martedì 8 giugno 2021

Dragaggi nel porto di Spezia: analisi critica della sentenza del Tribunale della Spezia

La sentenza del Giudice Indagini Preliminari (GUP) del Tribunale spezzino (QUI) dello scorso 21 maggio ha deciso il non luogo a procedere per gli ultimi imputati (erano già stati esclusi i rappresentanti della Autorità Portuale) rimasti a processo per lo spargimento di fanghi nel golfo di Spezia a causa (secondo l’accusa) di una non corretta gestione del cantiere di dragaggio negli anni dal 2013 al 2016. 
La sentenza lascia perplessi sia per le motivazioni ma, ad avviso di chi scrive, anche per le palesi contraddizioni con la sentenza della Cassazione Penale Sez. 3 n° 46170 del 2016 (QUI) che aveva motivatamente deciso l’annullamento della ordinanza del Tribunale di Spezia sul dissequestro dei cantieri di dragaggio.

Vediamo perché…

 

La sentenza del GUP spezzino intanto fa una affermazione discutibile che getta un forte dubbio su come sia stato valorizzato il lavoro di inchiesta della Procura e della PG.

Afferma la sentenza del GUP:

Quindi per il GUP del Tribunale di Spezia le conclusioni della PG incaricata dalla procura valgono quanto se non meno quelle di “sommarie informazioni testimoniali”? 


Ma il vero motivo della decisione di non procedere neppure verso gli ultimi due imputati (operatori responsabili della gestione del cantiere del dragaggio) è in questo passaggio della sentenza: 

Affermazione quanto meno curiosa con quanto affermato dalla Cassazione nella già citata sentenza del 2016: "Emerge, inoltre, dal ricorso, che le modalità di esecuzione dei lavori erano conseguenza di una precisa scelta imprenditoriale, il cui fine era quello di concludere celermente l'intervento, abbattendo i costi ed ottenendo, così, un maggiore profitto e che detta attività, all'atto del sequestro, si era protratta per oltre dieci mesi.".

Ma al di la di questo confronto che in termini strettamente legali può non essere esaustivo visto che la sentenza del GUP è frutto di una indagine dalla quale potrebbero essere emersi ulteriori elementi non conosciuti al momento della sentenza della Cassazione del 2106, c'è un elemento più strettamente giurisprudenziali che non torna. 

Infatti la stessa sentenza del GUP afferma che comunque gli sversamenti ci sono stati per responsabilità di chi gestiva il cantiere (aggiungo io anche di chi doveva controllarlo) ma siccome sono stati solo 3 questo non è sufficiente per realizzare la fattispecie di reato di inquinamento ambientale (articolo 452-bis DLgs 152/2006). 

In realtà sul punto la giurisprudenza della Cassazione nonchè autorevole dottrina ha una impostazione diversa.

Secondo Cassazione Penale Sent. Sez. 3 n°9736 Anno 2020: "... l'evento è unico, allorquando sia il risultato della sommatoria di una pluralità di condotte, all'esito delle quali il deterioramento o la compromissione di un medesimo contesto ambientale raggiunge il grado di compromissione richiesto per l'integrazione del fatto.".  Insomma anche seguendo il ragionamento della sentenza del GUP del tribunale spezzino la condotta è stata reiterata più volte (almeno 3) e l’inquinamento ambientale c’è stato. Peraltro il caso della sentenza del 2020 riguardava la contestazione di aver cagionato una compromissione e un deterioramento significativi e misurabili dell'ecosistema marino per asportazione illegale di corallo rosso. Evento grave ma non paragonabile in termini danno ambientale alla fuoriuscita di fanghi per più giorni contaminando una buona parte del golfo di Spezia e danneggiando attività imprenditoriali importanti a cominciare dagli allevamenti di mitili. 

Per quanto riguarda il requisito della significatività della contaminazione, una autorevole dottrina suggerisce di verificarne la sussistenza attraverso una valutazione di natura bifasica, che tenga conto tanto dell’aspetto temporale (rispetto al quale sarebbe necessario operare una distinzione tra condotta ed evento, ben potendo immaginarsi una contaminazione di breve durata che dia luogo a conseguenze negative e irreversibili), quanto della gravità dell’offesa concretamente cagionata alle matrici ambientali i cui effetti dovrebbero essere distinti a seconda dello specifico oggetto materiale su cui incida la contaminazione. (C. RUGA RIVA, Il delitto di inquinamento ambientale al vaglio della Cassazione: soluzioni e spunti di riflessione,in www.penalecontemporaneo.it, 2016). 

Riguardo alla condotta abusiva come definita dal reato di cui all'articolo 452-bis citato la decisione del GUP del Tribunale spezzino risulta ancora di più contestabile alla luce della definizione ampia che la Cassazione del 2016 (confermata da sentenze successive) ha dato di tale condotta. 

La Cassazione nella sentenza del 2016 (nei suoi principi fondanti bellamente rimossa dalla sentenza del del GUP) riconosce un concetto ampio di condotta «abusiva», comprensivo non soltanto di quella posta in essere in violazione di leggi statali o regionali, ancorché non strettamente pertinenti al settore ambientale, ma anche di prescrizioni amministrative.
Come afferma autorevole dottrina ciò permette di comprendere tra le disposizioni rispetto alle quali valutare la liceità della condotta, anche precetti solo programmatici quali ad esempio i principi generali in materia ambientale (p. es. di precauzione, di prevenzione, dello sviluppo sostenibile) di cui agli artt. 3-bis, 3-ter e 3-quater del D.Lgs. n. 152/200632 . La rilevanza della questione risulta evidente anche circoscrivendo l’analisi al solo principio di precauzione. Difatti, è opinione degli interpreti che laddove quest’ultimo fosse ritenuto idoneo a fondare obblighi di condotta in capo agli operatori, i medesimi potrebbero essere ritenuti responsabili (e la loro condotta potrebbe essere qualificata come “abusiva”) anche nel caso in cui, per ipotesi, le prescrizioni contenute nel titolo abilitativo risultassero pienamente rispettate e, tuttavia, si dimostrasse che l’adozione di cautele maggiori, eventualmente suggerite dalla migliore pratica, avrebbe consentito di elevare ulteriormente il livello di tutela delle matrici ambientali e di evitarne la lesione. Estendendo il novero delle regole cautelari di riferimento nel senso predetto, in ipotesi del genere potrebbe ritenersi sussistente una residuale responsabilità colposa (per negligenza o, tutt’al più, per imperizia), che renderebbe la condotta sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 452-quinquies c.p. (A. Franco in Lexambiente 3/2019)



LE DOMANDE NON ANALIZZATE DALLA SENTENZA DEL GUP DEL TRIBUNALE SPEZZINO

La Prima: quando violavano le prescrizioni di dragaggio producendo fuoriuscite anomale di fanghi i gestori del cantiere avranno avuto il dubbio che così facendo potevano produrre un danno irreversibile all'ambiente e al nostro Golfo? 

Direi che una indicazioni significativa la possiamo cogliere dagli atti ufficiali degli enti competenti relativi alla procedura di autorizzazione e successivo monitoraggio delle attività di dragaggio.

Il Verbale del tavolo tecnico per il giorno 11.05.2015 con Comune della Spezia Ass. all’Ambiente, Capitaneria di Porto, ARPAL, ASL 5 Spezzino e Soc. Intercantieri Vittadello con Coop. San Martino (titolare delle draghe), vedi QUI. In questo verbale tra l'altro sia afferma: "La dott.ssa Colonna precisa che vista la frequenza con cui i tecnici ARPAL hanno rilevato problemi nella gestione del campo panne se ne deduce che l’impresa lavora in condizioni di criticità.....La dott.ssa Colonna spiega che il campo fisso sarebbe più garantista ma non essendo utilizzabile in tale contesto chiede se si possa ampliare il campo panne per ridurre i fenomeni accidentali di rottura del campo stesso durante l’escavo......L’ing. Vettorazzi spiega che maggiore è il campo panne più facilmente si crea il fenomeno “vela” con maggiori possibilità che le panne si alzino e si strappino. L’ing. Simonelli spiega che anche il campo fisso durante l’escavo è soggetto parimenti a rottura, in particolar modo in prossimità delle panne......La dott.ssa Colonna spiega che i tecnici ARPAL non hanno verbalizzato tali circostanze per evitare aspetti sanzionatori all’impresa. L’ing. Simonelli propone al tavolo Consultivo di inserire nel verbale di ripresa lavori le raccomandazioni necessarie peraltro già previste nel progetto.....C.F. Di Cecco chiede se considerati i rischi emersi dall’utilizzo del campo di panne mobili, si possa continuare ad utilizzare ancora tale soluzione senza correre rischi ambientali. La dott.ssa Colonna spiega che il monitoraggio ARPAL è uno strumento utile a rilevare la qualità di salute del Golfo nel tempo, quindi registra efficacemente gli effetti cronici non quelli acuti e non permette quindi di evidenziare immediatamente le situazioni di emergenza. Per queste ultime la migliore indagine è quella visiva. In teoria, spiega, se realizzati e gestiti correttamente sia il campo fisso che quello mobile dovrebbero essere efficaci e garantisti da un punto di vista ambientale, ma a priori ARPAL non può esprimersi sull’efficacia dell’impresa nell’ arginare eventuali criticità che potrebbero nascere in corso d’opera operative......C.F. De Cecco chiede se la Commissione Scientifica abbia valutato in prospettiva i rischi potenziali del campo mobile per le future attività. La dott.ssa Colonna risponde che essendo tali rischi connessi all’operatività dell’azienda non sono stati oggetto della disamina della Commissione Scientifica." 


La Seconda: le autorità preposte di fronte a queste sistematiche violazioni perché non hanno fermato i dragaggi e non hanno avviato una revisione completa delle tecniche di dragaggio come peraltro indicava come prescrizione ulteriore il progetto di Bonifica approvato nel 2006 per l'intero golfo spezzino?

La problematica era chiara agli enti di controllo. la stessa Arpal che non ha esplicitamente accusato il dragaggio ha nella sua relazione del febbraio 2015 affermato nella parte finale in modo totalmente contraddittorio: “si ritiene opportuno rivedere le modalità di bonifica dragaggio in quanto quelle utilizzate non forniscono sufficienti garanzie ambientali stante la compresenza di siti sensibili nell’area portuale”.

La questione posta da Arpal se affrontata in tempo utile sarebbe stata di grande rilievo considerato che nella scelta della tecnica di dragaggio (quella a benna) non è stata condotta una adeguata istruttoria tecnica che mettesse a confronto le tecniche di dragaggio indicate da pagina 127 e seguenti del Progetto Preliminare di Bonifica dell’ICRAM (atto amministrativo base per qualsiasi intervento di dragaggio bonifica sul golfo spezzino). 

Invece Arpal si limita alla battuta sopra riportata senza farla seguire da conseguenze concrete neppure in termini di valutazione preventiva di altre tecniche di dragaggio.

Nel verbale di riunione del 24 febbraio 2015 presso la Capitaneria di Porto la rappresentante di Arpal ribadisce che è necessario migliorare: “le modalità operative del dragaggio”. Insomma dal febbraio 2015, nonostante l’attività di dragaggio fosse in atto da 5 mesi, si susseguono ben 5 riunioni di questa Commissione Tecnica senza che nulla si faccia per andare incontro a quanto affermato da Arpal e, purtroppo, Arpal stessa contraddittoriamente con quanto dichiarato più volte, avvalla questa impostazione.
La spiegazione di questo comportamento (sia di Arpal ma soprattutto della AP) sta nella lettera di Arpal del 12 maggio 2015 inviata alla AP dove si evince che, per ragioni meramente logistiche (vedi attività portuale), si è cambiato il campo panne da fisse a mobili modificando il progetto di bonifica approvato.
In particolare si riporta il passaggio emblematico dalla lettera Arpal:

                              
Che le “soluzioni alternative”, di cui scrive Arpal nella sua lettera, alle prescrizioni iniziali non abbiano funzionato è ormai storia altrimenti non saremmo arrivati al sequestro del cantiere e alla sentenza della Cassazione del 2016 che ha affermato: “: "presenza nei fanghi fuoriusciti dall'area di bonifica, di sostanze tossiche quali i metalli pesanti ed idrocarburi policiclici aromatici (questi ultimi qualificati anche come cancerogeni e mutageni), la cui presenza nelle acque, indipendentemente dagli effetti letali sulla fauna, può determinarne la contaminazione”.
Perché modificarono il progetto di bonifica e le prescrizioni sul campo fisso di panne per impedire il rilascio dei fanghi di dragaggio? Ma lo dice la ditta stessa nel verbale di riunione della Commissione Tecnica del 24 febbraio 2015: “il campo fisso risulta improponibile in quanto per essere rimosso richiederebbe un periodo di almeno 10 giorni”.
Insomma è un problema di tempistica altro che di tutela ambientale!

Tutto ciò è non solo avvallato ma voluto dalla stessa AP, il cui rappresentante nel verbale di riunione della Commissione Tecnica del 3 aprile 2015 dichiara esplicitamente: “in considerazione del atto che i dragaggi procedono da 7 anni a questa parte con le stesse modalità non ritiene esistano motivazioni per modificarle”. Ovviamente le motivazioni le aveva fornite Arpal nella relazione del febbraio 2015, ma tutti i presenti alla Commissione sembrano rimuovere questo dato di fatto!.

D’altronde la superficialità del modo di procedere di tutti gli interlocutori istituzionali di questa vicenda si evince dallo studio, commissionato dalla Autorità Portuale, sui rischi di dispersione dei fanghi dalla attività di dragaggio, che si limita a prendere come riferimento solo due scenari estremi:

1. rottura completa delle panne distribuite intorno all’area di mare dragata

2. condizioni di mare estremamente sfavorevoli.

Non ci sono, in questo studio, scenari relativi a situazione più puntuali legate alla violazione di singole prescrizioni delle attività di dragaggio, che poi sono quelle che si stanno puntualmente verificando.

Insomma da parte degli enti pubblici preposti, nell’ambito delle loro rispettive funzioni e competenze, emerge un atteggiamento “permissivo” verso le attività di dragaggio gestite chiaramente (come ammesso perfino dalla ordinanza del riesame dl Tribunale di Spezia)in palese violazione delle prescrizioni. Questo atteggiamento “permissivo” è confermato dalla stessa sentenza della Cassazione che nella pare finale afferma testualmente che il livello di torbidità delle acque dopo il dragaggio è stato: “accertato nonostante l'ARPAL avvisasse preventivamente dei controlli gli interessati, i quali, opportunamente evitavano il dragaggio in previsione dei controlli…. (il Tribunale indica le dichiarazioni di una persona informata sui fatti)”















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