giovedì 18 novembre 2021

Bocciato dal Consiglio di Stato biodigestore con principi estendibili a casi simili

Il Consiglio di Stato con sentenza n° 7550  12 novembre 2021  (QUI) ha confermato la sentenza del TAR Calabria n. 607 del 20 marzo 2019 (QUI) con la quale era stato respinto il ricorso di una società che si era vista negare la VIA e la autorizzazione ad un progetto per la produzione di energia da fonte rinnovabile (biogas da FORSU per la produzione di biometano con processo integrato anaerobico/aerobico e recupero energetico della frazione organica dei rifiuti urbani provenienti da raccolta differenziata).

Interessanti sono le motivazioni con le quali la Regione Calabria ha bocciato il progetto, confermate dalle due sentenze del TAR Calabria e del Consiglio di Stato.

Vediamole sinteticamente:

 

PREMESSA LA NATURA GIURIDICA DELLA VIA CHE DEVE FONDARSI SU UN AMPIA PONDERAZIONE DI TUTTI GLI INTESSI IN DISCUSSIONE

Intanto il Consiglio di Stato ribadisce la natura del provvedimento che conclude il procedimento di VIA per cui: “trattandosi non di un mero atto (tecnico) di gestione, quanto piuttosto di «un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria funzione di indirizzo politico - amministrativo con particolare riferimento al corretto uso del territorio (in senso ampio), attraverso la cura ed il bilanciamento della molteplicità dei (contrapposti) interessi pubblici (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico - sociale) e privati” (Consiglio di stato, Sez. IV, 16 gennaio 2019, n. 16 QUI, che conferma un indirizzo chiarissimo vedi QUI, indirizzo che il legislatore ultimamente sta cercando di mettere sempre di più in discussione (vedi QUI) per far diventare la VIA poco più di un bollino da staccare a prescindere da una corretta valutazione discrezionale come afferma appunto, anche in questa sentenza del caso calabrese il consiglio di stato).

 

 

I MOTIVI DELLE BOCCIATURA DEL PROGETTO DI BIODIGESTORE SECONDO LE DUE SENTENZE DEL TAR CALABRIA E DEL CONSIGLIO DI STATO

1. presenza di aree critiche ambientali: nel caso specifico la vicinanza di un sito di bonifica di interessa nazionale;

2. l’impegno a rispettare le migliori tecnologie disponibili (le c.d. BAT) da parte della società che vuole realizzare il progetto costituisce la condizione minima che comunque il proponente deve rispettare, quindi, afferma il Consiglio di Stato, “per cui non appare sproporzionato né illogico ritenere che tali misure non siano sufficienti a compensare e mitigare gli impatti ambientali dello specifico impianto”. E' il principio di specificità del sito che può portare (come prevede la disciplina della VIA e dell'AIA) a negare la compatibilità sia del tipo di impianto (VIA) che del suo modello di esercizio (AIA) a prescindere dal rispetto formale delle leggi vigenti se l'impatto potenzialmente prodotto risulta incompatibile con le specificità ambientali, sanitarie, socio economiche del sito; 

3. con riferimento ai rischi di inondazione dell’area interessata dall’intervento, il Consiglio di Stato rileva dallo stesso provvedimento impugnato che l’Amministrazione ha ricavato dalla certificazione urbanistica prodotta dalla stessa istante che l’area è interessata da una “faglia dedotta” ovvero che ricadrebbe in “zone a modesto rischio esondazione” o a “limitato rischio inondazione”, circostanza alla quale l’appellante non oppone specifici argomenti di tutela preventiva da futuri eventi naturali;

4. il fatto che il progetto (relativamente alla linea di produzione del biometano) sia considerato parificato agli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili e quindi “sono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti”, non rileva ai fini del procedimento di VIA. In particolare il Consiglio di Stato non aderisce all’opzione dell’appellante che giunge ad interpretare il principio nel senso che l’interesse alla realizzazione degli impianti debba sempre considerarsi prevalente su quello alla tutela dell’ambiente, perché ciò comporterebbe di fatto la sterilizzazione (e, quindi, la negazione) del bilanciamento di interessi cui è istituzionalmente preposta l’autorità competente in materia di VIA (peraltro, anch’essa sulla scorta di specifiche direttive europee).

5. il Consiglio di Stato ha respinto anche la motivazione di impugnazione contro il provvedimento che negato la VIA positiva e la conseguente autorizzazione (AIA) al biodigestore perché il progetto era in contrasto con la pianificazione regionale dei rifiuti.  Questo contrasto, secondo il TAR e il Consiglio di Stato, rileva ai fini del diniego della autorizzazione a prescindere dalle esistenti: “criticità nell’azione amministrativa di gestione del ciclo dei rifiuti in ambito regionale per cui l’impianto progettato sarebbe idoneo ad incidere in senso positivo sullo smaltimento e sui relativi costi.”

 

 

 

 

 

 

 

 

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