Seguendo varie vertenze ambientali in relazione a
procedimenti di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA ) mi è capito più volte
di assistere a interpretazioni, sulla natura del procedimento di VIA in palese
contrasto con la giurisprudenza nettamente prevalente in materia.
Da ultimo arriva la Regione Liguria: "Biodigestore a Saliceti sì o no? Faccio il politico. Non discuto di aree", così afferma su Gazzetta della Spezia di oggi l'Assessore Regionale all'Ambiente.
Qualcuno spieghi a questo signore che la VIA ma ancora di più la VAS si concludono con provvedimenti di natura mista (tecnico amministrativa) infatti sono approvati con provvedimento di giunta finale che tiene conto certamente del rapporto istruttorio dei tecnici ma contiene anche elementi di discrezionalità politico amministrativa.
Ah sia chiaro quello che sostengo sopra non lo dico io ma la giurisprudenza univoca in materia di natura del procedimento di VIA, come spiego in questo post...
Le interpretazioni alla base del rigetto della richiesta di riapertura di VIA si fondano principalmente sul concetto che la VIA sarebbe una procedura di natura tecnica e non politica. In altri termini la delibera di giunta regionale (o degli enti locali nelle Regioni dove la decisione di VIA è subdelegata per alcune categorie di opere) non può che limitarsi a prendere atto della istruttoria tecnica svolta dagli uffici della Pubblica Amministrazione Autorità Competente nella VIA.
Sul punto arriva a sostegno della sentenza del TAR Sardegna anche lagiurisprudenza del Consiglio di Stato:
CONCLUSIONI
Quanto sopra, usando un gergo tecnico giuridico, conferma che il procedimento/provvedimento di VIA rientra nel campo degli atti a discrezionalità mista (tecnico amministrativo). La differenza con le autorizzazioni ordinarie è netta. In queste se il progetto è dentro i parametri tecnici di legge (tutti ovviamente non solo quelli ambientali) deve essere autorizzato con prescrizioni ma autorizzato. Nella VIA invece i margini di discrezionalità nella valutazione della compatibilità del progetto con il sito sono più grandi: giocano fattori anche legati agli aspetti sociali, al consenso da parte della comunità, all’impatto con altre attività presenti nella zona, a limiti e rischi di uso del territorio in futuro[NOTA 1] dopo che il progetto venisse realizzato etc. etc.
In particolare tali interpretazioni si sono verificate
nel caso di richieste da parte di associazioni e comitati di cittadini di
riavvio di procedimenti di VIA conclusi e che non avevano valutato
completamente tutti gli impatti del progetto sottoposto a valutazione.
Qualcuno spieghi a questo signore che la VIA ma ancora di più la VAS si concludono con provvedimenti di natura mista (tecnico amministrativa) infatti sono approvati con provvedimento di giunta finale che tiene conto certamente del rapporto istruttorio dei tecnici ma contiene anche elementi di discrezionalità politico amministrativa.
Ah sia chiaro quello che sostengo sopra non lo dico io ma la giurisprudenza univoca in materia di natura del procedimento di VIA, come spiego in questo post...
Le interpretazioni alla base del rigetto della richiesta di riapertura di VIA si fondano principalmente sul concetto che la VIA sarebbe una procedura di natura tecnica e non politica. In altri termini la delibera di giunta regionale (o degli enti locali nelle Regioni dove la decisione di VIA è subdelegata per alcune categorie di opere) non può che limitarsi a prendere atto della istruttoria tecnica svolta dagli uffici della Pubblica Amministrazione Autorità Competente nella VIA.
Le cose non stanno assolutamente così, la giurisprudenza in materia esprime una natura del procedimento di VIA a carattere di
discrezionalità mista tecnico - amministrativa. Vediamo in che senso:
COSA DICE LA GIURISPRUDENZA
SULLA NATURA GIURIDICA DEL PROCEDIMENTO DI VIA
Citiamo due sentenze del Consiglio di Stato che confermano
autorevolmente quanto sopra espresso dalla normativa regionale citata:
Consiglio di Stato
Sez.V n.1640 del 22 marzo 2012
“nel rendere il giudizio di valutazione di impatto ambientale, l’amministrazione esercita una amplissima discrezionalità che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa e istituzionale in relazione all’apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti; la natura schiettamente discrezionale della decisione finale risente dunque dei suoi presupposti sia sul versante tecnico che amministrativo”
“nel rendere il giudizio di valutazione di impatto ambientale, l’amministrazione esercita una amplissima discrezionalità che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa e istituzionale in relazione all’apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti; la natura schiettamente discrezionale della decisione finale risente dunque dei suoi presupposti sia sul versante tecnico che amministrativo”
Consiglio di Stato
Sez. V n.3254 del 31 maggio 2012
“…alla stregua dei principi comunitari e nazionali, oltre che delle sue stesse peculiari finalità, la valutazione di impatto ambientale non si sostanzia in una mera verifica di natura tecnica circa la astratta compatibilità ambientale dell’opera, ma implica una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all’utilità socio – economica, tenuto conto anche delle alternative possibili e dei riflessi sulla stessa c.d. opzione – zero; in particolare (C.d.S., sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4245, cit.), è stato evidenziato che “la natura schiettamente discrezionale della decisione finale (e della preliminare verifica di assoggettabilità), sul versante tecnico ed anche amministrativo, rende allora fisiologico ed obbediente alla ratio su evidenziata che si pervenga ad una soluzione negativa ove l’intervento proposto cagioni un sacrificio ambientale superiore a quello necessario per il soddisfacimento dell’interesse diverso sotteso all’iniziativa; da qui la possibilità di bocciare progetti che arrechino vulnus non giustificato da esigenze produttive, ma suscettibile di venir meno, per il tramite di soluzioni meno impattanti in conformità al criterio dello sviluppo sostenibile e alla logica della proporzionalità tra consumazione delle risorse naturali e benefici per la collettività che deve governare il bilanciamento di istanze antagoniste (cfr. Cons. St., sez. VI, 22 febbraio 2007, n. 933)”. Non può sostenersi pertanto che la valutazione di impatto ambientale sia un mero atto (tecnico) di gestione ovvero di amministrazione in senso stretto, rientrante come tale nelle attribuzioni proprie dei dirigenti, trattandosi piuttosto di un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria funzione di indirizzo politico – amministrativo con particolare riferimento al corretto uso del territorio (in senso ampio), attraverso la cura ed il bilanciamento della molteplicità dei (contrapposti) interessi, pubblici (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico – sociale) e privati, che su di esso insistono, come tale correttamente affidata all’organo di governo, nel caso di specie la Giunta regionale.”
“…alla stregua dei principi comunitari e nazionali, oltre che delle sue stesse peculiari finalità, la valutazione di impatto ambientale non si sostanzia in una mera verifica di natura tecnica circa la astratta compatibilità ambientale dell’opera, ma implica una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all’utilità socio – economica, tenuto conto anche delle alternative possibili e dei riflessi sulla stessa c.d. opzione – zero; in particolare (C.d.S., sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4245, cit.), è stato evidenziato che “la natura schiettamente discrezionale della decisione finale (e della preliminare verifica di assoggettabilità), sul versante tecnico ed anche amministrativo, rende allora fisiologico ed obbediente alla ratio su evidenziata che si pervenga ad una soluzione negativa ove l’intervento proposto cagioni un sacrificio ambientale superiore a quello necessario per il soddisfacimento dell’interesse diverso sotteso all’iniziativa; da qui la possibilità di bocciare progetti che arrechino vulnus non giustificato da esigenze produttive, ma suscettibile di venir meno, per il tramite di soluzioni meno impattanti in conformità al criterio dello sviluppo sostenibile e alla logica della proporzionalità tra consumazione delle risorse naturali e benefici per la collettività che deve governare il bilanciamento di istanze antagoniste (cfr. Cons. St., sez. VI, 22 febbraio 2007, n. 933)”. Non può sostenersi pertanto che la valutazione di impatto ambientale sia un mero atto (tecnico) di gestione ovvero di amministrazione in senso stretto, rientrante come tale nelle attribuzioni proprie dei dirigenti, trattandosi piuttosto di un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria funzione di indirizzo politico – amministrativo con particolare riferimento al corretto uso del territorio (in senso ampio), attraverso la cura ed il bilanciamento della molteplicità dei (contrapposti) interessi, pubblici (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico – sociale) e privati, che su di esso insistono, come tale correttamente affidata all’organo di governo, nel caso di specie la Giunta regionale.”
Da ultimo, conferma ormai
di un indirizzo univoco, si veda il TAR Lazio (RM) Sez. III n.10936 del 2
novembre 2017: “Nel rendere il giudizio di
valutazione di impatto ambientale, l'amministrazione, infatti, esercita una
amplissima discrezionalità che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in
quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi
criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi
di discrezionalità amministrativa e istituzionale in relazione
all'apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti; la natura
schiettamente discrezionale della decisione finale risente dunque dei suoi
presupposti sia sul versante tecnico che amministrativo (cfr., ex multis, Cons.
Stato n.1640/2012; idem, n.3561/2011, idem, n. 4246/2010, n. 3770/2009; Corte
Giustizia CE 25 luglio 2008, in casa c142/07).
Tale atto – come anticipato - è pur sempre soggetto al sindacato di questo giudice, ma negli stretti limiti che riguardano l’esistenza di eventuali vizi di legittimità per eccesso di potere, secondo le figure sintomatiche dell’errore di fatto, della illogicità, contraddittorietà, dell’ingiustizia manifesta o dell’irragionevolezza della determinazione.”
Tale atto – come anticipato - è pur sempre soggetto al sindacato di questo giudice, ma negli stretti limiti che riguardano l’esistenza di eventuali vizi di legittimità per eccesso di potere, secondo le figure sintomatiche dell’errore di fatto, della illogicità, contraddittorietà, dell’ingiustizia manifesta o dell’irragionevolezza della determinazione.”
LA GIURISPRUDENZA PIU’ RECENTE CONFERMA CHE L’AUTORITÀ
COMPETENTE AL PROVVEDIMENTO DI VIA PUÒ SVOLGERE ANCHE UNA VALUTAZIONE ECONOMICA
DELL’IMPATTO DEL PROGETTO
I ricorrenti, nella causa discussa al Tar Sardegna nel
2018, hanno sostenuto che: “la Giunta regionale non potrebbe analizzare i
fattori costi-benefici, la produttività, l’idoneità tecnica dell’impianto.
Ritenendo che, semmai, tali aspetti avrebbero potuto essere esaminati (solo)
dalla Conferenza di servizi decisoria.”
Il TAR Sardegna (sentenza n. 439 del 14 maggio
2018 ) al
contrario ha sostenuto nella sentenza che: “In realtà l’ambito di competenza
spettante alla Giunta regionale è complessiva, con facoltà (e dovere) di
svolgimento di un giudizio di compatibilità ambientale, sia in riferimento a
fattori squisitamente di impatto sul territorio, sia in riferimento al rapporto
fra sacrificio ambientale e conseguimento del risultato energetico. In ricorso
si sostiene che la Giunta regionale avrebbe potuto dare parere contrario (solo)
rispetto all’analisi economica dell’intervento svolta dalla Conferenza di
servizi decisoria; ma non avrebbe potuto elaborare “in proprio” analisi che
rileverebbero al di fuori della problematica ambientale.”
Sul punto arriva a sostegno della sentenza del TAR Sardegna anche lagiurisprudenza del Consiglio di Stato:
1. “La
valutazione di impatto ambientale ha il fine di sensibilizzare l'autorità
decidente, attraverso l'apporto di elementi tecnico-scientifici idonei ad
evidenziare le ricadute sull'ambiente derivanti dalla realizzazione di una
determinata opera, a salvaguardia dell'habitat: essa non si limita ad una
generica verifica di natura tecnica circa l'astratta compatibilità ambientale,
ma implica una complessiva ed approfondita analisi di tutti gli elementi
incidenti sull'ambiente del progetto unitariamente considerato, per valutare in
concreto il sacrificio imposto all'ambiente rispetto all'utilità
socio-economica perseguita”. (Consiglio
di Stato sez. V 6 luglio 2016 n. 3000)
2. “La valutazione d'impatto ambientale non comporta una generica verifica di natura tecnica circa l'astratta compatibilità ambientale dell'opera, ma implica la complessiva e approfondita analisi comparativa di tutti gli elementi incidenti sull'ambiente del progetto unitariamente considerato, al fine di valutare in concreto, alla luce delle alternative possibili e dei riflessi della stessa c.d. "opzione-zero", il sacrificio imposto all'ambiente rispetto all'utilità socio-economica perseguita” (Consiglio di Stato sez. IV 24 marzo 2016 n. 1225; Consiglio di Stato sez. V 2 ottobre 2014 n. 4928).
3. La VIA implica dunque “una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all'utilità socio-economica, tenuto conto anche delle alternative possibili e dei riflessi sulla stessa c.d. opzione-zero; in particolare, la natura schiettamente discrezionale della decisione finale e della preliminare verifica di assoggettabilità, sul versante tecnico ed anche amministrativo, rende fisiologico che si pervenga ad una soluzione negativa ove l'intervento proposto cagioni un sacrificio ambientale superiore a quello necessario per il soddisfacimento dell'interesse diverso sotteso all'iniziativa; da qui la possibilità di bocciare progetti che arrechino vulnus non giustificato da esigenze produttive, ma suscettibile di venir meno, per il tramite di soluzioni meno impattanti in conformità al criterio dello sviluppo sostenibile e alla logica della proporzionalità tra consumazione delle risorse naturali e benefici per la collettività che deve governare il bilanciamento di istanze antagoniste” ( Consiglio di Stato sez. V 02 ottobre 2014 n. 4928, Consiglio di Stato sez. IV 09 gennaio 2014 n. 36).
2. “La valutazione d'impatto ambientale non comporta una generica verifica di natura tecnica circa l'astratta compatibilità ambientale dell'opera, ma implica la complessiva e approfondita analisi comparativa di tutti gli elementi incidenti sull'ambiente del progetto unitariamente considerato, al fine di valutare in concreto, alla luce delle alternative possibili e dei riflessi della stessa c.d. "opzione-zero", il sacrificio imposto all'ambiente rispetto all'utilità socio-economica perseguita” (Consiglio di Stato sez. IV 24 marzo 2016 n. 1225; Consiglio di Stato sez. V 2 ottobre 2014 n. 4928).
3. La VIA implica dunque “una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all'utilità socio-economica, tenuto conto anche delle alternative possibili e dei riflessi sulla stessa c.d. opzione-zero; in particolare, la natura schiettamente discrezionale della decisione finale e della preliminare verifica di assoggettabilità, sul versante tecnico ed anche amministrativo, rende fisiologico che si pervenga ad una soluzione negativa ove l'intervento proposto cagioni un sacrificio ambientale superiore a quello necessario per il soddisfacimento dell'interesse diverso sotteso all'iniziativa; da qui la possibilità di bocciare progetti che arrechino vulnus non giustificato da esigenze produttive, ma suscettibile di venir meno, per il tramite di soluzioni meno impattanti in conformità al criterio dello sviluppo sostenibile e alla logica della proporzionalità tra consumazione delle risorse naturali e benefici per la collettività che deve governare il bilanciamento di istanze antagoniste” ( Consiglio di Stato sez. V 02 ottobre 2014 n. 4928, Consiglio di Stato sez. IV 09 gennaio 2014 n. 36).
Aggiunge il TAR Sardegna nella sentenza qui esaminata che
in relazione al progetto sottoposto a VIA: “non sarebbe stata
dimostrata la sostenibilità socioeconomica dell’intervento, attraverso un’
analisi costi/benefici esposta in maniera organica e completa. Con
l’espletamento di una analisi economico-finanziaria estesa alla valutazione
della realizzazione, della gestione nonché della dismissione dell’impianto… la
richiesta di integrazioni della Autorità Competente al procedimento di VIA
SAVI, in merito a questo punto, richiedeva esplicitamente l’elaborazione di una
adeguata analisi benefici/costi, sia di carattere prettamente economico, sia
per quanto riguarda il profilo inerente costi e benefici ambientali e sociali
dell’intervento, con riferimento alle diverse opzioni esaminate. La
società ricorrente avrebbe trattato, nelle controdeduzioni, solo l’esame delle
“esternalità positive” derivanti dall’intervento sulla componente atmosfera. Ma
nessuna valutazione sarebbe stata effettuata in merito alle altre componenti.
Così come i presunti benefici socio-economici dell’intervento (ricadute sociali
ed economiche sul territorio) sarebbero risultati di natura ed entità
indefinita.”
Quanto sopra, usando un gergo tecnico giuridico, conferma che il procedimento/provvedimento di VIA rientra nel campo degli atti a discrezionalità mista (tecnico amministrativo). La differenza con le autorizzazioni ordinarie è netta. In queste se il progetto è dentro i parametri tecnici di legge (tutti ovviamente non solo quelli ambientali) deve essere autorizzato con prescrizioni ma autorizzato. Nella VIA invece i margini di discrezionalità nella valutazione della compatibilità del progetto con il sito sono più grandi: giocano fattori anche legati agli aspetti sociali, al consenso da parte della comunità, all’impatto con altre attività presenti nella zona, a limiti e rischi di uso del territorio in futuro[NOTA 1] dopo che il progetto venisse realizzato etc. etc.
[NOTA 1] TAR Lombardia Milano sez. I 27/1/1998
n. 97: “il corretto svolgimento della procedura di VIA postula necessariamente la prospettazione e
la verifica del progetto in tutte le sue potenzialità espansive e con
riguardo alla globalità degli interventi. Ciò del resto risponde alla logica
propria della valutazione di impatto ambientale che deve considerare, oltre
all’incidenza determinata dai singoli segmenti dell’impianto da realizzare,
anche l’impatto complessivo indotto sul sistema ambientale dell’opera, quale
risulti globalmente considerata nel progetto . Di talchè tale valutazione
non potrebbe essere compiuta se non avendo riguardo anche alle utilizzazioni
che, benché differite nel tempo ,
siano comunque previste per garantire la piena funzionalità dell’opera stessa”
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