giovedì 6 luglio 2023

Biodiversità: la Corte di Giustizia UE fissa le condizioni per escludere la Valutazione di Incidenza

Sentenza della Corte di Giustizia del 14 giugno 2023 (QUI) su come l’autorità competente dello Stato membro debba valutare la decisione di non richiedere una ordinaria Valutazione di Incidenza al fine di verificare i potenziali impatti dannosi di un progetto o piano/programma su un sito tutelato dalla Direttiva sulla biodiversità  (Direttiva 92/43 - QUI).

 

In sintesi le conclusioni della sentenza qui esaminata:

1. non esistono nella lettera della Direttiva requisiti specifici sul modo in cui deve essere motivata dalla autorità competente nazionale (in Italia normalmente la Regione e/o gli Enti Parco)

2. la motivazione deve comunque sussistere e deve fondarsi sul principio di precauzione per cui non potendo escludere a priori i danni al sito tutelato dalla normativa sulla biodiversità occorre dimostrare che detto rischio non esista tenuto conto delle caratteristiche e delle condizioni ambientali del sito stesso rispetto al tipo di progetto o piano/programma individuando quindi preventivamente gli impatti che questi potranno produrre sul sito

3. il confronto tra sito e progetto piano/programma non deve essere lacunoso contenendo rilievi e conclusioni completi e precisi atti a dissipare ogni dubbio scientifico in merito agli effetti del progetto piano/programma sul sito

4. ne consegue che, anche se, qualora un’autorità competente decida di autorizzare un progetto simile senza richiedere un’opportuna valutazione tale autorità non è tenuta a rispondere, nella motivazione della sua decisione, a tutti i punti di diritto e di fatto sollevati nel corso del procedimento amministrativo, essa deve tuttavia indicare adeguatamente le ragioni che le hanno consentito, prima di concedere tale autorizzazione, di acquisire la certezza, nonostante i pareri contrari e i ragionevoli dubbi eventualmente ivi espressi, che sia stato escluso ogni ragionevole dubbio scientifico circa la possibilità che detto progetto incida significativamente su tale sito

5. al fine di determinare se sia necessario effettuare un’opportuna valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto su un sito, si può tener conto delle caratteristiche di tale piano o progetto che comportano l’eliminazione dei contaminanti e che sono quindi atte a produrre l’effetto di ridurre le conseguenze nocive di tale piano o progetto sul sito, qualora tali caratteristiche siano state integrate nello stesso piano o nello stesso progetto come caratteristiche ordinarie, inerenti a siffatto piano o progetto, indipendentemente da qualsiasi effetto su detto sito

 

Per una descrizione più estesa della sentenza vedi la ricostruzione di seguito:

 

COME DEVE ESSERE MOTIVATA LA DECISIONE DI ESCLUDERE LA VALUTAZIONE DI INCIDENZA

In particolare nel caso oggetto della sentenza il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43 debba essere interpretato nel senso che, qualora l’autorità competente di uno Stato membro decida che non sia necessaria un’opportuna valutazione dell’incidenza, essa deve fornire una motivazione esplicita e dettagliata a fondamento della propria decisione, tale da fugare ogni ragionevole dubbio scientifico in merito all’impatto del piano o del progetto previsti sul sito interessato, e da eliminare espressamente e singolarmente ciascuno dei dubbi sollevati a tale riguardo nel corso del processo di partecipazione del pubblico.

Secondo la Corte di Giustizia né l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43, né alcun’altra disposizione di quest’ultima prevedono requisiti relativi alla motivazione delle decisioni adottate in applicazione di detto articolo 6, paragrafo 3.

Va tuttavia sottolineato, in primo luogo, che il diritto a una buona amministrazione, in quanto riflette un principio generale di diritto dell’Unione, comporta requisiti che gli Stati membri sono tenuti a rispettare quando attuano il diritto dell’Unione. Tra tali requisiti, l’obbligo di motivazione delle decisioni adottate dalle autorità nazionali, riveste un’importanza particolare, poiché pone il loro destinatario in grado di difendere i propri diritti nelle migliori condizioni possibili e di valutare, con piena cognizione di causa, se sia utile proporre ricorso contro di essa. Esso è altresì necessario per consentire ai giudici di esercitare un sindacato sulla legittimità di dette decisioni (sentenza del 9 novembre 2017, C‑46/16, punti 39 e 40 QUI).

In secondo luogo, l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43 prevede una procedura di valutazione volta a garantire, mediante un controllo preventivo, che un piano o un progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione del sito interessato, ma idoneo ad avere incidenze significative sullo stesso, sia autorizzato solo se non pregiudicherà l’integrità di tale sito (sentenza del 29 luglio 2019, C‑411/17, punto 117  QUI).

Tale medesimo articolo 6, paragrafo 3, distingue due fasi nella procedura di valutazione che esso prevede.

La prima, di cui al primo periodo di detta disposizione, richiede che gli Stati membri effettuino un’opportuna valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto su un sito protetto quando è probabile che tale piano o progetto pregiudichi in maniera significativa detto sito. La seconda fase, di cui al secondo periodo della stessa disposizione, che interviene una volta effettuata detta opportuna valutazione, subordina l’autorizzazione di un siffatto piano o progetto alla condizione che lo stesso non pregiudichi l’integrità del sito interessato, fatte salve le disposizioni dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 92/43 (sentenza del 29 luglio 2019, C‑411/17, punto 119 sopra citata).

A tal riguardo, anzitutto, dalla giurisprudenza della Corte risulta che l’esigenza di un’opportuna valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto prevista all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43 è subordinata alla condizione che sussista una probabilità o un rischio che esso pregiudichi significativamente il sito interessato. Tenuto conto, in particolare, del principio di precauzione, si ritiene che un siffatto rischio sussista in quanto non si può escludere, sulla base delle migliori conoscenze scientifiche in materia, che il piano o il progetto in questione possa pregiudicare gli obiettivi di conservazione di tale sito. La valutazione del rischio va effettuata, in particolare, alla luce delle caratteristiche e delle condizioni ambientali specifiche del sito interessato da tale piano o progetto (sentenza del 29 luglio 2019, C‑411/17, punto 134, vedi sopra).

Inoltre, secondo una giurisprudenza costante, un’opportuna valutazione delle incidenze di un piano o di un progetto implica che, prima dell’approvazione di quest’ultimo, devono essere individuati, tenuto conto delle migliori conoscenze scientifiche in materia, tutti gli aspetti del piano o progetto di cui trattasi che possano, da soli o congiuntamente ad altri piani o progetti, pregiudicare gli obiettivi di conservazione del sito protetto. Le autorità nazionali competenti autorizzano un’attività solo a condizione che abbiano acquisito la certezza che tale attività è priva di effetti pregiudizievoli per l’integrità di detto sito. Ciò avviene quando non sussiste alcun ragionevole dubbio da un punto di vista scientifico circa l’assenza di tali effetti (sentenza del 29 luglio 2019, C‑411/17, punto 120 vedi sopra).

Conformemente alla giurisprudenza, tale valutazione non può comportare lacune e deve contenere rilievi e conclusioni completi, precisi e definitivi, atti a dissipare qualsiasi ragionevole dubbio scientifico in merito agli effetti dei lavori previsti sul sito protetto in questione (sentenze: 25 luglio 2018, C‑164/17, punto 39 QUI, e del 7 novembre 2018, C‑461/17, punto 49 QUI).

Un siffatto requisito implica che l’autorità competente, a seguito di una valutazione appropriata, sia in grado di indicare adeguatamente le ragioni che le hanno consentito, prima di concedere l’autorizzazione in esame, di acquisire la certezza, nonostante i pareri contrari eventualmente espressi, che è escluso ogni ragionevole dubbio scientifico per quanto riguarda l’impatto ambientale dei lavori previsti sul sito interessato (v., in tal senso, sentenza del 7 novembre 2018, C‑461/17, punto 51 sopra citata).

Tali obblighi di motivazione devono essere soddisfatti anche quando, come nel caso di specie, l’autorità competente approva un progetto che può avere ripercussioni su un sito protetto senza richiedere un’opportuna valutazione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43.

Ne consegue che, anche se, qualora un’autorità competente decida di autorizzare un progetto simile senza richiedere un’opportuna valutazione ai sensi di tale disposizione, il diritto dell’Unione non impone a tale autorità di rispondere, nella motivazione di una siffatta decisione, uno per uno, a tutti i punti di diritto e di fatto sollevati dagli interessati nel corso del procedimento amministrativo, tuttavia tale autorità deve indicare adeguatamente le ragioni che le hanno consentito, prima di concedere tale autorizzazione, di acquisire la certezza, nonostante i pareri contrari e i ragionevoli dubbi eventualmente ivi espressi, che sia stato escluso ogni ragionevole dubbio scientifico circa la possibilità che il progetto incida significativamente su tale sito.

Alla luce delle considerazioni suesposte, occorre rispondere alla quinta questione dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43 dev’essere interpretato nel senso che anche se, qualora un’autorità competente di uno Stato membro decida di autorizzare un piano o un progetto che può avere ripercussioni su un sito protetto ai sensi di tale direttiva senza richiedere un’opportuna valutazione, ai sensi di tale disposizione, tale autorità non è tenuta a rispondere, nella motivazione della sua decisione, a tutti i punti di diritto e di fatto sollevati nel corso del procedimento amministrativo, essa deve tuttavia indicare adeguatamente le ragioni che le hanno consentito, prima di concedere tale autorizzazione, di acquisire la certezza, nonostante i pareri contrari e i ragionevoli dubbi eventualmente ivi espressi, che sia stato escluso ogni ragionevole dubbio scientifico circa la possibilità che detto progetto incida significativamente su tale sito.

 

 

LE CONDIZIONI PER ESCLUDERE LA VALUTAZIONE DI INCIDENZA NEL CASO IN CUI IL PIANO O PROGETTO CONTENGA GLI ELEMENTI PER ELIMINARE GLI INQUINANTI CHE POSSONO DANNEGGIARE IL SITO PROTETTO

Il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43 debba essere interpretato nel senso che, al fine di determinare se sia necessario procedere ad un’opportuna valutazione degli effetti di un piano o di un progetto su un sito protetto ai sensi di tale direttiva, si può tener conto delle caratteristiche di tale piano o progetto che comportano l’eliminazione dei contaminanti e che sono atte a produrre l’effetto di ridurre le conseguenze nocive di tale piano o progetto sul sito, qualora tali caratteristiche siano state integrate nello stesso piano o nello stesso progetto come caratteristiche ordinarie, indipendentemente da qualsiasi effetto su detto sito.

 

Secondo la Corte di Giustizia dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che tale giudice si pone tale questione in particolare alla luce della sentenza del 12 aprile 2018, C‑323/17 QUI). Più in particolare, esso si chiede se, alla luce di tale sentenza, l’autorità per la pianificazione territoriale poteva tener conto delle misure descritte al punto 9 della presente sentenza ai fini della sua decisione di non richiedere un’opportuna valutazione delle incidenze del progetto di cui trattasi nella causa principale sulle zone menzionate al punto 7 della presente sentenza.

 

A tale proposito, occorre rilevare che, al punto 40 della sentenza del 12 aprile 2018, C‑323/17, vedi sopra, la Corte ha deciso che l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43 dev’essere interpretato nel senso che, al fine di determinare se sia necessario procedere successivamente a un’opportuna valutazione delle incidenze di un piano o di un progetto su un sito interessato, non occorre, nella fase di preesame, prendere in considerazione le misure intese a evitare o a ridurre gli effetti negativi di tale piano o progetto su tale sito.

 

La Corte ha segnatamente considerato, nella stessa sentenza, che la circostanza che le misure volte a evitare o a ridurre gli effetti negativi di un piano o di un progetto sul sito interessato siano prese in considerazione, in sede di esame della necessità di realizzare un’opportuna valutazione, presuppone che sia verosimile che tale sito sia pregiudicato in modo significativo e che, pertanto, occorra procedere a una simile valutazione. Tale conclusione è corroborata dal fatto che un’analisi completa e precisa delle misure intese a evitare o a ridurre eventuali effetti significativi sul sito interessato dev’essere effettuata non allo stadio della fase di preesame, ma precisamente a quello dell’opportuna valutazione. Peraltro, secondo la Corte, la presa in considerazione di simili misure fin dalla fase di preesame potrebbe compromettere l’effetto utile della Direttiva 92/43, in generale, nonché la fase di valutazione, in particolare, in quanto quest’ultima fase perderebbe il suo oggetto e sussisterebbe un rischio di aggiramento di tale fase di valutazione, che costituisce tuttavia una garanzia essenziale prevista da detta direttiva (v., in tal senso, sentenza del 12 aprile 2018, C‑323/17, punti da 35 a 37 vedi sopra).

 

Tuttavia, siffatte considerazioni non dovrebbero avere l’effetto di escludere la presa in considerazione, durante la fase di preesame di un progetto, di qualsiasi elemento costitutivo, inerente a quest’ultimo, che abbia l’effetto di ridurre il suo impatto negativo sul sito interessato.

 

Pertanto, qualora elementi simili siano incorporati nella concezione di un progetto non con l’obiettivo di ridurne l’impatto negativo sul sito interessato, ma come caratteristiche ordinarie richieste per tutti i progetti dello stesso tipo, tali elementi non possono, in particolare, essere considerati come un indizio di un probabile pregiudizio significativo a tale sito, a differenza delle misure di cui ai punti 46 e 47 della presente sentenza. Orbene, fatte salve le verifiche che spetta al giudice del rinvio effettuare, risulta che l’integrazione delle misure di cui al punto 9 della presente sentenza nell’elaborazione di progetti come quello oggetto della causa principale è richiesta, in generale, dagli strumenti di pianificazione e che, nel caso di specie, era richiesta dal piano di sviluppo della contea di Meath per il periodo 2013-2019, che, peraltro, è stato oggetto di una valutazione ambientale ai sensi della Direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente.

 

L’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43, interpretato alla luce del principio di precauzione, non osta quindi alla presa in considerazione di siffatte misure nella fase di preesame di tali progetti.

 

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla quarta questione dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43 deve essere interpretato nel senso che, al fine di determinare se sia necessario effettuare un’opportuna valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto su un sito, si può tener conto delle caratteristiche di tale piano o progetto che comportano l’eliminazione dei contaminanti e che sono quindi atte a produrre l’effetto di ridurre le conseguenze nocive di tale piano o progetto sul sito, qualora tali caratteristiche siano state integrate nello stesso piano o nello stesso progetto come caratteristiche ordinarie, inerenti a siffatto piano o progetto, indipendentemente da qualsiasi effetto su detto sito.

 

 

 

Nessun commento:

Posta un commento