di giugno tratta il tema del
rapporto tra sviluppo del fotovoltaico e utilizzo materie prima critiche
necessario per fabbricare gli impianti a energia solare e non solo.
Secondo
il Rapporto allegato alla Newsletter relativamente alle cinque tecnologie
pulite prese in considerazione dall’ Agenzia Internazionale per l’Energia,
quattro paesi nel mondo, con l’aggiunta dell’UE, rappresentano circa l’80-90%
dell’intera capacità manifatturiera disponibile nei differenti segmenti della
filiera.
Come
risulta dal Grafico riportato a pagina 26 della Newsletter sul solare
fotovoltaico la fa da padrone la Cina. Secondo stime recenti, nel 2023 la Cina
allaccerà una percentuale tra il 27% e il 45% dell’intera capacità installata
al mondo di fotovoltaico (QUI).
Da
notare è anche il fatto che il potenziale del settore fotovoltaico in Cina
rimane assai diversificato sul territorio del paese e che, mediamente, esso
rimanga inferiore rispetto a quello di altre nazioni asiatiche. Questo dimostra
che le aziende cinesi hanno delocalizzato la produzione degli impianti
sfruttando anche agevolazioni e basso costo manodopera di Paesi del sud est
asiatico.
Il EU Green Deal Industrial Plan (GDIP - QUI) e il Net Zero Industry Act (NZIA – ne ho trattato QUI), approvati a febbraio e marzo 2023, indicano il solare tra le tecnologie verdi necessarie alla transizione e per cui occorre rinforzare le capacità manifatturiere europee. In particolare, il NZIA intende portare la produzione interna a ricoprire il 40% della capacità messa a terra annualmente entro il 2030, contrastando così una dipendenza massiva dalle importazioni dalla Cina.
Protezionismo e MPC: la ricetta dei cinque materiali essenziali
per il settore solare
La
costruzione e assemblaggio dei pannelli solari, la loro installazione sul territorio
e nei plessi residenziali ed industriali, oltre che al loro collegamento con le
reti elettriche, necessita di 16 MPC. In particolare, la disponibilità di otto
di esse (alluminio, rame, indio, piombo, molibdeno, nickel, argento, zinco) e
la stabilità dei mercati annessi, avrà un’influenza preponderante sulle
capacità delle grandi potenze di supportare politiche e strategie energetiche
che risolvano l’annoso trilemma energia-clima-relazioni internazionali.
Europa
Il
CRMA (QUI) cita
esplicitamente soltanto rame e nickel tra le materie prime strategiche.
Riferimenti diretti ad alluminio, indio e argento esistono in documenti
alternativi riconducibili all’UE26 ma è singolare la loro assenza in una
strategia che intende definire quali siano i materiali fondamentali alla
transizione europea, tenendo conto dei criteri di domanda attuale e di quella
attesa.
Sul
lato dell’offerta, la scarsa produzione interna di diverse MPC è a rischio
anche per via delle tensioni internazionali con la Russia, esportatrice di
alluminio, argento, rame e nickel. Allo stesso modo, il contesto macro di
riferimento, con un’incertezza profonda dei mercati globali e soprattutto di
rallentamento delle attività industriali in Europa, ha favorito il deprezzamento
di un proxy alla crescita globale come il rame28. Paradossalmente, una crescita
debole dell’Europa contiene i prezzi delle stesse MPC utili alla transizione,
ma rischia di affossare gli investimenti per la stessa industria
Sinora,
però, più che un approccio comunitario e allargato ai 27 stati membri, spiccano
le iniziative intraprese dai singoli esecutivi europei.
Stati Uniti
La
lista dei 50 MPC strategici presentata dallo U.S. Geological Survey, organismo
del governo degli Stati Uniti, cita 43 materie prime per cui la dipendenza
dalle importazioni eccede il 50% del fabbisogno totale del paese. A differenza
dell’UE, rilevante è la presenza nella lista di pressoché ogni materia prima
necessaria alla produzione di pannelli solari. Fatto che indica una certa
robustezza delle catene di valore americane nel settore è anche la ricognizione
della produzione di rame, zinco e molibdeno che equivalgono, in termini
monetari, a poco meno del 50% dell’intera produzione americana di metalli
critici.
Nello
specifico, ciò che maggiormente allarma i policymakers americani è che 26 di
queste MPC provengano dalla Cina, rendendo questo tema una delle chiavi di
lettura più significative del dualismo sino-americano nel ventunesimo secolo (QUI).
Soltanto
nel 2022, compagnie americane ed estere, attratte dall’andamento della domanda
interna e dai corposi sussidi messi a disposizione da IRA, hanno annunciato
investimenti più alti che nella decade precedente36. Un segno che marca un
potenziale riavvio di un’industria chiave per la transizione statunitense.
Repubblica Popolare Cinese
L’ultima
lista, del 2021, elenca 48 MPC e tutti gli 8 elementi necessari alla
fabbricazione di PV sono inclusi nella lista (l’alluminio è
incluso sotto forma di bauxite, la principale fonte mineraria per la sua
produzione).
La
Cina rimane dipendente dalle importazioni di molti dei MPC che vengono lavorati
e raffinati successivamente nel paese, dove risiede la vera forza
dell’industria verde di Pechino. I principali attori della filiera nazionale
hanno così annunciato nuovi investimenti estrattivi nel lungo periodo, sulla
scia dell’invito delle più alte cariche dello Stato a facilitare la commistione
tra soggetti pubblici e privati nell’industria (QUI).
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