Documento (QUI)
risultato di una ricerca condotta nell'ambito del progetto CBRN-Italy che mira
ad analizzare il quadro normativo internazionale, regionale (Unione Europea) e
nazionale (Italia) relativo alla prevenzione, preparazione, risposta e recupero
da eventi CBRN (Chemical, Biological, Radiological and Nuclear defense) intesi in senso
lato (eventi intenzionali, accidentali e naturali) e a proporre delle
raccomandazioni per rafforzare le norme internazionali e regionali ed il quadro
normativo e operativo nazionale.
Il progetto CBRN-Italy (QUI) è stato
finanziato dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca
(MIUR) nell'ambito del programma PRIN (Progetti di Rilevante Interesse
Nazionale) con il contributo n° 20175M8L32, ed ha una durata di 36 mesi (marzo
2020 - febbraio 2023). La ricerca è condotta da quattro Università: Scuola
Superiore Sant'Anna (Pisa), Università di Bologna, Università di Firenze,
Università di Torino.
Di seguito analizzo le criticità specifiche
che emergono dallo studio CBRN-Italia relativamente alla applicazione nel
nostro Paese:
1. della normativa sulle industrie a rischio di
incidente rilevante c.d. Seveso III
2.
della pianificazione nelle risposte alle potenziali emergenze radiologiche
nucleari
3.
una serie di proposte innovative sulla gestione delle emergenze chimiche
biologiche radiologiche e nucleari (CBRN)
4. la definizione di un codice per la ripresa
dopo eventi CBRN.
CRITICITÀ CHE EMERGONO NELLA
APPLICAZIONE DELLA DIRETTIVA SEVESO III IN ITALIA
Dal documento in sintesi emergono le seguenti
criticità in particolare sulla applicazione della normativa sui rischi di
incidenti rilevanti (Direttiva Seveso III QUI, recepita
in Italia con il DLgs 105/2015 QUI :
1.
Mancanza di termini vincolanti per gli enti territoriali nell’adeguare la loro
pianificazione territoriale con gli obblighi della Seveso III
2.
Non sono state aggiornate le linee guida per stabilire le modalità di
adeguamento della pianificazione territoriale alla presenza di impianti Seveso
III, resta in vigore il vecchio Decreto
del Ministro dei lavori pubblici del
9 maggio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 138
del 16 giugno 2001
3.
Carenze negli obblighi di informazione al pubblico nel DLgs 105/2015 sia
sufficiente confrontare l’allegato G al DLgs 105/2015 con l’allegato V alla
Direttiva 2012/18 UE, il secondo più articolato. Occorre però dire che questa
carenza potrebbe essere compensata con l’applicazione del DPCM 16/2/2007 (QUI) Linee guida per l'informazione alla popolazione sul
rischio industriale. Il problema è che queste linee guida raramente vengono
rispettate in primo luogo dai Sindaci come ho spiegato QUI (parte finale del post). Questa carenza applicativa
si rileva come ricorda il Documento esaminato anche nella relazione 2021 della
Commissione UE sulla applicazione della Direttiva Seveso III (QUI).
4. Piani di Emergenza Esterna il Documento riprende la
sopra citata relazione della Commissione UE secondo la quale in Italia (a
differenza di tutti gli altri paesi UE), la percentuale di stabilimenti per i
quali le informazioni di cui all'allegato V non sono tenute costantemente a
disposizione del pubblico è molto alta (70%; mentre per gli stabilimenti di
soglia superiore la percentuale è del 36%).
5. necessità di aggiornare, più frequentemente, i Piani
di Emergenza esterni da parte delle Prefetture
CRITICITÀ
NELLE PIANIFICAZIONE DELLE RISPOSTE AD EMERGENZE RADIOLOGICHE E NUCLEARI
1. Per
quanto riguarda l’organizzazione delle attività di risposta ad un possibile
evento CBRN di natura accidentale, è importante segnalare la recente adozione
del Piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari del
2022. Il Piano assolve, quanto meno in potenza, gli obblighi generali di
cooperazione e di mitigazione del danno (transfrontaliero) che gravano
sull’Italia. Ciò detto, è però necessario evidenziare nuovamente un elemento
critico del Piano, vale a dire la mancanza di previsioni specifiche concernenti
l’assistenza immediata e a lungo termine delle possibili vittime che si trovino
nella giurisdizione italiana.
2. Non è
disponibile – sulla base delle ricerche effettuate – un piano che individui e
disciplini le misure necessarie a fronteggiare possibili incidenti che abbiano
luogo sul territorio italiano e interessino materiale radio-nucleare. Come
riportato dal sito web del Dipartimento della Protezione civile, infatti,
l’attività di pianificazione è esclusivamente rivolta a possibili incidenti che
coinvolgano impianti nucleari. Ciò nonostante, è opportuno ricordare che – come
evidenziato da un gruppo di autori – la popolazione italiana è comunque
soggetta ad un rischio di incidente radio-nucleare derivante dalla presenza sul
territorio nazionale di “centri di ricerca che adoperano reattori nucleari […],
di impianti di lavorazione e depositi di materiale radioattivo enucleare, e
della possibilità che in alcuni porti possa attraccare naviglio straniero a
propulsione nucleare. L’ordinamento italiano prevede che una
pianificazione per la gestione delle emergenze sia portata avanti, a livello
locale, dalle Prefetture competenti. Si raccomanda altresì l’adozione di un
piano nazionale per tutte quelle ipotesi in cui l’evento – sebbene a carattere
locale – abbia il potenziale per coinvolgere una parte del territorio nazionale
di gran lunga superiore
CONCLUSIONI GENERALI DEL
DOCUMENTO
1.
Occorre ragionare sull’introduzione di obblighi o, tutt’al più, meccanismi non
vincolanti volti a coinvolgere maggiormente il pubblico, tanto in termini di
risk awareness (consapevolezza del rischio) quanto con riferimento ad un ruolo
eventualmente proattivo di chi dispone di competenze e conoscenze da spendere
nella fase di prevenzione dei disastri.
2.
Dalla ricerca emergono importanti lacune specialmente in relazione alla
definizione di un meccanismo trasparente di informazione e alla produzione di
report di valutazione sull’uso improprio di materiali CBRN (in particolare
quello nucleare), nonché all’elaborazione di piani aggiornati sul loro
movimento, trasporto e processo di importazione-esportazione.
3.
a livello transfrontaliero, la cooperazione di polizia – seppur intensificata
grazie alle molteplici iniziative di 138 training – non può dirsi
soddisfacente: si segnala così la necessità di creare punti di contatto
nazionali ad hoc e di individuare procedure più efficaci per rendere
accessibili alle autorità competenti degli altri Stati membri le informazioni
raccolte in relazione a reati di terrorismo, compresi quelli di natura CBRN.
4.
L’Italia non ha ancora provveduto a ratificare il Trattato sulla proibizione
delle armi nucleari che, invece, permetterebbe al legislatore di adottare
misure più incisive per prevenire l’uso improprio di materiali CBRN sul
territorio italiano.
5.
Il diritto interno registra criticità più che altro nell’adattamento alla
normativa Euratom. Il legislatore italiano deve dunque prestare particolare
attenzione alla prevenzione in ambito nucleare (anche in considerazione degli
scenari attuali).
6.
Sulle sostanze chimiche. È vero che l’Italia dispone di un apparato normativo
piuttosto pervasivo, ma persistono carenze materiali (ci si riferisce alla
disciplina sui combustibili usati), procedurali (si pensi alle disomogeneità
territoriali che affliggono l’efficace attuazione del REACH) o, talvolta, di
sistema (come nel caso dell’omessa o tardiva ratifica di convenzioni internazionali).
7.
Il Sendai Framework (QUI) poi
raccomanda di adottare un sistema di allerta integrato, multi-rischio e
incentrato sulle persone; in Italia esistono diversi sistemi di allertamento
per rischi specifici ma non un sistema integrato multirischio, e soprattutto
non sembra che i sistemi di allertamento tengano in considerazione le necessità
di specifici gruppi della popolazione, in particolare quelli più vulnerabili
(anziani, persone con disabilità), e siano sviluppati anche con la
partecipazione di questi gruppi.
8. Mancato aggiornamento della strategia
nazionale di difesa contro il terrorismo CBRN che risale al 2001 e sulla quale
l’opinione 140 pubblica dovrebbe essere maggiormente sensibilizzata, anche
attraverso una partnership con i mass media, che aiuterebbe a garantire una
migliore comunicazione con il pubblico nelle primissime fasi dell’emergenza.
9.
Mancanza della figura di security manager di infrastrutture critiche (porti,
aeroporti, spazio, ferrovie, centrali nucleari di ricerca, tunnel transfrontalieri,
settore agro-alimentare), un gruppo di attori che, ad oggi sono generalmente
inconsapevoli della minaccia stessa ma che adeguatamente formato potrebbe dare
un contributo importante alla gestione di evento CBRN.
10. La mancata condivisione delle attività di
preparazione ad emergenze nucleari, come l’elaborazione di piani di emergenza
bilaterali per gestire eventuali impatti transfrontalieri, è inoltre emersa
come particolare rilevante.
11. Si
segnala la preoccupante assenza di una strategia nazionale integrata e
multirischio per la riduzione del rischio di disastri. Tale mancanza, lungi dal
determinare un vulnus in relazione alla sola fase di preparazione, impatta
notevolmente sull’effettiva capacità delle autorità italiane di rispondere ad
eventi CBRN, riducendo l’efficacia delle attività di risposta messe in campo
per far fronte ad un’emergenza.
12. La mancata adozione di un nuovo Piano
nazionale di difesa da attacchi terroristici di tipo biologico, chimico e
radio-nucleare, o il mancato aggiornamento dell’ultima versione del 2001,
costituisce motivo di preoccupazione, tenuto conto del naturale
“invecchiamento” cui sono soggette tutte le attività di pianificazione. Un
piano nazionale di difesa da attacchi terroristici che non sia aggiornato ai
più recenti standard e non tenga conto delle nuove minacce, sia in termini di
organizzazioni terroristiche che nella prospettiva di possibili obiettivi sul
suolo italiano, riduce 141 notevolmente la capacità delle autorità di mettere
in campo le risorse, umane e materiali, necessarie alla risposta ad un
eventuale attacco.
13. Manca,
difatti, in Italia, un meccanismo centralizzato per la corretta gestione
dell’informazione della popolazione a seguito di un evento CBRN, correndosi
pertanto il rischio di ulteriori incidenti generati dal panico o dalla carenza
di indicazioni che siano a tutti comprensibili circa le modalità di gestione
della risposta ed eventuale evacuazione. Nello stesso senso, è bene
sottolineare la necessità che le Prefetture, e gli altri enti locali
competenti, procedano ad un aggiornamento dei piani locali, coinvolgendo i
diversi attori pubblici e privati che dispongono delle competenze adeguate.
14. Ugualmente insoddisfacenti, in molti casi, si
sono rivelati gli strumenti di reintegrazione ambientale. Solo di recenti
alcuni passi in avanti sono stati compiuti, limitatamente a eventi di tipo
nucleare (art. 3, co. 2, lett. f-ter, legge 97/2020). Si riconferma, comunque,
un limite già emerso ai punti precedenti, ovvero il carattere frammentario
degli strumenti impiegati per ripristinare l’ambiente naturale danneggiato in
conseguenza di un evento CBRN.
UN CODICE DELLE RICOSTRUZIONI
Necessità della adozione
di un “codice delle ricostruzioni” o anche di un vero e proprio “codice della
ripresa”, che:
(a) definisca
in modo chiaro e preciso la tipologia di eventi di riferimento, includendo
eventi CBRN di origine dolosa, accidentale e naturale (in linea con la
prospettiva all-hazards adottata dalla presente ricerca);
(b) preveda,
in materia di assistenza socio-psicologica di lungo periodo alle vittime, oltre
a criteri guida generali a livello statale, l’istituzione di meccanismi
compartecipati tra rappresentanti statali e rappresentanti degli enti locali
(ad es. “cabine di regia”) che supervisionino le misure intraprese a livello
locale, assicurando il coordinamento tra organi coinvolti e controllando, su
base periodica, i progressi effettuati;
(c) in
caso di pregiudizi all’ambiente, fissi criteri per l’adozione di misure di
reintegrazione delle componenti ambientali danneggiate, istituendo altresì
meccanismi di controllo e vigilanza su base periodica, e superando la
frammentarietà delle fonti in materia;
(d) regoli
la filiera decisionale, a livello legislativo (statale e locale), per
l’adozione di misure di Build Back Better (QUI), improntate al modello di lessons-learned (lezioni
apprese - QUI) e coinvolgendo, quanto più possibile, le comunità
locali colpite da un evento CBRN.
Nessun commento:
Posta un commento