Il Consiglio di Stato
con una recentissima e chiara sentenza (n° 5766 del 2 ottobre 2020 - QUI)
precisa come debba essere interpretato il parametro dell’impatto cumulativo
nelle procedure di VIA . Ricordo che per la VIA interna al PAUR la norma di
riferimento sull’impatto cumulativo è questa: “Allegati alla Parte Seconda: Allegato VII
- Contenuti dello Studio di Impatto Ambientale di cui all'articolo 22 … 5. Una
descrizione dei probabili impatti ambientali rilevanti del progetto proposto,
dovuti, tra l'altro:… e) al cumulo con gli effetti derivanti da altri progetti
esistenti e/o approvati, tenendo conto di eventuali criticità ambientali
esistenti, relative all'uso delle risorse naturali e/o ad aree di particolare
sensibilità ambientale suscettibili di risentire degli effetti derivanti dal
progetto.”
IL CASO DA
CUI MUOVE LA SENTENZA
Riguarda una discarica di
rifiuti, speciali non pericolosi, divisa in più lotti autorizzati (anche con la
VIA) in fasi successive in un area di proprietà di un Comune ma con gestione,
dell’impianto, da parte di società privata.
La
discarica in oggetto è di fatto suddivisa a tutt’oggi in 4 grandi settori o
comparti.
La
parte di discarica attualmente in fase di gestione post operativa ricomprende
gli stralci I, II, III.
La
parte di discarica attualmente in fase di gestione operativa corrisponde invece
al IV stralcio.
I MOTIVI DI CONTESTAZIONE
DELLE AUTORIZZAZIONI ALLE MODIFICHE PER IL IV STRALCIO
I Comuni limitrofi al
territorio di competenza del Comune proprietario impugnano atti della serie
procedimentale avente ad oggetto la valutazione di impatto ambientale ed il
rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale per il progetto di
ampliamento della discarica ,4° stralcio, e per quello di innalzamento
temporaneo delle quote di abbancamento. In particolare secondo i ricorrenti nel
procedimento amministrativo (procedimento unico regionale c.d. PAUR) non sarebbe stato valutato l’effetto
cumulativo dei profili ambientali, posto che in entrambe le due VIA impugnate non
sarebbero stati considerati tutti gli ampliamenti succedutesi nel corso del
tempo, e dunque – in ultima analisi - tutti gli impatti che l’intero impianto
produce, e non soltanto quello derivante dal singolo progetto (primo motivo di
appello).
LA DECISIONE
DEL CONSIGLIO DI STATO
Il Consiglio di Stato
accoglie l’appello dei ricorrenti con le seguenti motivazioni.
Intanto la sentenza riconosce, come chiesto dagli appellanti, la legittimità del Piano Regionale Rifiuti che ha introdotto la necessità del meccanismo della somma degli interventi successivi al progetto originario al fine di calcolare il limite di ampliamento possibile.
Sul punto il Consiglio di
Stato respinge la tesi delle parti resistenti secondo cui il Piano è del 2015 e
non può applicarsi alle procedure amministrative iniziate dopo (l’ultima autorizzazione
e VIA è del 2017) con una motivazione che afferma principi di tipo generale a
prescindere quindi dal caso in esame.
Afferma il Consiglio di
Stato: “… l’introduzione
nell’anno 2015 del meccanismo della somma degli
interventi successivi al progetto originario al fine di calcolare il limite di
ampliamento possibile, riveste un significato decisivo sul piano esegetico,
perché spiega i fini generali perseguiti dalla politica regionale nella
gestione e nel trattamento del ciclo dei rifiuti, ovverossia la politica della
sostenibilità dello smaltimento rispetto ad un dato territorio e ad una certa
popolazione, attraverso un bilanciamento che tenga conto in concreto dei fattori
di stress già esistenti. In altre parole, contrariamente a quanto sostenuto
dalle parti resistenti, è proprio l’esistenza (rectius, la preesistenza) dei
fattori di stress, tra cui va ricompreso il progetto in questione,
fin dai suoi albori, a costituire la ragione pratica, ancora prima che
giuridica, della necessità di tracciare per il futuro confini e parametri certi
per l’ulteriore sfruttamento del territorio e per l’individuazione degli
ampliamenti oggi realizzabili.
In una prospettiva di tutela e di vivibilità dell’ambiente antropizzato,
non avrebbe anzi senso sostenere il contrario, ossia che il vincolo della
cumulabilità degli interventi parziali sarebbe applicabile soltanto a partire
dalle autorizzazioni vigenti alla data di approvazione del Piano e non
retroattivamente.
Il principio di retroattività non è correttamente evocato, perché esso
riguarda il sistema delle fonti del diritto.
Il principio della
verifica degli impatti cumulativi riguarda, invece, le preesistenze ed il giudizio di sostenibilità e di accoglibilità
di nuovi impatti negativi o stressanti. Pertanto, se è vero che il PRGR non
può che necessariamente applicarsi, ratione temporis, alle nuove istanze o
domande presentate dopo la sua entrata in vigore, ciò non significa che debba o
possa essere pretermessa la legittima aspettativa di vedere esaminata la
compatibilità del ‘realizzando’ rispetto al già ‘realizzato’. “
CONCLUSIONI
In sostanza e al di la del
caso in esame il Consiglio di Statto afferma che la situazione esistente
(impianto da modificare o altri impianti inquinanti) da valutare in termini di
impatti cumulativi riguarda anche tutto ciò che sussiste da prima della
pianificazione o di nuove norme che abbiano definito parametri precisi sul
concetto di modifica sostanziale. Questo
perché tenere conto dell’impatto cumulativo come afferma il Consiglio di Stato
vuol dire fare un: “bilanciamento che tenga conto in concreto dei fattori di stress già
esistenti”.
Salve Avv.dott.Marco Grondacci desideravo leggere la sentenza di cui tratta questo Suo articolo ma purtroppo Non mi so apre il rimando alla stessa per tanto la si potrebbe avere magari, se può e vuole!, la potrebbe inviare all'indirizzo e-Mail della nostra Ass.ne "LUCERA Non Tace":
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luceranontace@gmail.com
Nel ringraziarla anticipatamente porgo i più cordiali saluti.
Con stima e gratitudine.
- Firmato per il presidente Francesco D'Angelo
https://portali.giustizia-amministrativa.it/portale/pages/istituzionale/visualizza/?nodeRef=&schema=cds&nrg=201804524&nomeFile=202005766_11.html&subDir=Provvedimenti
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