Il
Consiglio di Stato è intervenuto con sentenza n° 735 del 2019 (vedi QUI) in
relazione alla richiesta di applicazione della VAS ad una variante al piano
strutturale (quello che una volta era il PRG per capirci) di un Comune.
La variante
manteneva, rispetto al vigente piano strutturale del Comune, la previsione di centro turistico-agricolo e
veniva confermata la possibilità del recupero dei fabbricati esistenti, ma non
veniva più assegnata volumetria aggiuntiva per lo svolgimento delle attività
ricettive, culturali e di tempo libero, mentre per quelle concernenti la
destinazione residenziale veniva stabilita la misura della S.P.L. in circa
4.500 mq.
I
ricorrenti tra le varie motivazioni su cui fondavano la richiesta di
annullamento della variante (richieste già respinte in primo grado dal TAR)
avanzavano anche quella della mancata applicazione della VAS alla variante.
Come
ho già avuto modo di intervenire su questo blog, in termini generale, la VAS è
applicabile alle varianti di dimensioni significative sotto il profilo dell’impatto
ambientale a prescindere dalla
dimensioni areali interessate dalla variante (vedi QUI,
QUI,
QUI).
Nel caso
della sentenza qui descritta però la variante modificando le destinazioni
funzionali previste dal vigente piano strutturale comunale, riduceva il
potenziale impatto ambientale.
Il
Consiglio di Stato con la sentenza in esame afferma che: “ infondato è il quinto mezzo col
quale gli appellanti sostengono che il comune avrebbe dovuto attivare la
procedura di VAS in modo da integrare la variante con considerazioni di
carattere ambientale… La variante in questione riduce il “carico ambientale”
dell’area, contribuendo anzi alla riduzione del consumo di suolo pubblico e al
recupero del patrimonio immobiliare esistente, mentre i ricorrenti sono
portatori dell’interesse (contrario) alla maggiore espansione della nuova
edilizia, la quale –indubbiamente- è semmai fonte di un aggravio del carico
sull’ambiente.”
Quanto
affermato dal Consiglio di Stato se sul piano meramente sostanziale può apparire logico
non appare invece coerente, del tutto, con quanto recita il comma 3 articolo 6
del DLgs 152/2006 secondo il quale: “3. Per
i piani e i programmi che determinano l’uso di piccole aree a livello locale e
per le modifiche minori dei piani e programmi, la valutazione ambientale è
necessaria qualora l’autorità competente valuti che producano impatti
significativi sull’ambiente, secondo le disposizioni di cui all’articolo
12 tenuto conto del diverso livello di
sensibilità ambientale dell’area oggetto di intervento”
L’articolo
12 del DLgs 152/2006 a cui qui si fa riferimento è quello che disciplina la procedura di verifica
di assoggettabilità a VAS. In altri termini per capire se davvero la variante
produce un miglioramento ambientale della destinazione funzionale dell’area
interessata occorre dimostrarlo almeno con la verifica di assoggettabilità e
non con una dichiarazione apriori tanto meno di un giudice amministrativo ma appunto con una istruttoria tecnica tipica della procedura di verifica.
La Corte
di Giustizia della UE del 22/9/2011 (vedi QUI), ha infatti affermato che non si può escludere la VAS a
priori, ma solo dopo una adeguata istruttoria di verifica, per piani che
determinano l’uso di piccole aree a livello locale riguardano un unico oggetto
di attività economica (nel caso oggetto della sentenza ci si riferiva a due
piani dettagliati che regolamentano, ciascuno, la costruzione di un
complesso immobiliare destinato all’allevamento intensivo)
Nella
stessa direzione si veda Corte Costituzionale che con sentenza
n. 197 del 2014(vedi QUI) relativamente alla applicabilità
della VAS (sia ordinaria che verifica di assoggettabilità) ai
piani minori su piccole aree e alle varianti ai piani
urbanistici generali (comunali, provinciali, regionali e di aree protette), ha
statuito come: “la necessità del
ricorso alla procedura di VAS o di assoggettabilità dipenda, non
già da un dato meramente quantitativo riferito alle
dimensioni di interventi la cui inoffensività sull'ambiente sia
aprioristicamente ed astrattamente affermata in ragione
della loro modesta entità, bensì dalla accertata
significatività dell'impatto sull'ambiente e sul
patrimonio culturale che detti interventi
(seppure non estesi) concretamente hanno capacità
di produrre (come espressamente previsto dal
comma 1 dell'art. 6 del DLgs. n. 152 del 2006)”.
In
questa direzione risulta interessante la sentenza del TAR Sicilia del 1/9/2011 (QUI):
"La valutazione ambientale
strategica, quale strumento di tutela dell’ambiente, va effettuata in tutti i
casi in cui i piani abbiano “impatti significativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale”. L'“’impatto
significativo” non è quello caratterizzato da connotazioni negative in termini
di alterazioni delle valenze ambientali, ma è quello ricavabile dalla
definizione di impatto ambientale contenuto alla lettera c) dell’art. 5
D.Lv.152\06 quale “ alterazione qualitativa e/o quantitativa, diretta ed
indiretta, a breve e a lungo termine, permanente e temporanea, singola e
cumulativa, positiva e negativa dell'ambiente, inteso come sistema di relazioni
fra i fattori antropici, naturalistici, (…)”, per cui la valutazione
ambientale strategica va eseguita in tutti i casi di interazione (anche
positiva) tra l’attività pianificatoria e le componenti ambientali".
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