lunedì 11 febbraio 2019

No alla VAS se la variante migliora il carico ambientale: sentenza controversa del Consiglio di Stato


Il Consiglio di Stato è intervenuto con sentenza n° 735 del 2019 (vedi QUI) in relazione alla richiesta di applicazione della VAS ad una variante al piano strutturale (quello che una volta era il PRG per capirci) di un Comune.  
La variante manteneva, rispetto al vigente piano strutturale del Comune,  la previsione di centro turistico-agricolo e veniva confermata la possibilità del recupero dei fabbricati esistenti, ma non veniva più assegnata volumetria aggiuntiva per lo svolgimento delle attività ricettive, culturali e di tempo libero, mentre per quelle concernenti la destinazione residenziale veniva stabilita la misura della S.P.L. in circa 4.500 mq.
I ricorrenti tra le varie motivazioni su cui fondavano la richiesta di annullamento della variante (richieste già respinte in primo grado dal TAR) avanzavano anche quella della mancata applicazione della VAS alla variante.

Come ho già avuto modo di intervenire su questo blog, in termini generale, la VAS è applicabile alle varianti di dimensioni significative sotto il profilo dell’impatto ambientale  a prescindere dalla dimensioni areali interessate dalla variante (vedi QUI, QUI, QUI).

Nel caso della sentenza qui descritta però la variante modificando le destinazioni funzionali previste dal vigente piano strutturale comunale, riduceva il potenziale impatto ambientale.
Il Consiglio di Stato con la sentenza in esame afferma che: “ infondato è il quinto  mezzo col quale gli appellanti sostengono che il comune avrebbe dovuto attivare la procedura di VAS in modo da integrare la variante con considerazioni di carattere ambientale… La variante in questione riduce il “carico ambientale” dell’area, contribuendo anzi alla riduzione del consumo di suolo pubblico e al recupero del patrimonio immobiliare esistente, mentre i ricorrenti sono portatori dell’interesse (contrario) alla maggiore espansione della nuova edilizia, la quale –indubbiamente- è semmai fonte di un aggravio del carico sull’ambiente.”

Quanto affermato dal Consiglio di Stato se sul piano meramente sostanziale può apparire logico non appare invece coerente, del tutto, con quanto recita il comma 3 articolo 6 del DLgs 152/2006 secondo il quale: “3. Per i piani e i programmi che determinano l’uso di piccole aree a livello locale e per le modifiche minori dei piani e programmi, la valutazione ambientale è necessaria qualora l’autorità competente valuti che producano impatti significativi sull’ambiente, secondo le disposizioni di cui all’articolo 12  tenuto conto del diverso livello di sensibilità ambientale dell’area oggetto di intervento
L’articolo 12 del DLgs 152/2006 a cui qui si fa riferimento è quello che disciplina la procedura di verifica di assoggettabilità a VAS. In altri termini per capire se davvero la variante produce un miglioramento ambientale della destinazione funzionale dell’area interessata occorre dimostrarlo almeno con la verifica di assoggettabilità e non con una dichiarazione apriori tanto meno di un giudice amministrativo ma appunto con una istruttoria tecnica tipica della procedura di verifica.
La Corte di Giustizia della UE  del 22/9/2011 (vedi QUI),  ha infatti affermato che non si può escludere la VAS a priori, ma solo dopo una adeguata istruttoria di verifica, per piani che determinano l’uso di piccole aree a livello locale riguardano un unico oggetto di attività economica (nel caso oggetto della sentenza ci si riferiva a due piani dettagliati che regolamentano, ciascuno, la costruzione di un complesso immobiliare destinato all’allevamento intensivo)

Nella stessa direzione si veda Corte Costituzionale che con sentenza  n. 197 del  2014(vedi  QUI) relativamente alla applicabilità della VAS (sia ordinaria che verifica di assoggettabilità)  ai piani minori su piccole aree e alle varianti ai piani urbanistici generali (comunali, provinciali, regionali e di aree protette), ha statuito come:  “la necessità del ricorso  alla  procedura di VAS o di assoggettabilità dipenda, non già da un dato  meramente quantitativo  riferito  alle  dimensioni di interventi la cui inoffensività sull'ambiente sia aprioristicamente  ed  astrattamente affermata  in  ragione  della  loro  modesta  entità, bensì dalla accertata significatività  dell'impatto   sull'ambiente e sul patrimonio  culturale  che  detti  interventi  (seppure  non estesi) concretamente  hanno  capacità  di  produrre   (come   espressamente previsto dal comma 1 dell'art. 6 del DLgs. n. 152 del 2006)”.

In questa direzione risulta interessante la sentenza del TAR Sicilia del 1/9/2011 (QUI): "La valutazione ambientale strategica, quale strumento di tutela dell’ambiente, va effettuata in tutti i casi in cui i piani abbiano “impatti significativi sull'ambiente e sul  patrimonio culturale”.  L'“’impatto significativo” non è quello caratterizzato da connotazioni negative in termini di alterazioni delle valenze ambientali, ma è quello ricavabile dalla definizione di impatto ambientale contenuto alla lettera c) dell’art. 5 D.Lv.152\06 quale “ alterazione qualitativa e/o quantitativa, diretta ed indiretta, a breve e a lungo termine, permanente e temporanea, singola e cumulativa, positiva e negativa dell'ambiente, inteso come sistema di relazioni fra i fattori antropici, naturalistici, (…)”, per cui la valutazione ambientale strategica va eseguita in tutti i casi di interazione (anche positiva) tra l’attività pianificatoria e le componenti ambientali".

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