lunedì 23 maggio 2022

Riaprono le centrali a carbone con autorizzazioni fai da te!

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il nuovo Decreto legge n° 50 del 17 maggio 2022 (QUI) che all’articolo 12 modifica l’articolo 5-bis della legge 28/2022 (QUI)  che a sua volta aveva disciplinato le condizioni per riaprire le centrali a carbone esistenti in funzione o che possono rientrare in funzione con tempi ristretti come quella di Spezia. Il nuovo Decreto Legge precisa ulteriormente le modalità con cui verranno tenute aperte o verranno le riaperte le centrali a carbone e a olio per la emergenza energetica dettata dalla crisi Ucraina.

I punti di fondo di questo modello di riapertura delle centrali è:

1. limiti di emissione più di altri di quelli di legge ma anche delle autorizzazioni vigenti

2. gestione delle nuove autorizzazioni in mano ai gestori degli impianti trasformando i soggetti autorizzatori (autorità competente) a poco più che passa carte.

Ma vediamo la ricostruzione dell’articolo 5-bis della legge 28/2022 dopo le modifiche apportate dall’articolo 12 del Decreto Legge 50/2022.

Il Decreto Legge 50/2022 è stato convertito con la legge 91/2022 (QUI) senza modifiche significative. Di seguito una analisi della versione finale di detto articolo 12 legge 91/2022...

 

POSSIBILE RIAPERTURA O CONTINUAZIONE DEL FUNZIONAMENTO DI CENTRALI A CARBONE E AD OLIO (ARTICOLO 5-BIS) 

L’articolo 5-bis della legge 28/2022 introduce nel nostro ordinamento la possibilità di riaprire le centrali a carbone nel periodo di emergenza energetica dettata dalla guerra in ucraina. Si tratta di una norma che reintroduce quanto già previsto dall’articolo 2 del Decreto Legge n° 16 del 22 febbraio 2022 e qui riproposto con la nuova legge (quest’ultimo è stato infatti abrogato dalla legge 28/2022 -QUI).

In particolare la parte più significativa sotto il profilo ambientale oltre che energetico è quella che prevede la riapertura delle centrali a carbone e a olio o la continuazione di quelle ancora in esercizio, ovviamente con limiti in deroga alle norme sull’inquinamento.

Nella cartina (fonte assocarboni) pubblicata qua sotto i siti con centrali a carbone attive o che possono entrare in esercizio se richiesto dal decreto emergenza

 


 

POSSIBILE RIAPERTURA O CONTINUAZIONE DEL FUNZIONAMENTO DI CENTRALI A CARBONE E AD OLIO (ARTICOLO 5-BIS COMMA 2) 

Recita il comma 2 articolo 5-bis della legge 28/2022: In caso di adozione delle misure finalizzate a ridurre il consumo di gas naturale nel settore termoelettrico la società Terna S.p.A. predispone un programma di massimizzazione dell'impiego degli impianti di generazione di energia elettrica con potenza termica nominale superiore a 300 MW che utilizzino carbone o olio combustibile in condizioni di regolare esercizio, per il periodo stimato di durata dell'emergenza, fermo restando il contributo degli impianti alimentati a energie rinnovabili. Terna S.p.A. trasmette con periodicità settimanale al Ministero della transizione ecologica e all'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente un programma di utilizzo degli impianti di cui al primo periodo ed effettua il dispacciamento degli impianti medesimi, nel rispetto dei vincoli di sicurezza della rete, in modo da massimizzarne l'utilizzo, nonché assimilandoli alle   unità essenziali per la sicurezza del sistema elettrico. L'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente definisce i corrispettivi a reintegrazione degli eventuali maggiori costi sostenuti dai predetti impianti.”

L’articolo 5-bis al comma 2 prevede quanto peraltro già previsto dalla legge 290/2003 per cui Terna valuta il rischio sistemico e propone al Ministero della Transizione Ecologica la riapertura o comunque la chiamata in esercizio di impianti esistenti a carbone.

Detto comma 2 parla di impianti di generazione di energia elettrica con potenza termica nominale superiore a 300 MW che utilizzino carbone o olio combustibile in   condizioni di regolare esercizio, per il periodo stimato di durata dell'emergenza.

In più rispetto alla norma del 2003, l’articolo 5-bis sempre al comma 2 prevede l'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente definisce i corrispettivi   a reintegrazione degli eventuali maggiori costi sostenuti dai predetti impianti.

Una sorta di meccanismo di capacità dedicato alla fase di riattivazione degli impianti a carbone visto che il meccanismo di capacità ufficiale finanzia proprio gli impianti dedicati a garantire la capacità del sistema elettrico nazionale e ha ad oggi prevalentemente finanziato impianti a gas e non certo le rinnovabili.


 

LE CONDIZIONI DI AUTORIZZAZIONI LE COMUNICANO I GESTORI DEGLI IMPIANTI NON LA AUTORITÀ COMPETNETE AL RILASCIO DELLE STESSE
Il nuovo comma 3 dell’articolo 5-bis come riformato dall’articolo 12 del Decreto legge 50/2022 introduce una deroga molto pericolosa alla normale procedura di autorizzazione delle centrali a carbone. Afferma il nuovo comma 3: “Tenuto conto della situazione di eccezionalità che giustifica la massimizzazione dell'impiego degli impianti in questione, i gestori degli impianti medesimi comunicano all'autorità   competente al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA) le deroghe necessarie alle condizioni autorizzative, per un periodo di sei mesi dalla notifica al Ministero della Transizione Ecologica delle suddette condizioni presentate dal gestore dell’impianto. Alla scadenza del termine di sei mesi, qualora la situazione di   eccezionalità permanga, i gestori comunicano all'Autorità Competente le nuove deroghe necessarie alle condizioni autorizzative, indicando il periodo di durata delle stesse che, in ogni caso, non é superiore a sei mesi dalla data della nuova notifica al Ministero della Transizione Ecologica”.

Insomma sostanzialmente i gestori delle centrali a carbone svolgono da soli la istruttoria e l’autorità competente al rilascio dell’AIA si trasforma in un passa carte.

Infatti il nuovo comma 3 articolo 5-bis conclude così: “Con la medesima comunicazione di cui al primo e secondo periodo, i gestori indicano le motivazioni   tecniche che rendono necessaria l'attuazione delle deroghe e le condizioni autorizzative temporanee e forniscono i dati necessari per effettuare il confronto rispetto alle condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale e ai livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili nonché' i risultati del controllo delle emissioni ai fini degli accertamenti di cui all'articolo 29-decies, comma 3, del citato decreto legislativo n. 152 del 2006”. Il comma 3 articolo 29-decies fa riferimento al ruolo di Ispra e Arpa nel controllare il rispetto delle autorizzazioni integrate ambientale, una affermazione pleonastica visto che questo controllo è appunto un obbligo di legge. 

Unico limite allo “strapotere” dei gestori è quanto affermato dal nuovo comma 3-bis dell’articolo 5-bis che recita: “Le autorità competenti al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale trasmettono le comunicazioni al Ministero della transizione ecologica e predispongono idonee misure di controllo nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 29-decies del decreto legislativo n. 152 del 2006, adeguando, ove necessario, il piano di monitoraggio e controllo contenuto nell'autorizzazione integrata ambientale.”, ma qui occorre dire che l’articolo 29-decies è quello che prevede i controlli sul rispetto delle AIA, ma in questo caso le Autorità preposte controllano il rispetto delle condizioni di rilascio delle AIA sostanzialmente decise con apposita comunicazione dai gestori degli impianti!

 

 

QUALI LIMITI DI EMISSIONE PER GLI IMPIANTI A FONTI FOSSILI TENUTI APERTI PER L’EMERGENZA (ARTICOLO 5-BIS COMMA 3)

Secondo il periodo finale del comma 3 articolo 5-bis (come modificato dall’articolo 12 del nuovo Decreto Legge): “I valori limite in deroga non possono in ogni caso  eccedere, per ciascun impianto, i riferimenti derivanti dai piani di qualità dell'ambiente e dalla normativa unionale, nonché i valori meno stringenti dei BAT-AEL indicati nelle conclusioni sulle BAT (migliori tecnologie disponibili) di cui all'articolo 3, punto 12), della direttiva 2010/75/UE (QUI) del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010.”

Riferimenti da un lato generici si fa riferimento alla normativa europea (unionale come afferma il passaggio del comma 3 sopra riportato) senza specificare bene a quali parti compreso il riferimento ai “valori meno stringenti”, genericità che unita allo svolgimento della istruttoria per la autorizzazione alla riapertura, tutta in mano ai gestori, come descritto nel paragrafo precedente di questo post preoccupa non poco.

Dall’altro lato si chiamano in causa i piani di qualità dell’aria delle Regioni che teoricamente dovrebbe considerare non solo e non tanto le emissioni dei singoli impianti ma semmai lo stato complessivo della qualità dell’aria nei siti dove verranno riaperte le centrali. La cosa mal si concilia con il riferimento alle deroghe ai limiti di emissioni, come vedremo subito, perché potrebbe anche non consentire dette deroghe.

Comunque per tornare ai limiti di emissione degli impianti la normativa europea su questi impianti (la Direttiva sui grandi impianti di combustione 2010/75/UE) prevede limiti diversificati anche in relazione alla vetustà degli impianti. In particolare ed è solo un esempio per impianti come quelli di cui stiamo parlando (centrali a carbone) se esistenti prima del 2002, e che non sono in funzione per più di 1500 ore operative annue si applicano:

1. i limiti di SO2 di 800 mg/Nm3 di aria, mentre il valore ordinario è di 200

2. i limiti di Nox di 450 mg/Nm3 di aria mentre il valore ordinario è di 200.

3. I limiti per le polveri sono 50 mg/Nm3 mentre il valore ordinario è di 20.

Ma detto comma 3 parla anche di evitare limiti restrittivi nazionali che in realtà non esistono perché quello che questo comma rimuove è la norma italiana, tutt’ora in vigore, che disciplina le emissioni di impianti a fonti fossili carbone compreso, funzionanti per programmi di emergenza. Si tratta della legge 290/2003.

Questa norma prevede che se una centrale esistente è richiamata in servizio per ragioni di sicurezza di funzionamento del sistema elettrico nazionale deve rispettare i valori limite di emissione previsti dalla normativa dell'Unione europea e per gli impianti di potenza termica nominale inferiore a 500 MW dell'allegato 3, lettera B, del Decreto del Ministro dell'ambiente in data 12 luglio 1990. In quel Decreto, tutt'ora citato dalla legge 290/2003, si prevedevano limiti molti alti: biossido di zolfo 1700 mg/m 3. - ossidi di azoto 650 mg/m3 - polveri 50 mg/m3. Questo Decreto del 1990 è stato abrogato dall'articolo 280 del DLgs 152/2006 ed è stato sostituito dagli allegati alla Parte V del DLgs 152/2006 che riprendono i limiti sopra riportati della Direttiva 2010/75/UE.

Comunque restano anche nella versione della Direttiva e del DLgs 152/2006 limiti molto alti, il tutto aggravato dalla affermazione che comunque non verranno applicati limiti più restrittivi anche "prescritti in via amministrativa".  

Ora questo può comportare che per impianti con autorizzazioni vigenti siano stati previsti limiti più bassi di quelli sopra riportati dalla Direttiva 2010/75/UE e dal DLgs 152/2006 (allegati Parte V). Per fare un esempio l'AIA 2019 alla centrale a carbone spezzina prevedeva dall'agosto 2021 i seguenti limiti:

SO2: 140 mg/Nm3 giornaliero e 130 annuale

NOX  150 mg/Nm3 giornaliero e 140 annuale

polveri 9 mg/Nm3 giornalieri 7 annuale

Insomma il comma 3 articolo 5-bis sui limiti di emissione applicabili potrà permettere così come è formulato ora limiti di emissione elevati e quindi pericolosi per la salute pubblica al di la dei generici riferimenti ai piani di qualità dell’aria e ai limiti delle BAT.

 



UTILIZZO NEL PROGRAMMA DI EMERGENZA ANCHE DI IMPIANTI DI PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA ALIMENTATI DA BIOLIQUIDI SOSTENIBILI (ARTICOLO 5-BIS COMMA 4)

Il programma di emergenza suddetto può comprendere l'utilizzo degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da bioliquidi sostenibili, prevedendo, esclusivamente durante il periodo emergenziale, anche l'alimentazione tramite combustibile convenzionale, in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (quindi senza autorizzazione unica prevista da detto articolo).

La deroga di cui al primo periodo é concessa nell'ambito di atti di indirizzo del Ministero della Transizione Ecologica (che quindi sostituiscono la procedura di cui al citato articolo 12 DLgs 387/2003) esclusivamente qualora risulti che l'alimentazione a biocombustibili non sia economicamente sostenibile rispetto  all'alimentazione a combustibile tradizionale e non consenta l'esercizio degli  impianti, considerando la disponibilità e i prezzi dei biocombustibili e l'attuale livello degli incentivi.

Fermo  restando che l'erogazione dei predetti incentivi é sospesa per il periodo emergenziale di alimentazione a combustibile tradizionale, l'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente definisce i corrispettivi a reintegrazione degli eventuali maggiori costi rispetto ai proventi derivanti dalla vendita di energia sul mercato elettrico, strettamente necessari per sostenere l'esercizio dei predetti impianti nel periodo emergenziale ed effettivamente sostenuti a partire dalla data di entrata in vigore dei provvedimenti del MITE.

 

 

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