mercoledì 1 novembre 2023

Piano del Mare: l’ecosistema marino perso tra gas portualità e lobby varie

Con Delibera del Comitato Interministeriale per le politiche del mare del 31 luglio 2023 in attuazione dell’articolo 12 della legge 204/2022 ([1]) è approvato in Piano del Mare (QUI con relativo comunicato di presentazione QUI).

Un documento corposo ma che più che a un Piano, assomiglia ad un documento di ricognizione dello stato della economia del mare con rimozioni importanti della normativa comunitaria in materia di pianificazione dello spazio marittimo. Soprattutto emerge dal Piano una visione meramente ricognitiva delle necessarie tutele ambientali dello spazio marittimo costiero con dichiarazioni di intenti pericolose sempre in materia ambientale.  

Insomma, siamo di fronte più ad un documento che più che ad un Piano pubblico  assomiglia ad una registrazione notarile (affogata nella inutile prolissità del testo)  di quanto già si muove da parte delle varie lobby portuali ed energetiche in primis.

 

 

 


PIANIFICAZIONE SPAZI MARITTIMI: RINVIATA

In primo luogo, il Piano del Mare conferma esplicitamente nella sua prima parte come lo strumento più operativo di derivazione comunitaria sulla pianificazione degli spazi marittimi (QUI) venga rinviato a quando non si sa vista la latitanza, in concorso delle Regioni.

Infatti, si legge al punto 2.1.1. del Piano del Mare quanto segue:
La pianificazione dello spazio marittimo, pertanto, ha lo scopo di promuovere un processo   pubblico trasversale alle amministrazioni, diretto ad analizzare e organizzare la distribuzione 
spaziale e temporale delle attività antropiche nelle zone marittime al fine di conseguire obiettivi economici, ambientali e sociali. Quanto al presente "Piano del mare", esso si colloca quale strumento di indirizzo politico e di coordinamento di un'unitaria strategia marittima nazionale, anche attraverso la proposta di successivi interventi normativi e/o amministrativi a cura dei Dicasteri titolari delle funzioni amministrative, da programmare nell'ottica dell'armonizzazione e della composizione tra i vari interessi coinvolti nello sviluppo della "blue economy". In estrema sintesi, pertanto, può affermarsi che mentre i "Piani di gestione dello spazio marittimo" indicano la distribuzione spazio-temporale degli usi, il "Piano del mare", nella prospettiva di una "visione d'insieme" di come strutturare l'utilizzo del mare, predispone gli indirizzi utili ex art. 12 legge 204/2022 nonche' le azioni generali da intraprendere. In ottemperanza alle scadenze previste dalla normativa unionale di cui alla richiamata Direttiva UE n. 89 del 2014, sarà necessaria un'accelerazione dei lavori per giungere alla definitiva approvazione di detti strumenti pianificatori”.

 

 


SICUREZZA MARITTIMA E RISCHI INCIDENTALI DA TRAFFICO MARITTIMO

Il capitolo del Piano del Mare 2.2.10.c sulla legislazione UE sulla sicurezza marittima è un compitino riassuntivo affastellato di normative diverse dal Carbon Index Indicator (riguarda efficienza contenimento emissioni gas serra) e le norme sulla safety marittima (quasi esclusivamente a bordo nave ). Vengono rimosse le problematiche sugli incidenti nei porti e in navigazione (QUI) per non parlare:

1. delle nuove linee guida sui piani di emergenza esterni con piani di area: Si pensi alle aree portuali con presenza di impianto Seveso che ad oggi non prevedono più l’obbligo di rapporto di sicurezza e piani di emergenza portuali (QUI),

2. dei danni alla portualità e al traffico marittimo dai mutamenti climatici (QUI).

 

 


ZONE LOGI1STICHE SEMPLIFICATE: DEROGHE ALLE NORME AMBIENTALI E LIMITI AL RUOLO DELLE COMUNITÀ ED ENTI LOCALI

Il capitolo 2.3.5 sulle Zone Economiche Speciali ("ZES") e le Zone Economiche Logistiche Semplificate ("ZLS") promuove ulteriori espansioni di questi strumenti. Il tutto finalizzato alla necessità di crescita della capacità portuale, all'aumento delle dimensioni delle navi ed alla crescente domanda di collegamento con l'entroterra. Il riferimento agli aspetti ambientali di detti strumenti è ridotto alle questioni di gestione rifiuti e gestione energetica con buona pace di quei principi della pianificazione dello spazio marittimo che richiederebbero una applicazione di più rigorosi parametri di sostenibilità soprattutto sulle ZLS attualmente totalmente assenti nella disciplina che le regola. Disciplina, quest'ultima, tutta rivolta alla semplificazione e alle deroghe alle norme ambientali (QUI) di cui un esempio è anche la recente ultima riforma della legge quadro sui porti (descritta QUI, peratrlo dichiarata parzialmente incostituzionale QUI).

La logica unilateralmente portualista del Piano del Mare emerge anche dalle dichiarazioni (QUI) di Uniport (associazione delle principali imprese di ambito portuale) dove del Piano si esalta: "il rafforzamento “improcrastinabile” delle funzioni centralizzate, sia nella fase della programmazione delle opere di infrastrutturazione portuale ed extra-portuale... la riduzione delle barriere burocratiche e la visione integrata del trasporto marittimo da e verso le altre modalità."


 

DRAGAGGI: ANCORA SEMPLIFICAZIONI IN DANNO ALL’AMBIENTE

Altro esempio in negativo è il capitolo 2.3.8. sui dragaggi dove si ribadisce

E' dunque impellente la necessità di definire una normativa nazionale - ad oggi ancora disorganicamente rintracciabile e differentemente rivolta ai porti ricadenti e non ricadenti nei siti di interesse nazionale - che ricomprenda in maniera organica tutti i regolamenti emanati e, in particolare, in cui siano definite in maniera olistica: (a) i criteri e le modalità relative alla caratterizzazione dei sedimenti, alla valutazione della loro qualità, nonché alla gestione di vari passaggi autorizzativi (ad esempio ai fini dell'approvazione di un apposito Piano nazionale dei dragaggi sostenibili)

Questa affermazione rimuove le continue semplificazioni e deroghe alle norme ambientali, degli ultimi anni, proprio in materia di dragaggi. Di seguito alcuni esempi più recenti:
1. Sui dragaggi invece si è previsto una normativa favorevole ai porti interni a siti di bonifica regionale (vedi es. Spezia) in barba al fatto che un sito di bonifica regionale o nazionale resta sempre un sito inquinato. Utilizzando questa normativa si vuole spandere i fanghi di dragaggio al largo del golfo di Spezia a proposito di “a cosa servono le semplificazioni”.  

2. Ma ai “semplificatori” niente è sufficiente per cui con la legge 108/2021 (QUI) è stato previsto addirittura un  Piano nazionale di dragaggi “sostenibili” solito aggettivo da operazioni di Greenwashing. Questa norma prevede addirittura che le attività di dragaggio nelle infrastrutture portuali del territorio nazionale e nelle acque marino-costiere siano dichiarate interventi di pubblica utilità indifferibili e urgenti, costituendo, se necessario, variante al piano regolatore portuale e al piano regolatore del sistema portuale. Quindi si draga a prescindere dalle destinazioni contenute nel PRSP del demanio portuale: una follia! 

3. Ma non è ancora sufficiente l’azione di demolizione delle tutele ambientali perché con l’articolo 4 della legge 156/2021 (QUI) è stato modificato l’articolo 184-quater del DLgs 152/2006 introducendo un nuovo comma 5-bis con un indirizzo chiaro per il "riutilizzo" in ambienti marino costieri vale a dire  sversare in mare il materiale escavato. D'altronde il nuovo comma 5-ter diventa norma di chiusura prevedendo un nuovo decreto che disciplini questo "riutilizzo"! Ora essendoci già una normativa (articolo 109 DLgs 152/2006 - Decreto Ministeriale 173/2016- QUI) il nuovo decreto servirà per aprire nuove e più facile possibilità di dragare senza troppi vincoli, altrimenti una nuova norma non avrebbe alcun senso.

Il Decreto sta per arrivare, nella vesta èiù "dimessa" del regolamento. Infatti nonostante quanto sopra il Piano accoglie le nuove esigenze della lobby degli operatori portuali e quindi proprio da quanto dichiarato dalla citazione sopra riportato dal capitolo 2.3.8. Citazione finalizzata a realizzare del tutto il colpo non completamente riuscito (QUI) con la proposta di regolamento sulle terre e rocce di scavo presentato dal Governo che tratta anche i dragaggi nei porti di interesse nazionale. Il testo della bozza di regolamento tratta anche dei materiali di dragaggio e della possibilità di un loro riutilizzo ma solo a terra mentre gli sversamenti in mare restano in vigore i due Decreti ministeriali del 2016, per questo motivo si sono dichiarati insoddisfatti (QUI) gli operatori portuali che speravano invece di poter applicare il nuovo regolamento (che permette di classificare le terre e rocce di scavo come sottoprodotti e non più rifiuti) anche per lo sversamento in mare dei fanghi di dragaggio.

Ma arriverà il salvataggio delle esigenze degli operatori portuali, con il Decreto previsto dal comma 5-ter del nuovo articolo 184-ter dlgs 152/2006 e come richiesto dal Piano de Mare?

 


 

QUESTIONE ENERGETICA NEI PORTI SI RIPRENDONO NORME ESISTENTI E NON ANCORA ATTUATE

Positivo la parte, capitolo 2.3.20., sulla questione energetica nei porti che peraltro non dice nulla di nuovo visto che i piani energetici sono previsti da tempo con il documento di pianificazione energetica ed ambientale del sistema portuale ex articolo 4-bis della legge 84/1994, per non parlare della citazione delle comunità energetiche portuali già previste comma 2 articolo 9 della legge 91/2022 (QUI).

 


 

QUALE RUOLO DELLE AUTORITÀ DI SISTEMA PORTUALE

Sulle Autorità di Sistema Portuali si vuole promuovere un indirizzo efficientista del loro ruolo quando al capitolo 2.3.12 si afferma: “Inoltre, anche nell'ottica di un aggiornamento della legge n. 84 del 1994, dovrà essere valutata una possibile riforma del sistema portuale in una logica di semplificazione e competitività dei porti italiani. Il tutto valutando di agevolare la necessaria evoluzione delle attività di gestione portuale affidate alle odierne AdSP per renderle più efficienti nei confronti delle mutate esigenze del mercato”.

Si vuole formalizzare definitivamente quello che è in atto da tempo (anche con riforme recenti e meno) che è quello di togliere definitivamente alle Autorità Portuale quel ruolo di mediazione tra interessi di sviluppo delle operazioni portuali e il territorio che intorno ai porti insiste comprese le comunità locali e chi dovrebbe rappresentarle come gli enti locali. D'altronde ormai neppure gli organi elettivi delle Regioni, Assemblee Regionali, non approvano più neppure i Piano regolatori portuali. Come se un Piano regolatore portuale fosse un progettino tecnico da far approvare tra le ristrette elite lobbistiche!

In questo senso la discussione sulla ennesima proposta di riforma della legge quadro sui porti in chiave di governance nasconde la logica affermata nel passaggio sopra citato dal Piano del Mare di una privatizzazione di fatto della Autorità Portuale trasformata in ente di mediazione tra gli interessi degli operatori portuali (QUI).

 

 


LA STRATEGICITÀ DEL GAS TRASPORTATO VIA NAVE

Il capitolo 2.4.1. sulle fonti fossili è emblematico di una scelta del Piano del Mare verso il gas quale fonte centrale per molti anni a venire della c.d. transizione ecologica, si afferma infatti: “Per il gas, invece, embargo e sanzioni determineranno verosimilmente l'aumento delle gasiere nell'area mediterranea. Non potendo viaggiare via terra, il gas viaggerà via nave ed è quindi necessario che l'Italia investa risorse adeguate e favorisca una strategia industriale di lungo periodo per lo sviluppo di una flotta gasiera operata da imprese nazionali che assicuri l'indipendenza della catena di approvvigionamento nazionale. In tale scenario, un importante e strategico anello della filiera, a lungo purtroppo oggetto di scarsa attenzione, é costituito dai rigassificatori.”

 

Qui siamo oltre alla semplice necessità di gestire la crisi energetica post-guerra Ucraina, ma siamo di fronte ad una strategia di lungo periodo che mette il gas al centro della politica energetica del nostro Paese in modo strettamente legato al traffico marittimo.

Tutto questo nonostante che autorevoli studi e documenti ufficialissimi dichiarino:

1. sul rischio globale dell’aumento dei costi di importazione del gnl per i Paesi non produttori. (QUI);

2. rischi di una espansione del gnl nel trasporto marittimo in relazione al mancato raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica (QUI e QUI);

3. il Rapporto di EASAC – European Academies’ Science Advisory Council sul gas come strada senza uscita (QUI);

4. il rischio emissioni libere dal ciclo del metano come spiegato in un Rapporto della Agenzia Internazionale per l’Energia (QUI).

 

Tutto questo cozza con quanto affermato nel capitolo 2.4.2. del Piano come ha dimostrato uno studio (QUI) di BloombergNEF (non tacciabile di estremismo ambientalista) per cui anche gli aumenti di investimenti sulle rinnovabili non sono sufficienti se si continua a promuovere le fossili.

Senza considerare che in realtà si è dimostrato (QUI) che semmai sono le rinnovabili non il gas il tampone della emergenza energetica.

 

 

P.S. Ovviamente visto le dimensioni del documento in questione mi sono limitato a sollevare le criticità più significative, in particolare quelle sulle tematiche ambientali, ma ci sarà occasione di tornare su questo Piano ma soprattutto sui temi in esso trattati.

 

 



[NOTA 1] Per una analisi della legge che istituisce e definisce il contenuto del Piano del Mare vedi News/Ambiente gennaio 2023 a questo link: https://www.slideshare.net/MarcoGrondacci1/newsambiente-gennaio-2023pdf

 



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