La vicenda del progetto
biodigestore di Saliceti (Vezzano Ligure) è un tipico esempio di quello che i sociologi, che si
occupano di conflitti ambientali, sintetizzano nell'acronimo D.A.D. (decidi annuncia difendi).
Decidi Annuncia Difendi oppure…
L'acronimo D.A.D. significa che: io Amministratore
decido cosa fare e comunico la decisione,
ben strutturata e definita, alla
collettività. Se ci sono critiche dalla società io amministratore mi limito a
difendere la mia decisione presa a priori e al massimo accetto qualche modifica
come "contentino per il popolo". Un metodo di comunicazione che non
risolve i conflitti ma produce sicuramente lavoro per studi legali e
magistratura.
Di contro al suddetto
approccio DAD, l’approccio alternativo (solo apparentemente più complesso ma
strategicamente più efficace) è quello ADR (alternative dispute
resolution). Il metodo ADR si fonda sull’idea che il problema la cui soluzione
crea effetti su un certo numero di soggetti è un problema di tutti quei
soggetti; la complessità della parti interessate deve, quindi contribuire
all’individuazione della soluzione. Quando la questione è posta nei suddetti
termini e gestita con le tecniche della negoziazione ambientale è possibile che
vengano individuate soluzioni alternative a quelle inizialmente ipotizzate o
comunque soluzioni che hanno fornito a tutta la comunità locale (anche la parte
più oppositiva) la sensazione che la soluzione sia stata frutto di un confronto
vero in cui tutte le soluzioni e le motivazioni che le sottendono sono state vagliate
anche con linguaggio (strumenti e metodi) non riservati agli addetti ai lavori.
Torniamo al progetto di biodigestore di
Saliceti…
Il progetto sul sito in
questione, nella tipica logica sopra esposta D.A.D., non è stato oggetto di alcun confronto
preventivo con la comunità locale ma neppure con le amministrazioni comunali
interessate.
Dopo la presentazione del
progetto nel sito di Saliceti c'è stata la ampia contestazione ma neppure in
quella sede si è cercato (da parte di chi governa Regione e Provincia) un
confronto con la comunità locale.
Non solo ma la Regione ha
avviato, su istanza della società che vuole realizzare l’impianto, una procedimento di autorizzazione unica regionale
comprensiva della VIA fondato sul sito di Saliceti in barba alla pianificazione
vigente.
La contestazione è
aumentata di intensità ed allora la Regione ha deciso di avviare una Inchiesta
Pubblica. Ma le udienze della Inchiesta, fino ad ora svolte, hanno visto la
Regione (autorità competente al rilascio della autorizzazione unica, quindi con ruolo improprio) volta solo
a difendere il sito e il progetto. In altri termini la Inchiesta Pubblica non è
servita per colmare il vuoto di coinvolgimento della comunità su quale
tecnologia e dove collocarla ma solo per
giustificare una scelta già fatta unilateralmente: un maldestro tentativo di PLEBISCITO PARTECIPATIVO!
Il confronto a babbo morto…
Ora leggo di timidi
tentavi di alcuni rappresentanti della maggioranza in Consiglio Regionale o
comunque di rappresentanti di forze politiche che sostengono la Amministrazione
Regionale, proporre confronti , tavoli , incontri con chi rappresenta il
dissenso al progetto in questione. Certamente il confronto è giusto ma quando si parla di scelte
amministrative i tempi sono fondamentali.
Se, seguendo la filosofia ADR
sopra esposta, si fosse sviluppato il confronto prima della presentazione del
progetto il confronto in se avrebbe avuto un senso. Ad esempio, giusto per fare
un esempio sui tempi, se si fosse avviato un confronto con la comunità locale (compresi
i Comuni di Vezzano, Santo Stefano M., Arcola) al momento in cui si voleva
cambiare il sito dell’impianto e le sue dimensioni.
Quale confronto e per cosa
È chiaro che ora con una
procedura di autorizzazione in corso ed una Inchiesta Pubblica, gestita, ma
soprattutto impostata come ho sintetizzato sopra, il semplice confronto non
basta. Occorre che insieme al confronto
si arresti il procedimento di autorizzazione. Non si può svolgere un percorso secondo la filosofia ADR mentre
parallelamente il processo decisionale formale va avanti!
Qualche “professore” di
diritto amministrativo a questo punto dirà: “se sospendiamo formalmente il procedimento Recos SpA farà ricorso e
potrebbe bloccare la sospensione”.
Bravi! Infatti non servono atti formali di
sospensione, è sufficiente che alla chiusura della Inchiesta Pubblica, l’Amministrazione
Regionale insieme con il responsabile del procedimento decidano di non
convocare la conferenza dei servizi fino a quando il confronto auspicato non si
concluda. A cosa serve il confronto? A
verificare e approfondire insieme con tutti gli enti interessati e i
rappresentanti dei cittadini la possibilità di soluzione alternative andando
quindi oltre il mandato della “stitica” Inchiesta Pubblica.
Pensate che uno strumento
giuridico amministrativo utile in questo senso è perfino previsto nella legge
241/1990: la c.d. conferenza dei servizi preliminare che però in questo caso
dovrà essere aperta a rappresentanti di cittadini e dovrà essere finalizzata a
raggiungere un accordo ai sensi dell’articolo 11 sempre della legge 241: un
accordo sostitutivo del provvedimento.
Si può fare? Io dico di si
è solo questione di volontà politica. Però senza un percorso di questo tipo non
venitemi a parlare di confronti : la partecipazione richiede tempo ma i
cittadini non hanno tempo da perdere!
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