venerdì 14 luglio 2023

Materie prime critiche due studi sulla situazione nella UE e in Italia

Le Terre rare sono diventate da tempo le nuove materie prime definite critiche ( Critical Raw Materials – CRM, versione italiana dell’acronimo: MPC) indispensabili alla transizione ecologica.

Su questa problematica è vicino alla pubblicazione un Regolamento della UE ( ne ho trattato QUI) che è prima di tutto una risposta all'US Inflation Reduction Act (IRA - QUI), che prevede crediti di imposta per le auto elettriche a condizione che almeno il 40% dei metalli per le batterie sia di provenienza USA con il rischio di delocalizzazione di aziende, non USA, che producono batterie per ottenere gli incentivi della nuova norma statunitense. La proposta di Regolamento è accompagnata da uno studio propedeutico QUI.

L’Italia, a sua volta, ha introdotto una normativa (ne ho trattato QUI) che regolamenta le esportazioni delle stesse anche se contenute in rottami ferrosi o rifiuti elettronici ed ha istituito dal 2021 un tavolo tecnico QUI.


Ora arrivano due studi italiani ma con lo sguardo globale che aiutano a capire meglio lo stato della problematica di queste fonti minerarie che stanno trasformando sempre di più la transizione ecologica in uno scontro geopolitico globale.

Vediamo prima una breve sintesi dei due studi e poi una analisi più approfondita degli stessi…

 

Il primo studio (per il testo completo vedi QUI) è dell’Osservatorio conti pubblici italiani (QUI) che individua le seguenti criticità:

1. scarsità offerta dei Paesi UE in generale

2. forte dipendenza dei Paesi UE da Paesi extra comunitari soprattutto la Cina e in misura minore ma significativa Turchia Kazakistan, Congo, Guinea

3. paesi fornitori quindi politicamente non completamente affidabili, nella logica occidentale, soprattutto sotto il profilo geopolitico

4. necessità di una centrale di acquisto unica delle MPC per la UE

5. necessità di costruire partnership strategiche tra UE e Paesi produttori

6. necessità di realizzare impianti di raffinazione delle MPC dentro la UE per utilizzo finale

 

Il secondo studio (per il testo vedi QUI), più precisamente un Rapporto, e del Gestore Mercati Energetici (QUI) analizza soprattutto il ruolo della Cina sempre più rilevante nella produzione delle tecnologie per il fotovoltaico e i tentativi di risposta della UE in termini di politiche di sostegno alle manifatture europee in questo settore. In secondo analizza il ruolo delle principali MPC necessarie per sviluppare il fotovoltaico mettendo a confronto UE, Cina e Stati Uniti.

 

 

 

 



ARTICOLO DELL’OSSERVATORIO CONTI PUBBLICI ITALIANI

A fronte di una domanda prevista in forte espansione, i Paesi dell’UE soffrono mediamente di una scarsa capacità di offerta di MPC. Solo due nazioni europee occupano la prima posizione nella classifica dei principali fornitori mondiali di MPC: la Francia, con (quasi) la metà dell’offerta mondiale di afnio, e la Spagna, che controlla il 31 per cento della produzione complessiva di stronzio. Per il resto la quasi totalità dei Paesi membri dell’Unione non è in grado di produrre volumi considerevoli di MPC. 

Il combinato disposto di una capacità di offerta (attuale e futura) limitata e di una domanda elevata e crescente di MPC spinge naturalmente l’UE verso una condizione di quasi-dipendenza da Paesi extra-UE soddisfatta attraverso un continuo flusso di importazioni. Un fenomeno che può scatenare criticità nel momento in cui la fornitura di una MPC risulta estremamente concentrata in uno o pochi Stati-nazione, specie se retti da regimi politici instabili o illiberali.

È il caso della Cina, che rappresenta il Paese portatore del più elevato rischio di approvvigionamento per l’UE. Secondo uno studio della Commissione europea, nel periodo 2016-2020 la Cina ha soddisfatto la domanda interna UE di terre rare pesanti per il 100 per cento, di magnesio per il 97 per cento, di terre rare leggere per l’85 per cento e di gallio per il 71 per cento. Altri Paesi forieri per l’UE di un elevato rischio di fornitura – che condividono con la Cina lo status di regime politico instabile o illiberale – sono la Turchia (99 per cento del borato e 63 per cento dell’antimonio), il Kazakistan (71 per cento del fosforo), la Repubblica Democratica del Congo (63 per cento del cobalto) e la Guinea (63 per cento della bauxite). In termini generali (Fig. 2) la stragrande maggioranza delle importazioni UE di MPC (23 categorie merceologiche su 34) proviene da Paesi non OCSE considerati generalmente meno affidabili e stabili da un punto di vista economico e geopolitico.

Secondo l’articolo dell’Osservatorio conti pubblici italiani, una prima valutazione dello stato dell’arte sul tema delle MPC in UE non conduce a risultati particolarmente lusinghieri, soprattutto quando si confronta il caso europeo con quello degli Stati Uniti.

Con l’Inflation Reduction Act l’amministrazione Biden ha definito una chiara strategia basata sull’erogazione di sussidi e incentivi per promuovere la generazione e l’adozione di tecnologie al fine di accelerare la transizione ecologica e per contenere i rischi per la sicurezza nazionale determinati da una condizione di dipendenza dall’estero anche nel campo delle MPC.

La Commissione europea, con la definizione del Critical Raw Materials Act , ha semplicemente fornito alcune linee guida e parametri di riferimento (10-40-15-65 per cento), che tuttavia appaiono di scarsa utilità pratica. Sebbene a tutt’oggi non ci siano dati ufficiali sulla situazione a livello europeo, è lecito pensare che questi parametri siano difficilmente raggiungibili, considerando la scadenza imminente al 2030 e la condizione di scarsità di MPC all’interno dell’UE.

Come uscire da questa sorta di impasse? Una prima possibilità è rappresentata dalla costituzione di una centrale d’acquisto delle MPC a livello UE (sulla falsariga di quanto già sperimentato nel caso dei vaccini e del GNL). In tal modo si sfrutterebbero i vantaggi derivanti dal potere di mercato di un acquirente avente la dimensione dell’UE e si faciliterebbe il conseguimento di obiettivi comunitari di sicurezza energetica. Una possibile alternativa è costituita dalla sottoscrizione di partnership strategiche tra UE e Paesi extra-UE con l’obiettivo di creare legami più duraturi e affidabili, che potrebbero essere rinsaldati dal supporto tecnico-finanziario fornito dall’UE per realizzare investimenti in capacità produttiva utile a completare fasi di raffinazione/trattamento delle MPC prodotte in loco.

È plausibile che la soluzione possa provenire – secondo una logica di tipo bottom-up – dalle azioni intraprese dai singoli Stati membri dell’UE? Analizzando il caso italiano, non si direbbe. Per quanto riguarda il tavolo tecnico interministeriale, solo le formalità sembrano essere state rispettate. Dal punto di vista sostanziale vi sono evidenti difficoltà nella messa in moto del meccanismo operativo. Anche considerando altre iniziative realizzate in ambiti affini – come la Strategia nazionale per l’economia circolare (che propone risparmi di materiali nell’elettronica, imballaggi, plastica, tessuti, edilizia, alimenti e nutrienti) e il Programma Nazionale per la Gestione dei Rifiuti (che definisce le linee guida per la gestione dei rifiuti a livello regionale per il corretto smaltimento e riciclo) – emerge come poco o nulla sia stato in corso di attuazione con riferimento alle MPC.

In definitiva, la permanenza di una condizione di dipendenza dell’UE da Paesi extra-UE (politicamente instabili o illiberali) che controllano la disponibilità di MPC rimane uno scenario assai probabile. Sembra quindi seriamente a rischio il proposito di coniugare il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale con quelli della sicurezza energetica.

 

 


 


IL RAPPORTO DEL GESTORE MERCATI ENERGETICI SULL’IMPATTO GLOBALE DELLA PRODUZIONE DI MATERIE PRIME CRITICHE SUL SETTORE FOTOVOLTAICO

La Newsletter del Gestore Mercati Energetici di giugno tratta il tema del rapporto tra sviluppo del fotovoltaico e utilizzo materie prima critiche necessario per fabbricare gli impianti a energia solare e non solo.

Secondo il Rapporto allegato alla Newsletter relativamente alle cinque tecnologie pulite prese in considerazione dall’ Agenzia Internazionale per l’Energia, quattro paesi nel mondo, con l’aggiunta dell’UE, rappresentano circa l’80-90% dell’intera capacità manifatturiera disponibile nei differenti segmenti della filiera.

Come risulta dal Grafico riportato a pagina 26 della Newsletter sul solare fotovoltaico la fa da padrone la Cina. Secondo stime recenti, nel 2023 la Cina allaccerà una percentuale tra il 27% e il 45% dell’intera capacità installata al mondo di fotovoltaico (QUI).

Da notare è anche il fatto che il potenziale del settore fotovoltaico in Cina rimane assai diversificato sul territorio del paese e che, mediamente, esso rimanga inferiore rispetto a quello di altre nazioni asiatiche. Questo dimostra che le aziende cinesi hanno delocalizzato la produzione degli impianti sfruttando anche agevolazioni e basso costo manodopera di Paesi del sud est asiatico.

Il EU Green Deal Industrial Plan (GDIP - QUI) e il Net Zero Industry Act (NZIA – ne ho trattato QUI), approvati a febbraio e marzo 2023, indicano il solare tra le tecnologie verdi necessarie alla transizione e per cui occorre rinforzare le capacità manifatturiere europee. In particolare, il NZIA intende portare la produzione interna a ricoprire il 40% della capacità messa a terra annualmente entro il 2030, contrastando così una dipendenza massiva dalle importazioni dalla Cina.

 


Protezionismo e MPC: la ricetta dei cinque materiali essenziali per il settore solare

La costruzione e assemblaggio dei pannelli solari, la loro installazione sul territorio e nei plessi residenziali ed industriali, oltre che al loro collegamento con le reti elettriche, necessita di 16 MPC. In particolare, la disponibilità di otto di esse (alluminio, rame, indio, piombo, molibdeno, nickel, argento, zinco) e la stabilità dei mercati annessi, avrà un’influenza preponderante sulle capacità delle grandi potenze di supportare politiche e strategie energetiche che risolvano l’annoso trilemma energia-clima-relazioni internazionali.

 

Europa

Il CRMA (QUI) cita esplicitamente soltanto rame e nickel tra le materie prime strategiche. Riferimenti diretti ad alluminio, indio e argento esistono in documenti alternativi riconducibili all’UE26 ma è singolare la loro assenza in una strategia che intende definire quali siano i materiali fondamentali alla transizione europea, tenendo conto dei criteri di domanda attuale e di quella attesa.

Sul lato dell’offerta, la scarsa produzione interna di diverse MPC è a rischio anche per via delle tensioni internazionali con la Russia, esportatrice di alluminio, argento, rame e nickel. Allo stesso modo, il contesto macro di riferimento, con un’incertezza profonda dei mercati globali e soprattutto di rallentamento delle attività industriali in Europa, ha favorito il deprezzamento di un proxy alla crescita globale come il rame28. Paradossalmente, una crescita debole dell’Europa contiene i prezzi delle stesse MPC utili alla transizione, ma rischia di affossare gli investimenti per la stessa industria

Sinora, però, più che un approccio comunitario e allargato ai 27 stati membri, spiccano le iniziative intraprese dai singoli esecutivi europei.

 

Stati Uniti

La lista dei 50 MPC strategici presentata dallo U.S. Geological Survey, organismo del governo degli Stati Uniti, cita 43 materie prime per cui la dipendenza dalle importazioni eccede il 50% del fabbisogno totale del paese. A differenza dell’UE, rilevante è la presenza nella lista di pressoché ogni materia prima necessaria alla produzione di pannelli solari. Fatto che indica una certa robustezza delle catene di valore americane nel settore è anche la ricognizione della produzione di rame, zinco e molibdeno che equivalgono, in termini monetari, a poco meno del 50% dell’intera produzione americana di metalli critici.

Nello specifico, ciò che maggiormente allarma i policymakers americani è che 26 di queste MPC provengano dalla Cina, rendendo questo tema una delle chiavi di lettura più significative del dualismo sino-americano nel ventunesimo secolo (QUI).

Soltanto nel 2022, compagnie americane ed estere, attratte dall’andamento della domanda interna e dai corposi sussidi messi a disposizione da IRA, hanno annunciato investimenti più alti che nella decade precedente36. Un segno che marca un potenziale riavvio di un’industria chiave per la transizione statunitense.

 

Repubblica Popolare Cinese

L’ultima lista, del 2021, elenca 48 MPC e tutti gli 8 elementi necessari alla fabbricazione di PV sono inclusi nella lista (l’alluminio è incluso sotto forma di bauxite, la principale fonte mineraria per la sua produzione).

La Cina rimane dipendente dalle importazioni di molti dei MPC che vengono lavorati e raffinati successivamente nel paese, dove risiede la vera forza dell’industria verde di Pechino. I principali attori della filiera nazionale hanno così annunciato nuovi investimenti estrattivi nel lungo periodo, sulla scia dell’invito delle più alte cariche dello Stato a facilitare la commistione tra soggetti pubblici e privati nell’industria (QUI).

 

 

 

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