Non è così come ho provato a spiegare anche al Convegno di Sabato scorso, quindi provo a rispiegarlo in questo post perché francamente questa tesi rischia solo di creare confusione in questo momento difficile in vista della udienza in Consiglio di Stato anzi di dare argomentazioni per sminuire il significato della sentenza del TAR Liguria che ha per ora bocciato il progetto di biodigestore a Vezzano Ligure località Saliceti.
I siti degli impianti di rifiuti li deve decidere il piano provinciale, anche se la Regione facesse una legge regionale che aggiri questo obbligo ciò sarebbe in palese contrasto con l'articolo 197 del testo unico ambientale, quindi detta decisione sarebbe incostituzionale visto che la materia ambiente è di competenza esclusiva dello Stato e le Regioni possono modificarla solo per renderla maggiormente tutelabile e questo non può avvenire di certo spostando competenze tra un ente e l’altro.
Ma vediamo cosa dicono normativa nazionale e giurisprudenza costituzionale e amministrativa in materia.COSA DICE LA NORMATIVA
NAZIONALE
Secondo l’articolo 196
dlgs 152/2066 il piano regionale tra l’altro contiene:
“n) la definizione di
criteri per l'individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee
alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti”
Secondo l’articolo197 del dlgs 152/2006 le province stabiliscono con i loro piani:
“d) l'individuazione, sulla base delle previsioni del piano territoriale di coordinamento e di quanto stabilito nei piani regionali relativamente alle informazioni sui criteri di riferimento per l'individuazione dei siti e la capacità dei futuri impianti di smaltimento o dei grandi impianti di recupero, se necessario; nonché sentiti l'Autorità d'ambito ed i comuni, delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, nonché delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti.”
Insomma la Provincia
stabilisce i siti degli impianti tenuto conto dei criteri regionali e le
dimensioni degli impianti stabilite dai piani regionali.
Quindi una volta definiti i siti da parte della Provincia quelli restano, mentre i criteri regionali sono un presupposto che serve per svolgere la istruttoria del Piano provinciale. Istruttoria che porta ad una decisione di un singolo sito preciso suffragata dalla valutazione ambientale strategica
Quanto sopra viene ripreso dalla sentenza del TAR Liguria che ha bocciato il progetto di biodigestore proprio perché non sono stati rispetti i diversi livelli di pianificazione previsti dalla legge nazionale. Afferma sul punto la sentenza: “Gli strumenti settoriali di programmazione sono costituiti, quindi, dal piano regionale di gestione dei rifiuti, dal piano d’area provinciale e dal piano d’ambito. È evidente che la compatibilità con i criteri localizzativi previsti dagli strumenti suddetti costituisce condizione di legittimità degli atti che autorizzano la realizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti, non essendo previsto da alcuna disposizione che il provvedimento autorizzatorio unico possa operare con efficacia di variante agli atti di programmazione in materia di gestione dei rifiuti.”
COSA DICE LA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE E DEL CONSIGLIO DI STATO
Ancora più chiaramente il Consiglio
di Stato con sentenza n° 6035 del 12 ottobre 2020 (QUI) proprio
in relazione al diverso ruolo dei piani regionali (articolo 199 dlgs/152/2006)
e provinciali (articolo 197) ha affermato:
“Il combinato disposto
delle due disposizioni, lungi dal sottrarre alle regioni la competenza in
materia, va interpretato nel senso presupposto dal giudice di primo grado
secondo cui, ferma la competenza pianificatoria generale in capo alle regioni,
spetta poi alle singole province l’individuazione in concreto e nel dettaglio
delle diverse zone del territorio provinciale, idonee alla locazione di un tipo
di impianti (smaltimento) o non idonee alla localizzazione di altro tipo
(recupero e smaltimento).”
Inoltre sempre con la
suddetta sentenza il Consiglio di Stato ha statuito che il Piano Provinciale se
descrive puntualmente anche in termini di perimetrazione prevale su quello
Regionale sempre nel rispetto dei criteri di localizzazione da quest’ultimo
espressi. Afferma il Consiglio di Stato sul punto:
“È vero peraltro che la presenza di un piano di perimetrazione provinciale
avrebbe consentito di ritenere operante il vincolo sulla base delle sole
risultanze del piano di dettaglio, laddove mancando quest’ultimo, si sono
rimesse alla discrezionalità tecnica dell’organo competente in tema di V.I.A.
–come emerso trattando del primo motivo di gravame- la ricognizione e la
valutazione della natura di pregio agricolo dell’area interessata
dall’intervento proposto.”
Tutto questo è stato ancora più autorevolmente confermato dalla sentenza della Corte Costituzionale n° 76 del 21 Aprile 2021 (QUI) secondo la quale l’autosufficienza di ambito (regionale e provinciale) per la realizzazione di impianti di gestione rifiuti urbani non può avvenire al di fuori degli strumenti di pianificazione previsti dal DLgs 152/2006 (QUI) o con una iniziativa legislativa in deroga alla pianificazione vigente.
Non solo ma il TAR Liguria nella sentenza che ha bocciato il progetto di biodigestore a Vezzano Ligure ha avuto modo di chiarire che la scelta del sito deve essere propria del livello pianificatorio più vicino al locale (quindi la pianificazione provinciale). Afferma il TAR riferendosi proprio alla pianificazione provinciale: “non si può escludere che tale strumento programmatorio raggiunga un livello di definizione più puntuale” di quello sancito a livello normativo, e dunque che individui “un sito determinato” . Non a caso l’articolo 197 del DLgs 152/2006 afferma che l’individuazione dei siti idonei o meno alla realizzazione degli impianti viene effettuata sulla base “delle previsioni del piano territoriale di coordinamento”, legando quindi scelta del sito con gli indirizzi di destinazione funzionale infrastrutturale della pianificazione provinciale, mentre le dimensioni dell’impianto devono essere coordinate con la pianificazione di ambito che, a differenza dei quella provinciale, ha proprio la funzione di garantire la chiusura del ciclo dei rifiuti secondo i reali fabbisogni e i reali flussi di rifiuti in ambito regionale.
CONCLUDENDO
Insomma non il nuovo Piano
Regionale potrà bypassare la eventuale sentenza del Consiglio di Stato ma
semmai due altre questioni rimosse da chi sostiene la tesi del ruolo appunto
del Piano Regionale.
Le due questioni sono le
seguenti:
1. l’articolo 182-ter del
DLgs 152/2006 che viene interpretato, dai fautori della scelta del sito fuori dalla
pianificazione pubblicazione, come la norma che dimostra la liberalizzazione degli
impianti che trattano rifiuti da raccolta differenziata quindi soprattutto gli
organici. In realtà come ho spiegato QUI questa
interpretazione è attaccabile ma certamente è più fondata di quella del Piano
Regionale, anche se nel nostro caso l’argomento è poco utilizzabile visto che
paradossalmente la Regione stessa cerca di dimostrare che il sito di Saliceti per
il biodigestore è tutt’ora dentro la pianificazione provinciale e regionale,
quindi la Regione e Recos non potranno utilizzare questo articolo 182-ter in
sede di Consiglio di Stato andrebbero in contraddizione con quanto sostenuto
fino ad ora peraltro comunque bocciato dal TAR Liguria.
2. il nuovo Programma
Nazionale Rifiuti (QUI) in approvazione da parte del Ministero della Transizione
Ecologica che prevede macro-aree per la localizzazione degli impianti di
rifiuti ma anche qui se da un lato questo indirizzo sembra liberalizzare
ulteriormente la localizzazione degli impianti e le loro dimensioni dall’altro
afferma testualmente che le macro aree andranno individuate con accordi tra le
Regioni e tenuto conto dei Piani regionali.
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