lunedì 5 ottobre 2020

Consiglio di Stato: Impatto Cumulativo riguarda anche gli impianti esistenti non solo le ultime modifiche

Il Consiglio di Stato con una recentissima e chiara sentenza (n° 5766 del 2 ottobre 2020 - QUI) precisa come debba essere interpretato il parametro dell’impatto cumulativo nelle procedure di VIA . Ricordo che per la VIA interna al PAUR la norma di riferimento sull’impatto cumulativo è questa:  “Allegati alla Parte Seconda: Allegato VII - Contenuti dello Studio di Impatto Ambientale di cui all'articolo 22 … 5. Una descrizione dei probabili impatti ambientali rilevanti del progetto proposto, dovuti, tra l'altro:… e) al cumulo con gli effetti derivanti da altri progetti esistenti e/o approvati, tenendo conto di eventuali criticità ambientali esistenti, relative all'uso delle risorse naturali e/o ad aree di particolare sensibilità ambientale suscettibili di risentire degli effetti derivanti dal progetto.”

 

IL CASO DA CUI MUOVE LA SENTENZA

Riguarda una discarica di rifiuti, speciali non pericolosi, divisa in più lotti autorizzati (anche con la VIA) in fasi successive in un area di proprietà di un Comune ma con gestione, dell’impianto, da parte di società privata.

La discarica in oggetto è di fatto suddivisa a tutt’oggi in 4 grandi settori o comparti.

La parte di discarica attualmente in fase di gestione post operativa ricomprende gli stralci I, II, III.

La parte di discarica attualmente in fase di gestione operativa corrisponde invece al IV stralcio.


 

I MOTIVI DI CONTESTAZIONE DELLE AUTORIZZAZIONI ALLE MODIFICHE PER IL IV STRALCIO

I Comuni limitrofi al territorio di competenza del Comune proprietario impugnano atti della serie procedimentale avente ad oggetto la valutazione di impatto ambientale ed il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale per il progetto di ampliamento della discarica ,4° stralcio, e per quello di innalzamento temporaneo delle quote di abbancamento. In particolare secondo i ricorrenti nel procedimento amministrativo (procedimento unico regionale c.d. PAUR)  non sarebbe stato valutato l’effetto cumulativo dei profili ambientali, posto che in entrambe le due VIA impugnate non sarebbero stati considerati tutti gli ampliamenti succedutesi nel corso del tempo, e dunque – in ultima analisi - tutti gli impatti che l’intero impianto produce, e non soltanto quello derivante dal singolo progetto (primo motivo di appello).


 

LA DECISIONE DEL CONSIGLIO DI STATO

Il Consiglio di Stato accoglie l’appello dei ricorrenti con le seguenti motivazioni. 

Intanto la sentenza riconosce, come chiesto dagli appellanti, la legittimità del Piano Regionale Rifiuti che ha introdotto la necessità del meccanismo della somma degli interventi successivi al progetto originario al fine di calcolare il limite di ampliamento possibile. 

Sul punto il Consiglio di Stato respinge la tesi delle parti resistenti secondo cui il Piano è del 2015 e non può applicarsi alle procedure amministrative iniziate dopo (l’ultima autorizzazione e VIA è del 2017) con una motivazione che afferma principi di tipo generale a prescindere quindi dal caso in esame.

Afferma il Consiglio di Stato: “… l’introduzione nell’anno 2015 del meccanismo della somma degli interventi successivi al progetto originario al fine di calcolare il limite di ampliamento possibile, riveste un significato decisivo sul piano esegetico, perché spiega i fini generali perseguiti dalla politica regionale nella gestione e nel trattamento del ciclo dei rifiuti, ovverossia la politica della sostenibilità dello smaltimento rispetto ad un dato territorio e ad una certa popolazione, attraverso un bilanciamento che tenga conto in concreto dei fattori di stress già esistenti. In altre parole, contrariamente a quanto sostenuto dalle parti resistenti, è proprio l’esistenza (rectius, la preesistenza) dei fattori di stress, tra cui va ricompreso il progetto in questione, fin dai suoi albori, a costituire la ragione pratica, ancora prima che giuridica, della necessità di tracciare per il futuro confini e parametri certi per l’ulteriore sfruttamento del territorio e per l’individuazione degli ampliamenti oggi realizzabili.

In una prospettiva di tutela e di vivibilità dell’ambiente antropizzato, non avrebbe anzi senso sostenere il contrario, ossia che il vincolo della cumulabilità degli interventi parziali sarebbe applicabile soltanto a partire dalle autorizzazioni vigenti alla data di approvazione del Piano e non retroattivamente.

Il principio di retroattività non è correttamente evocato, perché esso riguarda il sistema delle fonti del diritto.

Il principio della verifica degli impatti cumulativi riguarda, invece, le preesistenze ed il giudizio di sostenibilità e di accoglibilità di nuovi impatti negativi o stressanti. Pertanto, se è vero che il PRGR non può che necessariamente applicarsi, ratione temporis, alle nuove istanze o domande presentate dopo la sua entrata in vigore, ciò non significa che debba o possa essere pretermessa la legittima aspettativa di vedere esaminata la compatibilità del ‘realizzando’ rispetto al già ‘realizzato’. “

  

CONCLUSIONI

In sostanza e al di la del caso in esame il Consiglio di Statto afferma che la situazione esistente (impianto da modificare o altri impianti inquinanti) da valutare in termini di impatti cumulativi riguarda anche tutto ciò che sussiste da prima della pianificazione o di nuove norme che abbiano definito parametri precisi sul concetto di modifica sostanziale.  Questo perché tenere conto dell’impatto cumulativo come afferma il Consiglio di Stato vuol dire fare un: “bilanciamento che tenga conto in concreto dei fattori di stress già esistenti”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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