Il Consiglio di Stato
con sentenza n° 8393, pubblicata il 28
dicembre 2020 (QUI), ha
confermato una sentenza del TAR che aveva annullato l’autorizzazione unica
relativamente ad un impianto di produzione di energia elettrica da biogas della
potenza nominale di 999 Kwe per mancanza di applicazione della procedura
di VIA.
La sentenza ricostruisce i principi derivanti dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia (19/7/2008 causa C156-17) e della Corte Costituzionale (93 del 2013) sul potere discrezionale delle Regioni e comunque delle Autorità Competenti in materia di VIA...
nell’escludere l’applicazione di questa a determinate categoria di opere.
In particolare risulta rilevante, al di del caso specifico trattato nella
sentenza in questione, la riaffermazione di come i criteri in materia di
verifica di assoggettabilità a VIA debbano essere applicati non potendosi
limitare, l’Autorità Competente, ad applicare solo quello delle dimensioni del
progetto (vedi soglie).
SENTENZA
CORTE COSTITUZIONALE N° 93 DEL 2013 (QUI)
La sentenza in questione,
dichiarando l’incostituzionalità di normativa regionale, ha affermato il
principio per cui nel caso la procedura di autorizzazione abbia per oggetto un
progetto rientrante nelle categorie di opere assoggettate a verifica di
assoggettabilità a VIA questa non potrà svolgersi solo basandosi sul criterio
dimensionale (soglie di potenza nel caso specifico a soli 0,001 Kwe dalla
soglia di 1 MW che fa scattare la verifica di VIA automaticamente secondo la
legge regionale) ma anche prendendo in
considerazione tutti gli specifici criteri di selezione definiti nell’allegato
III della stessa direttiva e concernenti, non solo la dimensione, ma anche
altre caratteristiche dei progetti (il cumulo con altri progetti,
l’utilizzazione di risorse naturali, la produzione di rifiuti, l’inquinamento
ed i disturbi ambientali da essi prodotti, la loro localizzazione e il loro
impatto potenziale con riferimento, tra l’altro, all’area geografica e alla
densità della popolazione interessata). Tali caratteristiche sono, insieme con
il criterio della dimensione, determinanti ai fini della corretta
individuazione dei progetti da sottoporre a VIA o a verifica di
assoggettabilità nell’ottica dell’attuazione dei principi di precauzione e di
azione preventiva ed in vista della
protezione dell’ambiente e della qualità della vita.
Inoltre sempre la Corte Costituzionale afferma che i criteri (specificamente inseriti dalla legge regionale) per cui se il progetto era in Emas o Ecolabel (quindi econcerficato) oppure inserito in un area ecologicamente attrezzata veniva comunque escluso dalla VIA . Secondo la Corte Costituzionale detti parametri introdotti dalla norma regionale: “soddisfano tutti i criteri prescritti dalla direttiva 2011/92/UE (ad esempio, il citato art. 14 della legge regionale n. 14 del 2005 definisce «aree produttive ecologicamente attrezzate quelle aree destinate ad attività industriali, artigianali e commerciali dotate di requisiti urbanistico-territoriali, edilizi ed ambientali di qualità, nonché di infrastrutture, sistemi tecnologici e servizi caratterizzati da forme di gestione unitaria, atti a garantire un efficiente utilizzo delle risorse naturali ed il risparmio energetico»; la certificazione EMAS e la certificazione UNI EN ISO 14001 sono rilasciate, ai sensi del richiamato Regolamento (CE) n. 761 del 2001, proprio in vista della necessità di assicurare l’impiego di sistemi di gestione ambientale volti a controllare e contenere costantemente l’impatto ambientale diretto ed indiretto delle attività).”.
Il Consiglio di Stato
nella sentenza qui esaminata però precisa: “Deve infatti osservarsi che i
criteri suindicati, ritenuti comunitariamente esaustivi dalla Corte
costituzionale, attengono alle specifiche situazioni considerate, mentre, per
gli impianti che non vi ricadono (come quello di cui si tratta), confermano
l’esigenza di una più analitica articolazione dei criteri selettivi, ai fini
della fissazione delle soglie (dimensionali) di rilevanza ambientale”.
D’altronde se si esaminano l’insieme dei criteri per lo svolgimento della verifica di assoggettabilità a VIA presente nell’allegato alla Direttiva sulla VIA (allegato III sia nella versione originale del 1985 che in quella in vigore attualmente del 2011 come modificata nel 2014) si capisce come questi non siano limitati alle dimensioni, tipologia e collocazione dell’impianto.
Non solo ma andando poi ad ogni singolo procedimento di verifica di assoggettabilità ovviamente, rileva il Consiglio di Stato riprendendo la sentenza della Corte Costituzionale, se non è necessario che “tutti” i criteri di selezione di cui all’allegato III della direttiva 2011/92/UE siano applicabili) ai fini della individuazione dei progetti da sottoporre a screening ambientale, debbono esserlo, secondo le indicazioni vincolanti del Giudice delle leggi, quantomeno quelli “pertinenti”, pertinenza che deve essere dimostrata con una istruttoria relativa al singolo progetto.
SENTENZA CORTE
DI GIUSTIZIA 10 LUGLIO 2008 CAUSA C-156/07 (QUI)
Il Consiglio di Stato
nella sentenza in esame riprende altresì i principi della sentenza della Corte
di Giustizia in materia laddove afferma che “se gli Stati membri hanno la
possibilità di fissare i criteri e/o le soglie che consentono di stabilire
quali progetti rientranti nell’allegato II della direttiva 85/337, nella sua
versione originaria, debbano essere oggetto di una tale valutazione, il loro
margine discrezionale trova il proprio limite nell’obbligo, enunciato all’art.
2, n. 1, di detta direttiva, di sottoporre ad una valutazione d’impatto i
progetti idonei ad avere un notevole impatto ambientale, segnatamente per la
loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione”.
Ora nel caso trattato
dalla sentenza del Consiglio di Stato qui esaminata la parte appellante, dal
passaggio della sentenza della Corte di Giustizia sopra riportato, ricava il
corollario secondo cui la normativa europea non impone allo Stato membro la
pedissequa trasposizione dei criteri di cui all’allegato III della predetta
direttiva.
Il Consiglio di Stato non
accetta questa interpretazione della parte appellante in quanto non tiene di
quanto afferma nella sentenza della Corte di Giustizia in particolare in questo
passaggio: “la direttiva 85/337/CEE ( ma quella vigente idem ndr) lascia
agli Stati membri due possibilità. La prima consiste nel decidere caso per caso
se un progetto indicato all’allegato II debba essere sottoposto a tale
valutazione. La seconda consiste nel determinare, in modo generale ed astratto,
in funzione di soglie o criteri, i progetti figuranti in tale allegato che
saranno obbligatoriamente oggetto di detta valutazione” ed aggiunge: “ … la
direttiva 85/337 impone agli Stati membri, in entrambi i casi, l’obbligo di
tener conto dei criteri di selezione rilevanti definiti al suo allegato III,
vale a dire di quelli fra tali criteri che, tenuto conto delle caratteristiche
del progetto interessato, devono essere applicati. Pertanto, occorre risolvere
la seconda questione proposta nel senso che i criteri di selezione rilevanti
citati all’allegato III della direttiva 85/337 sono vincolanti per gli Stati
membri quando stabiliscono – per i progetti rientranti nell’allegato II di
quest’ultima, sulla base di un esame caso per caso ovvero sulla base delle
soglie o dei criteri che essi fissano – se il progetto interessato debba essere
sottoposto alla procedura di valutazione dell’impatto ambientale”.
CONCLUSIONI
DELLA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO
Il criterio dimensionale non può essere il criterio esclusivo o principale per escludere l’applicazione della VIA
La sentenza qui esaminata,
anche alla luce della sopra riportata ricostruzione della giurisprudenza
costituzionale e comunitaria, afferma che: “non si vuole negare che il
parametro “dimensionale”, sul quale è incentrata la legge regionale del caso
esaminato (prima che ne venisse dichiarata la incostituzionalità dalla sentenza
sopra esaminata), sia particolarmente rilevante ai fini della determinazione
della dannosità ambientale dell’impianto (tanto da essere il primo dei criteri
menzionati dall’allegato III della direttiva 2011/92/CE anche nella versione
vigente post 2014). Ciò che si intende
sostenere, invece, è che non vi è alcuna prova che, anche nell’ambito di una
valutazione di carattere generale ed astratto (quale è quella propria della
fissazione di criteri o soglie), e non di tipo casistico, esso sia anche
l’unico “rilevante” per i fini de quibus, a fronte degli ulteriori
previsti dal citato allegato, non essendo dimostrato – si ripete – che la sua
significatività sia tale, per la specifica tipologia di impianto, da
determinare l’”irrilevanza” di tutti gli altri”.
Il favor legis per gli
impianti a biogas non può sostituire l’insieme dei criteri da applicare nella
verifica di assoggettabilità a VIA
Afferma sul punto il
Consiglio di Stato: “Né potrebbe pervenirsi a diverse conclusioni invocando,
come fa la parte appellante, in termini peraltro piuttosto generici, le
politiche europee incentivanti la diffusione degli impianti alimentati a
biogas, sulla scorta di valutazioni favorevoli degli stessi sotto il profilo
energetico ed ambientale, le quali integrerebbero i criteri di esenzione di cui
all’allegato III della direttiva n. 2011/92/UE: basti osservare, in senso
contrario, che la censura de qua impinge in valutazioni riservate al
legislatore europeo, cui esclusivamente spetta apprezzare la rilevanza
ambientale di quegli impianti ed apportare, alla pertinente disciplina in
materia di VIA, le conseguenti eventuali modifiche.”
Non può essere il giudice
amministrativo a dimostrare la legittimità di criteri di verifica di assoggettabilità
a VIA sostituivi, in quanto equivalenti, a quelli stabiliti dalla Direttiva UE
Afferma sul punto il
Consiglio di Stato: “la conclusione esposta (così come, del resto, l’esito
complessivo dell’appello) è coerente con l’orientamento espresso dal giudice di
appello in analoga fattispecie, essendosi affermato (cfr. Consiglio di Stato,
Sez. IV, n. 4729 del 22 settembre 2014 [NOTA 1]
) che <<né d’altra parte può ritenersi che la V.I.A. possa essere sostituita
da accertamenti presuntivamente equivalenti sia perché il Collegio non può
sostituirsi all’amministrazione nelle valutazioni di complesse valutazioni
scientifiche sia perché il procedimento di rilascio della V.I.A. presenta
specificità che la rendono infungibile>> ”.
[NOTA 1] impianto di produzione elettrica da biogas, con le
relative infrastrutture e le opere connesse da ubicare nel Comune di Osimo,
della potenza nominale di 999 kWe.
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