venerdì 30 ottobre 2020

Corte di Giustizia: fanghi di depurazione: ordinariamente sono rifiuti

La Corte di Giustizia con sentenza del 14 ottobre 2020 causa C-629/19  (QUI) ha deciso sulla questione pregiudiziale relativa alla classificazione dei fanghi da depurazione come rifiuti o meno in base alla interpretazione sistematica tra la lettera a) paragrafo 2 articolo Direttiva 2008/98/CE che esclude le acque di scarico dalla normativa rifiuti [NOTA 1] e la Direttiva 91/271/CEE [NOTA 2] sulle acque reflue urbane.

 

La Direttiva 2008/98 chiarisce però che le acque di scarico sono escluse nella “misura in cui sono contemplati da altra normativa comunitaria”. Quindi, afferma la Corte nella sentenza in esame, il legislatore dell’Unione ha in tal modo inteso qualificare espressamente le acque reflue come «rifiuti», ai sensi di detta direttiva, pur prevedendo che tali rifiuti possano, a determinate condizioni, esulare dal suo ambito di applicazione e rientrare in un’altra normativa (nel caso di specie la Direttiva 91/271/CEE).  Ma perchè questa possa accadere, aggiunge la Corte, occorre che l’altra normativa disciplini in termini di tutela ambientale le sostanze in questione (acque reflue) allo stesso livello della direttiva sui rifiuti.

Secondo la sentenza in esame la Direttiva 91/271 non garantisce un siffatto livello di tutela. Sebbene disciplini la raccolta, il trattamento e lo scarico delle acque reflue, essa non contiene disposizioni precise relative alla gestione dei fanghi di depurazione. Pertanto, non può ritenersi che essa riguardi la gestione di questi ultimi e garantisca un livello di tutela almeno equivalente a quello che risulta dalla direttiva 2008/98.

Ne soccorre in questo senso la Direttiva 86/278/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1986, concernente la protezione dell’ambiente, in particolare del suolo, nell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura non è quindi rilevante in generale ad escludere i fanghi depurazione dalla classificazione come rifiuti anche in relazione al caso specifico oggetto della domanda pregiudiziale  che ha per oggetto la qualificazione dei fanghi di depurazione inceneriti in un impianto di incenerimento come materiali residui per il recupero di energia mediante produzione di vapore, senza alcuna relazione con le attività agricole. Lo stesso vale per i fanghi di depurazione di cui trattasi nel procedimento principale, prodotti durante il trattamento di dette acque reflue, in quanto i fanghi di depurazione non figurano nemmeno tra le sostanze e gli oggetti che possono essere esclusi, in forza dell’articolo 2, paragrafo 2, di detta direttiva 86/278/CEE, dalla sfera di applicazione di quest’ultima.


MODALITA' DI UTILIZZO FANGHI DI DEPURAZIONE E DEFINIZIONE DI RIFIUTO 

Relativamente alla classificazione come rifiuti dei fanghi di depurazione la sentenza esamina anche la definizione di rifiuto (ex punto 1 articolo 3 Direttiva 2008/98/CE) per cui è rifiuto : “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi”.

La ditta coinvolta nella controversia fa valere che i fanghi di depurazione in questione nel procedimento principale sono costituiti per quasi il 100% da residui vegetali, provengono da un processo produttivo di carta e di pasta di legno, sono integrati fin dalla progettazione dell’impianto e sono utilizzati per recuperare energia per la produzione di carta. 

Ma la Corte nella sentenza in esame precisa che occorre constatare che la circostanza che nell’impianto di depurazione solo una minima parte di acque reflue urbane sia aggiunta alle acque reflue provenienti dalla produzione di carta e di pasta di legno è irrilevante per determinare se i fanghi di depurazione risultanti dal trattamento congiunto di tali acque reflue costituiscano o meno un «rifiuto». Tale interpretazione è la sola che garantisce il rispetto degli obiettivi di ridurre al minimo le conseguenze negative della produzione e della gestione dei rifiuti per la salute umana e l’ambiente previsto dalla direttiva 2008/98. Infatti, in un caso del genere, le acque reflue provenienti dalla produzione di carta e di pasta di legno non sono separabili dalle acque reflue di origine domestica o urbana e possono essere recuperate o smaltite solo se sottoposte anche alle necessarie operazioni di trattamento richieste dalla normativa nazionale. Orbene, è pacifico che le acque reflue di origine domestica o urbana devono essere considerate come sostanze di cui il loro detentore si è disfatto.

 

 

I FANGHI DI DEPURAZIONE SONO RIFIUTI ANCHE PRIMA DELL’INCENERIMENTO/TRATTAMENTO  SE NON SI DIMOSTRA CHE SONO STATE ELIMINATEE TUTTE LE SOSTANZE PERICOLOSE

A sua volta il giudice del rinvio alla Corte di Giustizia (che si è pronunciata con la sentenza qui in esame) ritiene che, ancor prima del loro incenerimento, i fanghi di depurazione non possano essere più qualificati come «rifiuti». 

Secondo la sentenza della Corte, qui esaminata nel caso di specie occorre constatare che, nell’ipotesi in cui l’incenerimento dei fanghi di depurazione consistesse in un’operazione di «recupero», ai sensi dell’articolo 3, punto 15, della direttiva 2008/98, riguardante operazioni relative a rifiuti, detti fanghi dovrebbero essere ancora qualificati come «rifiuti» al momento del loro incenerimento. Una modifica della qualifica come quella menzionata dal giudice del rinvio presupporrebbe quindi che il trattamento effettuato ai fini del recupero consenta di ottenere fanghi di depurazione che soddisfino un elevato livello di protezione della salute umana e dell’ambiente, come richiesto dalla direttiva 2008/98, privi, in particolare, di qualsiasi sostanza pericolosa. A tal fine, occorre assicurarsi dell’innocuità dei fanghi di depurazione di cui trattasi nel procedimento principale.

La Corte di Giustizia conclude che è al giudice del rinvio che spetta verificare se le condizioni di cui all’articolo 6, paragrafo 1 [NOTA 3], della direttiva 2008/98 siano già soddisfatte prima dell’incenerimento dei fanghi di depurazione. In particolare, si deve verificare, se del caso, sul fondamento di un’analisi scientifica e tecnica, che i fanghi di depurazione soddisfino i valori limite legali per le sostanze inquinanti e che il loro incenerimento non porti a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.

Nell’ambito di tale valutazione rileva, segnatamente, la circostanza che il calore prodotto durante l’incenerimento dei fanghi di depurazione sia riutilizzato in un processo di fabbricazione di carta e di pasta di legno e che tale processo presenti un vantaggio significativo per l’ambiente a causa dell’utilizzo di materiali di recupero per preservare le risorse naturali e per consentire l’attuazione di un’economia circolare.

Qualora, sul fondamento di siffatta analisi, il giudice del rinvio constatasse che le condizioni di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/98 erano soddisfatte prima dell’incenerimento dei fanghi di depurazione in questione nel procedimento principale, occorrerebbe rilevare che questi ultimi non costituiscono rifiuti.

Nell’ipotesi inversa, si dovrebbe ritenere che tali fanghi di depurazione rientrino ancora nella nozione di «rifiuto» al momento di detto incenerimento.

In tali circostanze, e poiché, come risulta dalla formulazione dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2008/98, la qualità di «sottoprodotto» e la qualifica di «rifiuto» si escludono reciprocamente, non occorre esaminare se i fanghi di cui trattasi nel procedimento principale debbano essere qualificati come «sottoprodotti» ai sensi di detta disposizione.

 

 



[NOTA 1] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:32008L0098&from=IT


[NOTA 2] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:31991L0271&from=IT


[NOTA 3] « 1.Taluni rifiuti specifici cessano di essere tali ai sensi dell’articolo 3, punto 1, quando siano sottoposti a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio, e soddisfino criteri specifici da elaborare conformemente alle seguenti condizioni:

a) la sostanza od oggetto è comunemente utilizzata per scopi specifici

b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto

c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; e

d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.

I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente della sostanza o dell’oggetto. »

 

 

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