lunedì 27 marzo 2023

Neutralità climatica a rischio: lo dimostrano studi e documenti ufficiali

In questo post parto dal Parere (QUI) del Comitato economico e sociale europeo (di seguito CES) sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Interventi a breve termine nei mercati dell'energia e miglioramenti a lungo termine dell'assetto del mercato dell'energia elettrica».

Il Parere è interessante perché conferma la contraddittorietà con la quale, la Commissione UE e le altre istituzioni comunitarie per non parlare degli Stati Membri, perseguono una politica di transizione che continua ad oscillare tra rinnovabili e fossili allontanandosi sempre di più dagli obiettivi della neutralità climatica al 2050.

Nel post quindi metto a confronto le principali affermazioni del Parere CES con i principali e più recenti documenti ufficiali che dimostrano la suddetta contraddizione che rischia di portare ad un fallimento annunciato delle politiche per la transizione ecologica come già avvenuto (lo dice la Corte dei Conti UE) per la Alleanza Mondiale per clima QUI
e intanto Secondo l'ultimo Rapporto IPCC - UNEP (The Intergovernmental Panel on Climate Change QUI), relativamente ai mutamenti climatici dettati dalla attività antropica, i tempi per intervenire efficacemente stanno per finire e quindi dopo potranno restare solo azioni di adattamento e mitigazione dei danni.

 

 



I CITTADINI E LE COMUNITÀ LOCALI CONTANO SEMPRE MENO NELLE SCELTE SULLA TRANSIZIONE C.D. ECOLOGIA

Il Parere il CES chiede una maggiore partecipazione dei cittadini consumatori e più in generale delle comunità e istituzioni locali, alla riduzione delle emissioni. Peccato che, nelle scelte concrete dei singoli Stati, si favoriscano soprattutto grandi infrastrutture legate al gas (vedi ad esempio in Italia rigassificatori e biodigestori) che non fanno che aumentare la domanda di questa fonte favorendo l’aumento dei prezzi. È vero che gli ultimi dati parlano di una riduzione del prezzo del gas dovuta però a circostanza favorevoli e ci si riferisce non solo all’inverno mite ma anche e soprattutto alla riduzione dei consumi di GNL in Cina ma come affermano le statistiche della Agenzia Internazionale dell’Energia non è detto che questa situazione venga confermata nel prossimo anno con il rischio di una carenza di offerta e conseguenti nuovi aumenti dei prezzi.

Quanto sopra è in contrasto con quanto affermato anche dalla recente Relazione per il 2022-2023 (QUI) della Banca Europea degli Investimenti (QUI), dove si afferma che gli investimenti del governo locale (in infrastrutture digitali, ad esempio) hanno un forte effetto positivo sul PIL e nello stimolare gli investimenti privati. Si tratta di investimenti che nascono dalle esigenze concrete dei territori e non vengono calati dall'alto come i grandi impianti energetici.  L'effetto analizzato nella Relazione della BEI è particolarmente forte durante le recessioni. Gli investimenti in istruzione, ricerca e sviluppo, amministrazione efficiente e infrastrutture locali sono i più importanti stimoli nel favorire la crescita. Ad esempio, le imprese in regioni con servizi Internet relativamente veloci (riflettendo migliore infrastruttura digitale locale) sono stati del 7,1% più produttivi rispetto ad altre imprese, un effetto che sale a quasi 16% per le aziende che hanno anche investito per diventare più digitali in risposta alla pandemia.

La carenza di investimenti a livello locale fa il paio con quella di competenze adeguate, negli enti locali, a gestire progetti di transizione energetica e più in generale ecologica.

 

 

LE SOVVENZIONI ALLE FONTI FOSSILI NON SI RIDUCONO

Il Parere CES poi propone di ridurre le sovvenzioni alle fonti fossili, ma sappiamo bene che da questo punto di vista queste riduzioni continuano a tardare da parte di tutti gli Stati Membri. Sia sufficiente vedere  il Rapporto della  Corte dei Conti UE  del 2022 (QUI) che dimostra come le sovvenzioni ai combustibili fossili sono rimaste stabili dal 2008 al 2019 compensando negativamente la quasi quadruplicazione degli incentivi alle rinnovabili. Per non parlare del recentissimo Rapporto OCSE e AIE (agenzia internazionale per l’energia) che conferma il progressivo aumento degli incentivi alle fonti fossili (QUI).

Questi dati ufficiali stridono contro la affermazione del Parere del CES per cui invece di basarsi su una compensazione continua, si chiede ai responsabili politici di incoraggiare e sostenere i cittadini, ponendoli nelle condizioni adeguate, affinché diventino prosumatori di energia e creino comunità energetiche locali, aiutandoli così a essere più indipendenti dai prezzi del mercato comune.

 

GLI INVESTIMENTI PER LA TRANSIZIONE ALLA NEUTRALITÀ CLIMATICA SONO INSUFFICIENTI

Secondo la Relazione (QUI) della Banca Europea degli investimenti del 2022-2023, gli investimenti per limitare il cambiamento climatico sono in aumento, ma sono ancora ben al di sotto di quanto necessario per soddisfare l'obiettivo dell'Europa di zero emissioni nette entro il 2050. Gli investimenti dell'UE per il clima sono riaumentati dopo il calo durante pandemia, ma per cifre ancora insufficienti. Secondo la Relazione nell'Unione europea sono necessari mille miliardi di euro all'anno per ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 55% entro il 2030.

Si tratta di 356 miliardi di euro in più all'anno rispetto al periodo 2010-2020.

 

  

LE EMISSIONI DI GAS SERRA RESTANO SOPRA LA SOGLIA PER RAGGIUNGERE LA NEUTRALITÀ CLIMATICA AL 2050

La Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il Regolamento (UE) 2021/241 (che ha introdotto Dispositivo per la ripresa e la resilienza da cui i vari PNRR degli Stati Membri) introduce al Regolamento 2021/241 (testo attuale Regolamento 2021/241 QUI) un apposito capo III-bis dedicato al Piano REPowerEU (QUI). Tra gli emendamenti si veda in particolare quello che all’articolo 4 paragrafo 1 introduce l’obiettivo per cui i PNRR debbano mirare a: “una riduzione significativa della dipendenza dai combustibili fossili e mediante un maggiore utilizzo dell'energia da fonti rinnovabili, un incremento dell'efficienza energetica e della capacità di stoccaggio dell'energia”.

Nonostante ciò, le emissioni di gas serra continuano ad essere oltre la soglia per raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica, vedi QUI.

 

 

LE PROPOSTE A BREVE TERMINI NON COMPROMETTANO LE STRATEGIE A LUNGO TERMINE
Il Parere del CES sottolinea che qualsiasi attività di follow-up deve essere preceduta da un dibattito rigoroso e da un'analisi d'impatto. Il CESE desidera essere coinvolto in tale dibattito. La Commissione e gli Stati membri dovrebbero evitare proposte a breve termine che compromettano gli obiettivi fondamentali di un sistema energetico sostenibile.

Ricordo che, parlando di obiettivi strategici, i nuovi obiettivi del Pacchetto “Pronti per il 55% (QUI) e del Piano REPowerEU (QUI) modificano radicalmente le riduzioni di gas serra richieste al 2030 rispetto ai livelli del 1990, si passa dal 40% di riduzione al 55%.

Affermazioni e obiettivi importanti peccato che... 


... LE POLITICHE A BREVE TERMINE HANNO GIÀ INIZIATO A COMPROMETTERE LE STRATEGIE PER LA NEUTRALITÀ CLIMATICA: IL CASO ITALIANO

La affermazione del Parere CES sulle politiche a breve termine comporterebbe una analisi critica delle politiche di emergenza messe in atto dagli Stati membri (soprattutto quelli carenti di fonti fossili proprie) in relazione alla emergenza energetica e a quella della guerra in Ucraina. Politiche che puntano soprattutto nel nostro Paese anche se non solo:

1. a sostituire il gas russo con altro gas da produttori diversi (QUI) questo nonostante l’analisi trimestrale ENEA (QUI) abbia dimostrato come  la riduzione del gas russo non possa essere compensata solo da produttori alternativi ma occorra una riduzione netta dei consumi. Non solo ma la distribuzione delle provenienze risulta di conseguenza meno concentrata rispetto a quella degli ultimi anni, sebbene con nuove criticità legate al fatto che essa risulta anche altamente precaria, per la sua maggiore vulnerabilità sia sotto il profilo geopolitico sia per la maggiore volatilità in risposta all’andamento dei prezzi.

2. nuove estrazioni di gas (QUI) in contraddizione con gli stessi indirizzi della Agenzia Internazionale dell’Energia (vedi Rapporto NET ZERO (emissioni gas serra al 2050 – QUI)

3. a puntare sui rigassificatori e il GNL in modo quasi unilaterale.  Questo nonostante sempre Enea nella sua analisi trimestrale (II e III trimestre 2022) abbia sottolineato che:

3.1. Il boom del GNL: nel II trimestre il GNL statunitense è arrivato a rappresentare oltre 1/4 dell’import totale di gas naturale dell’UE 28 (Regno Unito incluso). Tutto questo rischia strategicamente di creare problemi per il raggiungimento dei nuovi obiettivi UE: passaggio da 40% al 55% di riduzione di gas serra entro il 2030.

3.2. Rischi adeguatezza sistema gas UE: l’offerta globale di GNL è attesa crescere di soli 20 mld m3 nel 2023 (molto meno del previsto calo addizionale delle forniture russe) e poco di più nel 2024, mentre una nuova ondata di capacità di liquefazione è attesa solo dal 2025, per le ridotte decisioni di investimento degli anni passati. Tutto questo conferma quanto paventato nella Newsletter di Dicembre del Gestore Mercati Energetici vedi QUI.

 

 

CONCLUSIONI

Ad oggi, come afferma in un recente incontro internazionale, Il Presidente designato della COP28 (QUI) Sultan Al-Jaberla, il cambiamento incrementale delle fonti rinnovabili non sarà sufficiente per superare le emergenze energetiche allo stato attuale delle politiche in atto. Ma è sicuramente vero che non si sta facendo molto per colmare questo limite anzi si sta cercando di aggirarlo questo limite come dimostrano le parole del Direttore generale della Agenzia Internazionale dell’Energia: "L'industria europea si basa su un modello che sta fondamentalmente ottenendo l'energia russa piuttosto abbondante ed economica, questo è finito. Non si può tornare indietro".

Insomma e concludendo: ormai perfino le istituzioni tecniche e scientifiche ufficiali (ONU, UE e italiane come dimostrato da quanto riportato in precedenza) dimostrano che puntare come di fatto sta succedendo sul gas come fonte di transizione sia un errore che l’umanità pagherà duramente nei prossimi decenni. Nonostantre ciò le politiche nazionali e UE, pur con qualche controtendenza, vanno nella direzione contraria come dimostra ulteriormente la decisione di inserire il gas nella tassonomia verde della UE per valutare i progetti della transizione energetica vedi QUI.

Tutto questo non produrrà solo ulteriori catastrofi climatiche ma accentuerà gli scontri geopolitici per controllare le fonti fossili residue e produrrà costi economici e ambientali che pagheranno prima di tutto i cittadini.

 

 

 

 

 

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