martedì 12 febbraio 2019

Consiglio di Stato: i Sindaci e ASL possono impedire nuovi impianti rifiuti per impatto sanitario


Una nuova sentenza (983 del 2019) che conferma un indirizzo che sta prendendo quota nella giurisprudenza del Consiglio di Stato (vedi QUI e QUI): relativamente alla importanza del parametro salute pubblica nelle istruttorie che portano al rilascio della Autorizzazione Integrata Ambientale (di seguito AIA).

L’oggetto della sentenza riguarda il diniego di rilascio di un AIA  richiesta per la realizzazione di un impianto, sito in Comune di Moglia (Lombardia), per lo smaltimento e il recupero di rifiuti pericolosi e non pericolosi. 

LA PROCEDURA CHE HA PORTATO AL DINIEGO AL RILASCIO DELL’AIA NEL CASO TRATTATO DALLA SENTENZA
1. Nell’ambito del procedimento di rilascio dell’AIA il Comune e l’ASL hanno espresso distintamente parere negativo (il Sindaco ai sensi del comma 6 articolo 29-quater DLgs 152/2006 si tratta del famoso Parere Sanitario che molti Sindaci si ostinano a non riconoscere come parer di loro competenza vedi QUI  e  QUI).
2. In ragione della contrapposizione tra gli Enti coinvolti, con determinazione dirigenziale la Provincia ha attivato la procedura prevista dall’art. 14-quater, comma 3, della L. n. 241/1990 per la remissione della questione all’esame del Consiglio dei Ministri.  In particolare il comma 3 articolo articolo 14-quater in caso di dissenso all’interno della conferenza dei servizi  rinvia alla procedura di cui all’articolo 14-quinquies sempre della legge 41/1990. Secondo questo ultimo articolo se non si raggiunge una intesa sul dissenso la questione è rimessa al Consiglio dei Ministri ch deciderà se accogliere o meno il dissenso.
3. Nel caso specifico il Consiglio dei Ministri ha riconosciuto la fondatezza del dissenso di Comune e Asl ed ha concluso che, allo stato, non sussiste la possibilità di procedere alla realizzazione del progetto.
4. sulla base della deliberazione del Consiglio dei Ministri, la Provincia quale autorità titolare della funzione di rilascio dell’AIA ha disposto il definitiVo rigetto della istanza da parte della società che voleva realizzare l’impianto di rifiuti

Contro la decisione della Provincia la dita ha proposto ricorso al TAR che con sentenza n° 1225 dl 2017 ha respinto il ricorso (vedi QUI).



LA DECISIONE DEL CONSIGLIO DI STATO
La ditta ha fatto appello al Consiglio di Stato che non lo ha accolto confermando la sentenza del TAR con le seguenti motivazioni.


1. La necessità della valutazione di impatto sanitario
Secondo il Consiglio di Stato la sentenza del TAR impugnata ha dato conto delle evidenze probatorie emerse nella sede conferenziale in relazione alle condizioni di salute della popolazione residente (precisamente, gli indicatori dell’incidenza delle patologie neoplastiche, delle patologie croniche non neoplastiche e degli eventi avversi alla riproduzione che connotano il contesto epidemiologico nel Comune interessato) e delle risultanze delle indagini istruttorie eseguite dalla ASL di Mantova (relazione del 14 settembre 2015), traendone il ragionevole, quanto logico e conseguente convincimento, della necessità di approfondire in sede istruttoria l’aspetto concernente la valutazione di incidenza sanitaria, trattandosi di accertamento diverso e autonomo (e fondato su diversi presupposti) rispetto alla valutazione di impatto ambientale.
In altri termini il Consiglio di Stato conferma come gli aspetti di valutazione dell’impatto sulla salute pubblica devono avere un preciso posto nella istruttoria sia di VIA che di AIA. Non ne avevo dubbi come scrivo da tempo vedi QUI.


Quando la mancata valutazione di impatto sanitario diventa vizio di eccesso di potere
Aggiunge il Consiglio di Stato che  malgrado vada confermato che -in linea di principio- nell’ambito del procedimento per il rilascio dell’AIA (o di VIA) non è obbligatorio procedere alla valutazione di incidenza sanitaria, va tuttavia ribadito che è necessario procedervi quando le concrete evidenze istruttorie dimostrino la sussistenza di un serio pericolo per la salute pubblica. L’Amministrazione che in tali casi non la effettui incorre, pertanto, nel tipico vizio dell’eccesso di potere sotto il profilo del mancato approfondimento istruttorio, sintomatico della disfunzione amministrativa.


La Valutazione di Impatto Sanitario diventa necessaria quando la VIA svolta rimuove la problematica della salute pubblica
non può fondatamente sostenersi che gli impatti sulla salute pubblica fossero già stati considerati, illustrati e motivati nella precedente Valutazione di Impatto Ambientale del 2013, poiché una seria ed attendibile indagine epidemiologica non può prescindere dal compimento della VIS, avuto riguardo, per un verso, all’accertamento delle reali condizioni di salute in cui versa la popolazione di Moglia e, per un altro verso, all’analisi dell’impatto e delle ricadute sulle persone (quindi, non soltanto rispetto all’ambiente) di un nuovo impianto posto in prossimità di abitazioni e di attività imprenditoriali preesistenti.


Il principio di precauzione come deve essere applicato
Nel caso in esame il principio di precauzione è stato applicato attraverso la richiesta di un approfondimento istruttorio basato su una serie di elementi fattuali che potevano e possono comportare un rischio sanitario già in atto e ulteriormente aggravarlo nel caso di realizzazione del nuovo impianto di cui si è chiesta la autorizzazione. In particolare nel caso esaminato dalla sentenza del Consiglio di Stato:
1. nel raggio di 100 metri: insediamenti artigianali ed abitazioni dei custodi;
2. nel raggio di 150 metri: aree residenziali;
3. nel raggio di 500 metri: un panificio industriale e artigianale con attività di vendita al pubblico; una gelateria produzione e vendita; un locale di intrattenimento con somministrazione di alimenti e bevande al pubblico, un ristorante, due Bar, una sala giochi, un Supermercato, un negozio di parrucchiera, due negozi di ferramenta, un negozio di prodotti per animali TecnoFarm, oltre al campo sportivo, al palazzetto dello sport a uso scolastico, alla piscina e numerose abitazioni e villette sparse.


L’applicazione della normativa sulle industrie insalubri
La sentenza del Consiglio di Stato oltre a riferirsi ai poteri del Comune (Sindaco) in relazione al Parere Sanitario previsto dal comma 6 articolo 29-quater del DLgs 152/2006, considera applicabile anche quelli del Testo Unico Leggi Sanitarie del 1934 ed in particolare al violazione dell’articolo 216 e del regolamento locale di igiene (l’attività industriale da autorizzare è nuova rispetto alle preesistenze abitative e produttive della zona ed è riconducibile alla prima classe ex art. 216 del R.D. 27/7/1934 n. 1265, il quale – nel testo ancor oggi vigente – ne permette l’insediamento solo se “isolate nelle campagne e tenute lontane dalle abitazioni”), la localizzazione nel centro abitato in prossimità di luoghi sensibili (quali, la piscina comunale, il palazzetto dello sport utilizzato come palestra della scuola, il campo sportivo), le molestie odorose, i problemi viabilistici, l’inquinamento atmosferico e acustico.  
Ciò conferma come tale normativa sia applicabile a prescindere da quanto previsto in tema di impatto sanitario nelle procedure di AIA, vedi QUI.


Cosa deve contenere il parere sanitario negativo al rilascio dell’AIA
La sentenza del Consiglio di Stato  ha considerato fondati i motivi che hanno portato il Comune con il supporto di ASL a rilasciare Parere Sanitario negativo alla realizzazione dell’impianto rifiuti in sede di AIA. In particolare:
1. nella nota 5.12.2014, si dava conto del mancato rispetto delle previsioni di cui all’art. 216 del T.U.L.S, alla luce della vicinanza delle abitazioni e dell’area residenziale;
2. nella stessa nota e in quella del 12 aprile 2015, si sottolineava l’opportunità di acquisire una valutazione di impatto sanitario (VIS), in quanto la VIA (svolta dalla Regione) sarebbe priva della correlazione tra gli impatti ambientali e gli effetti sulla salute pubblica;
3. nella nota successiva del luglio 2015, l’autorità sanitaria dettagliava il contenuto della VIS, la quale avrebbe dovuto contemplare uno screening sulla situazione di partenza, la definizione della portata del progetto, la valutazione dei potenziali impatti sanitari (epidemiologia ambientale), un
monitoraggio e una valutazione sanitaria post opera e un monitoraggio sulle aree di ricaduta degli inquinanti;
4. in seguito, la medesima ASL segnalava sette tipologie di mancanze e lacune, ostative alla formazione di un parere ponderato;
5. nella nota del 14 settembre 2015, si poneva l’attenzione sulla presenza di microinquinanti nell’area e sull’importanza della loro identificazione. La nota proseguiva con un approfondimento sullo stato di salute della popolazione residente e formava una griglia di screening con i diversi indicatori (incidenza delle patologie neoplastiche, delle patologie croniche non neoplastiche e degli eventi avversi alla riproduzione, concludendo che l’incidenza dei tumori maligni e delle patologie respiratorie croniche è più elevata nella popolazione di Moglia rispetto a quella dell’intera Provincia.



CONCLUSIONI
Il caso esaminato in questa sentenza al di la delle specificità della situazione trattata dimostra come deve essere svolta una istruttoria seria da parte di ASL  con il supporto di un Comune e di un Sindaco che rispettano con rigore la propria funzione in materia di tutela della salute pubblica.
Questa sentenza è un salutare schiaffo in faccia a tutti quei Sindaci che sostengono di non avere poteri per esercitare le loro funzioni in materia di tutela della salute pubblica nei processi decisionali di impianti potenzialmente inquinanti. Insomma se il Sindaco esercita i suoi poteri coinvolge l’ASL si possono prevenire scelte devastanti per la salute dei cittadini, non è quindi questione di  titolarità di funzioni (che ci sono) o di competenze tecniche (che ci sono), è questione di volontà politica!





3 commenti:

  1. .... il caso preso ad oggetto è un caso particolare!!!! che bisognerebbe conoscere approfonditamente nell'iter completo!!... il problema del proponente è quello di essere una piccola (micro) azienda!! ... dal punto di vista tecnico era tutto a posto, infatti la ditta aveva superato positivamente la VIA e l'impianto era stato dichiarato, a detta della Provincia, tecnicamente assentibile!!!... pertanto questo caso non verrà più preso ad esempio per altri casi!! nessuno verrà più valutato secondo questi canoni..... tutto qui, la situazione è molto semplice!!! Giovanni

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    1. questo è il commento più senza senso giuridicamente che ho mai letto in vita mia. Anche gli ignoranti di diritto sanno che ogni sentenza è un caso a se ma certo i precedenti giurisprudenziali pesano nelle future interpretazioni dei giudici compatibilmente al caso specifico. Bastaleggere una qualsiasi sentenza per capire che spesso i giudici si rifanno a questi precedenti. Resta il fatto che al di la del suo giudizio, un po presuntuoso e soprattutto a me pare interessato, questa sentenza da una impostazione fortemente innovativa al ruolo che il parametro sanitario può avere nelle decisioni a rilevanza ambientale. Questo è innegabile anche per uno scettico come lei

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    2. cmq ritornano casualmente sul commento del tizio sopra, trovo insopportabile che uno faccia un commento così di parte senza dichiarare il proprio nome e cognome e soprattutto gli interessi che difende. Non cancello il commento per rispetto della democrazia ma questo modo di comportarsi ha la mia totale riprovazione!

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