Il proliferare di progetti
di biodigestori in giro per le regioni italiane, anche in aree dove il
fabbisogno di trattamento dei rifiuti organici è coperto da impianti esistenti,
spesso si fonda su una tesi interpreta in modo forzato (e a mio avviso
illegittimo) la vigente disciplina della gestione dei rifiuti.
La tesi l’ho recentemente
ritrovata espressa per il caso del progetto di
biodigestore proposto in provincia di Pesaro che sto seguendo a supporto
dei comitati locali.
La tesi è la seguente: “il
biodigestore in quanto impianto di recupero di frazione differenziata (rifiuto
organico) non rientra nella privativa pubblica ex articolo 182-bis DLgs
152/2006 e quindi i siti le dimensioni di questi impianti non rientrano nella
pianificazione pubblica regionale o provinciale mentre vi rientrano le
discariche e gli inceneritori che trattano il rifiuto indifferenziato. “
È fondata giuridicamente questa tesi ? A mio avviso non è fondata e spiego si seguito perché concludendo poi con una recentissima sentenza del Consiglio di Stato che conferma il ruolo della pianificazione pubblica anche per gli impianti che trattano il rifiuto post raccolta differenziata.
IL TESTO
DELL’ARTICOLO 182-BIS E QUELLO CHE VIENE RIMOSSO DELL’ARTICOLO 182-TER DEL DLGS
152/2006
Riporto prima di tutto
il testo completo dell’articolo 182-bis
“182-bis. Principi di
autosufficienza e prossimità
1. Lo smaltimento dei
rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani non differenziati sono attuati con il
ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti, tenendo conto delle
migliori tecniche disponibili e del rapporto tra i costi e i benefici
complessivi, al fine di:
a) realizzare
l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e dei
rifiuti del loro trattamento in ambiti territoriali ottimali;
b) permettere lo
smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati in
uno degli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al
fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto
geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di
rifiuti;
c) utilizzare i metodi
e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione
dell'ambiente e della salute pubblica.
2. Sulla base di una
motivata richiesta delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano,
con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare
può essere limitato l’ingresso nel territorio nazionale di rifiuti destinati ad
inceneritori classificati come impianti di recupero, qualora sia accertato che
l’ingresso di tali rifiuti avrebbe come conseguenza a necessità di smaltire i
rifiuti nazionali o di trattare i rifiuti in modo non coerente con i piani di
gestione dei rifiuti. Può essere altresì limitato, con le modalità di cui al
periodo precedente, l’invio di rifiuti negli altri Stati membri per motivi
ambientali, come stabilito nel regolamento (CE) n. 1013/2006.
3. I provvedimenti di
cui al comma 2 sono notificati alla Commissione europea.”
Ora riporto il testo dell’articolo 182-ter del DLgs
152/2006
“182-ter. Rifiuti organici (versione post DLgs 116/2020 ndr)
1. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il
Ministero delle politiche agricole
alimentari e forestali, le Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano favoriscono, nell'ambito
delle risorse previste a legislazione vigente, il
riciclaggio, ivi compresi il compostaggio e la digestione dei rifiuti organici,
in modo da rispettare un elevato livello
di protezione dell'ambiente e che dia luogo ad un prodotto in uscita che soddisfi pertinenti standard di elevata qualità. L'utilizzo in agricoltura è consentito per i soli prodotti in uscita conformi alla normativa vigente sui
fertilizzanti.”
Come si può vedere è vero che l’articolo 182-bis non fa riferimento esplicito ai rifiuti urbani organici ma l’articolo 182-ter (anche dopo la recentissima riforma del DLgs 116/2020) proprio con riferimento ai rifiuti organici afferma testualmente che Regioni Provincie e ATO favoriscono il trattamento dei rifiuti organici in modo da realizzare un elevato livello di protezione ambientale. Da notare che la norma mette sullo stesso piano compostaggio aerobico e digestori anaerobici. Quindi visto il ruolo che viene confermato a Regioni e Provincia la corretta interpretazione è che dovrà essere la pianificazione (si vedano i successivi articoli citati sulle competenze di Regione e Provincia) a individuare anche le dimensioni e la tipologia degli impianti in rapporto ai siti e agli ambiti.
E’ indiscutibile che
questa norma se letta con l’impianto generale del testo unico ambientale in
relazione alla programmazione e pianificazione della gestione dei rifiuti
riconosca un potere di indirizzo per fissare indirizzi qualitativa e
quantitativi per la realizzazione di impianti di trattamento del rifiuto
organico avendo al suo centro la tutela dell’ambiente e non certo quella della
logica di mercato di cui tratta la tesi esposta all’inizio. Peraltro un mercato drogato dagli incentivi al
biometano nel caso dei biodigestori.
LE FUNZIONI
DI REGIONE E PROVINCE NELLA PIANIFICAZIONE DEGLI IMPIANTI DI GESTIONE RIFIUTI
SECONDO LA VIGENTE NORMATIVA
Quando affermo che
l’articolo 182-ter va letto con l’impianto pianificatorio generale del testo
unico ambientale in materia di rifiuti specifico che quando detto articolo
parla di attività di promozione da parte di Regioni Province e Ato fa
riferimento inevitabilmente alle funzioni che questi enti hanno in materia di
gestione rifiuti. In particolare l’articolo 196 del DLgs 152/2006 riconosce
alla Regione la competenza alla predisposizione, adozione e aggiornamento,
sentiti le province, i comuni e le Autorità d'ambito, dei piani regionali di
gestione dei rifiuti, di cui all'articolo 199.
Il comma 3 articolo 199
del DLgs 152/2006 prevede che i Piani
regionali definiscano:
“d) informazioni sui
criteri di riferimento per l’individuazione dei siti e la capacità dei futuri
impianti di smaltimento o dei grandi impianti di recupero, se necessario;…
f) la delimitazione di
ogni singolo ambito territoriale ottimale sul territorio regionale, nel
rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettera m);
g) il complesso delle
attività e dei fabbisogni degli impianti necessari a garantire la gestione dei
rifiuti urbani secondo criteri di trasparenza, efficacia, efficienza,
economicità e autosufficienza della gestione dei rifiuti urbani non pericolosi
all'interno di ciascuno degli ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo
200, nonché ad assicurare lo smaltimento e il recupero dei rifiuti speciali in
luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della
movimentazione di rifiuti;…
l) i criteri per
l'individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla
localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti nonché per
l'individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti, nel
rispetto dei criteri generali di cui all'articolo 195, comma 1, lettera p); “ questi ultimi sono di competenza statale e
riguardano: l'indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche
delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei
rifiuti.
A sua volta l’articolo 197 del DLgs 152/2006 afferma che è competenza delle Province: “d) l'individuazione, sulla base delle previsioni del piano territoriale di coordinamento di cui all'articolo 20, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove già adottato, e delle previsioni di cui all'articolo 199, comma 3, lettere d) e h), nonché sentiti l'ente di governo dell'ambito ed i comuni, delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, nonché delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti”.
Come si vede leggendo correttamente e cioè in modo sistematico le norme citate (non separandole una dall’altra e violando la ratio di fondo della unitarietà della normativa sui rifiuti come fanno gli esegeti del libero mercato) si distingue all’interno dei poteri pianificatori di Regione e Province tra rifiuti indifferenziati ed organici. In realtà questo conferma l’interpretazione iniziale e cioè che anche per gli organici occorre il rispetto della pianificazione regionale e provinciale ed ora di ambito rispettando l’unico principi riconosciuta dalla legge (vedi appunto l’articolo 182-ter citato) che è quello del livello massimo di tutela ambientale.
LA QUESTIONE
DEL PRINCIPIO DI PROSSIMITÀ IN RAPPORTO ALLA PIANIFICAZIONE PUBBLICA
Ma ad ulteriore conferma
di quanto sopra, anzi direi ad integrazione, rileva il comma 5 articolo 181
che recita: “5. Per le frazioni
di rifiuti urbani oggetto di
raccolta differenziata destinati al riciclaggio ed al recupero é sempre ammessa la libera circolazione sul
territorio nazionale tramite enti o imprese iscritti nelle apposite
categorie dell'Albo nazionale
gestori ambientali ai sensi dell'articolo 212, comma 5, al
fine di favorire il più possibile il loro recupero privilegiando, anche
con strumenti economici, il principio di prossimità agli
impianti di recupero.”
Come si vede se è vero che nella prima parte del comma si afferma la libera circolazione delle frazioni di rifiuti urbani da raccolta differenziata questa deve comunque favorire “il più possibile” (quindi prioritariamente) il principio di prossimità agli impianti di recupero.
Quindi non solo come abbiamo visto leggendo in modo integrato gli articoli 182-bis e 182-ter con le competenze di Regioni Province e Ato gli impianti di trattamento di rifiuti organici non sono fuori dalla pianificazione ma addirittura è solo grazie alla pianificazione che si garantisce il rispetto del principio di prossimità che lasciato alla logica del libero mercato potrebbe provocare (come di fatto sta avvenendo in varie zone d’Italia) una proliferazione di impianto per l’organico che richiederebbero inevitabilmente l’arrivo di rifiuti da territori lontani dall’impianto stesso con buona pace del principio di prossimità
Come affermato il TAR
Liguria (sentenza n° 877 del 12 novembre
2018 non appellata) proprio in relazione ad un progetto di biodigestore proposto fuori dalla
pianificazione pubblica: “L’art. 181 comma 5 citato ammette infatti la
libera circolazione sul territorio nazionale di quanto proviene dalla frazione
dei rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata, ma privilegia <<…il principio di prossimità agli
impianti di recupero…>>; … sarebbe contraddittorio restringere la
valutazione alla sola possibile incidenza dell’impianto sulla qualità delle
acque, così come sembra indicare il carteggio relativo alla decisione di dar
corso alla VIA, quando la regione Liguria e la provincia di Genova hanno
approvato da tempo i piani ricordati che mirano appunto a disciplinare
l’attività delle amministrazioni pubbliche nel settore di che si tratta; il
principio dell’autovincolo induce a considerare incoerente la pretesa che le
norme degli strumenti citati siano disattese nell’esame in corso. Su tali
presupposti può osservarsi la complessiva correttezza della tesi sostenuta dal
ricorrente comune nella parte in cui lamenta la violazione del comma quinto del
ricordato art. 181 del codice ambiente, sì che il profilo dell’illegittimità
più generale va individuato nella violazione del criterio di legge che postula
la preferenza per lo smaltimento dei beni in prossimità al luogo della loro
creazione quali rifiuti.”.
RUOLO DELLA
PIANIFICAZIONE PUBBLICA PER I BIODIGESTORI: ULTIMA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI
STATO
Il Consiglio di Stato con sentenza n° 8315 del 24 dicembre 2020 (QUI) interviene sulla questione della interpretazione della libera circolazione dei rifiuti ed in particolare dei rifiuti organici visto che il caso trattato riguardava proprio un biodigestore per produrre biometano.
In particolare la sentenza (al di del caso specifico dove il ricorso è stato dichiarato improcedibile per ritardi nelle notifiche) afferma che: “… i principi di “libera circolazione” nel territorio nazionale e di “prossimità” agli impianti di recupero (o di autosufficienza) sono entrambi presenti nella legislazione nazionale. Nella disciplina di settore il principio di libera circolazione sul territorio nazionale costituisce il criterio cardine, mentre il principio di prossimità è individuato come l’opzione preferibile tra più scelte.”
In altri termini, secondo
la sentenza, se la libera circolazione costituisce il principio generale,
quello di prossimità assume chiaramente la forma del principio speciale attuativo
del generale perché fondato su scenari di sito e di impianto alternativi al
fine di garantire le finalità della gestione dei rifiuti ai sensi dell’articolo
178 del DLgs 152/2006 : “1. La gestione dei rifiuti è effettuata
conformemente ai principi di precauzione, di prevenzione, di sostenibilità, di
proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti
coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di
beni da cui originano i rifiuti, nonché del principio chi inquina paga. A tale
fine la gestione dei rifiuti è effettuata secondo criteri di efficacia,
efficienza, economicità, trasparenza, fattibilità tecnica ed economica, nonché
nel rispetto delle norme vigenti in materia di partecipazione e di accesso alle
informazioni ambientali.”
Che cosa può garantire l’equilibrio nella
applicazione dei principi di libera circolazione e di prossimità come sopra
intesi?
Il Consiglio di Stato è chiarissimo perché
subito dopo il passaggio sopra citato afferma: “La
regione, come chiaramente indicato dal legislatore nazionale, è l’Autorità
amministrativa competente all’approvazione ed all’adozione dei piani di
gestione dei rifiuti.”
Aggiunge il Consiglio di Stato: “L’obiettivo dell’autosufficienza
degli impianti è stato valutato a livello regionale e non con riferimento ad
ambiti territoriali più ristretti. D’altra parte, la legge regionale
(della Regione interessata al caso trattato nella sentenza ndr)- nel
premettere che la pianificazione regionale fissa gli obiettivi, le misure e le
azioni volte al conseguimento delle finalità della legge e costituisce il quadro
di riferimento unitario per tutti i livelli di pianificazione e di
programmazione degli interventi, anche con riferimento alla programmazione
impiantistica e alla gestione dei flussi di rifiuti.
CONCLUSIONI
Quindi è la Regione che deve definire
le esigenze impiantistiche i criteri di localizzazione e la tipologia degli
impianti, saranno le Province a definire i siti dove collocarli negli ambiti
definiti dalla stessa legge regionale e quindi recepiti nei piani di ambito.
L’autosufficienza quindi deve essere definita nella
pianificazione pubblica e il come verrà applicata dipendere dagli ambiti in cui
è suddivisa la Regione e lo stesso principio di prossimità potrà essere
derogato in parte solo se l’ambito regionale ma anche qui sempre confrontando
scelte diverse in modo da evitare che il principio della libera circolazione non crei squilibri nella
chiusura del ciclo rifiuti sia in termini ambientali che di efficienza ed
economicità.
Non solo ma la sentenza del Consiglio chiarisce che se da un lato in caso di carenza di impianti rispetto ai fabbisogni di ambito (nel caso della sentenza ambito regionale) si possono autorizzare nuovi impianti il tutto deve essere sempre parametro all’effettivo fabbisogno che deve essere espresso dalla pianificazione pubblica e non certo dal libero mercato che rischierebbe di stravolgere l’equilibrio tra principio di libera circolazione e principio di prossimità come definito, dal Consiglio di Stato nella sentenza qui esaminata, quale principio: “individuato come l’opzione preferibile tra più scelte”. Opzione che non può che essere oggetto della pianificazione pubblica regionale provinciale e di ambito e della Valutazione Ambientale Strategica (VAS) quale procedura per garantire che vengano rispettate le FINALITA' AMBIENTALI della gestione dei rifiuti di cui all’articolo 178 DLgs 152/2006.
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