mercoledì 22 febbraio 2023

Porti l'autonomia regionale come scusa per coprire la privatizzazione delle Autorità Portuali

Il Governo Meloni sta mettendo in cantiere l’ennesima riforma dei porti. Si vuole favorire una governance (parolina magica abusata per nascondere altro come vedremo) più efficiente da parte delle Autorità di sistema portuale.  

Il Presidente della Regione Liguria vede addirittura un modello misto: "un modello con un porto Spa guidato da un consiglio di amministrazione espressione degli enti locali può anche convivere con altri tipi di Autorità portuali" Secolo XIX 22/2/2023 vedi anche il titolo del quotidiano all’inizio del post. 

Insomma una guazzabuglio e una commistione sempre maggiore tra operatori portuali e livelli istituzionali facendo venire meno il ruolo di terzietà che le Autorità Portuali e ancora di più i Comuni e le Regioni dovrebbero avere sulla gestione del rapporto porto/territori. Dietro gli slogan c’è il disegno che va avanti da anni di privatizzare sempre di più non solo la Governance ma addirittura il Government dei porti.


 

LA TENDENZA ALLA PRIVATIZZAZIONE MONOPOLISTICA DELLE AREE PORTUALI IN ATTO DA TEMPO

Da anni siamo di fronte ad una tendenza alla privatizzazione monopolistica delle aree portuali con un ruolo sempre più emarginato delle Autorità Portuali. Come affermato da Sergio Bologna in “Le multinazionali del mare” (ed. Egea 2010): “la realtà di ogni giorno vede nei principali porti una graduale limitazione del campo di azione delle Port Authority da parte delle grandi organizzazioni terminalisti che delle Agenzie Governative. Non a caso la nuova cultura della security incoraggia i terminalisti privati ad accentuare la impenetrabilità delle loro strutture. La Autorità Portuale viene implicitamente invitata a farsi gli affari suoi o a occuparsi di retro porti…”.
Anche da questi elementi nasce la necessità di costruire una nuovo modello di governance sostenibile e partecipata nella gestione del porto in rapporto al resto del territorio. L’obiettivo quindi non è quello di “privatizzare” anche le Autorità di Sistema Portuale ma farle diventare GARANTI di un corretto rapporto con l’area vasta in cui si colloca il porto,
Gli strumenti, come abbiamo visto, ci sono : studi di impatto portuale, valutazione ambientali strategici dei piani regolatori portuali, accordi di programma e procedimentali tra gli enti interessati per dare vita ad una Autorità Portuale che nelle diverse realtà dei porti italiani sia realmente garante e promotrice della attuazione di questi strumenti per gestire un porto: “…visto, nell’ottica del legislatore del 1994 e nella concreta esperienza di applicazione di quella legislazione, non più come un semplice punto di approdo, ma un centro di vasti e complessi interessi industriali e commerciali che travalicano l’ambito portuale per coinvolgere il vasto entroterra regionale con interventi logistici, trasportistici, infrastrutturali “ (Consiglio di Stato, nel suo parere n. 2361 del 25/7/2008).

Ma le riforme che contano per i territori sono già avvenute e tutte in danno a norme ambientali (derogate e aggirate o non attuate come nel caso delle emissioni rumorose) al ruolo delle comunità locale e delle loro rappresentanze istituzionali e al ruolo delle stesse Regioni relativamente ai Consigli Regionali dimenticando cosa voglia dire pianificare lo sviluppo dei porti in armonia con i territori che li circondano come spiego da anni su questo blog. 

Di seguito due esempi molto significativi. 




LA RIFORMA DELLA PIANIFICAZIONE PORTUALE DEL 2021

A cominciare dalla riforma recente (vedi articolo 4 della legge 156/2021 QUI modifica l’articolo 5 della legge quadro sui porti QUI) che disciplina sia il Documento di Programmazione Strategica di Sistema (DPSS) che il Piano Regolatore DI Sistema Portuale (PRSS).

In sintesi (per approfondire vedi QUI) questa riforma prevede:

1. aggirare il più possibile la applicazione di procedure di valutazione ambientale nelle scelte strategiche di pianificazione dell’uso del demanio portuale, a cominciare dalla Valutazione Ambientale Strategica;

2. accentrare le decisioni sull’approvazione degli strumenti di programmazione e pianificazione portuale nelle mani delle Autorità di Sistema Portuale tagliando fuori le Regioni ed in primo luogo i Consigli Regionali;

3. ridurre sempre di più le scelte di pianificazione del demanio portuale a decisioni “tecniche” attraverso l’ampio uso dell’adeguamento tecnico funzionale anche in contrasto con le stesse linee guida sui Piani Regolatori di Sistema Portuale approvate nel 2017 dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici che non casualmente vede applicato ai suoi pareri un assurdo meccanismo di silenzio assenso

4. esclusione dell’interesse paesaggistico attraverso la equiparazione degli ambiti portuali alle zone omogenee B del Decreto 1444 del 1968.

 



E VOGLIAMO PARLARE DELLE ZONE LOGISTICHE SEMPLIFICATE?...

L’articolo 48-quater della legge 120/2020 prevede che qualora in una Regione ricadano più Autorità di sistema portuale di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, e nell'ambito di una delle dette Autorità rientrino scali siti in regioni differenti, la Regione é autorizzata ad istituire una seconda Zona logistica semplificata, il cui ambito ricomprenda, tra le altre, le zone portuali e retroportuali relative all'Autorità di sistema portuale che abbia scali in regioni differenti.

Sotto il profilo delle procedure anche a rilevanza ambientale sono ben più significative le semplificazioni previste per le zone economiche speciali ed estendibili anche alle Zone Logistiche Semplificate.

In particolare, per i procedimenti amministrativi autorizzatori, per interventi nel perimetro delle ZLS, sono ridotti di un terzo i termini di cui: 

1. agli articoli 2 (termini ordinari di conclusione del procedimento) e 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (SCIA) QUI;

2. al Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Codice dell’Ambiente parte II), in materia di valutazione d'impatto ambientale (VIA), valutazione ambientale strategica (VAS) e autorizzazione integrata ambientale (AIA). In questo caso soprattutto per la VIA e la VAS siamo ad una ulteriore riduzione dei termini già prevista dalle recenti riforme (per la VAS QUI, per la VIA QUI nella seconda parte del post qui linkato) di queste procedure, in tal modo riducendo queste procedure a poco più di un bollino da staccare. Un esempio: per la VAS con le riduzioni dei termini di queste ZLS si arriva ad avere solo 15 giorni per presentare le osservazioni del pubblico (termine ridicolo per un piano o programma);  

3. al regolamento di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 2013, n.  59 (QUI), in materia di autorizzazione unica ambientale (AUA);

4. al codice di cui al Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (QUI), e al regolamento di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n.   31 (QUI), in materia di autorizzazione paesaggistica semplificata;

5. al testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, in materia edilizia;

6. all’articolo 18 della legge 28 gennaio 1994, n. 84 (QUI), in materia di concessioni demaniali portuali.

 

Ma non è finita qui, per le semplificazioni, perché il recentissimo Decreto Legge n° 36 del 30 aprile 2022 (QUI) all’articolo 37 modificando la sopra citata legge 205/2017 (istitutiva delle ZLS) rinvia ad un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che disciplinerà non solo le procedure di istituzione funzionamento e organizzazione delle ZLS ma anche le condizioni per l'applicazione delle misure di  semplificazione sopra elencate, con la possibilità di ulteriori semplificazioni.

Occorre aggiungere che nell’attesa del suddetto DPCM vige il DPCM n° 12 del 25 gennaio 2018 (QUI) che di fatto assegna la gestione delle zone economiche speciali e quindi per ora anche le ZLS, da un Comitato di indirizzo composto dal Presidente  dell'Autorità portuale, che lo presiede, da un rappresentante della Regione, o delle Regioni nel caso di ZES interregionale, da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri e da un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Insomma, il livello locale non esiste neppure nella rappresentanza del Comune o dei Comuni interessati. Questo Comitato di indirizzo deciderà:

1. le attività amministrative necessarie a garantire l'insediamento di nuove imprese e la piena operatività delle imprese nella ZES

2. protocolli per semplificazioni delle procedure autorizzative che potranno quindi introdurre ulteriori deroghe alle norme ambientali elencate in precedenza.

Il Piano di sviluppo della ZES e quindi per ora anche della ZLS è definito dal Presidente della Regione (nessun passaggio dal Consiglio Regionale) sentiti (quindi un ruolo meramente consultivo) i Sindaci.

Peraltro, visti gli indirizzi ultra-semplificatori e derogatori del Governo attuale il nuovo DPCM che dovrebbe prevedere una disciplina specifica per le ZLS riprodurrà sicuramente il suddetto modello di governo anche per queste.

 


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