Il
Report (n°10/2023 - QUI)
della Associazione Nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e
acque irrigue afferma che l’Italia non ha più grandi fiumi: Po, Adige,Livenza,
Piave, Bacchiglione, Brenta. Inoltre i dissalatori diffusi sul territorio non
sono la soluzione ai problemi dell’agricoltura.
Resta
largamente insufficiente, infatti, la portata del Po che, pur godendo di un
leggero incremento nel tratto iniziale, permane abbondantemente sotto il minimo
storico mensile nel tratto lombardo-emiliano, toccando, nel rilevamento finale
a Pontelagoscuro, la portata di 604,23 mc/s, inferiore di ben il 14% rispetto
ai valori minimi del periodo. In Veneto, l’Adige scende al di sotto dei
-4 metri sullo zero idrometrico: non era mai successo dal 2015! Ai livelli più
bassi del recente passato è anche la Livenza, mentre cala la Piave e restano
sostanzialmente stabili Bacchiglione e Brenta.
Secondo il Report ci sono molti dubbi che si possa risolvere il problema dissalando l’acqua del mare. Questo può funzionare per le, sostituendo le obsolete e costosissime “bettoline” del mare. Molti dubbi, invece, se farlo nel resto del Paese, soprattutto avendo come riferimento nazioni prettamente desertiche, dove l’economia del petrolio finanzia abbondantemente tale pratica. I costi metterebbero fuori mercato il made in Italy agroalimentare, aumentando i costi dei prodotti sullo scaffale. Insieme all’efficientamento della rete idraulica ed all’ottimizzazione dell’utilizzo irriguo, è più logico creare le condizioni per trattenere e trasferire le acque di pioggia, migliorando al contempo l’ambiente attraverso una rete di laghetti multifunzionali ad iniziare dal riutilizzo delle migliaia di cave abbandonate.
Ma c’è di più. nel Report n° 7/2023 (QUI) ANBI ricorda come secondo il C.N.R. (Consiglio Nazionale Ricerche), una percentuale fra il 6% ed il 15% della popolazione italiana vive ormai in territori esposti ad una siccità severa od estrema: questo è solo uno dei dati eclatanti. Dati alla mano è lecito ritenere che, per almeno tre milioni. E’ la dimostrazione del clamoroso errore, che fa chi ritiene la siccità un problema prettamente agricolo, pur essendo il settore primario e la sovranità alimentare, i primi ad esserne minacciati.
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