Uno studio (QUI) dell’Istituto
Superiore dell’Economia della Scuola Sant’Anna di Pisa dimostra come la transizione
ecologica non possa essere affrontata rimuovendo la diffusa regressività
fiscale che favorisce sempre di più la parte più ricca della popolazione e
impedisce di mettere a disposizione delle Pubbliche Amministrazioni le risorse
necessarie per affrontare in modo non solo efficace ma solidale la transizione
ecologica.
Su come affrontare i
costi sociali della transizione ecologica ne avevo già trattato QUI e QUI.
Lo Studio dell’Istituto Superiore dell’Economia Scuola Sant’Anna
di Pisa parte
dal dato oggettivo per cui l’Unione Europea deve aumentare le risorse
significative per finanziare una transizione verde giusta.
Allo
stesso tempo, in molti paesi dell’UE si registra una diffusa regressività
fiscale.
Lo
studio fornisce prove che dimostrano come il grado di progressività dei sistemi
fiscali è sceso a tal punto che anche le classi di reddito più ricche pagano
aliquote fiscali effettive inferiori rispetto ai gruppi a reddito medio e
basso. Tutto questo comporta l’aumento delle disparità senza alcun effetto
visibile sulla crescita o sull’occupazione.
Lo
studio, quindi, propone di ripristinare un certo grado della progressività
perduta attraverso il passaggio ad una riforma fiscale a livello europeo che
comprenda:
1. un’imposta sul patrimonio applicata all’1% più ricco della
popolazione,
2. un’imposta sulle plusvalenze non realizzate,
3. un aumento sostanziale dell’imposta minima sugli utili aziendali.
Lo
studio mostra che le entrate generate da tali decisioni sarebbero consistenti.
Più
specificamente, un’imposta sul patrimonio dell’UE potrebbe generare risorse
pari all’1% del PIL dell’UE.
Una
tassa sulle plusvalenze non realizzate negli ultimi 5 anni consentirebbe all’UE
di raccogliere quasi il 2% del suo PIL (0,4% annuo).
Infine,
a livello comunitario un’imposta societaria minima compresa tra il 15% e il 25%
potrebbe generare entrate aggiuntive corrispondenti allo 0,5% e all’1,5% del
PIL dell’UE.
Un tale nuovo flusso di risorse potrebbe essere impiegato per finanziare sia la mitigazione che le politiche di adattamento necessarie per fronteggiare l’emergenza climatica.
In questo modo, il pacchetto degli interventi fiscali dello studio qui esaminato, consentirebbe ai paesi dell’UE di ridurre congiuntamente la disuguaglianza, aumentare la l’equità del loro sistema fiscale, riducendo le emissioni di gas serra e smorzando le conseguenze sociali dell’impatto degli eventi climatici estremi. La proposta di riforma fiscale potrebbe quindi contribuire a rimettere in sesto le economie dell’UE su un percorso sostenibile e inclusivo.
Lo
studio, secondo gli autori, è solo il primo passo nella progettazione di un
sistema fiscale più equo e rispettoso del clima.
Una
valutazione completa dell’impatto e del potenziale gettito dell’imposta
richiedono ulteriore lavoro. Innanzitutto, deve essere effettuata un’ampia
analisi di sensitività sui ricavi stimati, variando le ipotesi sottostanti.
In
secondo luogo, devono essere effettuate ulteriori analisi per valutare il
possibile deflusso di capitali innescato dalle politiche fiscali a livello
europeo.
Tuttavia,
data la regressività in atto sui sistemi fiscali dell’UE, le conclusioni
generali, secondo gli autori dello studio, reggono fermamente: c’è ampio spazio
per imporre tasse più alte per coloro che appartengono all’1% più ricco della
distribuzione della ricchezza nell’UE.
VEDI ANCHE LO STUDIO PROMOSSO DAL GRUPPO DEI VERDI AL PARLAMENTO UE : QUI.
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