lunedì 14 marzo 2022

Corte Costituzionale sulla superiorità Pianificazione Paesaggistica su pianificazione urbanistica, disciplina regionale Piano Casa

La Corte Costituzionale con sentenza n° 24 del 28 gennaio 2022 (QUI) è intervenuta per giudicare la costituzionalità di norme della Regione Sardegna in materia di rapporti tra pianificazione paesaggistica e pianificazione urbanistica.

La Corte con questa sentenza, in coerenza con la sua giurisprudenza precedente, afferma i seguenti principi che di seguito, PARTE I del post, vengono sintetizzati in 13 punti per poi sviluppare nella PARTE II del post, per chi vorrà approfondire, le motivazioni di incostituzionale relative ai suddetti 13 punti 


PARTE I

I MOTIVI DI INCOSTITUZIONALITÀ AFFERMATI DALLA CORTE COSTITUZIONALE

 

1. è precluso al legislatore regionale derogare alle prescrizioni del piano paesaggistico, senza una previa rideterminazione dei suoi contenuti con lo Stato

2. una legge regionale che, in contrasto con quanto dispone il piano paesaggistico accresce le potenzialità di edificazione, determina un evidente decremento della tutela del valore primario e assoluto sancito dall'art. 9 Cost.

3. Una norma regionale non può stabilire la approvazione di un piano particolareggiato  che consenta nella fascia costiera la realizzazione di incrementi volumetrici anche mediante la realizzazione di corpi di fabbrica separati, al di fuori delle tassative eccezioni indicate dal piano paesaggistico.

4. Interventi in deroga alla pianificazione paesaggistica in immobili di pregio in centri storici

5. Non sono ammissibili trasferimenti di volumi in aree vincolati che producano deroghe indiscriminate alle norme di salvaguardia del paesaggio, e alle norme tecniche del piano di assetto idrogeologico

6. in materia di rigenerazione urbana è incostituzionale la scelta della Regione di estendere il termine per l'applicazione della disciplina straordinaria sugli interventi di demolizione e di ricostruzione e di includere anche le costruzioni appena edificate in un ambito applicativo che deve essere delimitato con rigore, in ragione della portata ampiamente derogatoria della regolamentazione prevista dal legislatore regionale.

7. il legislatore regionale non può modificare unilateralmente - e per di più in senso deteriore - la disciplina della fascia costiera, bene paesaggistico assoggettato a rigorosa tutela, per la peculiarità delle caratteristiche naturali e ambientali.

8. La possibilità di affidare, con norma regionale, ai Comuni il compito di individuare gli ambiti territoriali nei quali realizzare gli interventi previsti dai programmi integrati per il riordino urbano non può lasciare a questi la discrezionalità di inserire in tali ambiti anche i centri di antica e prima formazione, le zone agricole e le zone di salvaguardia ambientale - che includono anche beni di peculiare valore archeologico e paesaggistico, nonché la fascia costiera, che prima erano automaticamente esclusi dalle norme paesaggistiche.

9. È incostituzionale una norma regionale che considera sufficiente, per ampliare la attività edilizia, che le opere di urbanizzazione siano state avviate prima dell'approvazione del piano paesaggistico regionale (5 settembre 2006), che è termine successivo rispetto a quello individuato nello stesso piano paesaggistico (agosto 2004).

10. È incostituzionale la norma regionale che prevede, in deroga al divieto assoluto delle norme del piano paesaggistico, la possibilità di realizzare autocaravan, caravan campeggi nella fascia costiera con la mera condizione che trattasti di strutture a basso impatto paesaggistico e rimovibili.

11. È incostituzionale una norma regionale che depotenzia il limite relativo alle volumetrie degli insediamenti turistici ammissibili ampliando la facoltà derogatoria in contrasto con il piano paesaggistico.

12. È incostituzionale una norma che prevede la possibilità di interventi di infrastrutture turistiche in deroga ai piani paesaggistici che preveda come sola condizione della impossibilità per i Comuni di perseguire gli indirizzi vincolanti della pianificazione paesaggistica. Tale condizione, delineata senza il supporto di indicazioni puntuali, è rimessa alla valutazione dei Comuni, che possono dunque stabilire - al di fuori di precisi criteri direttivi - le deroghe al sovraordinato piano paesaggistico.

13. È incostituzionale una norma regionale che prevede la possibilità per i Comuni, in attesa di adeguare la propria pianificazione al piano paesaggistico, di approvare piano attuativi che amplino   l'attività edilizia e la relativa realizzazione delle opere di urbanizzazione nelle zone omogenee A e B dei centri abitativi e altre zone, in deroga al piano paesaggistico e al di fuori del percorso condiviso di adeguamento e di revisione del piano che questa Corte di recente ha ritenuto imprescindibile

 

 

 

PARTE II

ANALISI DEI SINGOLI MOTIVI DI COSTITUZIONALITÀ AFFERMATI DALLA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

1.INTANTO LA CORTE RIBADISCE I PRINCIPI DA ESSA AFFERMATI IN MATERIA DI PIANIFICAZIONE PAESAGGISTICA NEI RAPPORTI STATO REGIONI

Questa Corte ha ribadito anche di recente che la prevalenza della pianificazione paesaggistica «integra una regola di tutela primaria del paesaggio in nessun modo derogabile ad opera della legislazione regionale che, nella cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali, deve rispettare gli standard minimi uniformi di tutela previsti dalla normativa statale, potendo al limite introdurre un surplus di tutela e non un regime peggiorativo» (sentenza n. 251 del 2021, punto 3 del Considerato in diritto - QUI).

La deroga alle prescrizioni del piano paesaggistico travalica i limiti della potestà legislativa che l'art. 3, lettera f), della fonte statutaria, così come attuato dall'art. 6 del d.P.R. n. 480 del 1975, attribuisce, come detto, alla Regione autonoma Sardegna nella materia dell'edilizia e dell'urbanistica e con riguardo ai soli profili di tutela paesistico-ambientale che a tale materia siano indissolubilmente legati. Da questo ambito esorbita una qualunque deroga dello standard di tutela del paesaggio.

Una siffatta deroga è disarmonica anche rispetto a quel percorso di leale collaborazione che la Regione autonoma Sardegna e lo Stato hanno intrapreso nel procedimento di revisione del piano delle aree costiere e nell'elaborazione del piano relativo alle aree interne, mediante un confronto costante, scandito anche dalla sottoscrizione di un protocollo di intesa e di successivi disciplinari attuativi, in armonia con quanto è previsto dalla legislazione statale.

È dunque precluso al legislatore regionale derogare alle prescrizioni del piano paesaggistico, senza una previa rideterminazione dei suoi contenuti con lo Stato.

 

2.LEGGE REGIONALE CHE AFFERMA LA PREVALENZA SU TUTTI GLI STRUMENTI URBANISTICO TERRITORIALI E QUINDI ANCHE SUL PIANO PAESAGGISTICO

Il legislatore regionale, in particolare, con la previsione impugnata, sancisce la prevalenza delle disposizioni della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021, dichiarate cogenti e di immediata applicazione, «sugli atti di pianificazione, anche settoriale, sugli strumenti urbanistici generali e attuativi e sulle altre vigenti disposizioni normative regionali e quindi anche sulla pianificazione paesaggistica.

Questa prevalenza si giustificherebbe alla luce del carattere delle previsioni della legge regionale impugnata, aventi la natura di «disposizioni straordinarie per il sostegno dell'economia mediante il rilancio del settore edilizio coniugate con la riqualificazione, la razionalizzazione ed il miglioramento della qualità architettonica e abitativa, della sicurezza strutturale, della compatibilità paesaggistica e dell'efficienza energetica del patrimonio edilizio esistente nel territorio regionale, anche attraverso la semplificazione delle procedure».

Nell'introdurre una deroga alla pianificazione paesaggistica regionale, la previsione impugnata investe il nucleo essenziale della tutela del paesaggio, affidata alle puntuali prescrizioni del piano regionale, e appresta una regolamentazione lesiva del valore primario tutelato dall'art. 9 Cost.

Da cui la dichiarazione di incostituzionalità di detta norma regionale.

DEROGHE PUNTUALI AL PIANO PAESAGGISTICO DA PARTE DELLA LEGGE REGIONALE IMPUGNATA

La disciplina impugnata si discosta sotto molteplici profili dalle prescrizioni del piano paesaggistico regionale.

Tali profili di discrepanza attengono, in primo luogo, alla dimensione minima del lotto agricolo, che nel piano paesaggistico deve essere almeno pari a tre ettari, laddove la previsione introdotta dalla legge regionale consente l'edificazione anche nei lotti tra 0,1 ettari e un ettaro. Inoltre, le citate norme tecniche di attuazione, per gli edifici già esistenti su lotti inferiori a quelli minimi, escludono aumenti di volumetria, per contro ammessi dalla disposizione in esame.

La disciplina impugnata, inoltre, prescinde anche dalla stretta connessione tra l'edificazione e la conduzione agricola e zootecnica del fondo, nei casi in cui il fondo sia di proprietà di un imprenditore agricolo o di un'azienda agricola.

È significativo che, allo scopo di superare la cogenza delle prescrizioni del piano paesaggistico regionale e l'obbligo dei Comuni di recepirle negli strumenti urbanistici, il legislatore regionale abbia previsto la realizzazione delle nuove strutture secondo una apposita integrazione delle norme tecniche di attuazione del piano urbanistico comunale.

La previsione impugnata, nell'incidere sui nuclei sparsi nell'agro, oggetto di specifica protezione nelle citate norme tecniche di attuazione del piano paesaggistico regionale, si ripercuote su aspetti legati alla tutela del paesaggio nella sua dimensione storica e culturale. Essa, nel porsi in contrasto con quanto dispone il piano paesaggistico e nell'accrescere le potenzialità di edificazione, determina un evidente decremento della tutela del valore primario e assoluto sancito dall'art. 9 Cost.

Per questi motivi viene dichiarata la incostituzionalità delle suddette norme regionali.

 

 

3. INTERVENTI DI RISTRUTTURAZIONE CON INCREMENTI VOLUMETRICI IN VIOLAZIONE DEL PIANO PAESAGGISTICO

La norma regionale impugnata al fine di riqualificare e di accrescere le potenzialità delle strutture destinate all'esercizio di attività turistico-ricettive, sanitarie e socio-sanitarie, ricadenti nelle zone urbanistiche omogenee A, autorizza gli interventi di ristrutturazione e di rinnovamento che comportano incrementi volumetrici, anche mediante la realizzazione di corpi di fabbrica separati, nella misura massima del 50 per cento del volume urbanistico esistente.

Nella suddetta norma regionale non è stabilita la condizione della previa approvazione di un piano particolareggiato adeguato al piano paesaggistico, consentendo nella fascia costiera al di fuori delle tassative eccezioni indicate dal piano paesaggistico - di realizzare gli incrementi volumetrici anche mediante la realizzazione di corpi di fabbrica separati.

Da questo la sentenza deduce la incostituzionalità della norma regionale.

 

 

4. INTERVENTI DI AUMENTO VOLUMETRIA IN IMMOBILI DI PREGIO IN CENTRI DI VALENZA STORICA

La norma regionale impugnata nell'ammettere rilevanti interventi di aumento di volumetria con riguardo agli immobili di particolare pregio posti nei centri di prima e antica formazione, la previsione impugnata non è compatibile con le linee di indirizzo e le prescrizioni del piano, che appresta una peculiare tutela per tali centri, in quanto componenti dell'assetto storico-culturale della Regione autonoma Sardegna.

Nell'estendere l'ambito applicativo di ammissibilità degli interventi, il legislatore regionale deroga in peius allo standard di tutela che il piano ha individuato per preservare l'assetto identitario del paesaggio, nella sua valenza insieme storica ed estetica.

Da questo la sentenza deduce la incostituzionalità della norma regionale.

 

 

5. TRASFERIMENTO DEI VOLUMI REALIZZABILI RICADENTI IN ALCUNE ZONE DEL PIANO STRALCIO PER L'ASSETTO IDROGEOLOGICO

La disciplina impugnata si prefigge di conseguire la riqualificazione dei contesti contraddistinti da un elevato o molto elevato rischio idrogeologico e di mettere in sicurezza il territorio e, a tale scopo, promuove e incentiva interventi di trasferimento dei volumi previsti come realizzabili previa approvazione dei piani attuativi nelle zone urbanistiche C (di espansione residenziale), D (industriali, commerciali e artigianali) e G (servizi generali), ricadenti nelle aree di pericolosità idraulica o da frana elevata o molto elevata.

La disciplina in esame promuove analoghi interventi di trasferimento dei volumi previsti come realizzabili nelle zone urbanistiche B (di completamento residenziale), che ricadono in aree contraddistinte da rischio idrogeologico elevato o molto elevato (art. 38-bis, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015, aggiunto dalla previsione impugnata).

Tali interventi sono estesi anche ai volumi esistenti, legittimamente realizzati nelle zone urbanistiche B, C, D, F (turistiche) e G, che ricadono nelle aree che presentano il descritto rischio idrogeologico, volumi «per i quali è consentito il trasferimento, previa approvazione di piani attuativi, in altre zone urbanistiche B, C, D, F e G del territorio comunale situate al di fuori delle aree a rischio idraulico o geologico, con incremento del volume del 35 per cento» (art. 38-bis, comma 2, della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015).

Le altre previsioni dell'art. 38-bis della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015 regolano nel dettaglio le modalità per il trasferimento dei volumi.

Il legislatore regionale non solo consente la realizzazione di tali volumi in deroga alle vigenti disposizioni regionali, eccezion fatta per le distanze tra fabbricati e pareti finestrate (art. 38-bis, commi 9 e 10, della citata legge reg. Sardegna n. 8 del 2015), ma dispone anche che le norme tecniche di attuazione del piano di assetto idrogeologico siano modificate in conformità agli interventi ammessi dalla previsione impugnata (art. 38-bis, comma 13, della predetta legge regionale).

La deroga alle disposizioni regionali è formulata in termini indiscriminati, idonei a ricomprendere anche le prescrizioni poste a salvaguardia del paesaggio, e dunque vanifica la specifica funzione di tutela che il piano paesaggistico svolge. La deroga, peraltro, investe anche le norme tecniche di attuazione del piano di assetto idrogeologico, in quanto attuano aspetti disciplinati dal piano paesaggistico e correlati a profili di tutela del paesaggio.

Tale indistinta portata derogatoria, che rappresenta aspetto saliente della disciplina, determina il superamento dei limiti della potestà legislativa statutaria, in contrasto con le previsioni del piano paesaggistico e del piano di assetto idrogeologico. È violata, pertanto, la sfera di competenza esclusiva statale nella materia della tutela dell'ambiente.

Da questi motivi si deduce la incostituzionalità della norma regionale

 

 

6. RINNOVO DEL PATRIMONIO EDILIZIO CON INTERVENTI DI DEMOLIZIONE E DI RICOSTRUZIONE.

La legge reg. Sardegna n. 1 del 2021 persegue finalità di riqualificazione e di rigenerazione urbana, che ispirano anche le modificazioni dettate dall'art. 14 alla disciplina degli interventi di demolizione e di ricostruzione.

Con tale finalità è in palese contrasto la scelta di estendere il termine per l'applicazione della disciplina straordinaria sugli interventi di demolizione e di ricostruzione e di includere anche le costruzioni appena edificate in un ambito applicativo che deve essere delimitato con rigore, in ragione della portata ampiamente derogatoria della regolamentazione prevista dal legislatore regionale. Nella fattispecie delle costruzioni appena ultimate non si coglie l'esigenza di riqualificazione mediante interventi radicali di demolizione e ricostruzione, con l'attribuzione di consistenti premialità volumetriche.

Per questi motivi viene dichiarata la incostituzionalità.

 

 

7. INTERVENTI SULLA FASCIA DI 300 METRI DALLA LINEA DI BATTIGIA

La disposizione impugnata incide sulla fascia di 300 metri dalla linea di battigia, peraltro tutelata in maniera pregnante ai sensi dell'art. 142, lettera a), del d.lgs. n. 42 del 2004, oltre che alla stregua del vigente piano paesaggistico regionale. Tale incidenza non è, peraltro, contestata dalla difesa regionale.

Non è influente la circostanza che già la disciplina previgente contemplasse interventi destinati a ricadere nella fascia entro i 300 metri dalla linea di battigia, poiché, come già detto, nei giudizi in via principale non opera l'istituto dell'acquiescenza; si deve rilevare, inoltre, che la previsione aggiunta dalla legge impugnata introduce un ulteriore elemento di deroga, che si ripercuote sull'assetto paesaggistico.

La previsione in esame, difatti, concerne un aspetto tutt'altro che marginale della tutela paesaggistica, in quanto esenta gli interventi disciplinati dal novellato art. 39 della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015 dall'obbligo del rispetto dell'ubicazione, della sagoma e della forma del fabbricato da demolire.

Né pone rimedio al vulnus denunciato la precisazione che il nuovo fabbricato deve determinare «un minore impatto paesaggistico secondo le indicazioni impartite dall'Amministrazione regionale con apposite linee guida adottate dalla Giunta regionale con atto n. 18 del 5 aprile 2016».

Il legislatore regionale ha travalicato i limiti della potestà legislativa sancita dallo statuto speciale, modificando unilateralmente - e per di più in senso deteriore - la disciplina della fascia costiera, bene paesaggistico assoggettato a rigorosa tutela, per la peculiarità delle caratteristiche naturali e ambientali

Da questi motivi deriva la dichiarazione di incostituzionalità

 

 

8. AFFIDO AI COMUNI IL COMPITO DI INDIVIDUARE GLI AMBITI TERRITORIALI NEI QUALI REALIZZARE GLI INTERVENTI PREVISTI DAI PROGRAMMI INTEGRATI PER IL RIORDINO URBANO

La norma impugnata, al primo periodo, affida ai Comuni il compito di individuare gli ambiti territoriali nei quali realizzare gli interventi previsti dai programmi integrati per il riordino urbano.

Tali interventi saranno localizzati, in via prioritaria, nelle zone urbanistiche omogenee C contigue all'ambito urbano, ovvero nelle zone di espansione residenziale «destinate a nuovi complessi residenziali, che risultino inedificate o nelle quali l'edificazione preesistente non raggiunga i limiti di superficie utilizzata richiesti per le zone B».

La localizzazione avverrà, quindi, nelle zone urbanistiche omogenee D, che si identificano nelle «parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali, artigianali, commerciali, di conservazione, trasformazione o commercializzazione di prodotti agricoli e/o della pesca», e nelle zone urbanistiche omogenee G, che consistono nelle «parti del territorio destinate ad edifici, attrezzature ed impianti, pubblici e privati, riservati a servizi di interesse generale, quali strutture per l'istruzione secondaria, superiore ed universitaria, i beni culturali, la sanità, lo sport e le attività ricreative, il credito, le comunicazioni, o quali mercati generali, parchi, depuratori, impianti di potabilizzazione, inceneritori e simili». Quanto alle zone D e G, il legislatore regionale precisa che la localizzazione avverrà nelle zone contigue all'ambito urbano e non completate o dismesse.

Con le modificazioni introdotte dalla disposizione impugnata cadono le esclusioni originariamente previste dall'art. 40, comma 7, della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015 per la realizzazione dei programmi integrati per il riordino urbano.

Nell'assetto previgente della disciplina regionale, tali programmi non potevano essere realizzati nei centri di antica e prima formazione e nelle zone urbanistiche omogenee E (zone agricole) e H. Le zone H, denominate zone di salvaguardia, non rientrano in alcuna delle classificazioni elaborate dall'art. 3 del decreto dell'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica 20 dicembre 1983, n. 2266/U (Disciplina dei limiti e dei rapporti relativi alla formazione di nuovi strumenti urbanistici ed alla revisione di quelli esistenti nei Comuni della Sardegna), e «rivestono un particolare valore speleologico, archeologico, paesaggistico o di particolare interesse per la collettività, quali fascia costiera, fascia attorno agli agglomerati urbani, fascia di rispetto cimiteriale, fascia lungo le strade statali provinciali e comunali».

La disciplina impugnata estende a tutte le zone urbanistiche omogenee l'ambito di applicazione dei programmi integrati per il riordino urbano, dapprima esclusi nelle zone di particolare valenza culturale o paesaggistica, come i centri di antica e prima formazione, le zone agricole, le zone di salvaguardia ambientale.

Una disciplina così congegnata interviene su beni che ricevono specifica tutela nel piano paesaggistico regionale e nella normativa regionale previgente, in armonia e in connessione inscindibile con le previsioni del piano. Nella prospettiva di una più efficace protezione del paesaggio, tale normativa escludeva dai programmi integrati per il riordino urbano proprio i beni prima citati - i centri di antica e prima formazione, le zone agricole e le zone di salvaguardia ambientale - che includono anche beni di peculiare valore archeologico e paesaggistico, nonché la fascia costiera.

Nel rimuovere tali ipotesi di esclusione, la disposizione impugnata riduce la tutela riservata ai beni che, nello stesso piano paesaggistico e nella legislazione regionale che ne ha completato e arricchito le indicazioni, sono assoggettati ad autonoma e peculiare disciplina.

Né tale decremento di tutela è contraddetto dalla specificazione che il Consiglio comunale provvede alla localizzazione delle aree di intervento in coerenza con quanto statuisce il piano paesaggistico regionale, poiché all'originaria e tassativa esclusione di alcune aree ora fa riscontro una normativa a maglie più larghe, che non contempla una protezione inderogabile.

Da questi motivi deriva la dichiarazione di incostituzionalità

 

 

9. DISCIPLINA TRANSITORIA PER GLI AMBITI DI PAESAGGIO COSTIERI

La previsione impugnata si discosta da quanto prevede l'art. 15, comma 2, NTA del piano paesaggistico regionale, nel dettare la disciplina transitoria per gli ambiti di paesaggio costieri. Ai sensi della menzionata norma tecnica di attuazione, per i Comuni non dotati di piano urbanistico comunale approvato, nelle zone C, D, F e G nella fascia dei 2000 metri dalla linea di battigia marina, anche per i terreni elevati sul mare, e nella fascia entro i 500 metri dalla linea di battigia marina, anche per i terreni elevati sul mare e per le isole minori, possono essere realizzati gli interventi previsti negli strumenti urbanistici attuativi approvati e con convenzione efficace alla data di pubblicazione della delibera della Giunta regionale n. 33/1 del 10 agosto 2004 (Provvedimenti cautelari e d'urgenza per la salvaguardia e la tutela del paesaggio e dell'ambiente della Sardegna). Per le zone F, poi, si devono rispettare i parametri di cui all'articolo 6 della legge regionale 8/2004. Alla stessa data - soggiunge la citata previsione del piano paesaggistico - devono risultare legittimamente avviate le opere di urbanizzazione e, in particolare, deve essere stato realizzato il reticolo stradale e deve essersi determinato un mutamento consistente e irreversibile dello stato dei luoghi.

La disposizione impugnata, nell'inserire il riferimento alla lettera d) dell'art. 13 della legge reg. Sardegna n. 4 del 2009, in una fattispecie sovrapponibile a quella regolata dal piano paesaggistico regionale, considera sufficiente che le opere di urbanizzazione siano state avviate prima dell'approvazione del piano paesaggistico regionale (5 settembre 2006), che è termine successivo rispetto a quello individuato nello stesso piano paesaggistico (agosto 2004), e così amplia le possibilità di attuare l'attività edificatoria.

Tale profilo di contrasto, relativo a una disciplina già contraddistinta da uno spiccato carattere di specialità, si risolve in una deroga, che compromette lo standard di tutela individuato dal piano paesaggistico e presta così il fianco alle censure del ricorrente.

Da questi motivi deriva la dichiarazione di incostituzionalità

 

 

10. REALIZZAZIONE DI «NUOVI CAMPEGGI E STRUTTURE RICETTIVE CONNESSE A CAMPI DA GOLF, AREE ATTREZZATE DI CAMPER NELLA FASCIA COSTIERA

La prima norma regionale impugnata consente in termini indiscriminati, e dunque anche nella fascia costiera, di realizzare aree di sosta temporanea degli autocaravan e dei caravan.

La seconda norma regionale impugnata a sua volta, consente di realizzare campeggi anche nella fascia costiera.

Né vale a rendere tale previsione compatibile con il piano paesaggistico la specificazione che si tratta di campeggi a basso indice di impatto paesaggistico e ad alto indice di reversibilità. Il divieto delle norme tecniche di attuazione è formulato in termini onnicomprensivi e inderogabili, come si può desumere dall'espressione «[n]on è comunque ammessa la realizzazione».

Non è risolutiva neppure la specificazione che tali campeggi devono essere realizzati oltre la fascia di trecento metri dalla linea di battigia.

La fascia costiera, considerata nel PPR come un bene paesaggistico d'insieme e una risorsa strategica fondamentale per lo sviluppo sostenibile del territorio sardo, assoggettata a pianificazione e gestione integrata (art. 19, comma 1, NTA), è individuata in termini più ampi rispetto ai 300 metri dalla linea di battigia, espressamente salvaguardati dalla previsione impugnata.

Da questo punto di vista, nel contrasto con una specifica prescrizione del piano regionale, relativa a una risorsa strategica fondamentale per lo sviluppo sostenibile, si coglie la lesione denunciata dal ricorrente.

Da questi motivi deriva la dichiarazione di incostituzionalità

 

 

11. LIMITI NORMA REGIONALE SUL DIMENSIONAMENTO DELLA CAPACITÀ INSEDIATIVA ALBERGHIERA

In virtù della disposizione impugnata, le prescrizioni dell'art. 4 del citato decreto si devono interpretare nel senso che, in sede di nuova pianificazione, le limitazioni imposte dalla legge reg. Sardegna n. 8 del 2004, sul dimensionamento della capacità insediativa alberghiera, non si applicano ai Comuni che non abbiano raggiunto la potenzialità volumetrica originariamente prevista dal decreto assessoriale n. 2266/U del 1983, a patto che tali volumetrie siano finalizzate alla promozione turistica mediante la realizzazione di strutture alberghiere o para alberghiere a 5 o 6 stelle.

L'art. 6 della legge reg. Sardegna n. 8 del 2004 regola il dimensionamento delle volumetrie degli insediamenti turistici ammissibili nelle zone F.

Tale dimensionamento non deve superare il 50 per cento di quello consentito con l'applicazione dei parametri massimi stabiliti per il calcolo della fruibilità ottimale del litorale dal decreto assessoriale n. 2266/U del 1983.

La legge reg. Sardegna n. 8 del 2004, come si evince dall'art. 1, comma 1, prelude all'approvazione del piano paesaggistico regionale, «principale strumento della pianificazione territoriale regionale ai sensi dell'articolo 135 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), al fine di assicurare un'adeguata tutela e valorizzazione del paesaggio».

L'art. 1, comma 2, della legge regionale n. 8 del 2004 definisce il PPR come «il quadro di riferimento e di coordinamento, per lo sviluppo sostenibile dell'intero territorio regionale, degli atti di programmazione e pianificazione regionale, provinciale e locale, ed assume i contenuti di cui all'articolo 143 del d.lgs. n. 42 del 2004».

In vista dell'approvazione del piano paesaggistico, interviene l'art. 6, che, in tema di dimensionamento delle volumetrie degli insediamenti turistici ammissibili nelle zone F, stabilisce che non debba essere superiore al 50 per cento di quello consentito «con l'applicazione dei parametri massimi stabiliti per il calcolo della fruibilità ottimale del litorale dal Dec. Ass. 20 dicembre 1983, n. 2266/U dell'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica».

Il dimezzamento del limite previsto nelle zone turistiche F rispetto alle norme previgenti appare il frutto di una «valutazione comparativa di contrapposti interessi, quello generale alla salvaguardia del paesaggio, anche a tutela delle generazioni future, e quello individuale e imprenditoriale allo sviluppo degli insediamenti turistici» (Consiglio di Stato, sezione sesta, 7 luglio-10 settembre 2009, n. 5459).

Il citato art. 6 è espressamente richiamato anche nell'art. 15, comma 2, NTA con riguardo alla disciplina transitoria degli ambiti costieri e dunque, nel disciplinare l'adeguamento dei successivi strumenti urbanistici comunali, fa corpo e deve essere letto in connessione con le prescrizioni di tale piano.

La previsione impugnata, dietro la parvenza dell'interpretazione autentica del citato decreto assessoriale del 1983 che non limitava l'applicazione dei parametri massimi ai soli Comuni che non avevano raggiunto la potenzialità volumetrica originariamente prevista e prevedeva l'applicazione dei parametri massimi in termini generali, depotenzia il limite relativo alle volumetrie degli insediamenti turistici ammissibili nelle zone F.

In tal modo, si ampliano le facoltà edificato

Da questi motivi deriva la dichiarazione di incostituzionalità

 

 

12. ADEGUAMENTO DEGLI STRUMENTI TURISTICI COMUNALI AL PIANO PAESAGGISTICO REGIONALE, AL FINE DI FAVORIRE LE NUOVE LOCALIZZAZIONI TURISTICHE IN ZONE CONTIGUE E/O INTEGRATE AGLI INSEDIAMENTI URBANI

La disposizione impugnata prevede che la deroga a tali prescrizioni del piano paesaggistico regionale operi quando non sia possibile perseguire gli indirizzi che, in tema di insediamenti turistici, detta l'art. 90, comma 1, lettera a), NTA con riguardo all'adeguamento degli strumenti urbanistici al piano paesaggistico regionale.

Ai sensi di tale ultima norma tecnica di attuazione, è necessario «prevedere lo sviluppo della potenzialità turistica del territorio attraverso l'utilizzo degli insediamenti esistenti quali centri urbani, paesi, frazione e agglomerati, insediamenti sparsi del territorio rurale e grandi complessi del territorio minerario».

Le deroghe racchiuse nella previsione impugnata investono un aspetto qualificante della tutela paesaggistica, che è ribadito sia negli indirizzi sia nelle prescrizioni che devono orientare l'adeguamento degli strumenti urbanistici comunali, ed in forza dei quali le localizzazioni turistiche devono essere individuate in prossimità degli insediamenti urbani e in connessione con l'assetto insediativo esistente.

La deroga censurata si presenta in termini di particolare latitudine, in quanto è subordinata alla sola condizione che non sia possibile perseguire gli indirizzi vincolanti della pianificazione paesaggistica. Tale condizione, delineata senza il supporto di indicazioni puntuali, è rimessa alla valutazione dei Comuni, che possono dunque stabilire - al di fuori di precisi criteri direttivi - le deroghe al sovraordinato piano paesaggistico.

In tal modo, la disposizione impugnata sovverte anche la preminenza del piano paesaggistico rispetto agli strumenti urbanistici comunali.

Da questi motivi deriva la dichiarazione di incostituzionalità

 

 

13. PIANI ATTUATIVI COMUNALI IN AREA COSTIERA IN ATTESA DELL’ADEGUAMENTO DEGLI STRUMENTI URBANISTICI VIGENTI AL PIANO PAESAGGISTICO

Negli ambiti di paesaggio costiero, il legislatore regionale consente ai Comuni - fino all'adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni del piano paesaggistico regionale - di adottare e approvare piani attuativi previsti nello strumento urbanistico vigente, che ricadono nelle zone territoriali omogenee C (espansione residenziale), D (industriali, artigianali e commerciali) e G (servizi generali).

L'impugnato art. 27, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021 puntualizza che tale facoltà si aggiunge a quella accordata dall'art. 15, comma 1, delle norme tecniche di attuazione del piano paesaggistico regionale.

Tale previsione delle norme tecniche concerne gli ambiti di paesaggio costiero e, fino all'adeguamento degli strumenti urbanistici comunali al piano paesaggistico regionale, consente l'attività edilizia e la relativa realizzazione delle opere di urbanizzazione nelle zone omogenee A e B dei centri abitativi e nelle frazioni individuate dai Comuni, purché delimitate e indicate come tali negli strumenti urbanistici comunali.

La menzionata norma tecnica consente, inoltre, di realizzare, in conformità ai vigenti strumenti urbanistici comunali, gli interventi edilizi che ricadono nelle zone C immediatamente contigue al tessuto urbano consolidato, quando ricorra l'elemento dell'interclusione con «elementi geografici, infrastrutturali ed insediativi che ne delimitino univocamente tutti i confini».

L'art. 27, comma 2, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021 regola l'applicazione della disciplina transitoria di cui all'art. 15, comma 1, NTA e considera i confini amministrativi comunali elementi geografici di interclusione.

La disciplina regionale si innesta sulla delicata fase di adeguamento degli strumenti urbanistici al piano paesaggistico regionale e deroga in peius alle prescrizioni di tutela dettate da tale piano. Essa amplia la facoltà di adottare e approvare piani attuativi, dapprima circoscritta alle sole zone omogenee A e B e alle zone C, solo se immediatamente contigue al tessuto urbano, e ora estesa anche alle zone urbanistiche C, D e G, non importa se contigue o interne al tessuto urbano.

La disposizione impugnata, anche in virtù della specificazione del comma 2 sull'equiparazione dei confini amministrativi comunali agli elementi geografici di interclusione, si prefigge di ampliare le ipotesi delineate dall'art. 15, comma 1, NTA, che consente solo entro certi limiti, negli ambiti di paesaggio costieri, l'attività edilizia e la realizzazione delle relative opere di urbanizzazione.

L'appena menzionato art. 15, comma 1, ultimo periodo, delle medesime NTA consente di realizzare interventi edilizi nelle zone C, immediatamente contigue al tessuto urbano, solo quando ricorra l'interclusione con «elementi geografici, infrastrutturali ed insediativi che ne delimitino univocamente tutti i confini».

L'impugnata disposizione dell'art. 27, comma 2, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021, in particolare, sostituisce a tale rigoroso requisito quello, invero più blando, dei confini amministrativi comunali, accomunati ai citati elementi geografici di interclusione che le prescrizioni del piano paesaggistico intendono invece in termini più circoscritti.

La stessa difesa regionale non contesta che questa diversa formulazione sottenda una deroga alle prescrizioni del piano paesaggistico.

La previsione impugnata si pone in contrasto con tali prescrizioni e quindi vìola la sfera di competenza statale nella materia della tutela dell'ambiente, dettando una regolamentazione lesiva dei valori tutelati dall'art. 9 Cost., peraltro al di fuori del percorso condiviso di adeguamento e di revisione del piano che questa Corte di recente ha ritenuto imprescindibile (sentenza n. 257 del 2021).

Da questi motivi deriva la dichiarazione di incostituzionalità

 


 

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