La Corte dei Conti UE ha
presentato una sua relazione (QUI)
sul mancato raggiungimento degli obiettivi della Alleanza Mondiale per il clima
(Global Climate Change Alliance – GCCA) ormai chiusa nel 2020 per avviare interventi
di aiuti ai paesi in via di sviluppo contro i mutamenti climatici.
Dalla relazione emerge che
questa iniziativa:
1. non ha dimostrato il
proprio impatto sulla resilienza dei paesi al cambiamento climatico;
2. non ha misurato i
miglioramenti della situazione dei beneficiari, né ha prestato sufficiente
attenzione alle necessità dei soggetti più colpiti;
3. era incentrata sul
rafforzamento delle capacità istituzionali, ma la sostenibilità è stata
limitata a causa dell’elevato grado di avvicendamento del personale;
4. non ha attirato i
finanziamenti aggiuntivi attesi dagli Stati membri e dal settore privato;
5. non ha visto la
Commissione esaminare in misura sufficiente la ragionevolezza dei costi
iscritti nei bilanci della maggior parte delle azioni incluse nel campione;
6. è rimasta poco
conosciuta nei paesi in via di sviluppo, nonché negli Stati membri dell’UE.
D'altronde che le cose sugli investimenti UE contro i mutamenti climatici non andassero benissimo lo aveva già dimostrato sempre la Corte dei Conti con il suo rapporto che dimostrava come oltre a spendere male spende meno di quello che dichiara per il clima QUI.
Si riporta la sintesi del Rapporto della Corte dei Conti UE sulla gestione della GCCA...
I. I paesi meno sviluppati e i piccoli Stati insulari in via di sviluppo contribuiscono in misura minima alle emissioni di gas a effetto serra, ma sono i più colpiti dagli impatti del cambiamento climatico.
Nel 2007 l’Unione europea
(UE) ha lanciato l’iniziativa “Alleanza mondiale contro il cambiamento
climatico” (Global Climate Change Alliance – GCCA) al fine di aiutare tali
paesi ad accrescere la loro resilienza agli effetti del cambiamento climatico.
Nel 2014 tale iniziativa è
entrata in una seconda fase, denominata “Alleanza mondiale contro il
cambiamento climatico plus”, relativa al periodo 2014-2020. Per le due fasi
l’UE ha fornito un finanziamento complessivo pari a 729 milioni di euro.
II. Nel 2020 la Commissione ha deciso di non proseguire
l’iniziativa con un’ulteriore fase. Nel periodo 2021-2027, la Commissione
finanzierà una serie di azioni volte a contrastare il cambiamento climatico nei
paesi in via di sviluppo attraverso un sostegno tematico e geografico nel
quadro dello strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione
internazionale. Il presente audit mira a trarre insegnamenti dalle due fasi
dell’Alleanza mondiale contro il cambiamento climatico, sia in vista di future
azioni di contrasto del cambiamento climatico sia per future iniziative per lo
sviluppo globale. L’obiettivo del presente audit è valutare se le azioni
abbiano conseguito i risultati previsti in modo efficiente e se la Commissione
abbia massimizzato il valore aggiunto dell’iniziativa.
III. Nel complesso, la Corte ha riscontrato che
l’iniziativa non ha dimostrato il proprio impatto sulla resilienza dei paesi al
cambiamento climatico. In termini di efficienza, le azioni completate hanno
generalmente prodotto le relative realizzazioni, ma talvolta a un costo
elevato.
IV. L’iniziativa non ha misurato i miglioramenti della
situazione dei beneficiari, né ha prestato sufficiente attenzione alle
necessità dei soggetti più colpiti. I costi dell’uso di nuove tecnologie hanno
reso più difficile per i nuclei familiari più poveri beneficiare del programma.
Inoltre, poche azioni includevano attività specificamente rivolte alle esigenze
delle donne.
V. L’iniziativa era incentrata sul rafforzamento delle
capacità istituzionali, ma la sostenibilità è stata limitata a causa
dell’elevato grado di avvicendamento del personale. Pertanto, l’evoluzione
prevista dallo sviluppo di capacità e dalle attività pilota verso un maggiore
potenziamento delle azioni di adattamento volte a raggiungere più beneficiari
non si è verificata in modo sistematico.
VI. Nessuna delle due fasi dell’Alleanza mondiale contro
il cambiamento climatico ha attirato i finanziamenti aggiuntivi attesi dagli
Stati membri e dal settore privato. Malgrado il significativo deficit di
finanziamenti, la Commissione non ha rivisto, nei 15 anni in cui è durata
l’iniziativa, gli ambiziosi obiettivi inizialmente definiti. Inoltre, nella
seconda fase, i criteri adottati dalla Commissione per l’assegnazione dei
finanziamenti hanno finito per ridurre proporzionalmente il sostegno ai paesi
più vulnerabili.
VII. La Commissione non ha esaminato in misura
sufficiente la ragionevolezza dei costi iscritti nei bilanci della maggior
parte delle azioni incluse nel campione. Dall’analisi della Corte è emerso che
le spese di gestione delle azioni variavano ampiamente ed erano particolarmente
elevate nel Pacifico. È stato constatato che la Commissione avrebbe potuto
realizzare risparmi se avesse effettuato un’analisi dettagliata dei costi.
VIII. Sebbene sia stata avviata nel 2007 e abbia fornito
sostegno a oltre 80 paesi, l’iniziativa è rimasta poco conosciuta nei paesi in
via di sviluppo, nonché negli Stati membri dell’UE. Ciò è imputabile in parte
al fatto che le azioni finanziate non erano distinguibili dalle altre azioni
dell’UE volte a contrastare il cambiamento climatico nei paesi in via di
sviluppo. Inoltre, l’efficienza dell’iniziativa è stata pregiudicata dalla
complessità della relativa organizzazione, in particolare la duplicazione dei
meccanismi di sostegno e dei flussi di finanziamento.
IX. Non vi saranno fasi ulteriori dell’Alleanza mondiale
contro il cambiamento climatico; essa ha comunque fornito insegnamenti utili
per eventuali altre iniziative per lo sviluppo globale che l’UE potrebbe
attuare in futuro.
X. Sulla base di tali conclusioni, la Corte raccomanda alla Commissione di:
a) concentrarsi sui soggetti maggiormente colpiti dal cambiamento climatico;
b) far confluire gli insegnamenti tratti nelle future
iniziative per lo sviluppo globale.
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