Il Consiglio di Stato con
sentenza n° 6035 del 12 ottobre 2020 (QUI)
è intervenuto su una caso relativo ad una piattaforma per il trattamento, la
valorizzazione e lo stoccaggio definitivo di rifiuti speciali non pericolosi.
L’impianto ha avuto un giudizio
di VIA negativo perché il sito era all’interno di una area considerata
escludente da attività di questo tipo secondo il Piano Regionale Rifiuti
vigente.
Il suolo su cui dovrebbe insistere l’impianto:
- è inserito in area di
produzione di vini DOC e DOCG;
- ricade nell’areale di
produzioni DOP;
- è prossimo ad aziende
agricole con produzioni biologiche
La sentenza nel respingere l’appello della società che voleva realizzare il nuovo impianto afferma i seguenti principi di carattere generale
Il criterio di
esclusione di un area da impianti di rifiuti va considerato in relazione all’area
vasta e non solo al sito dove verrà collocato l’impianto
Secondo la sentenza in
oggetto: “il Piano regionale di gestione dei rifiuti speciali approvato con
la d.G.R. n. 2668 del 2009 riferisce il vincolo alle “aree di pregio
agricolo”, senza alcuna possibile identificazione di queste con i siti di
localizzazione degli impianti; in particolare, come, come osserva la difesa
regionale, il vincolo del Piano non risulta letteralmente applicabile soltanto
al perimetro della cava e dei territori strettamente confinanti, dal momento
che l’espressione terminologica adoperata è riferibile ad una zona vasta,
che si connoti per la presenza di colture di pregio, senza che rilevi che una
parte di tale zona non sia, a sua volta, coltivata (essendo, nel caso di
specie, destinata ad attività estrattiva);”
Quindi conclude sul punto il Consiglio di Stato: “l’area di pregio agricolo è una zona territoriale da considerare prescindendo dalle risultanze catastali, ma tenendo conto della destinazione agricola di un’ampia superficie di dimensioni non predeterminate, ma dipendenti dalla situazione concreta e unitariamente considerata.”
Se il sito è in area soggetta
a criteri escludenti per certi tipologie di attività non conta che il progetto
migliori l’impatto ambientale rispetto ad eventuale attività esistente
Secondo il Consiglio di
Stato sono: “irrilevanti gli
ulteriori profili –su cui insiste la parte appellante- concernenti, in
particolare, l’asserito minore impatto ambientale dell’impianto di trattamento
e smaltimento di rifiuti rispetto all’attività di cava, nonché l’asserita
assenza di effetti diretti sulle colture circostanti dell’attività progettata
nell’impianto”.
Se il sito dell’impianto
previsto è in area sottoposta a criterio escludente ciò non può essere superato
da prescrizioni e misure di mitigazione
Ciò che rileva, conclude
sul punto il Consiglio di Stato è : “la
qualificazione dell’area di come di pregio agricolo, rispetto alla quale
l’osservanza di determinate modalità di funzionamento dell’impianto –
specificamente l’adozione di “particolari misure compensative nella
progettazione/realizzazione dello stesso […] e la verifica, in sede di V.I.A., dell’applicazione
al ciclo produttivo delle miglior tecnologie disponibili” ed, ancora, la previsione
obbligatoria di misure di compensazione e mitigazione degli impatti potrebbe
rilevare soltanto se il grado di prescrizione fosse penalizzante, e
non escludente, dal momento che quest’ultimo pone tout court un
vincolo ostativo alla localizzazione dell’impianto.”
La mancata perimetrazione
puntuale, da parte delle Province, delle aree rientranti nei criteri di esclusione
di impianti rifiuti non permette di derogare ai criteri fissati dal Piano
Regionale
Sul punto il Consiglio di Stato conferma il giudizio di primo grado che ha affermato: “l’operatività del vincolo escludente di cui a pag. 2525 della DGR n. 2668/2009 non è condizionata dall’adozione del piano provinciale, poiché -in forza del chiaro tenore letterale della norma- le Province si limitano ad indicare con detto strumento soltanto la perimetrazione di dettaglio.”.
I piani regionali
fissano i criteri di localizzazione degli impianti rifiuti e le Province, nel
rispetto dei criteri regionali, devono individuare le zone specifiche dove
collocare gli impianti
Il Consiglio di Stato
ribadisce la interpretazione sistematica dell’art. 199, comma 3, lettere
d) e h) con l’articolo , l’art. 197, comma 1, lett. d), del DLgs 152/2006.
Il primo riferimento normativo ( dell’art. 199, comma 3, lettere d) e h) riguarda la previsione dei Piani regionali di rifiuti su: "d) informazioni sui criteri di riferimento per l’individuazione dei siti e la capacità dei futuri impianti di smaltimento o dei grandi impianti di recupero, se necessario; ... h) la promozione della gestione dei rifiuti per ambiti territoriali ottimali, attraverso strumenti quali una adeguata disciplina delle incentivazioni, prevedendo per gli ambiti più meritevoli, tenuto conto delle risorse disponibili a legislazione vigente, una maggiorazione di contributi; a tal fine le regioni possono costituire nei propri bilanci un apposito fondo;..."
Il secondo riferimento normativo (art. 197 comma 1 lettera d) riguarda la competenza delle Province nel: "d) l'individuazione, sulla base delle previsioni del piano territoriale di coordinamento di cui all'articolo 20, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove già adottato, e delle previsioni di cui all'articolo 199, comma 3, lettere d) e h), nonché sentiti l'ente di governo dell'ambito ed i comuni, delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, nonché delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti."
Conclude sul punto il Consiglio di Stato: “Il combinato disposto delle due disposizioni, lungi dal sottrarre alle regioni la competenza in materia, va interpretato nel senso presupposto dal giudice di primo grado secondo cui, ferma la competenza pianificatoria generale in capo alle regioni, spetta poi alle singole province l’individuazione in concreto e nel dettaglio delle diverse zone del territorio provinciale, idonee alla locazione di un tipo di impianti (smaltimento) o non idonee alla localizzazione di altro tipo (recupero e smaltimento).”
Il Piano Provinciale se descrive puntualmente anche in termini di
perimetrazione prevale su quello Regionale sempre nel rispetto dei criteri di
localizzazione da quest’ultimo espressi
Afferma il Consiglio di
Stato sul punto: “È vero peraltro che la presenza di un piano di
perimetrazione provinciale avrebbe consentito di ritenere operante il vincolo
sulla base delle sole risultanze del piano di dettaglio, laddove mancando
quest’ultimo, si sono rimesse alla discrezionalità tecnica dell’organo
competente in tema di V.I.A. –come emerso trattando del primo motivo di
gravame- la ricognizione e la valutazione della natura di pregio agricolo
dell’area interessata dall’intervento proposto.”
Comunque si conferma il
vincolo su localizzazione degli impianti rifiuti di quanto affermato nella
pianificazione pubblica: regionale e provinciale integrata secondo i precedenti
principi
Il
Consiglio di Stato conferma: “gli effetti riconosciuti al Piano regionale di
gestione dei rifiuti, come strumento di pianificazione generale. In particolare - per quanto rileva ai fini
del grado di prescrizione escludente dettato per le aree di pregio
agricolo e per gli impianti di trattamento smaltimento e recupero dei rifiuti
speciali non pericolosi- la ridetta disposizione di Piano si pone come fonte di
un parametro di valutazione idoneo ad incidere negativamente sulla scelta di
localizzazione del privato. Si tratta di un parametro oggettivo che è stato
fatto oggetto di (necessaria) considerazione nell’ambito del giudizio di
V.I.A., correttamente esercitandosi, da parte della competente amministrazione,
la discrezionalità tecnica consentita dalla mancanza dei piani di dettaglio, ma
entro i limiti fissati dal criterio pianificatorio.”
Insomma
la procedura di VIA sui singoli progetti di impianti rifiuti non può derogare
ai contenuti della pianificazione pubblica regionale e provinciale!
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