La Signora Paita alla festa della sua
vittoria alle primarie PD per la Presidenza della Regione Liguria dichiara: “Abbiamo due
grandi urgenze. Il waterfront…e il progetto Marinella”.
Restiamo al waterfront
per ora, anche se su Marinella ho avuto già modo di esprimere recentemente la
mia opinione, vedi QUI, quanto meno sul metodo.
Siamo di fronte anche sul waterfront
alle solite dichiarazionie “bulliste”
del partito del “Fare”. Francamente sono stufo di questo modo
provinciale di avviare il confronto sulle scelte strategiche del nostro
territorio.
Sfido la signora Paita e/o qualsiasi “bellimbusto”
del PD a un dibattito pubblico dove sarò in grado di dimostrare che sempre il
fronte ambientalista a Spezia ha prodotto proposte fin dal lontano “Occhi verdi sulla città” dove, erano i
primi anni 90, proponemmo uno
sviluppo diverso dell’area della ex raffineria
IP, diverso soprattutto dal centro commerciale che ha prodotto e sta producendo
danni irreversibili al commercio cittadino.
DALLA DICOTOMIA “FARE Vs NON FARE” AL “VALUTARE
PER FARE”
In realtà sul “Fare” o “Non Fare” ormai si discute solo in
Italia da parte di un ceto politico ignorante del livello di confronto sulla
valutazione delle politiche pubbliche nel resto d’Europa.
In realtà come dimostrano tutte le analisi economiche svolte sui risultati
degli investimenti pubblici nel sistema infrastrutturale italiano:
a) vengono finanziati
progetti di cui non si conoscono gli effetti economici;
b) vengono prodotti
documenti di programmazione privi di utilità sotto il profilo dell’analisi dei
fabbisogni infrastrutturali
c) non vengono
abitualmente fornite valutazioni economiche condotte secondo gli standard
internazionali oppure vengono presentate valutazioni metodologicamente errate,
distorte e non fornite da centri indipendenti.
In sintesi spesso e volentieri le scelte dei progetti sono
dirette da lobby e in modo, quindi, del tutto casuale e senza alcuna valutazione
di costi e benefici.
D’altronde per rimanere solo al Piano Regolatore del Porto di Spezia la
domanda che sorge spontanea è come mai nell’Università genovese si insegna da
anni la metodologia della Valutazione di
Impatto Portuale che invece nelle scelte concrete di questo settore è
condannata ai cento anni di solitudine della note stirpe letteraria?
Il Waterfront
è dentro pienamente questa discussione. Prima si presenta il progetto con
tanto di concorso internazionale di idee, lo si magnifica per anni per poi
accorgersi della sua non fattibilità economica poco più di 1 anno fa (studio
Bocconi). Si dice la crisi ha reso difficile la realizzazione del progetto. Non
diciamo sciocchezze la crisi è li dal 2008.
La discussione va spostata dalla falsa
dicotomia “fare” versus “non fare” a
quella su quali siano i criteri corretti
per valutare, mettendo a confronto scenari alternativi, le scelte migliori sotto il profilo economico.
Ma stesso ragionamento vale per l’ambiente.
Non a caso la Unione Europea nel 2001 ha approvato una Direttiva sulla
Valutazione Ambientale Strategica di Piani e Programmi a rilevanza ambientale e
territoriale. Questa Direttiva nelle sue
premesse afferma: “La valutazione ambientale…… garantisce
che gli effetti della attuazione dei
piani e dei programmi in questione siano presi in considerazione durante la
loro elaborazione e prima della loro adozione”. Si valuta mentre si elabora, appunto!
Ecco quindi Signora Paita che serve a
poco dichiarare “vogliamo il waterfront” come fanno i bimbi quando si mettono davanti ad una vetrina e vedono
qualcosa che a loro piace. Bisogna
prima spiegare a cosa serve quel progetto, come dovrà collocarsi nell’area
interessata, quali saranno gli impatti positivi
ma anche negativi di questa scelta, quali sono le criticità da affrontare
preventivamente. Insomma non basta il progettino dell’architetto di grido per
poi andare a cercare i soldi a destra e
manca, magari spezzettando gli interventi (come sta avvenendo peraltro proprio a Spezia)
fuori da ogni corretto disegno pianificatorio.
Questa è peggio della vecchia
urbanistica contrattata, questa è la
rinuncia totale da parte delle istituzioni rappresentative dei cittadini di
decidere dentro un processo democratico le scelte strategiche di un territorio.
COME AFFRONTARE CORRETTAMENTE LA DISCUSSIONE SUL
PROGETTO DI WATERFRONT: UN PERCORSO DI LETTURA E DI PROPOSTE
Ecco quindi che applicare il
superamento della cultura del fare sul progetto waterfront significa intanto
affrontarne le criticità metodologiche e di merito.
Mi riferisco e qui riporto solo
sinteticamente:
1. La metodologia di
valutazione/elaborazione del progetto
2. Il rispetto delle procedure di legge
e della pianificazione sovraordinata (a cominciare dallo stesso Piano Regolatore
del Porto per finire alle norme europee sulla Valutazione Ambientale Strategica)
3. L’impatto economico sull’area vasta che
il progetto di waterfront potrà comportare
4. L’impatto ambientale del progetto: sia
per le acque del golfo ma soprattutto per le emissioni delle navi da crociera e
non solo.
Su ognuno di questi aspetti ho
ampiamente spiegato nel merito cosa intendo.
Sul rispetto delle procedure di legge e di pianificazione sovraordinata del waterfront, vedi QUI.
Sul rispetto delle procedure di legge e
pianificazione sovraordinata per la stazione crocieristica vedi QUI.
Sulla valutazione dell’impatto
economico delle stazioni crocieristiche vedi la seconda parte di questo
post (QUI)..... Ricordando, ai “soloni” della cultura
del “Fare” che secondo
la organizzazione mondiale del turismo (OMT e UNWTO): “turista è chiunque viaggi in paesi diversi da quello in cui ha la sua
residenza abituale, al di fuori del proprio ambiente quotidiano, per un periodo di almeno una notte…”
Sulle questioni di impatto ambientale
da valutare attentamente vedi QUI (per le emissioni delle navi). Tema non
banale visto che solo la “Costa Diadema” farà scalo 55 volte nel nostro porto
nel 2015, e stiamo parlando di una delle tante navi che arriverà, visto che il
progetto prevede tre navi a regime due nella Calata Paita e una al molo
Garibaldi. E non risulta che fino ad ora
le Autorità competenti (Autorità Portuale e Capitaneria) abbiano mai con chiarezza fatto rispettare la normativa
sulle emissioni da navi nei porti (vedi QUI) considerando che, tra l’altro, per
quelle da crociera i limiti sono ancor più permissivi, questo nonostante quanto
affermato recentemente anche dalla stessa Corte di Giustizia della UE (vedi QUI).
Ma occorre anche valutare le criticità
sui rischi interni all’area portuale già fortemente intasata da naviglio
commerciale e militare, il tutto reso ancor più inquietante dalla carenza di
informazioni sul rispetto della normativa di settore da parte delle Autorità
competenti, vedi QUI. Mi riferisco in particolare alla
verifica puntuale del rispetto della seguente normativa alla luce del
prospettato incremento del traffico marittimo nel nostro golfo:
1. sicurezza navigazione
2. monitoraggio navigazione
3. trasporto merci e sostanze pericolose
4. ispezione naviglio marittimo
5. controlli certificati assicurativi
6. prevenzione incendi
7. rischio di incidenti industriali (presenza centrale
enel, rigassificatore)
8. gestione rischio naviglio nucleare militare
CONCLUSIONI….PER ORA!
D’altronde come ho dimostrato QUI e soprattutto QUI, la Signora Paita non ha le idee molto
chiare in materia di porti e pianificazione degli ambienti costieri.
D’altronde bisogna capirla, la Signora
non ha tempo per studiare, lei ha da…… “Fare”!
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