lunedì 3 ottobre 2022

PERCHÉ I FANGHI DI DRAGAGGIO DEL PORTO DI SPEZIA NON DEVONO ESSERE SVERSATI IN MARE

Dopo l’incontro con gli ambientalisti di qualche giorno fa, l’Autorità di Sistema Portuale ribadisce la possibilità che una buona parte dei fanghi dei prossimi dragaggi del porto spezzino siano sversati al largo del golfo di Spezia.

Si tratta di una scelta assolutamente discutibile sia sotto il profilo normativo, giurisprudenziale ma soprattutto sotto il profilo delle buone tecniche di gestione dei fanghi di dragaggio in un area sensibile come quella del golfo di Spezia e zone esterne ad esso sedi di aree protette dalla normativa nazionale e comunitaria.


Le questioni che continuano ad essere rimosse dai tecnici della Autorità di Sistema Portuale sono tre:

1. l’esistenza di aree e siti protetti sotto il profilo naturalistico nell’area vasta intorno al golfo spezzino che non è quindi fatto solo di porto

2. la questione del rischio torbidità da fanghi in sospensione a prescindere dal fatto che questi siano inquinati.

3. gli aspetti inquietanti sul ruolo degli Enti competenti, che sono emersi dalla vicenda del dragaggio precedente finito con la nota sentenza della Cassazione primo esempio di applicazione del reato di inquinamento ambientale.

 

 

VALUTARE L’AREA VASTA IN CUI AVVERRANNO I DRAGAGGI E LA POTENZIALE “DISTRIBUZIONE” DEI FANGHI ESCAVATI

Per sversare in mare i fanghi non è solo la normativa sul dragaggio che va rispettata nella procedura di autorizzazione. I tecnici della AdSP ragionano come se il porto e le sue conseguenze esistessero in una bolla artificiale e non in un complesso ecosistema marino.

Il punto 3.2.1 dell’allegato al Decreto 173/2016 (regolamento che disciplina i dragaggi nei porti come quello di Spezia) recita: “Le operazioni di immersione in mare dei materiali di escavo devono avvenire attuando un monitoraggio ambientale che ponga particolare attenzione alle vie di eventuale dispersione verso le zone costiere o di particolare valenza ambientale”.

Quindi intanto il termine “distribuzione” dei fanghi di dragaggio se lo sono inventati in Autorità di Sistema Portuale perché la legge parla di immersione, insomma della serie i fanghi non sono “distribuiti” ma immessi in mare termine più vicino a sversati che a distribuiti o no? Il fatto che siano sversati con una tubazione al largo del golfo, come propone l’Autorità di sistema portuale non esclude quindi la dispersione dei fanghi anche in zone a valenza ambientale.

Comunque al di là delle questioni terminologiche (che comunque in una normativa tecnica sono importanti) la norma sopra riportata chiarisce che l’autorizzazione alla attività di dragaggio e poi di immersione deve essere autorizzata valutando l’area vasta che sta intorno sia alle zone di dragaggio che a quelle dove verrà realizzata la immersione dei fanghi di dragaggio.

Nel caso del golfo di Spezia sussiste la presenza sia di aree protette che di siti Habitat a cominciare il Parco naturale regionale di Portovenere ed essere inserita come Zona Speciale di Conservazione IT1345104 “ISOLA PALMARIA nell’ambito della rete Natura 2000.  E’ indiscutibile che questo aspetto debba essere considerato nella istruttoria della autorizzazione. Il fatto che sia il punto di escavo che quello di possibile immersione possa non rientrare nella perimetrazione di detti siti protetti non è sufficiente considerato che secondo la Corte di Giustizia  (sentenza 7 novembre 2018  causa C461-17 (QUI) la normativa sui siti habitat: “sottopone al meccanismo di tutela ambientale ivi previsto qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito”. Non solo ma le stesse Linee guida UE sulla valutazione di incidenza affermano che: “Relativamente al campo di applicazione geografico, le disposizioni dell’articolo 6 paragrafo 3 della Direttiva 92/42/CEE non sono limitate a piano e progetti concernenti esclusivamente un sito protetto e prendono anche in considerazione sviluppi al di fuori del sito ma che possono avere incidenze significative su esso.”.

Da quanto sopra esposto risulta che nel caso in oggetto e tenuto conto di una lettura integrata del comma 8 articolo 4 (Decreto 173/2016) con la giurisprudenza europea sopra riportata, nella istruttoria per il rilascio della autorizzazione all’escavo e immersione occorra coinvolgere il gestore dell’ente Parco nonché del sito habitat contermine alla zona di cantiere. 

Detto comma 8 articolo 4 recita: "8. L'autorizzazione all'immersione deliberata in mare, in zone ricadenti in aree protette nazionali di cui alle leggi 31 dicembre 1982, n. 979 e 6 dicembre 1991, n. 394, è rilasciata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previo nulla osta dell'ente parco o dell'ente gestore dell'area marina protetta, nel rispetto delle specifiche misure di salvaguardia, per i soli materiali di escavo che, in base alle risultanze della caratterizzazione, risultino compatibili con la classe di gestione A di cui all'allegato del presente decreto.”.

Non solo ma la sentenza della Corte di Giustizia cita l’articolo 6 della Direttiva Habitat 92/43/CEE che al comma 3 richiede una valutazione di incidenza per gli interventi che possano in qualche modo danneggiare il sito protetto, interventi come abbiamo visto anche (in termini areali) esterni al perimetro del sito Habitat.

Peraltro la stessa Cassazione con sentenza Sez. III n. 45844 del 12 novembre 2019 (testo sentenza QUI, per un commento QUI) ha avuto modo di precisare che dragare in area portuale non è un semplice spostamento di sedimenti ma richiede invece una istruttoria complessa come indicato dagli articolo 3 e seguenti del Decreto n°173/2016 .

 

 

IL RISCHIO TORBIDITÀ DEI FANGHI DI DRAGAGGIO IN SOSPENSIONE

Nel dragaggio precedente, finito con una sentenza della Cassazione che confermava il danno al golfo per la dispersione dei fanghi di dragaggio, la tecnica usata provocò un danno enorme al golfo e alle attività di miticoltura e itticoltura ivi esistenti anche per le violazioni delle prescrizioni e i mancati controlli ma pure per non adeguatezza del progetto approvato. Vogliamo rischiare di nuovo tutto questo?

L’allegato al Decreto 173/2016 non fa una scelta precisa sulla tecnica di dragaggio ma afferma un principio importante la cui violazione nei dragaggi precedenti ha prodotto il danno al golfo riconosciuto anche dalla Cassazione ma perfino dalla sentenza del Tribunale che ha mandato assolti i responsabili del cantiere di dragaggio precedente (QUI).

Il punto 3.2. dell’allegato al Decreto 173/2016 afferma: “l'attività di escavo, trasporto e immersione, qualsiasi modalità venga scelta (dragaggio meccanico o idraulico) e seguendo il principio di gradualità a seconda della classe di qualità e del potenziale trasferimento della contaminazione alla colonna d'acqua e al biota, devono essere programmate in dettaglio e monitorate, ponendo particolare attenzione alle vie/aree di eventuale dispersione del materiale verso zone di valenza ambientale.“

La parola d’ordine nel caso di attività di dragaggio e sversamento in mare è GRADUALITÀ.

L’AdSP e i suoi tecnici hanno un riferimento a cui attingere ed è il dimenticato ma sempre efficace (anche in termini giuridico amministrativi) Progetto Preliminare di Bonifica del golfo spezzino all’interno del sito di bonifica di Pitelli (sito declassificato a regionale ma sempre perimetrato come sito da bonificare soprattutto l’area a mare e non solo).

Il Progetto Preliminare di bonifica della parte a mare del sito di Pitelli, progetto predisposto dall’ICRAM (vedi QUI)  costituisce tutt’ora atto prescrittivo preliminare vincolante per qualsiasi intervento di dragaggio bonifica nel golfo spezzino. Da pagina 127 in poi il Progetto analizzava varie tecniche di dragaggio. Quindi anche alla luce della evoluzione tecnologica di questi anni (il suddetto Progetto Preliminare è del 2005) era ed è necessario che in modo trasparente e sulla base della caratterizzazione del sito da dragare si mettano a confronto le migliori tecniche e si renda pubblica questa istruttoria. Soprattutto il progetto preliminare indicava come prioritaria la scelta di tecniche che eliminassero quasi del tutto la possibile dispersione nella colonna d’acqua del punto di dragaggio solidi in sospensione evitando altresì fenomeni di torbidità. Questo dimostra che oltre agli inquinanti anche la semplice torbidità o concentrazioni di fanghi possono danneggiare l’ecosistema marino e le attività ittiche e di mitilicoltura esistenti!

Afferma in modo chiarissimo il Progetto Preliminare a pagina 127: “Nel caso particolare dell’area marina perimetrata come sito di bonifica di interesse nazionale di Pitelli, in considerazione dell’elevata contaminazione riscontrata nei sedimenti e della presenza di obiettivi sensibili ai potenziali effetti delle attività di dragaggio (impianti di mitilicoltura all’interno della diga foranea ed in località Porto Venere, praterie di Posidonia oceanica in località Porto Venere, etc.), nella breve descrizione riportata nel seguito delle tipologie di draghe ambientali utilizzabili, sarà data priorità all’analisi della produzione di torbidità e dell’aumento dei solidi in sospensione.

 

LA RIMOSSA SENTENZA DELLA CASSAZIONE SUI DANNI DA DRAGAGGIO PRODOTTI AL GOLFO SPEZZINO E ALLA ATTIVITÀ ITTICHE PRESENTI

La sentenza (sentenza n.46170 del 3 novembre 2016) riguardava la dispersione anomala dei fanghi di dragaggio dal cantiere per violazione delle prescrizioni ma soprattutto perché chi doveva controllare non lo fece con la adeguata attenzione e soprattutto dopo le prime dispersione non blocco il cantiere.

Quindi la fattispecie è certamente diversa da quella di uno sversamento controllato da parte della Autorità di Sistema Portuale proposto oggi ma quella sentenza contiene affermazioni pesantissime sulla efficacia dei controlli e della gestione del dragaggio da parte di tutte le autorità competenti, rinvio in questo senso a questo mio post QUI 

In particolare la sentenza della Cassazione afferma testualmente che il livello di torbidità delle acque dopo il dragaggio è stato: “accertato nonostante l'ARPAL avvisasse preventivamente dei controlli gli interessati, i quali, opportunamente evitavano il dragaggio in previsione dei controlli…. (il Tribunale indica le dichiarazioni di una persona informata sui fatti)”. Una affermazione gravissima che non ha comportato neppure una inchiesta interna alla Agenzia da parte della Regione Liguria!

Qualcuno dirà a questo punto furono tutti assolti alla fine del processo. Si furono assolti sotto il profilo della responsabilità penale individuale ma le motivazioni della sentenza di assoluzione hanno confermato la violazione delle prescrizioni e il danno al golfo per il modo in cui i dragaggi furono gestiti come ho spiegato QUI

Diciamo la verità dietro la intenzione della Autorità di Sistema Portuale di sversare grandi quantità di fanghi (con tubazione o meno) al largo del golfo di Spezia mi pare ci sia una concezione che venne stigmatizzata anche dalla sentenza della Cassazione: "Emerge, inoltre, dal ricorso, che le modalità di esecuzione dei lavori erano conseguenza di una precisa scelta imprenditoriale, il cui fine era quello di concludere celermente l'intervento, abbattendo i costi ed ottenendo, così, un maggiore profitto e che detta attività, all'atto del sequestro, si era protratta per oltre dieci mesi.".

 

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