venerdì 13 gennaio 2023

Industrie Insalubri il Sindaco se vuole può discostarsi dal parere ASL se insufficiente

Il Consiglio di Stato con sentenza n. 10681 del 6 dicembre 2022 (QUI) ha dichiarato la illegittimità di una ordinanza sindacale che vietava il proseguimento della attività di una industria classificata insalubre(lavorazione marmi) in quanto non adeguatamente motivata sotto il profilo del rischio sanitario prodotta dalla stessa.

La sentenza è interessante, al di la del caso specifico, perché conferma un indirizzo presente anche in altra giurisprudenza amministrativa sul rapporto tra atti del Sindaco come massima Autorità Sanitaria sul territorio comunale ai sensi degli articoli 216 e 217 del Testo Unico Leggi Sanitarie -TULS (QUI) e parere tecnici dell’ASL territorialmente competente.

In particolare, il tema è quello fino a che punto il Sindaco è vincolato nell’esercitare le sue funzioni in materia di industrie insalubri dai pareri dell’ASL territorialmente competente.  Su questo tema ho prodotto un ampio dossier sui poteri dei Sindaci in materia di tutela della salute pubblica dall’inquinamento, vedi QUI.

Ma vediamo cosa dice la nuova sentenza...

 

 

IL CASO DELLA SENTENZA

In ragione dell’inquinamento sonoro e ambientale provocato dalla lavorazione del marmo in zona densamente abitata, con nota apposita il Dirigente medico Azienda sanitaria locale, esprimeva “parere sfavorevole” al proseguimento dell’attività per i rischi alla salute degli abitanti posti nelle immediate vicinanze.
Sulla scorta di tale parere il Sindaco del Comune di Amantea, con ordinanza disponeva che la ditta provvedesse “alla produzione di documentazione tecnico – sanitaria atta a dimostrare che il ciclo produttivo non sia causa di danni per l’incolumità e la salute del vicinato”.

La ditta ha prodotto copiosa documentazione:

1) relazione descrittiva delle autorizzazioni già in possesso dell’Ente comunale;

2) relazione descrittiva sul funzionamento delle attività;

3) relazione tecnica della DELVIT Chimica S.r.l. sia per l’inquinamento acustico che ambientale;

4) rapporto tecnico di misurazioni fonometriche dell’ARPACAL di Cosenza.

A seguito di sollecito del Comune, il Dipartimento di Prevenzione ASL confermava, il proprio parere sfavorevole al proseguo dell'attività produttiva precedentemente espresso.

In forza di tale parere il Sindaco, con ordinanza disponeva la chiusura dell'attività della ditta di lavorazione marmi.

La ditta impugnava il suddetto provvedimento innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, domandandone l’annullamento, deducendo vizi per violazione di legge ed eccesso di potere.

Il Tribunale amministrativo regionale competente accoglieva il ricorso proposto dalla società ricorrente, rilevando la carenza di motivazione tanto del parere reso dall’ASP di Cosenza, quanto dell’ordinanza impugnata, laddove non dava conto delle ragioni per le quali, ad oltre 50 anni dall’inizio dell’attività, svolta sempre in conformità al medesimo ciclo di lavorazione, la stessa diveniva nociva per la salute dei cittadini.

 

 

LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO

Il Consiglio di Stato riprende e ricostruisce sinteticamente la normativa sulle industrie insalubri secondo la quale:

1. le industrie classificate insalubri possono restare vicino a centri residenziali solo se dimostrano di non recare danno alla salute pubblica (articolo 216 TULS)

2. spetta al Sindaco come autorità sanitaria vigilare su questa dimostrazione (primo comma articolo 217 TULS)

3. se si dimostra che questo danno non viene evitato il Sindaco può disporre (secondo comma articolo 217 TULS).

Secondo il Consiglio di Stato nella sentenza qui esaminata affermata la persistenza di discrezionalità valutativa del Comune in materia, si rammenta che la giurisprudenza è ferma nel ritenere che gli ampi poteri concernenti le industrie insalubri, conferiti dagli artt. 216 e 217 TULS, sono esercitabili a condizione che siano dimostrati, da congrua e seria istruttoria, gli inconvenienti igienici e che si sia vanamente tentato di eliminarli.

Nel caso specifico trattato nella sentenza del Consiglio di Stato è che il parere reso dal Dipartimento di Prevenzione si limitava, genericamente, a fare riferimento alle analisi chimiche eseguite dalla DELVIT, rilevando che i risultati delle stesse “non escludono danni alla salute del vicinato”. D’altra parte, la stessa ordinanza sindacale disponeva la chiusura dell'attività della ditta sulla scorta di un pedissequo richiamo al suddetto parere negativo. Quindi l’ordinanza è illegittima, secondo la sentenza, perché il Sindaco è andato oltre il suo potere discrezionale in materia non avendo motivato le ragioni di rischio per la salute pubblica su cui si fondava la sua ordinanza.

 

La sentenza è interessante perché, al di la del caso specifico, definisce i limiti ma anche le potenzialità dell’esercizio attivo della funzione di Autorità Sanitarie del Sindaco nel senso di seguito riportato.


IL SINDACO PUÒ DISCOSTARSI DAL PARERE DELL’ASL SE LO RITIENE INSUFFICIENTE SOTTO IL PROFILO DELLE MOTIVAZIONI

Secondo il Consiglio di Stato appare evidente che l’amministrazione comunale, non possedendo né gli strumenti né le competenze per accertare "in proprio" le condizioni sanitarie di una industria insalubre, tenda a conformarsi al parere reso dall'Autorità sanitaria.

Nondimeno, sorge in capo all’amministrazione medesima l’onere di discostarsi motivatamente dal parere suddetto in presenza di due condizioni: l'assoluta insufficienza, carenza, approssimazione del parere negativo reso dall'azienda sanitari, e la contemporanea sussistenza di allegazioni di parte - o comunque acquisite dall'amministrazione comunale - che provino l'inattendibilità del parere negativo e la sussistenza di comprovati elementi che escludano inconvenienti sanitari ascrivibili all'azienda.

 

Questo passaggio è molto importante perché appare ovvio che se il Sindaco si può discostare dal parere dell’ASL lo può fare sia in un caso come questo dove è ASL ad avere dato un parere immotivato sui presunti rischi sanitari della ditta ma lo può fare anche nel caso in cui il parere abbia sottovaluto i rischi sanitari di altra attività inquinante.

Il fondamento giuridico di questa possibilità è semplice: è il Sindaco titolare delle funzioni su autorizzazione controllo ed eventualmente di coercizione in materia di industrie insalubri. ASL lo supporta tecnicamente ma se questo supporto si dimostra inadeguato il Sindaco può discostarsi da ASL anche utilizzando pareri di altri soggetti pubblici e privati purché, come afferma il Consiglio di Stato, i parere siano suffragati da adeguata istruttoria tecnica. 

Il tutto confermato da ampia giurisprudenza precedente: Spetta al Sindaco, all'uopo ausiliato dalla struttura sanitaria competente, il cui parere tecnico ha funzione consultiva ed endoprocedimentale, la valutazione della tollerabilità, o meno, delle lavorazioni provenienti dalle industrie cosiddette "insalubri", l'esercizio della cui potestà potendo avvenire in ogni tempo e potendo esplicarsi mediante l'adozione, in via cautelare, di interventi finalizzati ad impedire la continuazione o l'evolversi di attività aventi carattere di pericolosità”. (Consiglio di Stato, Sez, V, n. 6264, del 27 dicembre 2013Consiglio di Stato Sez. III, n. 4687, del 24 settembre 2013).

 

 

 

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