In particolare nel caso
specifico la richiesta di informazioni ambientali era diretta ad ottenere
l’accesso a taluni documenti, prodotti da un Land della Germania, relativi al
progetto di costruzione di infrastrutture di trasporto e sviluppo urbano.
OGGETTO DELLA
RICHIESTA DI ACCESSO
I documenti ai quali il
Land ha negato l’accesso (da cui il contenzioso che alla fine ha portato alla
sentenza della Corte UE) contenevano:
1. da un lato,
un’informazione trasmessa alla direzione del Ministero di Stato del Land
Baden-Württemberg, relativa allo svolgimento dei lavori della commissione
d’inchiesta interessata, in merito all’intervento della polizia, il 30
settembre 2010, nel parco del castello di Stoccarda,
2. dall’altro, note di
tale Ministero relative all’attuazione di una procedura di conciliazione sul
progetto controverso.
DEFINIZIONE DI ATTI
INCOMPLETI E COMUNICAZIONI INTERNE NON ACCEDIBILI SECONDO IL DIRITTO COMUNITARIO
L’articolo 4 della direttiva 2003/4 afferma
che “1. Gli Stati membri
possono disporre che una richiesta di informazione ambientale sia respinta nei
seguenti casi: …
d) se la richiesta riguarda
materiale in corso di completamento ovvero documenti o dati incompleti;
e) se la richiesta riguarda
comunicazioni interne, tenendo conto dell’interesse pubblico tutelato dalla
divulgazione.”
CONCLUSIONI DELLA CORTE DI
GIUSTIZIA
La Corte di Giustizia
sull’accessibilità a tali tipologie di documenti afferma che:
a) l’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera e),
della direttiva 2003/4 deve essere interpretato nel senso che la nozione di
«comunicazioni interne» comprende tutte le informazioni che circolano
all’interno di un’autorità pubblica e che, alla data della domanda di accesso,
non hanno lasciato la sfera interna di tale autorità, eventualmente dopo la
loro ricezione da parte di detta autorità e purché non siano state o non
avrebbero dovuto essere messe a disposizione del pubblico prima della suddetta
ricezione.
b) l’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera e),
della direttiva 2003/4 deve essere interpretato nel senso che l’applicabilità
dell’eccezione al diritto di accesso alle informazioni ambientali da esso
prevista per le comunicazioni interne di un’autorità pubblica non è limitata
nel tempo. Tuttavia, tale eccezione può applicarsi solo nel periodo in cui la
tutela dell’informazione richiesta è giustificata.
La
giurisprudenza amministrativa nazionale italiana ha meglio la questione dell’accessibilità
ai c.d. “atti interni” (nella dizione italiana).
Si veda, per tutte (per approfondire QUI), la significativa pronuncia del Consiglio di Stato (sentenza n. 3856 del 2016 - QUI) di cui si riportano i passi più significativi:
“Risulta agli atti che
il Comune abbia altresì consentito l’accesso al decreto della Regione Liguria –
Dipartimento Ambiente – Settore Ecosistema costiero e ciclo delle acque 26
maggio 2015, n. 1340 ritenendo – a quanto è dato comprendere – che le sole
istanze procedimentali non costituiscano ex se documenti ostensibii (anche ai
sensi della disciplina sull’informazione ambientale), ma che oggetto possibile
di accesso siano solo i provvedimenti conclusivi adottati dall’amministrazione.
Si tratta di una prospettazione che è stata condivisa dai primi Giudici (i
quali hanno confermato la correttezza del diniego di accesso “[a] semplici
istanze di una parte privata non ancora recepite in un provvedimento, sia esso
positivo o negativo”.
L’approccio in questione non può essere condiviso in quanto la generale
disciplina in tema di accesso di cui agli articoli 22 e seguenti della l. 241
del 1990 non limita l’ambito oggettuale amministrativa ai soli provvedimenti
conclusivi, fornendo – al contrario – una ben più ampia nozione di documento
amministrativo (oggetto possibile di domande ostensive).
E’ qui appena il caso di richiamare la previsione di cui all’articolo 22, comma
1, lettera d) della l. 241 del 1990, secondo cui per ‘documento amministrativo’
si intende “ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica,
elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni
o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica
amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente
dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”.
E’ evidente che la richiamata disposizione non suffraghi in alcun modo
l’interpretazione – condivisa dai primi Giudici - secondo cui l’oggetto
possibile del diritto di accesso sarebbe rappresentato dalle sole
determinazioni conclusive, con esclusione degli atti endoprocedimentali.
Né a conclusioni diverse può giungersi laddove si riguardi la questione
attraverso l’angolo visuale delle previsioni in tema di informazione ambientale
di cui al decreto legislativo n. 195 del 2005.
Ad avviso del Collegio, infatti, pur essendo dubbio che gli atti cui faceva
riferimento l’istanza dell’8 giugno 2005 fossero riconducibili all’ambito della
c.d. ‘informazione ambientale’, resta comunque fermo che, laddove pure si
ammettesse tale riconduzione, non si giustificherebbe in alcun modo un’esclusione
fondata sul fatto che l’informazione non si sia ancora tradotta nell’adozione
di provvedimenti amministrativi conclusivi di specifici provvedimenti.
Depone infatti in senso contrario a tale prospettazione l’amplissima nozione di
‘informazione ambientale’ di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a) del
richiamato decreto legislativo, il quale delinea una nozione amplissima, che
certamente non può essere ricondotta al limitato ambito dei (soli)
provvedimenti amministrativi conclusivi prospettata dal Comune di Portovenere e
di fatto condivisa dai primi Giudici.”
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