mercoledì 14 gennaio 2015

Paita: “ci vuole il waterfront”. Ci spieghi quale, perchè e come, se è in grado!

La Signora Paita alla festa della sua vittoria alle primarie PD per la Presidenza della Regione Liguria dichiara: “Abbiamo due grandi urgenze. Il waterfront…e il progetto Marinella”.

Restiamo al waterfront per ora, anche se su Marinella ho avuto già modo di esprimere recentemente la mia opinione, vedi  QUIquanto meno sul metodo.

Siamo di fronte anche sul waterfront alle solite dichiarazionie “bulliste” del partito del “Fare”.  Francamente sono stufo di questo modo provinciale di avviare il confronto sulle scelte strategiche del nostro territorio.  

Sfido la signora Paita e/o qualsiasi “bellimbusto” del PD a un dibattito pubblico dove sarò in grado di dimostrare che sempre il fronte ambientalista a Spezia ha prodotto proposte fin dal lontano “Occhi verdi sulla città” dove, erano i primi anni 90,  proponemmo uno sviluppo  diverso dell’area della ex raffineria IP, diverso soprattutto dal centro commerciale che ha prodotto e sta producendo danni irreversibili al commercio cittadino.  



DALLA DICOTOMIA “FARE Vs NON FARE” AL “VALUTARE PER FARE”
In realtà sul “Fare”  o “Non Fare” ormai si discute solo in Italia da parte di un ceto politico ignorante del livello di confronto sulla valutazione delle politiche pubbliche nel resto d’Europa.
In realtà come dimostrano tutte le analisi economiche svolte sui risultati degli investimenti pubblici nel sistema infrastrutturale italiano:
a) vengono finanziati progetti di cui non si conoscono gli effetti economici;
b) vengono prodotti documenti di programmazione privi di utilità sotto il profilo dell’analisi dei fabbisogni infrastrutturali
c) non vengono abitualmente fornite valutazioni economiche condotte secondo gli standard internazionali oppure vengono presentate valutazioni metodologicamente errate, distorte e non fornite da centri indipendenti.
In sintesi spesso e volentieri le scelte dei progetti sono dirette da lobby e in modo,  quindi, del tutto casuale e senza alcuna valutazione di costi e benefici.

D’altronde per rimanere solo al Piano Regolatore del Porto di Spezia la domanda che sorge spontanea è come mai nell’Università genovese si insegna da anni la metodologia della Valutazione di Impatto Portuale che invece nelle scelte concrete di questo settore è condannata ai cento anni di solitudine della note stirpe letteraria?

Il Waterfront è dentro pienamente questa discussione. Prima si presenta il progetto con tanto di concorso internazionale di idee, lo si magnifica per anni per poi accorgersi della sua non fattibilità economica poco più di 1 anno fa (studio Bocconi). Si dice la crisi ha reso difficile la realizzazione del progetto. Non diciamo sciocchezze la crisi è li dal 2008.

La discussione va spostata dalla falsa dicotomia  “fare” versus “non fare” a quella su  quali siano i criteri corretti per valutare, mettendo a confronto scenari alternativi,  le scelte migliori sotto il profilo economico.
Ma stesso ragionamento vale per l’ambiente. Non a caso la Unione Europea nel 2001 ha approvato una Direttiva sulla Valutazione Ambientale Strategica di Piani e Programmi a rilevanza ambientale e territoriale.  Questa Direttiva nelle sue premesse afferma:  “La valutazione ambientale……  garantisce  che gli effetti della attuazione dei piani e dei programmi in questione siano presi in considerazione durante la loro elaborazione e prima della loro adozione”. Si valuta mentre si elabora, appunto!
Ecco quindi Signora Paita che serve a poco dichiarare “vogliamo il waterfront” come fanno i bimbi quando si  mettono davanti ad una vetrina e vedono qualcosa che a loro piace.   Bisogna prima spiegare a cosa serve quel progetto, come dovrà collocarsi nell’area interessata, quali saranno gli impatti positivi  ma anche negativi di questa scelta, quali sono le criticità da affrontare preventivamente. Insomma non basta il progettino dell’architetto di grido per poi andare a cercare i soldi a destra e  manca, magari spezzettando gli interventi (come sta avvenendo peraltro proprio a Spezia) fuori da ogni corretto disegno pianificatorio.
Questa è peggio della vecchia urbanistica contrattata, questa è la rinuncia totale da parte delle istituzioni rappresentative dei cittadini di decidere dentro un processo democratico le scelte strategiche di un territorio.



COME AFFRONTARE CORRETTAMENTE LA DISCUSSIONE SUL PROGETTO DI WATERFRONT: UN PERCORSO DI LETTURA E DI PROPOSTE
Ecco quindi che applicare il superamento della cultura del fare sul progetto waterfront significa intanto affrontarne le criticità metodologiche e di merito.

Mi riferisco e qui riporto solo sinteticamente:
1. La metodologia di valutazione/elaborazione del progetto
2. Il rispetto delle procedure di legge e della pianificazione sovraordinata (a cominciare dallo stesso Piano Regolatore del Porto per finire alle norme europee sulla Valutazione Ambientale Strategica)
3. L’impatto economico sull’area vasta che il progetto di waterfront potrà comportare
4. L’impatto ambientale del progetto: sia per le acque del golfo ma soprattutto per le emissioni delle navi da crociera e non solo.


Su ognuno di questi aspetti ho ampiamente spiegato nel merito cosa intendo. 

Sulla metodologia di valutazione ed elaborazione vedi QUI e QUI

Sul rispetto delle procedure di legge e di pianificazione sovraordinata del waterfront, vedi QUI

Sul rispetto delle procedure di legge e pianificazione sovraordinata per la stazione crocieristica vedi QUI

Sulla valutazione dell’impatto economico delle stazioni crocieristiche vedi la seconda parte di questo post  (QUI).....  Ricordando, ai “soloni” della cultura del “Fare” che secondo la organizzazione mondiale del turismo (OMT e UNWTO): “turista è chiunque viaggi in paesi diversi da quello in cui ha la sua residenza abituale, al di fuori del proprio ambiente quotidiano, per un periodo di almeno una notte…”

Sulle questioni di impatto ambientale da valutare attentamente vedi QUI (per le emissioni delle navi). Tema non banale visto che solo la “Costa Diadema” farà scalo 55 volte nel nostro porto nel 2015, e stiamo parlando di una delle tante navi che arriverà, visto che il progetto prevede tre navi a regime due nella Calata Paita e una al molo Garibaldi.  E non risulta che fino ad ora le Autorità competenti (Autorità Portuale e Capitaneria) abbiano mai con chiarezza fatto rispettare la normativa sulle emissioni da navi nei porti (vedi QUIconsiderando che, tra l’altro, per quelle da crociera i limiti sono ancor più permissivi, questo nonostante quanto affermato recentemente anche dalla stessa Corte di Giustizia della UE (vedi QUI).

Ma occorre anche valutare le criticità sui rischi interni all’area portuale già fortemente intasata da naviglio commerciale e militare, il tutto reso ancor più inquietante dalla carenza di informazioni sul rispetto della normativa di settore da parte delle Autorità competenti, vedi QUI.  Mi riferisco in particolare alla verifica puntuale del rispetto della seguente normativa alla luce del prospettato incremento del traffico marittimo nel nostro golfo:
1. sicurezza navigazione
2. monitoraggio navigazione
3. trasporto merci e sostanze pericolose
4. ispezione naviglio marittimo
5. controlli certificati assicurativi
6. prevenzione incendi
7. rischio di incidenti industriali (presenza centrale enel, rigassificatore)
8. gestione rischio naviglio nucleare militare



CONCLUSIONI….PER ORA!
D’altronde come ho dimostrato QUI e  soprattutto QUI, la Signora Paita non ha le idee molto chiare in materia di porti e pianificazione degli ambienti costieri.
D’altronde bisogna capirla, la Signora non ha tempo per studiare, lei ha da…… “Fare”!










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