martedì 17 maggio 2022

Assessore all’ambiente a Spezia? Ecco cosa occorre fare secondo me

Non so chi avrà la delega all’ambiente nella prossima amministrazione comunale ma penso che dal mio punto di vista chiunque sia dovrebbe porre al centro della sua partecipazione alla giunta i seguenti punti ineludibili che nascono da anni di vertenze ambientali in questa città ma soprattutto dai problemi oggettivi che vivono i cittadini inquinati da anni di malgoverno sia del centro sinistra che dell’attuale centro destra ma sinceramente soprattutto del centro sinistra.

Quelle che seguono sono anche le condizioni che porrei se chiedessero a me di fare l’assessore all’ambiente, voce che gira in città. Ma al sottoscritto non sono mai interessate le “careghe” fine a se stesse ma essere messo in condizioni di risolvere i problemi dei cittadini inquinati.

 

Vediamoli questi punti: 


LA PRIMA QUESTIONE, a mio avviso preliminare a tutte le varie questioni di merito, è il ruolo delle politiche ambientali nella organizzazione della Amministrazione Comunale. Un assessorato all’ambiente viste le non rilevanti competenze del Comune in materia rischia di essere la solita cenerentola degli assessorati e su questo credo di sapere di cosa parlo vista la mia esperienza pregressa finita con le mie dimissioni dopo solo 9 mesi. In sostanza l’assessorato all’Ambiente va superato e creato un assessorato alla pianificazione ambientale che accorpi le competenze dell’urbanistica e dell’ambiente come minimo. A fianco di questo neo assessorato occorre creare un Dipartimento per la transizione ecologica che lavori su progetti trasversali ai vari settori sulla base di protocolli operativi secondo il metodo della conferenza dei servizi interna. Il Dipartimento deve avere certamente un suo dirigente ma allo stesso tempo dovrà essere diretto politicamente dall’assessore alla Pianificazione Ambientale.

 

LA SECONDA QUESTIONE riguarda sempre il modello di governo ma qui sotto il profilo dei controlli. Le competenze in questo caso devono coinvolgere chi ha titolarità delle funzioni di controllo in materia ambientale: Arpal e ASL in primo luogo. Qui va aperto un confronto con questi enti e con la Provincia (che è titolare di funzioni importanti in questo senso) al fine di far funzionare i Dipartimenti di Prevenzione in modo che la prevenzione diventi davvero il paradigma di ogni scelta strategica sul territorio.

 

LA TERZA QUESTIONE riguarda il tema delle bonifiche. Deve essere creato un ufficio bonifiche (da me istituito 20 anni fa e poi cancellato dagli amministratori successivi. Il territorio del Comune ha ancora ampi spazi di territorio da essere bonificati e l’attuale struttura del Comune è totalmente inadeguata per seguire detta problematica.

 

LA QUARTA QUESTIONE comincia ad entrare nel merito dei singoli problemi ambientali. La bonifica dell’area ex IP non è finita e il fatto che si sostenga che manchi solo il 20-30% di terreno da bonificare non è di per se una notizia positiva visto che quell’area ha caratteristiche idrogeologiche che in questi anni possono avere tracimato l’inquinamento residuo nelle aree che si suppone siano state bonificate. A questo occorre aggiungere che la bonifica residua è bloccata dal 2015 da un contenzioso con la ditta responsabile della bonifica e la società di assicurazioni, senza considerare che in quell’area la bonifica fin dall’inizio è stata gestita in modo confuso e poco trasparente.

Per questo occorrono tre cose:

1. Avviare una indagine indipendente sul reale stato della bonifica dell’area e sulla storia della bonifica  

2. Affrontare il blocco della restante bonifica dell’area determinato dal contenzioso tra il Comune la ditta che doveva svolgere il resto della bonifica in relazione alle garanzie fideiussorie, chiamando in causa il soggetto inquinatore e cioè ENI

3. Rivedere la attuale pianificazione dell’area alla luce dei punti 1 e 2. Pianificazione che ad oggi ha visto trasformare un’area strategica per la città in un contenitore per le più varie speculazioni imprenditoriali mosse solo da interessi di singoli soggetti economici e non dall’interesse generale della città

 

LA QUINTA QUESTIONE: riguarda il porto e il suo pesante inquinamento per buona parte della città. Qui occorrono iniziative ben precise:

1. prima di tutto affrontare la questione strategica del mancato rispetto delle prescrizioni di VIA del Piano Regolatore Portuale del 2006 a cominciare dalla fascia di rispetto ma soprattutto dalle inadeguate valutazioni ambientali nella attuazione del PRP nei vari ambiti a cominciare da quelli 5 e 6.

2. sui monitoraggi alle emissioni dal porto occorre attuare quanto previsto a pagina 54 nel Decreto VIA 11 aprile 2006, sul Piano Regolatore del Porto di Spezia: “Per l’acquisizione di dati rappresentativi dell’inquinamento prodotto sulla qualità dell’aria dal traffico diretto ed indotto  dall’attività propriamente portuale sulla fascia  di probabile propagazione degli impatti dovrà essere posto in atto un programma di monitoraggio  esteso a tutta la fascia urbana  di possibile coinvolgimento in accordo con l’ARPAL;detto monitoraggio -da effettuarsi in continuo con postazioni fisse integrate da postazioni mobili gestite dal Proponente a titolo compensativo, individuate  con  particolare attenzione ai siti dove si prevede incremento delle emissioni-dovrà verificare l’attuale situazione ambientale della componente atmosfera nonché l’evolversi delle possibili variazioni determinate dall’attuazione del PRP per l’adozione delle eventuali misure di mitigazione;”

3. relativamente al rumore da attività portuale, attraverso un apposito protocollo tecnico con Comune, Arpal, ASL e Regione e ovviamente Autorità di sistema Portuale, occorre applicare quanto previsto dalla nuova Direttiva UE 2020/367 (QUI - rettifica QUI) , entrata in vigore da poco vedi QUI. La nuova Direttiva ha modificato l’allegato III della direttiva 2002/49/CE relativa alla determinazione e alla gestione che permette di valutare gli effetti nocivi del rumore nell’ambiente esterno. Uno strumento utile, per imporre prescrizioni alle emissioni rumorose una volta dimostrato specificamente il danno alla salute anche solo potenziale delle stesse ma soprattutto utile per rivedere la zoonizzazione acustica predisposta dalla Amministrazione Comunale che mette, in modo inaccettabile per salute pubblica, la zona residenziale est della città in parte in classe V come fosse zona industriale e per il resto in classe IV come fosse solo area portuale e non solo residenziale come invece è.

 

LA SESTA QUESTIONE riguarda la stazione crocieristica per cui occorre:

1. superare l’indirizzo attuale che pensa di realizzarla in pieno centro città senza adeguate valutazioni non solo ambientali (magari con il giochino dell’adeguamento tecnico funzionale molto di moda a Spezia (QUI) ma anche socio-economiche. Invece, come peraltro prevedevano le prescrizioni della Regione Liguria quando venne approvato il PRP nel 2006, occorrerebbe applicare la valutazione ambientale strategica anche alle realizzazioni dell’ambito portuale interessato dalla stazione

2. sulle emissioni da navi da crociera che attraccano sempre più numerose a poche decine di metri in linea d’aria dal centro città i protocolli volontari non servono ad un tubo (come ho già dimostrato QUI). In attesa della elettrificazione, e sempre che sia davvero così decisiva, ci sono scelte da fare ora nel corso del 2022: ad esempio ridurre immediatamente il numero di navi da crociera che arrivano e soprattutto arriveranno nei prossimi mesi, il tutto per evitare un altro anno nero per la qualità della salute pubblica degli spezzini (come dimostrano questi dati QUI)    

 

 

LA SETTIMA QUESTIONE riguarda i previsti dragaggi del porto di Spezia. Qui occorre:

1. predisporre un protocollo operativo che imponga tecniche di dragaggio non invasive attraverso un confronto trasparente tra soluzioni impiantistiche diverse come prevedeva già il progetto di bonifica dell’Icram (ora Ispra).

2. impedire che i fanghi di dragaggio, a prescindere dal livello di inquinanti in essi contenuti, venga sversato al largo del golfo di Spezia perché anche l’opacità prodotta dai fanghi sui fondali marini può rovinare l’ecosistema golfo come ammesso dallo stesso documento Icram sopra citato

3. inserire nella valutazione del dragaggio anche la presenza nel nostro golfo di aree protette riconosciute dalla normativa nazionale ed europea nonché internazionale al fine di imporre una valutazione di incidenza come previsto dalla normativa sulla biodiversità

 

 

L'OTTAVA QUESTIONE riguarda il rischio di incidenti nel porto sicuramente in aumento visti i nuovi progetti di ampliamento della attività del rigassificatore, nonché  del pontile che accoglie le navi con i carburanti da inviare agli aereoporti militari del nord Italia. Occorre:

1. avviare con apposito protocollo che coinvolga le varie autorità competenti (Autorità di Sistema Portuale, Capitaneria, Vigili del Fuoco, Arpal e in generale Comitato Tecnico Regionale per la Seveso III) al fine di approvare un Piano di Emergenza Esterna di tutta l’area portuale basato su un Rapporto di Sicurezza.

2. applicare la Valutazione di Impatto Ambientale e la revisione della Autorizzazione integrata ambientale nonché del nulla osta della Seveso III alle previste nuove bettoline di gnl che dovrebbero arrivare dal porto di Barcellona al rigassificatore di Panigaglia

3. imporre al Prefetto la pubblicazione dei dati sulle infrastrutture critiche del nostro golfo (rigassificatore impianti militari centrale enel fino a che ci sarà) come previsto dalla vigente normativa al fine di verificare se esiste un coordinamento tra la pianificazione contro attentati terroristici e quella della normativa Seveso sugli incidenti rilevanti.

 

 

LA NONA QUESTIONE riguarda la presenza dell’Arsenale Militare e dell’impatto anche ambientale che produce sulla città ed in particolare su alcuni quartieri in particolare come Marola. Qui occorre uscire dai discorsi estemporanei e costruire un modello di governo delle problematiche ambientali fondato sulla concertazione paritaria tra Autorità Militari e Comune.

In particolare:

con Delibera n° 947 del 16/11/2018 (QUI) della Giunta Regionale della Liguria è stata prevista la istituzione dell’Osservatorio ambientale regionale sui poligoni militari.

Al fine di affrontare davvero in modo sistematico e trasparente le problematiche del rischio ambientale da aree militari ed in particolare dell’Arsenale Militare spezzino, avrebbe un grande valore attraverso apposito regolamento attuativo della Delibera di istituzione dell’Osservatorio prevedere:

1. di estendere all’interno Arsenale Militare e ad altri presidi militari presenti nella Regione Liguria le attività dell’Osservatorio

2. che l’Osservatorio elabori in accordo con le Autorità Militari e il Ministero della Difesa, dei protocolli che precisino le attività di monitoraggio continuo sull’inquinamento delle aree militari

3. di elaborare in accordo con le Autorità Militari un protocollo per definire una metodologia per applicare la Valutazione del Danno Ambientale e Sanitario da attività di aree militari.

4. di promuovere sempre in accordo con Autorità Civili e Militari progetti e fonti di finanziamento per affrontare le problematiche ambientali delle aree militari e dell’Arsenale spezzino sia sufficiente pensare alla questione amianto e alla questione bonifiche. Ricordo che nell’Agosto del 2015  il Consiglio Regionale approvò una mozione con la quale si impegnava il Presidente  e l’Assessore Regionale all’Ambiente  tra l’altro a: “promuovere la elaborazione ed approvazione di apposito accordo di programma per l’avvio della caratterizzazione delle aree militari interne al sito di Pitelli, verificando anche l’opportunità di utilizzare nel caso di mancata risposta da parte dei Ministeri competenti (Difesa ed Ambiente) nonché delle autorità militari competenti anche i poteri di ordinanza che la legge riconosce (anche alla Regione come pure ai Sindaci territorialmente competente nonché alla Provincia della Spezia) anche per l’inquinamento delle aree militari nel momento in cui questo possa produrre un danno all’ambiente e alla salute del territorio comunale circostante”.

5. costituire una struttura di supporto operativa ai lavori dell’Osservatorio in modo che lo stesso non diventi un Osservatorio passacarte con alcuna reale efficacia concreta nel contribuire a capire il livello di inquinamento prodotte dalle aree militari e cosa fare per risolverlo.

 

 

LA DECIMA QUESTIONE riguarda il progetto Basi Blù presentato dal Ministero della Difesa. Progetto che prevede interventi significativi nell’Arsenale Militare tutti in una logica di efficientamento dello stesso ma senza minimamente tenere conto del contesto urbanistico socio economico e residenziale in cui il progetto verrà realizzato.

Quello che invece occorre fare è imporre da subito (il Codice dell’Ordinamento Militare lo consente) la valutazione di Basi Blù come un progetto urbanistico da sottoporre a valutazione ambientale strategica per scenari alternativi, considerando quindi anche gli spazi da recuperare ad usi civile e di possibile accesso al mare come nel caso di Marola. Un vero e proprio masterplan dell’Arsenale futuro costruito insieme Autorità Militari Autorità Civili Forze sociali e imprenditoriali.

 

 

LA UNDICESIMA QUESTIONE riguarda l’area enel e il suo futuro ma anche il suo presente.

Relativamente al presente il rischio più immediato è la possibile riapertura della centrale a carbone con limiti di emissione in deroga a quelli più stringenti della normativa vigente per gli impianti nuovi.

Quindi occorre, in primo luogo, impegnare il governo a verificare quali centrali a carbone sono veramente necessarie alla stabilità del sistema elettrico nazionale.

In secondo luogo il Sindaco nuovo dovrà impegnarsi, nel caso si prevedesse una riapertura della centrale a carbone ad istruire un percorso tecnico scientifico per dimostrare che, considerato il livello di inquinamento in atto nell’area est della città - le particolari condizioni meteo climatiche - il pregresso dell’inquinamento e lo stato sanitario della popolazione interessata, la possibilità di predisporre misure anche amministrative per impedire la riapertura della centrale a carbone.

 

Sul futuro occorre riprendere il metodo del Progetto Futur-E di Enel relativo alla dismissione di siti con impianti energetici convenzionali (a carbone, olio e gas) non definisce una soluzione a priori ma definisce un metodo in tre fasi:

- ascolto del territorio,

- manifestazione di interesse,

- invio di proposte progettuali comprensive di offerte vincolanti per l’acquisizione del sito.

Sempre sul futuro va superata la rigidità della variante imposta dalla Amministrazione uscente che non potrà impedire nuove centrali in caso di autorizzazione ministeriale, tanto è vero che dopo la VIA positiva al progetto di turbogas il Comune è stato costretto a fare ricorso al Tar del Lazio per bloccare il processo autorizzativo, se bastava la variante il ricorso sarebbe stato inutile. Non solo ma la variante, così come è oggi costruita, crea un elemento di rigidità nella gestione dell’area in questione visto che vieta ogni attività insalubre, come è noto per attività insalubri si intendono perfino le lavanderie o l’attività di torrefazione del caffè. Tutto questo in una area con presenza di industrie limitrofe, di un porto, di un traffico automobilistico significativo.

Quindi la variante non serve a fermare eventuali nuove centrali e irrigidisce preventivamente i rapporti con Enel proprietaria dell’area per avviare un confronto   sul futuro di questa.

Quello che invece occorre fare oltre riaprire il confronto con Enel e Governo con il metodo Futur-E è produrre un bilancio ambientale e sanitario dell’area est della città per capire gli scenari sostenibili per il futuro dell’area Enel. Si tratta di avviare uno studio che svolga un bilancio ambientale e sanitario oltre che economico sociale su tutta l’area est della città per capire prima di tutto il livello di inquinamento complessivo ma anche la gerarchia delle fonti inquinanti. Lo studio è fondamentale per andare ad un confronto sul futuro dell’area Enel su una posizione di forza dentro le funzioni del Sindaco che sono quelle prima di tutto di tutela della salute pubblica.

Invece il Sindaco uscente si è limitato ad uno studio sul rischio emissioni del progetto di centrale a gas facilmente smontato dal Parere dell’Istituto Superiore di Sanità nel procedimento di VIA rimuovendo le ben più pericolose emissioni dell’attività portuale.

Per fortuna il progetto di centrale a gas si è arrestato solo perché con la nuova tassonomia verde della UE non avrebbe potuto garantire i limiti di emissioni di CO2 da essa previsti. È chiaro che però visto quello che sta succedendo a livello internazionale sulla energia tutto questo non può bastare per garantire la salute degli spezzini.

 

 

 

 

 

 

 

 

  

 

 

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