La
Corte Costituzionale con sentenza n° 24 del 28 gennaio 2022 (QUI) è intervenuta per giudicare
la costituzionalità di norme della Regione Sardegna in materia di rapporti tra
pianificazione paesaggistica e pianificazione urbanistica.
La Corte con questa sentenza, in coerenza con la sua giurisprudenza precedente, afferma i seguenti principi che di seguito, PARTE I del post, vengono sintetizzati in 13 punti per poi sviluppare nella PARTE II del post, per chi vorrà approfondire, le motivazioni di incostituzionale relative ai suddetti 13 punti
PARTE
I
I
MOTIVI DI INCOSTITUZIONALITÀ AFFERMATI DALLA CORTE COSTITUZIONALE
1. è precluso al legislatore regionale derogare alle prescrizioni del
piano paesaggistico, senza una previa rideterminazione dei suoi contenuti con
lo Stato
2. una legge regionale che, in contrasto con quanto dispone il piano
paesaggistico accresce le potenzialità di edificazione, determina un evidente
decremento della tutela del valore primario e assoluto sancito dall'art. 9
Cost.
3. Una norma regionale non può stabilire la approvazione di un piano
particolareggiato che consenta nella
fascia costiera la realizzazione di incrementi volumetrici anche mediante la
realizzazione di corpi di fabbrica separati, al di fuori delle tassative
eccezioni indicate dal piano paesaggistico.
4. Interventi in deroga alla pianificazione paesaggistica in immobili
di pregio in centri storici
5. Non sono ammissibili trasferimenti di volumi in aree vincolati che
producano deroghe indiscriminate alle norme di salvaguardia del paesaggio, e alle
norme tecniche del piano di assetto idrogeologico
6. in materia di rigenerazione urbana è incostituzionale la scelta della
Regione di estendere il termine per l'applicazione della disciplina
straordinaria sugli interventi di demolizione e di ricostruzione e di includere
anche le costruzioni appena edificate in un ambito applicativo che deve essere
delimitato con rigore, in ragione della portata ampiamente derogatoria della
regolamentazione prevista dal legislatore regionale.
7. il legislatore regionale non può modificare unilateralmente - e
per di più in senso deteriore - la disciplina della fascia costiera, bene
paesaggistico assoggettato a rigorosa tutela, per la peculiarità delle
caratteristiche naturali e ambientali.
8. La possibilità di affidare, con norma regionale, ai Comuni il
compito di individuare gli ambiti territoriali nei quali realizzare gli
interventi previsti dai programmi integrati per il riordino urbano non può
lasciare a questi la discrezionalità di inserire in tali ambiti anche i centri
di antica e prima formazione, le zone agricole e le zone di salvaguardia
ambientale - che includono anche beni di peculiare valore archeologico e
paesaggistico, nonché la fascia costiera, che prima erano automaticamente esclusi
dalle norme paesaggistiche.
9. È incostituzionale una norma regionale che considera sufficiente,
per ampliare la attività edilizia, che le opere di urbanizzazione siano state
avviate prima dell'approvazione del piano paesaggistico regionale (5 settembre
2006), che è termine successivo rispetto a quello individuato nello stesso
piano paesaggistico (agosto 2004).
10. È incostituzionale la norma regionale che prevede, in deroga al
divieto assoluto delle norme del piano paesaggistico, la possibilità di
realizzare autocaravan, caravan campeggi nella fascia costiera con la mera
condizione che trattasti di strutture a basso impatto paesaggistico e
rimovibili.
11. È incostituzionale una norma regionale che depotenzia il limite
relativo alle volumetrie degli insediamenti turistici ammissibili ampliando la facoltà
derogatoria in contrasto con il piano paesaggistico.
12. È incostituzionale una norma che prevede la possibilità di
interventi di infrastrutture turistiche in deroga ai piani paesaggistici che
preveda come sola condizione della impossibilità per i Comuni di perseguire gli
indirizzi vincolanti della pianificazione paesaggistica. Tale condizione,
delineata senza il supporto di indicazioni puntuali, è rimessa alla valutazione
dei Comuni, che possono dunque stabilire - al di fuori di precisi criteri
direttivi - le deroghe al sovraordinato piano paesaggistico.
13. È incostituzionale una norma regionale che prevede la possibilità
per i Comuni, in attesa di adeguare la propria pianificazione al piano paesaggistico,
di approvare piano attuativi che amplino l'attività edilizia e la relativa
realizzazione delle opere di urbanizzazione nelle zone omogenee A e B dei
centri abitativi e altre zone, in deroga al piano paesaggistico e al di fuori
del percorso condiviso di adeguamento e di revisione del piano che questa Corte
di recente ha ritenuto imprescindibile
PARTE
II
ANALISI
DEI SINGOLI MOTIVI DI COSTITUZIONALITÀ AFFERMATI DALLA SENTENZA DELLA CORTE
COSTITUZIONALE
1.INTANTO LA CORTE RIBADISCE I PRINCIPI DA ESSA AFFERMATI
IN MATERIA DI PIANIFICAZIONE PAESAGGISTICA NEI RAPPORTI STATO REGIONI
Questa
Corte ha ribadito anche di recente che la prevalenza della pianificazione
paesaggistica «integra una regola di tutela primaria del paesaggio in nessun
modo derogabile ad opera della legislazione regionale che, nella cura di
interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali, deve
rispettare gli standard minimi uniformi di tutela previsti dalla normativa
statale, potendo al limite introdurre un surplus di tutela e non un regime
peggiorativo» (sentenza n. 251 del 2021, punto 3 del Considerato in diritto - QUI).
La
deroga alle prescrizioni del piano paesaggistico travalica i limiti della
potestà legislativa che l'art. 3, lettera f), della fonte statutaria, così come
attuato dall'art. 6 del d.P.R. n. 480 del 1975, attribuisce, come detto, alla
Regione autonoma Sardegna nella materia dell'edilizia e dell'urbanistica e con
riguardo ai soli profili di tutela paesistico-ambientale che a tale materia
siano indissolubilmente legati. Da questo ambito esorbita una qualunque deroga
dello standard di tutela del paesaggio.
Una
siffatta deroga è disarmonica anche rispetto a quel percorso di leale
collaborazione che la Regione autonoma Sardegna e lo Stato hanno intrapreso nel
procedimento di revisione del piano delle aree costiere e nell'elaborazione del
piano relativo alle aree interne, mediante un confronto costante, scandito
anche dalla sottoscrizione di un protocollo di intesa e di successivi
disciplinari attuativi, in armonia con quanto è previsto dalla legislazione
statale.
È
dunque precluso al legislatore regionale derogare alle prescrizioni del piano
paesaggistico, senza una previa rideterminazione dei suoi contenuti con lo
Stato.
2.LEGGE REGIONALE CHE AFFERMA LA PREVALENZA SU TUTTI GLI
STRUMENTI URBANISTICO TERRITORIALI E QUINDI ANCHE SUL PIANO PAESAGGISTICO
Il
legislatore regionale, in particolare, con la previsione impugnata, sancisce la
prevalenza delle disposizioni della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021,
dichiarate cogenti e di immediata applicazione, «sugli atti di pianificazione,
anche settoriale, sugli strumenti urbanistici generali e attuativi e sulle
altre vigenti disposizioni normative regionali e quindi anche sulla
pianificazione paesaggistica.
Questa
prevalenza si giustificherebbe alla luce del carattere delle previsioni della
legge regionale impugnata, aventi la natura di «disposizioni straordinarie per
il sostegno dell'economia mediante il rilancio del settore edilizio coniugate
con la riqualificazione, la razionalizzazione ed il miglioramento della qualità
architettonica e abitativa, della sicurezza strutturale, della compatibilità
paesaggistica e dell'efficienza energetica del patrimonio edilizio esistente
nel territorio regionale, anche attraverso la semplificazione delle procedure».
Nell'introdurre
una deroga alla pianificazione paesaggistica regionale, la previsione impugnata
investe il nucleo essenziale della tutela del paesaggio, affidata alle puntuali
prescrizioni del piano regionale, e appresta una regolamentazione lesiva del
valore primario tutelato dall'art. 9 Cost.
Da cui la dichiarazione di incostituzionalità di detta norma
regionale.
DEROGHE
PUNTUALI AL PIANO PAESAGGISTICO DA PARTE DELLA LEGGE REGIONALE IMPUGNATA
La
disciplina impugnata si discosta sotto molteplici profili dalle prescrizioni
del piano paesaggistico regionale.
Tali
profili di discrepanza attengono, in primo luogo, alla dimensione minima del
lotto agricolo, che nel piano paesaggistico deve essere almeno pari a tre
ettari, laddove la previsione introdotta dalla legge regionale consente
l'edificazione anche nei lotti tra 0,1 ettari e un ettaro. Inoltre, le citate
norme tecniche di attuazione, per gli edifici già esistenti su lotti inferiori
a quelli minimi, escludono aumenti di volumetria, per contro ammessi dalla
disposizione in esame.
La
disciplina impugnata, inoltre, prescinde anche dalla stretta connessione tra
l'edificazione e la conduzione agricola e zootecnica del fondo, nei casi in cui
il fondo sia di proprietà di un imprenditore agricolo o di un'azienda agricola.
È
significativo che, allo scopo di superare la cogenza delle prescrizioni del
piano paesaggistico regionale e l'obbligo dei Comuni di recepirle negli
strumenti urbanistici, il legislatore regionale abbia previsto la realizzazione
delle nuove strutture secondo una apposita integrazione delle norme tecniche di
attuazione del piano urbanistico comunale.
La
previsione impugnata, nell'incidere sui nuclei sparsi nell'agro, oggetto di
specifica protezione nelle citate norme tecniche di attuazione del piano
paesaggistico regionale, si ripercuote su aspetti legati alla tutela del
paesaggio nella sua dimensione storica e culturale. Essa, nel porsi in
contrasto con quanto dispone il piano paesaggistico e nell'accrescere le potenzialità
di edificazione, determina un evidente decremento della tutela del valore
primario e assoluto sancito dall'art. 9 Cost.
Per questi motivi viene dichiarata la incostituzionalità delle
suddette norme regionali.
3. INTERVENTI DI RISTRUTTURAZIONE CON INCREMENTI
VOLUMETRICI IN VIOLAZIONE DEL PIANO PAESAGGISTICO
La
norma regionale impugnata al fine di riqualificare e di accrescere le
potenzialità delle strutture destinate all'esercizio di attività
turistico-ricettive, sanitarie e socio-sanitarie, ricadenti nelle zone
urbanistiche omogenee A, autorizza gli interventi di ristrutturazione e di
rinnovamento che comportano incrementi volumetrici, anche mediante la
realizzazione di corpi di fabbrica separati, nella misura massima del 50 per
cento del volume urbanistico esistente.
Nella
suddetta norma regionale non è stabilita la condizione della previa
approvazione di un piano particolareggiato adeguato al piano paesaggistico,
consentendo nella fascia costiera al di fuori delle tassative eccezioni
indicate dal piano paesaggistico - di realizzare gli incrementi volumetrici
anche mediante la realizzazione di corpi di fabbrica separati.
Da questo la sentenza deduce la incostituzionalità della norma
regionale.
4. INTERVENTI DI AUMENTO VOLUMETRIA IN IMMOBILI DI PREGIO
IN CENTRI DI VALENZA STORICA
La
norma regionale impugnata nell'ammettere rilevanti interventi di aumento di
volumetria con riguardo agli immobili di particolare pregio posti nei centri di
prima e antica formazione, la previsione impugnata non è compatibile con le
linee di indirizzo e le prescrizioni del piano, che appresta una peculiare
tutela per tali centri, in quanto componenti dell'assetto storico-culturale
della Regione autonoma Sardegna.
Nell'estendere
l'ambito applicativo di ammissibilità degli interventi, il legislatore
regionale deroga in peius allo standard di tutela che il piano ha individuato
per preservare l'assetto identitario del paesaggio, nella sua valenza insieme
storica ed estetica.
Da questo la sentenza deduce la incostituzionalità della norma
regionale.
5. TRASFERIMENTO DEI VOLUMI REALIZZABILI RICADENTI IN
ALCUNE ZONE DEL PIANO STRALCIO PER L'ASSETTO IDROGEOLOGICO
La
disciplina impugnata si prefigge di conseguire la riqualificazione dei contesti
contraddistinti da un elevato o molto elevato rischio idrogeologico e di
mettere in sicurezza il territorio e, a tale scopo, promuove e incentiva
interventi di trasferimento dei volumi previsti come realizzabili previa
approvazione dei piani attuativi nelle zone urbanistiche C (di espansione residenziale),
D (industriali, commerciali e artigianali) e G (servizi generali), ricadenti
nelle aree di pericolosità idraulica o da frana elevata o molto elevata.
La
disciplina in esame promuove analoghi interventi di trasferimento dei volumi
previsti come realizzabili nelle zone urbanistiche B (di completamento
residenziale), che ricadono in aree contraddistinte da rischio idrogeologico
elevato o molto elevato (art. 38-bis, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 8
del 2015, aggiunto dalla previsione impugnata).
Tali
interventi sono estesi anche ai volumi esistenti, legittimamente realizzati
nelle zone urbanistiche B, C, D, F (turistiche) e G, che ricadono nelle aree
che presentano il descritto rischio idrogeologico, volumi «per i quali è
consentito il trasferimento, previa approvazione di piani attuativi, in altre
zone urbanistiche B, C, D, F e G del territorio comunale situate al di fuori
delle aree a rischio idraulico o geologico, con incremento del volume del 35
per cento» (art. 38-bis, comma 2, della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015).
Le
altre previsioni dell'art. 38-bis della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015
regolano nel dettaglio le modalità per il trasferimento dei volumi.
Il
legislatore regionale non solo consente la realizzazione di tali volumi in
deroga alle vigenti disposizioni regionali, eccezion fatta per le distanze tra
fabbricati e pareti finestrate (art. 38-bis, commi 9 e 10, della citata legge
reg. Sardegna n. 8 del 2015), ma dispone anche che le norme tecniche di
attuazione del piano di assetto idrogeologico siano modificate in conformità
agli interventi ammessi dalla previsione impugnata (art. 38-bis, comma 13,
della predetta legge regionale).
La
deroga alle disposizioni regionali è formulata in termini indiscriminati,
idonei a ricomprendere anche le prescrizioni poste a salvaguardia del
paesaggio, e dunque vanifica la specifica funzione di tutela che il piano
paesaggistico svolge. La deroga, peraltro, investe anche le norme tecniche di
attuazione del piano di assetto idrogeologico, in quanto attuano aspetti
disciplinati dal piano paesaggistico e correlati a profili di tutela del
paesaggio.
Tale
indistinta portata derogatoria, che rappresenta aspetto saliente della
disciplina, determina il superamento dei limiti della potestà legislativa
statutaria, in contrasto con le previsioni del piano paesaggistico e del piano
di assetto idrogeologico. È violata, pertanto, la sfera di competenza esclusiva
statale nella materia della tutela dell'ambiente.
Da questi motivi si deduce la incostituzionalità della norma
regionale
6. RINNOVO DEL PATRIMONIO EDILIZIO CON INTERVENTI DI
DEMOLIZIONE E DI RICOSTRUZIONE.
La
legge reg. Sardegna n. 1 del 2021 persegue finalità di riqualificazione e di
rigenerazione urbana, che ispirano anche le modificazioni dettate dall'art. 14
alla disciplina degli interventi di demolizione e di ricostruzione.
Con
tale finalità è in palese contrasto la scelta di estendere il termine per
l'applicazione della disciplina straordinaria sugli interventi di demolizione e
di ricostruzione e di includere anche le costruzioni appena edificate in un
ambito applicativo che deve essere delimitato con rigore, in ragione della
portata ampiamente derogatoria della regolamentazione prevista dal legislatore
regionale. Nella fattispecie delle costruzioni appena ultimate non si coglie
l'esigenza di riqualificazione mediante interventi radicali di demolizione e
ricostruzione, con l'attribuzione di consistenti premialità volumetriche.
Per questi motivi viene dichiarata la incostituzionalità.
7. INTERVENTI SULLA FASCIA DI 300 METRI DALLA LINEA DI
BATTIGIA
La
disposizione impugnata incide sulla fascia di 300 metri dalla linea di
battigia, peraltro tutelata in maniera pregnante ai sensi dell'art. 142,
lettera a), del d.lgs. n. 42 del 2004, oltre che alla stregua del vigente piano
paesaggistico regionale. Tale incidenza non è, peraltro, contestata dalla
difesa regionale.
Non
è influente la circostanza che già la disciplina previgente contemplasse
interventi destinati a ricadere nella fascia entro i 300 metri dalla linea di
battigia, poiché, come già detto, nei giudizi in via principale non opera
l'istituto dell'acquiescenza; si deve rilevare, inoltre, che la previsione
aggiunta dalla legge impugnata introduce un ulteriore elemento di deroga, che
si ripercuote sull'assetto paesaggistico.
La
previsione in esame, difatti, concerne un aspetto tutt'altro che marginale
della tutela paesaggistica, in quanto esenta gli interventi disciplinati dal
novellato art. 39 della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015 dall'obbligo del
rispetto dell'ubicazione, della sagoma e della forma del fabbricato da
demolire.
Né
pone rimedio al vulnus denunciato la precisazione che il nuovo fabbricato deve
determinare «un minore impatto paesaggistico secondo le indicazioni impartite
dall'Amministrazione regionale con apposite linee guida adottate dalla Giunta
regionale con atto n. 18 del 5 aprile 2016».
Il
legislatore regionale ha travalicato i limiti della potestà legislativa sancita
dallo statuto speciale, modificando unilateralmente - e per di più in senso
deteriore - la disciplina della fascia costiera, bene paesaggistico
assoggettato a rigorosa tutela, per la peculiarità delle caratteristiche
naturali e ambientali
Da questi motivi deriva la dichiarazione di incostituzionalità
8. AFFIDO AI COMUNI IL COMPITO DI INDIVIDUARE GLI AMBITI
TERRITORIALI NEI QUALI REALIZZARE GLI INTERVENTI PREVISTI DAI PROGRAMMI
INTEGRATI PER IL RIORDINO URBANO
La
norma impugnata, al primo periodo, affida ai Comuni il compito di individuare
gli ambiti territoriali nei quali realizzare gli interventi previsti dai
programmi integrati per il riordino urbano.
Tali
interventi saranno localizzati, in via prioritaria, nelle zone urbanistiche
omogenee C contigue all'ambito urbano, ovvero nelle zone di espansione
residenziale «destinate a nuovi complessi residenziali, che risultino
inedificate o nelle quali l'edificazione preesistente non raggiunga i limiti di
superficie utilizzata richiesti per le zone B».
La
localizzazione avverrà, quindi, nelle zone urbanistiche omogenee D, che si
identificano nelle «parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per
impianti industriali, artigianali, commerciali, di conservazione,
trasformazione o commercializzazione di prodotti agricoli e/o della pesca», e
nelle zone urbanistiche omogenee G, che consistono nelle «parti del territorio
destinate ad edifici, attrezzature ed impianti, pubblici e privati, riservati a
servizi di interesse generale, quali strutture per l'istruzione secondaria,
superiore ed universitaria, i beni culturali, la sanità, lo sport e le attività
ricreative, il credito, le comunicazioni, o quali mercati generali, parchi,
depuratori, impianti di potabilizzazione, inceneritori e simili». Quanto alle zone
D e G, il legislatore regionale precisa che la localizzazione avverrà nelle
zone contigue all'ambito urbano e non completate o dismesse.
Con
le modificazioni introdotte dalla disposizione impugnata cadono le esclusioni
originariamente previste dall'art. 40, comma 7, della legge reg. Sardegna n. 8
del 2015 per la realizzazione dei programmi integrati per il riordino urbano.
Nell'assetto
previgente della disciplina regionale, tali programmi non potevano essere
realizzati nei centri di antica e prima formazione e nelle zone urbanistiche
omogenee E (zone agricole) e H. Le zone H, denominate zone di salvaguardia, non
rientrano in alcuna delle classificazioni elaborate dall'art. 3 del decreto
dell'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica 20 dicembre 1983, n.
2266/U (Disciplina dei limiti e dei rapporti relativi alla formazione di nuovi
strumenti urbanistici ed alla revisione di quelli esistenti nei Comuni della
Sardegna), e «rivestono un particolare valore speleologico, archeologico, paesaggistico
o di particolare interesse per la collettività, quali fascia costiera, fascia
attorno agli agglomerati urbani, fascia di rispetto cimiteriale, fascia lungo
le strade statali provinciali e comunali».
La
disciplina impugnata estende a tutte le zone urbanistiche omogenee l'ambito di
applicazione dei programmi integrati per il riordino urbano, dapprima esclusi
nelle zone di particolare valenza culturale o paesaggistica, come i centri di
antica e prima formazione, le zone agricole, le zone di salvaguardia
ambientale.
Una
disciplina così congegnata interviene su beni che ricevono specifica tutela nel
piano paesaggistico regionale e nella normativa regionale previgente, in
armonia e in connessione inscindibile con le previsioni del piano. Nella
prospettiva di una più efficace protezione del paesaggio, tale normativa
escludeva dai programmi integrati per il riordino urbano proprio i beni prima
citati - i centri di antica e prima formazione, le zone agricole e le zone di
salvaguardia ambientale - che includono anche beni di peculiare valore
archeologico e paesaggistico, nonché la fascia costiera.
Nel
rimuovere tali ipotesi di esclusione, la disposizione impugnata riduce la
tutela riservata ai beni che, nello stesso piano paesaggistico e nella
legislazione regionale che ne ha completato e arricchito le indicazioni, sono
assoggettati ad autonoma e peculiare disciplina.
Né
tale decremento di tutela è contraddetto dalla specificazione che il Consiglio
comunale provvede alla localizzazione delle aree di intervento in coerenza con
quanto statuisce il piano paesaggistico regionale, poiché all'originaria e
tassativa esclusione di alcune aree ora fa riscontro una normativa a maglie più
larghe, che non contempla una protezione inderogabile.
Da questi motivi deriva la dichiarazione di incostituzionalità
9. DISCIPLINA TRANSITORIA PER GLI AMBITI DI PAESAGGIO
COSTIERI
La
previsione impugnata si discosta da quanto prevede l'art. 15, comma 2, NTA del
piano paesaggistico regionale, nel dettare la disciplina transitoria per gli
ambiti di paesaggio costieri. Ai sensi della menzionata norma tecnica di
attuazione, per i Comuni non dotati di piano urbanistico comunale approvato,
nelle zone C, D, F e G nella fascia dei 2000 metri dalla linea di battigia
marina, anche per i terreni elevati sul mare, e nella fascia entro i 500 metri
dalla linea di battigia marina, anche per i terreni elevati sul mare e per le
isole minori, possono essere realizzati gli interventi previsti negli strumenti
urbanistici attuativi approvati e con convenzione efficace alla data di
pubblicazione della delibera della Giunta regionale n. 33/1 del 10 agosto 2004
(Provvedimenti cautelari e d'urgenza per la salvaguardia e la tutela del
paesaggio e dell'ambiente della Sardegna). Per le zone F, poi, si devono
rispettare i parametri di cui all'articolo 6 della legge regionale 8/2004. Alla
stessa data - soggiunge la citata previsione del piano paesaggistico - devono
risultare legittimamente avviate le opere di urbanizzazione e, in particolare,
deve essere stato realizzato il reticolo stradale e deve essersi determinato un
mutamento consistente e irreversibile dello stato dei luoghi.
La
disposizione impugnata, nell'inserire il riferimento alla lettera d) dell'art.
13 della legge reg. Sardegna n. 4 del 2009, in una fattispecie sovrapponibile a
quella regolata dal piano paesaggistico regionale, considera sufficiente che le
opere di urbanizzazione siano state avviate prima dell'approvazione del piano
paesaggistico regionale (5 settembre 2006), che è termine successivo rispetto a
quello individuato nello stesso piano paesaggistico (agosto 2004), e così
amplia le possibilità di attuare l'attività edificatoria.
Tale
profilo di contrasto, relativo a una disciplina già contraddistinta da uno
spiccato carattere di specialità, si risolve in una deroga, che compromette lo
standard di tutela individuato dal piano paesaggistico e presta così il fianco
alle censure del ricorrente.
Da questi motivi deriva la dichiarazione di incostituzionalità
10. REALIZZAZIONE DI «NUOVI CAMPEGGI E STRUTTURE RICETTIVE
CONNESSE A CAMPI DA GOLF, AREE ATTREZZATE DI CAMPER NELLA FASCIA COSTIERA
La
prima norma regionale impugnata consente in termini indiscriminati, e dunque
anche nella fascia costiera, di realizzare aree di sosta temporanea degli
autocaravan e dei caravan.
La
seconda norma regionale impugnata a sua volta, consente di realizzare campeggi
anche nella fascia costiera.
Né
vale a rendere tale previsione compatibile con il piano paesaggistico la
specificazione che si tratta di campeggi a basso indice di impatto paesaggistico
e ad alto indice di reversibilità. Il divieto delle norme tecniche di
attuazione è formulato in termini onnicomprensivi e inderogabili, come si può
desumere dall'espressione «[n]on è comunque ammessa la realizzazione».
Non
è risolutiva neppure la specificazione che tali campeggi devono essere
realizzati oltre la fascia di trecento metri dalla linea di battigia.
La
fascia costiera, considerata nel PPR come un bene paesaggistico d'insieme e una
risorsa strategica fondamentale per lo sviluppo sostenibile del territorio
sardo, assoggettata a pianificazione e gestione integrata (art. 19, comma 1,
NTA), è individuata in termini più ampi rispetto ai 300 metri dalla linea di
battigia, espressamente salvaguardati dalla previsione impugnata.
Da
questo punto di vista, nel contrasto con una specifica prescrizione del piano
regionale, relativa a una risorsa strategica fondamentale per lo sviluppo
sostenibile, si coglie la lesione denunciata dal ricorrente.
Da questi motivi deriva la dichiarazione di incostituzionalità
11. LIMITI NORMA REGIONALE SUL DIMENSIONAMENTO DELLA
CAPACITÀ INSEDIATIVA ALBERGHIERA
In virtù della disposizione impugnata, le prescrizioni
dell'art. 4 del citato decreto si devono interpretare nel senso che, in sede di nuova pianificazione,
le limitazioni imposte dalla legge reg. Sardegna n. 8 del 2004, sul
dimensionamento della capacità insediativa alberghiera, non si applicano ai
Comuni che non abbiano raggiunto la potenzialità volumetrica originariamente
prevista dal decreto assessoriale n. 2266/U del 1983, a patto che tali
volumetrie siano finalizzate alla promozione turistica mediante la
realizzazione di strutture alberghiere o para alberghiere a 5 o 6 stelle.
L'art.
6 della legge reg. Sardegna n. 8 del 2004 regola il dimensionamento delle
volumetrie degli insediamenti turistici ammissibili nelle zone F.
Tale
dimensionamento non deve superare il 50 per cento di quello consentito con
l'applicazione dei parametri massimi stabiliti per il calcolo della fruibilità
ottimale del litorale dal decreto assessoriale n. 2266/U del 1983.
La
legge reg. Sardegna n. 8 del 2004, come si evince dall'art. 1, comma 1, prelude
all'approvazione del piano paesaggistico regionale, «principale strumento della
pianificazione territoriale regionale ai sensi dell'articolo 135 del decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio,
ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), al fine di
assicurare un'adeguata tutela e valorizzazione del paesaggio».
L'art.
1, comma 2, della legge regionale n. 8 del 2004 definisce il PPR come «il
quadro di riferimento e di coordinamento, per lo sviluppo sostenibile
dell'intero territorio regionale, degli atti di programmazione e pianificazione
regionale, provinciale e locale, ed assume i contenuti di cui all'articolo 143
del d.lgs. n. 42 del 2004».
In
vista dell'approvazione del piano paesaggistico, interviene l'art. 6, che, in
tema di dimensionamento delle volumetrie degli insediamenti turistici
ammissibili nelle zone F, stabilisce che non debba essere superiore al 50 per
cento di quello consentito «con l'applicazione dei parametri massimi stabiliti
per il calcolo della fruibilità ottimale del litorale dal Dec. Ass. 20 dicembre
1983, n. 2266/U dell'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica».
Il
dimezzamento del limite previsto nelle zone turistiche F rispetto alle norme
previgenti appare il frutto di una «valutazione comparativa di contrapposti
interessi, quello generale alla salvaguardia del paesaggio, anche a tutela
delle generazioni future, e quello individuale e imprenditoriale allo sviluppo
degli insediamenti turistici» (Consiglio di Stato, sezione sesta, 7 luglio-10
settembre 2009, n. 5459).
Il
citato art. 6 è espressamente richiamato anche nell'art. 15, comma 2, NTA con
riguardo alla disciplina transitoria degli ambiti costieri e dunque, nel
disciplinare l'adeguamento dei successivi strumenti urbanistici comunali, fa
corpo e deve essere letto in connessione con le prescrizioni di tale piano.
La
previsione impugnata, dietro la parvenza dell'interpretazione autentica del
citato decreto assessoriale del 1983 che non limitava l'applicazione dei
parametri massimi ai soli Comuni che non avevano raggiunto la potenzialità
volumetrica originariamente prevista e prevedeva l'applicazione dei parametri
massimi in termini generali, depotenzia il limite relativo alle volumetrie
degli insediamenti turistici ammissibili nelle zone F.
In
tal modo, si ampliano le facoltà edificato
Da questi motivi deriva la dichiarazione di incostituzionalità
12. ADEGUAMENTO DEGLI STRUMENTI
TURISTICI COMUNALI AL PIANO PAESAGGISTICO REGIONALE, AL FINE DI FAVORIRE LE
NUOVE LOCALIZZAZIONI TURISTICHE IN ZONE CONTIGUE E/O INTEGRATE AGLI
INSEDIAMENTI URBANI
La
disposizione impugnata prevede che la deroga a tali prescrizioni del piano
paesaggistico regionale operi quando non sia possibile perseguire gli indirizzi
che, in tema di insediamenti turistici, detta l'art. 90, comma 1, lettera a),
NTA con riguardo all'adeguamento degli strumenti urbanistici al piano
paesaggistico regionale.
Ai
sensi di tale ultima norma tecnica di attuazione, è necessario «prevedere lo
sviluppo della potenzialità turistica del territorio attraverso l'utilizzo
degli insediamenti esistenti quali centri urbani, paesi, frazione e
agglomerati, insediamenti sparsi del territorio rurale e grandi complessi del
territorio minerario».
Le
deroghe racchiuse nella previsione impugnata investono un aspetto qualificante
della tutela paesaggistica, che è ribadito sia negli indirizzi sia nelle
prescrizioni che devono orientare l'adeguamento degli strumenti urbanistici
comunali, ed in forza dei quali le localizzazioni turistiche devono essere
individuate in prossimità degli insediamenti urbani e in connessione con
l'assetto insediativo esistente.
La
deroga censurata si presenta in termini di particolare latitudine, in quanto è
subordinata alla sola condizione che non sia possibile perseguire gli indirizzi
vincolanti della pianificazione paesaggistica. Tale condizione, delineata senza
il supporto di indicazioni puntuali, è rimessa alla valutazione dei Comuni, che
possono dunque stabilire - al di fuori di precisi criteri direttivi - le
deroghe al sovraordinato piano paesaggistico.
In
tal modo, la disposizione impugnata sovverte anche la preminenza del piano
paesaggistico rispetto agli strumenti urbanistici comunali.
Da questi motivi deriva la dichiarazione di incostituzionalità
13. PIANI ATTUATIVI COMUNALI IN AREA COSTIERA IN ATTESA
DELL’ADEGUAMENTO DEGLI STRUMENTI URBANISTICI VIGENTI AL PIANO PAESAGGISTICO
Negli
ambiti di paesaggio costiero, il legislatore regionale consente ai Comuni -
fino all'adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni del piano
paesaggistico regionale - di adottare e approvare piani attuativi previsti
nello strumento urbanistico vigente, che ricadono nelle zone territoriali
omogenee C (espansione residenziale), D (industriali, artigianali e
commerciali) e G (servizi generali).
L'impugnato
art. 27, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021 puntualizza che tale
facoltà si aggiunge a quella accordata dall'art. 15, comma 1, delle norme
tecniche di attuazione del piano paesaggistico regionale.
Tale
previsione delle norme tecniche concerne gli ambiti di paesaggio costiero e,
fino all'adeguamento degli strumenti urbanistici comunali al piano
paesaggistico regionale, consente l'attività edilizia e la relativa
realizzazione delle opere di urbanizzazione nelle zone omogenee A e B dei
centri abitativi e nelle frazioni individuate dai Comuni, purché delimitate e
indicate come tali negli strumenti urbanistici comunali.
La
menzionata norma tecnica consente, inoltre, di realizzare, in conformità ai
vigenti strumenti urbanistici comunali, gli interventi edilizi che ricadono
nelle zone C immediatamente contigue al tessuto urbano consolidato, quando
ricorra l'elemento dell'interclusione con «elementi geografici,
infrastrutturali ed insediativi che ne delimitino univocamente tutti i
confini».
L'art.
27, comma 2, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021 regola l'applicazione
della disciplina transitoria di cui all'art. 15, comma 1, NTA e considera i
confini amministrativi comunali elementi geografici di interclusione.
La
disciplina regionale si innesta sulla delicata fase di adeguamento degli
strumenti urbanistici al piano paesaggistico regionale e deroga in peius alle
prescrizioni di tutela dettate da tale piano. Essa amplia la facoltà di
adottare e approvare piani attuativi, dapprima circoscritta alle sole zone
omogenee A e B e alle zone C, solo se immediatamente contigue al tessuto
urbano, e ora estesa anche alle zone urbanistiche C, D e G, non importa se
contigue o interne al tessuto urbano.
La
disposizione impugnata, anche in virtù della specificazione del comma 2
sull'equiparazione dei confini amministrativi comunali agli elementi geografici
di interclusione, si prefigge di ampliare le ipotesi delineate dall'art. 15,
comma 1, NTA, che consente solo entro certi limiti, negli ambiti di paesaggio
costieri, l'attività edilizia e la realizzazione delle relative opere di
urbanizzazione.
L'appena
menzionato art. 15, comma 1, ultimo periodo, delle medesime NTA consente di
realizzare interventi edilizi nelle zone C, immediatamente contigue al tessuto
urbano, solo quando ricorra l'interclusione con «elementi geografici,
infrastrutturali ed insediativi che ne delimitino univocamente tutti i
confini».
L'impugnata
disposizione dell'art. 27, comma 2, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021, in
particolare, sostituisce a tale rigoroso requisito quello, invero più blando,
dei confini amministrativi comunali, accomunati ai citati elementi geografici
di interclusione che le prescrizioni del piano paesaggistico intendono invece
in termini più circoscritti.
La
stessa difesa regionale non contesta che questa diversa formulazione sottenda
una deroga alle prescrizioni del piano paesaggistico.
La
previsione impugnata si pone in contrasto con tali prescrizioni e quindi vìola
la sfera di competenza statale nella materia della tutela dell'ambiente,
dettando una regolamentazione lesiva dei valori tutelati dall'art. 9 Cost.,
peraltro al di fuori del percorso condiviso di adeguamento e di revisione del
piano che questa Corte di recente ha ritenuto imprescindibile (sentenza n. 257
del 2021).
Da questi motivi deriva la dichiarazione di incostituzionalità
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