Il Governo Meloni sta mettendo in cantiere l’ennesima riforma dei
porti. Si vuole favorire una governance (parolina magica abusata per nascondere
altro come vedremo) più efficiente da parte delle Autorità di sistema portuale.
Il Presidente della Regione Liguria vede addirittura un modello
misto: "un modello con un porto Spa guidato da un consiglio
di amministrazione espressione degli enti locali può anche convivere
con altri tipi di Autorità portuali" Secolo XIX 22/2/2023 vedi
anche il titolo del quotidiano all’inizio del post.
Insomma una guazzabuglio e una commistione sempre maggiore tra
operatori portuali e livelli istituzionali facendo venire meno il ruolo di
terzietà che le Autorità Portuali e ancora di più i Comuni e le Regioni
dovrebbero avere sulla gestione del rapporto porto/territori. Dietro gli slogan
c’è il disegno che va avanti da anni di privatizzare sempre di più non solo la Governance
ma addirittura il Government
LA TENDENZA ALLA PRIVATIZZAZIONE MONOPOLISTICA DELLE
AREE PORTUALI IN ATTO DA TEMPO
Da anni siamo di fronte ad una tendenza alla privatizzazione monopolistica delle aree
portuali con un ruolo sempre più emarginato delle Autorità Portuali. Come
affermato da Sergio Bologna in “Le multinazionali del mare” (ed. Egea 2010): “la
realtà di ogni giorno vede nei principali porti una graduale limitazione del
campo di azione delle Port Authority da parte delle grandi organizzazioni
terminalisti che delle Agenzie Governative. Non a caso la nuova cultura della
security incoraggia i terminalisti privati ad accentuare la impenetrabilità
delle loro strutture. La Autorità Portuale viene implicitamente invitata a
farsi gli affari suoi o a occuparsi di retro porti…”.
Anche da questi elementi nasce la necessità di costruire una nuovo modello di
governance sostenibile e partecipata nella gestione del porto in rapporto al
resto del territorio. L’obiettivo quindi non è quello di “privatizzare” anche le Autorità di Sistema
Portuale ma farle diventare GARANTI di un corretto rapporto con l’area vasta in
cui si colloca il porto,
Gli strumenti, come abbiamo visto, ci sono : studi di impatto portuale,
valutazione ambientali strategici dei piani regolatori portuali, accordi di
programma e procedimentali tra gli enti interessati per dare vita ad una
Autorità Portuale che nelle diverse realtà dei porti italiani sia realmente
garante e promotrice della attuazione di questi strumenti per gestire un porto:
“…visto, nell’ottica del legislatore del 1994 e nella concreta esperienza di
applicazione di quella legislazione, non più come un semplice punto di approdo,
ma un centro di vasti e complessi interessi industriali e commerciali che
travalicano l’ambito portuale per coinvolgere il vasto entroterra regionale con
interventi logistici, trasportistici, infrastrutturali “ (Consiglio di
Stato, nel suo parere n. 2361 del 25/7/2008).
Ma le riforme che contano per i territori sono già avvenute e tutte in danno a norme ambientali (derogate e aggirate o non attuate come nel caso delle emissioni rumorose) al ruolo delle comunità locale e delle loro rappresentanze istituzionali e al ruolo delle stesse Regioni relativamente ai Consigli Regionali dimenticando cosa voglia dire pianificare lo sviluppo dei porti in armonia con i territori che li circondano come spiego da anni su questo blog.
Di seguito due esempi molto significativi.
LA RIFORMA DELLA PIANIFICAZIONE PORTUALE DEL 2021
A cominciare dalla riforma recente (vedi articolo 4 della legge
156/2021 QUI
modifica l’articolo 5 della legge quadro sui porti QUI) che
disciplina sia il Documento di Programmazione Strategica di Sistema (DPSS) che
il Piano Regolatore DI Sistema Portuale (PRSS).
In sintesi (per approfondire vedi QUI) questa
riforma prevede:
1. aggirare
il più possibile la applicazione di procedure di valutazione ambientale nelle
scelte strategiche di pianificazione dell’uso del demanio portuale, a
cominciare dalla Valutazione Ambientale Strategica;
2. accentrare
le decisioni sull’approvazione degli strumenti di programmazione e
pianificazione portuale nelle mani delle Autorità di Sistema Portuale tagliando
fuori le Regioni ed in primo luogo i Consigli Regionali;
3. ridurre
sempre di più le scelte di pianificazione del demanio portuale a decisioni
“tecniche” attraverso l’ampio uso dell’adeguamento tecnico funzionale anche
in contrasto con le stesse linee guida sui Piani Regolatori di Sistema Portuale
approvate nel 2017 dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici che non
casualmente vede applicato ai suoi pareri un assurdo meccanismo di silenzio
assenso
4. esclusione dell’interesse
paesaggistico attraverso la equiparazione degli ambiti portuali alle zone
omogenee B del Decreto 1444 del 1968.
E VOGLIAMO PARLARE DELLE ZONE LOGISTICHE
SEMPLIFICATE?...
L’articolo 48-quater della legge 120/2020 prevede
che qualora in una Regione ricadano più Autorità di sistema portuale di cui
alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, e nell'ambito di una delle dette
Autorità rientrino scali siti in regioni differenti, la Regione é autorizzata
ad istituire una seconda Zona logistica semplificata, il cui ambito
ricomprenda, tra le altre, le zone portuali e retroportuali relative
all'Autorità di sistema portuale che abbia scali in regioni differenti.
Sotto il profilo delle procedure anche a rilevanza ambientale sono
ben più significative le semplificazioni previste per le zone economiche
speciali ed estendibili anche alle Zone Logistiche Semplificate.
In particolare, per i procedimenti amministrativi autorizzatori,
per interventi nel perimetro delle ZLS, sono ridotti di un terzo i termini di
cui:
1. agli articoli 2
(termini ordinari di conclusione del procedimento) e 19 della legge 7
agosto 1990, n. 241 (SCIA) QUI;
2. al Decreto
Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Codice dell’Ambiente parte II),
in materia di valutazione d'impatto ambientale (VIA), valutazione
ambientale strategica (VAS) e autorizzazione integrata ambientale (AIA). In
questo caso soprattutto per la VIA e la VAS siamo ad una ulteriore riduzione
dei termini già prevista dalle recenti riforme (per la VAS QUI, per la
VIA QUI nella
seconda parte del post qui linkato) di queste procedure, in tal modo riducendo
queste procedure a poco più di un bollino da staccare. Un esempio: per la VAS
con le riduzioni dei termini di queste ZLS si arriva ad avere solo 15 giorni
per presentare le osservazioni del pubblico (termine ridicolo per un piano o
programma);
3. al regolamento di cui
al Decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 2013, n. 59 (QUI), in
materia di autorizzazione unica ambientale (AUA);
4. al codice di cui al Decreto
Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (QUI), e al
regolamento di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 13
febbraio 2017, n. 31 (QUI), in
materia di autorizzazione paesaggistica semplificata;
5. al
testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 6
giugno 2001, n. 380, in materia edilizia;
6. all’articolo
18 della legge 28 gennaio 1994, n. 84 (QUI), in
materia di concessioni demaniali portuali.
Ma non è finita qui, per le semplificazioni, perché il
recentissimo Decreto Legge n° 36 del 30 aprile 2022 (QUI)
all’articolo 37 modificando la sopra citata legge 205/2017 (istitutiva
delle ZLS) rinvia ad un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che
disciplinerà non solo le procedure di istituzione funzionamento e
organizzazione delle ZLS ma anche le condizioni per l'applicazione delle misure
di semplificazione sopra elencate, con la possibilità di ulteriori
semplificazioni.
Occorre aggiungere che nell’attesa del suddetto DPCM vige
il DPCM n° 12 del 25 gennaio 2018 (QUI) che di
fatto assegna la gestione delle zone economiche speciali e quindi per ora anche
le ZLS, da un Comitato di indirizzo composto dal Presidente dell'Autorità
portuale, che lo presiede, da un rappresentante della Regione, o delle
Regioni nel caso di ZES interregionale, da un rappresentante della Presidenza
del Consiglio dei ministri e da un rappresentante del Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti. Insomma, il livello locale non esiste neppure
nella rappresentanza del Comune o dei Comuni interessati. Questo Comitato di
indirizzo deciderà:
1. le attività amministrative
necessarie a garantire l'insediamento di nuove imprese e la piena operatività
delle imprese nella ZES
2. protocolli per
semplificazioni delle procedure autorizzative che potranno quindi introdurre
ulteriori deroghe alle norme ambientali elencate in precedenza.
Il Piano di sviluppo della ZES e quindi per ora anche
della ZLS è definito dal Presidente della Regione (nessun passaggio dal
Consiglio Regionale) sentiti (quindi un ruolo meramente consultivo) i Sindaci.
Peraltro, visti gli indirizzi ultra-semplificatori e derogatori
del Governo attuale il nuovo DPCM che dovrebbe prevedere una disciplina
specifica per le ZLS riprodurrà sicuramente il suddetto modello di governo
anche per queste.
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