lunedì 13 marzo 2023

Le singole autorizzazioni devono garantire il rispetto dei limiti di qualità dell’aria

La Corte di Giustizia con sentenza del 9 marzo 2023 (causa C‑375/21 QUI) è intervenuta in relazione ad un caso di uno stato membro dove le autorità competenti avevano aggiornato l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) ad una centrale termoelettrica applicando limiti di emissioni superiori a quelli di legge.

 

Di seguito sintetizzo i principi affermati dalla sentenza rilevanti anche al di là del caso specifico:

1. quando si autorizzano (o se ne rinnova l’autorizzazione come nel caso specifico) attività inquinanti i limiti fissati devono tenere conto del livello di qualità dell’aria della zona interessata soprattutto se ci sono superamenti di detti limiti per i vari inquinanti questo perché la direttiva che disciplina le autorizzazioni delle emissioni è strettamente coordinata con quella che disciplina i valori di qualità dell’aria e i relativi piani di risanamento

2. le autorizzazioni e i limiti di emissione nonché le prescrizioni in esse contenuti devono tenere conto della esistenza di altre fonti inquinanti che possono contribuire, grazie alla nuova autorizzazione, a superare i limiti di qualità dell’aria della zona interessata

3. in base al principio di precauzione se c’è anche solo incertezza sulla possibilità che l’autorizzazione senza adeguati limiti di emissione e prescrizioni possa produrre eventi inquinanti di rilievo come pure il superamento dei valori di qualità dell’aria dei singoli inquinanti, l’autorizzazione in deroga non può essere rilasciata

4. autorizzazioni in deroga ai limiti di legge degli inquinanti ma anche alle prescrizioni dei piani di qualità dell’aria non possono essere giustificate dagli alti costi che il rispetto dei limiti e delle prescrizioni più stringenti comporterebbero per chi gestisce l’attività e/o l’impianto da autorizzare

5. le norme di qualità ambientali non sono solo misure specifiche temporanee ma consistono anche nelle prescrizioni permanenti previsti dalle leggi vigenti in materia come pure dai piani di qualità dell’aria



La Corte di Giustizia, nella sentenza di seguito esaminata, è intervenuta su una serie di domande pregiudiziali (sulle regole processuali di questa procedura vedi QUI) sollevate dai giudici dello stato membro relativamente alle deroghe ai limiti di emissione per la centrale termoelettrica, previsti dalle BAT (Decisioni UE - QUI - sulle migliori tecnologie disponibili per una determinata categoria di impianto assoggettato ad AIA) utilizzando quanto previsto dal paragrafo 4 articolo 15 della Direttiva 2010/75/UE (QUI).

La Corte ha dovuto decidere su domanda pregiudiziale della Corte Suprema dello stato membro relativamente alla questione se dette deroghe erano o meno coerenti con le condizioni poste dal suddetto paragrafo 4 articolo 15 nonché da quelle Direttiva UE sulla qualità dell’aria (direttiva 2008/50/CE - QUI).

 

N.B. Si ricorda che la Corte di Giustizie UE non applica direttamente il diritto dell’Unione a una controversia presentata da un giudice del rinvio, poiché il suo ruolo è contribuire alla sua risoluzione mentre il ruolo del giudice nazionale consiste nel trarre conclusioni sulla base della pronuncia della CGUE. Le pronunce pregiudiziali sono vincolanti sia per il giudice del rinvio sia per tutti i giudici degli Stati membri.

 

Vediamo ora di descrivere puntualmente questa sentenza molto rilevante non solo per il caso trattato…


 

LE CONDIZIONI PER APPLICARE LE DEROGHE ALLE BAT SECONDO LA DIRETTIVA 2010/75/UE

Il paragrafo 5 articolo 15 della Direttiva 2010/75/UE prevede che le deroghe sono condizionate

ad una valutazione, della autorità competente, che dimostri come il conseguimento dei livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili di cui alle conclusioni sulle BAT comporterebbe una maggiorazione sproporzionata dei costi rispetto ai benefici ambientali, in ragione:

1. dell’ubicazione geografica e delle condizioni ambientali locali dell’istallazione interessata o

2. delle caratteristiche tecniche dell’istallazione interessata.

Inoltre, occorre dimostrare il rispetto dell’articolo 18 della Direttiva 2010/75/UE relativo alle norme di qualità ambientale che richiedano condizioni più rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili, l’autorizzazione contiene misure supplementari, fatte salve le altre misure che possono essere adottate per rispettare le norme di qualità ambientale.

 

 

LE NORME DELLA DIRETTIVA SULLA QUALITÀ DELL’ARIA PRESE IN CONSIDERAZIONE PER VALUTARE LA CORRETTEZZA DELLA DEROGA AI LIMITI DI EMISSIONI PREVISTI DALLE BAT

Qui si fa riferimento agli articoli 13 e 23 della Direttiva 2008/50/C, in particolare:

-l’articolo 13: Valori limite e soglie di allarme ai fini della protezione della salute umana per gli inquinanti biossido di zolfo, PM10, piombo e monossido di carbonio, biossido di azoto e benzene

- l’articolo 23: riguarda i piani di qualità dell’aria che gli stati membri devono attivare nel caso di superamento dei limiti stabiliti dalla Direttive in determinati comparti dello stato stesso con la finalità che le misure dei piani riportino al più presto l’inquinamento dell’aria nei limiti della Direttiva e ovviamente evitino nuovi superamenti.

 


OGGETTO DELLA CONTROVERSIA E DOMANDE PREGIUDIZIALI RIVOLTE ALLA CORTE DI GIUSTIZIA

Alcune associazioni ambientaliste dello stato membro erano ricorsi alla giustizia nazionale contro la decisione della autorità competente di rinnovare l’AIA fissando limiti di emissione per il biossido di zolfo superiori a quelli previsti dalla Decisione UE (UE) 2017/1442 della Commissione, del 31 luglio 2017, che stabilisce le conclusioni sulle migliori tecniche disponibili (BAT), a norma della direttiva 2010/75 per i grandi impianti di combustione,  imponendo, in particolare, i livelli di emissioni associati a tali BAT per quanto riguarda le emissioni di anidride solforosa.


Il rinnovo dell’AIA in deroga ai limiti di emissione della BAT

L’autorità competente nazionale ha rinnovato l’AIA alla centrale termoelettrica ritenendo che i valori limite di emissione di biossido di zolfo (SO2) e di mercurio potessero essere sostituiti con altri parametri o misure tecniche equivalenti che fornissero un livello equivalente di protezione ambientale. 

Tuttavia (qui nasce la contestazione delle associazioni), il grado di desolforazione così autorizzato è stato fissato, sulla base della legge nazionale, in via derogatoria a livelli del 97% e del 97,5%. Tali livelli di desolforazione – che pur potendo ridurre le emissioni di SO2 a 570 mg/Nm3 non consentono, in realtà, di garantire il rispetto del livello massimo di emissione di 320 mg/Nm3 associato alle BAT e normalmente richiesto per l’SO2 – sono stati così fissati in quanto un livello di desolforazione più elevato avrebbe richiesto, da parte dell’operatore interessato, investimenti considerevoli e, pertanto, una maggiorazione dei costi ritenuta sproporzionata ai sensi di detta disposizione.

 

La decisione del giudice nazionale in primo grado

In primo grado il giudice nazionale ha respinto il ricorso delle associazioni, motivando che, non occorreva esaminare e valutare l’importanza dell’aggiornamento del piano di gestione della qualità dell’aria ambiente nella città interessata, predisposto per gli inquinanti costituiti da particelle sottili (PM10) e biossido di zolfo (SO2) per il periodo 2019-2023, adottato dal consiglio comunale della stessa in applicazione dell’articolo 23 della direttiva 2008/50. Detto giudice ha ritenuto che la procedura dettagliata di rilascio e di aggiornamento delle autorizzazioni integrate, definita nel regolamento del 2 ottobre 2009, nella versione applicabile alla controversia oggetto del procedimento principale, non richiedesse la predisposizione di siffatto piano come condizione preliminare per l’aggiornamento di un’autorizzazione integrata, cosicché il direttore esecutivo non sarebbe stato tenuto a conformarsi al contenuto del piano suddetto.

 

La decisione della Corte Suprema dello stato membro adita in secondo grado

Le associazioni contestando la decisione di primo grado hanno successivamente adito la Suprema Corte dello Stato membro, la quale ha prima di tutto rilevato come il piano di qualità dell’aria della città interessata dall’impatto della centrale termoelettrica contiene una misura a lungo termine di riduzione dell’inquinamento da SO2 intitolata «Attuazione di progetti di conversione di impianti di desolforazione e raggiungimento di un livello minimo di desolforazione del 98% e divieto di funzionamento per le unità di caldaie prive di impianti di desolforazione funzionanti». Esso rileva, in proposito, che le riduzioni del grado di desolforazione autorizzate dal direttore esecutivo nella decisione controversa non sono conformi a tale grado minimo di desolforazione del 98%.

Inoltre, secondo la Corte Suprema dello stato membro è accertato che, nel territorio della città in questione, i valori medi giornalieri e orari di SO2 autorizzati sono sistematicamente superati, il che avrebbe comportato, in particolare, l’adozione e l’aggiornamento del suddetto piano.

 

Le domande pregiudiziali rivolte alla Corte di Giustizia della UE

Sulla base di quanto sopra la Corte Suprema dello stato membro ha chiesto ai giudici comunitari se nel caso di una domanda di deroga ai limiti di emissione ufficiali di un impianto:

1. l’autorità competente deve valutare se la concessione della deroga possa compromettere il rispetto delle norme di qualità ambientale, tenuto conto di tutti i dati scientifici pertinenti relativi all’inquinamento, comprese le misure previste dal pertinente piano per la qualità dell’aria in una determinata zona o agglomerato ai sensi dell’articolo 23 della direttiva 2008/50;

2. l’autorità competente deve astenersi dal fissare valori limite di emissione meno severi per gli inquinanti atmosferici originati da un impianto, qualora tale deroga sia in contrasto con le misure previste dal pertinente piano per la qualità dell’aria adottato in una determinata zona o agglomerato ai sensi dell’articolo 23 della direttiva [2008/50] e possa compromettere l’obiettivo di far sì che il periodo di superamento dei valori limite legali di qualità dell’aria sia il più breve possibile;

3. l’autorità competente deve valutare se la fissazione di valori limite di emissione meno severi per gli inquinanti atmosferici originati da un impianto, tenuto conto di tutti i dati scientifici pertinenti relativi all’inquinamento, compreso l’effetto cumulativo con altre fonti del relativo inquinante, possa contribuire al superamento dei relativi valori limite legali di qualità dell’aria ai sensi dell’articolo 13 della direttiva 2008/50 in una determinata zona o agglomerato e, in caso affermativo, se debba astenersi dal concedere la deroga che comprometterebbe il rispetto delle norme di qualità ambientale.

 

 

LA DECISIONE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE

La Corte rileva quanto segue:

1. prima di tutto il legame tra superamento limiti qualità aria e obbligo di attivare piani per riportare detti limiti in quelli della Direttiva 2008/50/CE, nel caso specifico i limiti erano superati ed era stato attivato appunto il piano le cui prescrizioni sono state però derogate in peggio dalla decisione di rilascio dell’AIA nel caso specifico

2. sussiste un collegamento tra la Direttiva 2008/50/CE e la Direttiva 2010/75/UE, infatti, il considerando 18 della Direttiva del 2008 stabilisce espressamente che si tenga pienamente conto degli obiettivi di qualità dell’aria ambiente previsti da quest’ultima direttiva quando vengono concesse autorizzazioni per attività industriali a norma della direttiva 2010/75.

3. il fatto che secondo il paragrafo 4 articolo 15 della Direttiva 2010/75/UE le deroghe ai limiti di emissione più rigidi di un impianto possano essere rilasciate nel caso in cui l’applicazione dei limiti ordinari costi troppo a chi gestisce l’impianto non può rimuovere tutte le condizioni ambientali affinché la deroga venga concessa. In particolare, sottolinea la Corte di Giustizia UE, detta deroga può essere concessa unicamente se i valori limite di emissione meno severi non comportano «eventi inquinanti di rilievo».  Nel caso di specie sussisteva il superamento dei limiti di qualità dell’aria nella zona interessata dalla centrale autorizzata in deroga, e questo superamento secondo la Corte di Giustizia costituiva sicuramente un “evento inquinante di rilievo” visto che, riguardo all’SO2 (ma il discorso vale anche per altri inquinanti ndr.), il legislatore dell’Unione europea non ha previsto la possibilità di una proroga della data alla quale i valori limite relativi alla qualità dell’aria devono essere rispettati.

4. Come abbiamo visto in precedenza la seconda condizione, prevista dal paragrafo 4 articolo 15 della Direttiva 2010/75/UE, da rispettare per concedere delle deroghe più permissive in termini di emissioni inquinanti è quella che sia comunque rispettato nell’area interessata dalla autorizzazione in deroga un “elevato grado di tutela ambientale”. Secondo la Corte di Giustizia le regole fissate dalla direttiva 2008/50 sono la concretizzazione degli obblighi dell’Unione in materia di tutela dell’ambiente e della sanità pubblica, che derivano, in particolare, dall’articolo 3, paragrafo 3 del TUE [NOTA 1] e dall’articolo 191, paragrafi 1 e 2, TFUE [NOTA 2], secondo i quali la politica dell’Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni dell’Unione, ed è fondata, tra l’altro, sui principi della precauzione e dell’azione preventiva. Quindi anche la seconda condizione garantire un elevato grado di tutela ambientale non viene rispettata nel caso specifico.

5. non solo ma il riferimento al principio di precauzione fa affermare alla Corte di Giustizia che se sussistono incertezze quanto al fatto che i valori limite di emissione meno rigorosi comportino o meno «eventi inquinanti di rilievo», ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 4, quarto comma, della direttiva 2010/75, non può essere concessa una deroga (vedi anche Corte di Giustizia 10/10/2019 -QUI).

6. La Corte di Giustizia poi relativamente all’area interessata dall’impianto autorizzato in deroga interessata da più fonti inquinanti, rileva che la concessione di una deroga ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 4, della direttiva 2010/75 richiede una valutazione globale che tenga conto di tutte le fonti di inquinanti e del loro effetto cumulativo, in modo da garantire che, anche se una deroga è concessa per una delle fonti, la somma delle loro emissioni non possa comportare alcun superamento dei valori limite per la qualità dell’aria quali definiti dalla direttiva 2008/50.

7. relativamente al rispetto della ulteriore condizione per autorizzare in deroga questa riguarda il rispetto delle norme di qualità ambientale di cui all’articolo 18 della Direttiva 2010/75/UE. La Corte di Giustizia anche in sentenze precedenti (C‑165/09 a C‑167/09 - QUI) ha chiarito che per norme di qualità ambientale si deve intendere i requisiti concreti di natura qualitativa, relativi alle concentrazioni di sostanze inquinanti, che devono sussistere in un dato momento nell’ambiente di cui trattasi. In questo senso secondo la nuova sentenza della Corte di Giustizia UE qui esaminata che i valori limite di qualità dell’aria previsti per taluni inquinanti dall’articolo 13 e dall’allegato XI della direttiva 2008/50 costituiscano siffatte «norme di qualità ambientale», ai sensi dell’articolo 18 della direttiva 2010/75. Precisa in questo senso la Corte di Giustizia che il fatto che la definizione di «norme di qualità ambientale» faccia riferimento a una serie di requisiti che devono sussistere soltanto «in un dato momento» non esclude che i valori limite relativi alla qualità dell’aria, che devono essere rispettati in permanenza, siano compresi in tale definizione. Infatti, sebbene detta definizione consenta l’inclusione di requisiti che non devono essere rispettati in modo permanente, requisiti di natura permanente sono a fortiori «norme di qualità ambientale», ai sensi della medesima definizione, poiché sono validi in qualsiasi momento.

8. relativamente ai piani di qualità dell’aria di cui all’articolo 23 della Direttiva 2008/50/CE la Corte di Giustizia afferma infine che quando i valori limite di qualità dell’aria sono superati nella zona di influenza di una determinata installazione, l’eventuale concessione di una siffatta deroga ai valori limite di emissione può avvenire solo nel rispetto delle prescrizioni dei piani per la qualità dell’aria, ai sensi dell’articolo 23 della direttiva 2008/50, che hanno dovuto essere predisposti in un simile contesto di superamento. Pertanto, l’autorità competente per la concessione di una deroga siffatta deve altresì astenersi dal fissare valori limite di emissione meno severi per gli inquinanti originati da un’installazione qualora una simile deroga sia contraria alle misure stabilite nel piano per la qualità dell’aria adottato nella zona o nell’agglomerato di cui trattasi conformemente all’articolo 23 della direttiva 2008/50, in particolare quelle che prescrivono, come nel caso di specie, il rispetto di un grado di desolforazione, e possa compromettere la realizzazione dell’obiettivo consistente nel garantire che il periodo di superamento dei valori sia più breve sia possibile.

 

 

CONCLUSIONE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA SULLE DOMANDE PREGIUDIZIALI

L’articolo 15, paragrafo 4, della direttiva 2010/75/UE, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento), in combinato disposto con l’articolo 18 di quest’ultima e con gli articoli 13 e 23 della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa, deve essere interpretato nel senso che:

nell’esaminare una domanda di deroga ai sensi del suddetto articolo 15, paragrafo 4, l’autorità competente, tenuto conto di tutti i dati scientifici pertinenti relativi all’inquinamento, compreso l’effetto cumulativo con altre fonti dell’inquinante interessato nonché delle misure previste dal pertinente piano per la qualità dell’aria elaborato per la zona o l’agglomerato di cui trattasi ai sensi dell’articolo 23 della direttiva 2008/50, deve rifiutare siffatta deroga qualora essa possa contribuire al superamento dei valori limite legali di qualità dell’aria stabiliti ai sensi dell’articolo 13 della direttiva 2008/50 o contravvenire alle misure contenute in tale piano volte a garantire il rispetto di detti valori limite e a limitare il periodo di superamento di questi ultimi a una durata il più breve possibile.

 

 

 



[NOTA 1] 

3. L'Unione instaura un mercato interno. Si adopera per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente.”



[NOTA 2] 

“1. La politica dell'Unione in materia ambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi:
salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente, protezione della salute umana,
utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale e, in particolare, a combattere i cambiamenti climatici.

2.   La politica dell'Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni dell'Unione. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio "chi inquina paga". In tale contesto, le misure di armonizzazione rispondenti ad esigenze di protezione dell'ambiente comportano, nei casi opportuni, una clausola di salvaguardia che autorizza gli Stati membri a prendere, per motivi ambientali di natura non economica, misure provvisorie soggette ad una procedura di controllo dell'Unione.”

 

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