Il
Rapporto del Ministero delle Infrastrutture e Mobilità Sostenibile (QUI) rileva come sulla base delle analisi di evoluzione del clima in
Italia, si stima in modo prudenziale che l’impatto economico diretto sulle
infrastrutture causato da eventi climatici estremi, quali ondate di calore e
freddo, siccità, incendi, esondazioni fluviali e costiere e tempeste di vento,
sia di circa 2 miliardi all’anno al 2030 e circa 5 miliardi di euro all’anno al
2050 per le sole infrastrutture in Italia nello scenario tendenziale (una frazione quindi del danno globale), corrispondente tuttavia ad un aumento
di circa 12 volte il valore del danno attuale.
Il
valore del danno all’incirca raddoppia se si tiene conto degli impatti
sistemici dei danni alle infrastrutture. 10. Mentre gli attuali danni originati
dai rischi climatici sono associati principalmente alle esondazioni fluviali
(58%), le proporzioni dei danni causati da siccità e ondate di calore
aumenteranno fortemente, fino a rappresentare circa il 92% dei danni climatici
nel periodo 2041-2070 (vs 31% nel periodo 1981-2010 di riferimento). In assenza
di adeguate strategie di adattamento, gli impatti degli eventi climatici
estremi tenderanno quindi a cambiare non solo in termini di entità dei danni,
ma anche nelle loro tipologie. Vediamo quali misura sarebbero necessarie
secondo il Rapporto
QUALI MISURA GENERALI PER L’ADATTAMENTO AI MUTAMENTI CLIMATICI
Rispetto
a questo quadro il Rapporto prevede misure di contenimento del rischio climatico
sulle infrastrutture, quali:
1. misure di tipo strutturale e tecnologico, basate su interventi
fisici e/o misure costruttive, utili a rendere i sistemi esposti più resilienti
agli eventi estremi, le cosiddette misure grey (o hard);
2. azioni basate su un approccio che utilizza la natura ed i
molteplici benefici forniti dagli ecosistemi per migliorare la resilienza e la
capacità di adattamento, le cosiddette misure green;
3. interventi che includono misure conoscitive (dati, modelli,
previsioni), politiche, legali, sociali, gestionali e finanziarie, utili alla
governance e ad aumentare la consapevolezza sui problemi legati al cambiamento
climatico, ovvero le misure di adattamento soft;
4. misure trasversali risultanti dall’integrazione delle tre precedenti.
MISURE DI ADATTAMENTO AI MUTAMENTI CLIMATICI PER SETTORI
In
particolare secondo il Rapporto nell’ambito delle infrastrutture per la
mobilità e il trasporto, sia passeggeri sia merci, individua le seguenti
azioni fondamentali da intraprendere per migliorarne resilienza e adattamento:
1.
Misure «green»: • utilizzo di vegetazione in grado di resistere ad elevate
velocità del vento lungo la rete di trasporto terrestre • azioni volte alla
riqualificazione idro-morfologica degli alvei fluviali lungo la rete • progetti
mirati alla rinaturalizzazione dei margini dell’infrastruttura e di
ricostituzione e potenziamento del verde anche per la riduzione isole di calore
in ambito urbano •
2.
Misure «grey»: • interventi di progettazione, manutenzione e più in generale di
gestione dei sistemi di drenaggio • sostituzione della copertura stradale con
asfalti drenanti e allo stesso tempo resistenti alle alte temperature • rialzo
del sedime delle strade costiere • interventi di stabilizzazione della
superficie piana su cui poggia l’infrastruttura ferroviaria • verifica e
adeguamento dei franchi liberi dei ponti ferroviari e stradali su fiumi a
mutato regime idraulico.
Invece
nel caso delle infrastrutture per l’energia, coerentemente con lo
“European Programme for Critical Infrastructure Protection” (QUI), occorre:
•
Progettare, operare e gestire in modo olistico e risk-based la catena di
approvvigionamento energetico tra le forniture di carburante e la fornitura di
energia ai consumatori, al fine di comprenderne i colli di bottiglia e gli
elementi che maggiormente la pongono a rischio di fallimento;
•
Provvedere ad una maggiore capacità di generazione e fornitura di energia
elettrica durante i momenti di picco della domanda, da realizzarsi con un
mix di fonti di generazione elettrica ed un ampio portafoglio di capacità di
generazione flessibile, dando priorità a fonti che siano anche in linea con
le esigenze di adattamento, resilienza e decarbonizzazione;
• Sviluppare sistemi di accumulo di energia efficaci (fisici, come lo stoccaggio di acqua per impianti idroelettrici, o elettrici) e di sistemi energetici distribuiti e integrarli nel sistema energetico.
• Utilizzare una varietà di soluzioni
tecnologiche e di mercato che faciliti il bilanciamento della domanda e
generazione elettrica, rafforzando le possibilità di gestione della domanda
grazie a tecnologie digitali affidabili e sicure, sfruttando la futura
diffusione dei veicoli elettrici (in aggiunta ad altri usi finali di
elettricità) attraverso sistemi di “smart charging” e “vehicle-to-grid” (V2G);
SCENARI DI COSTI PER L’ADATTAMENTO AI MUTAMENTI
CLIMATICI
Il
Rapporto stima che le risorse da investire in adattamento siano 8-10 miliardi
fino al 2030 (circa un miliardo all’anno) più un costo operativo e di
manutenzione annuale di 604 milioni di euro nello scenario “business as usual”.
Tali costi risultano molto inferiori nel caso di decarbonizzazione. Il ritorno degli investimenti in adattamento è elevato sia in termini di danni ambientali ed economici evitati, sia in termini di benefici economici indiretti (i moltiplicatori “green” tendono ad essere più elevati).
Nel periodo 2020-2030 la stima del danno legato alle infrastrutture è di circa 2.3 - 8.7 miliardi di euro (tra lo 0.1-0.4% del PIL medio).
Nel 2050, la perdita ammonterebbe a circa 11.5 - 18 miliardi di euro (0.33-0.55% del PIL nel 2050).
Questa è l’entità dei danni generati dal cambiamento climatico sulle infrastrutture che, in assenza di mitigazione, un adeguato piano di adattamento e resilienza delle stesse potrebbe evitare, se non completamente almeno in gran parte. Ciò ad un costo che è circa cinque volte inferiore a quello del danno evitato.
Secondo le stime
riportate nel Capitolo 5 del Rapporto, un euro speso in resilienza climatica delle
infrastrutture produce benefici complessivi pari a quasi 5 euro nel 2050,
evidenziandone il forte effetto moltiplicativo. Se l’azione di mitigazione
avesse successo, il danno da evitare al 2050 sarebbe ovviamente più ridotto.
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