domenica 22 agosto 2021

Gli impianti di rifiuti esistenti possono essere spostati o non rinnovati dalla pianificazione comunale tanto più se in scadenza

Il Consiglio di Stato con sentenza n° 4891 del 28 giugno 2021 (QUI) è intervenuto su una controversia che vedeva da un lato i gestori di un impianto di stoccaggio di rifiuti da amianto autorizzato e dall’altro un Comune che in sede di stesura del nuovo Piano urbanistico ha deciso di introdurre una norma per cui: “per gli Ambiti urbani consolidati all’interno dei quali ricade l’impianto di stoccaggio in questione… In ogni caso, sono escluse attività non compatibili con la funzione residenziale ed, in particolare che prevedano il trattamento ed il deposito di prodotti inquinanti o che determinino condizioni di rischio igienicosanitario (amianto, rifiuti e scorie di qualsiasi natura e allevamenti di animali)”.

La sentenza nelle sue conclusioni è interessante perché affronta un tema diffuso sul territorio di molti Comuni: possono gli amministratori locali rivedere la destinazione urbanistica futura di impianti esistenti che peraltro costituiscono industrie insalubri di prima classe. Come vedremo secondo il Consiglio di Stato la risposta è <<si possono” e di seguito vediamo come è stato motivata questa decisione.

 

LE TESI DEI GESTORI DELL’IMPIANTO DI RIFIUTI

Secondo i gestori la scelta urbanistica del Comune non sarebbe supportata da idonea motivazione, avrebbe frustrato il legittimo affidamento maturato dalla ricorrente in merito alla destinazione urbanistica dell’area e all’esercizio della propria attività imprenditoriale già autorizzata ed inoltre non avrebbe neppure operato un bilanciamento ed una valutazione che salvaguardasse la sua posizione.

Inoltre la decisione del Comune contrasterebbe con la esistenza della autorizzazione che ai sensi dell’articolo 208 DLgs 152/2006 costituirebbe variante automatica alla pianificazione urbanistica di livello comunale.

 

 

LA DECISIONE DEL CONSIGLIO DI STATO

Il Consiglio di Stato nella sentenza in esame smonta totalmente le tesi dei gestori dell’impianto affermando i seguenti principi:


L’ampia discrezionalità pianificatoria dei Comuni

Le scelte urbanistiche degli Enti preposti al governo del territorio, sia in funzione di programmazione, sia in funzione di pianificazione, non debbono essere corredate da una motivazione specifica e puntuale, trattandosi di atti amministrativi generali connotati da ampia discrezionalità.

 

Le aspettative di chi ha impianti esistenti anche autorizzati devono sottostare ad un bilanciamento degli interessi tra produzione e diritti dei residenti

Di fronte ad un nuovo piano urbanistico con allegato regolamento edilizio le legittime aspettative asseritamente maturate dai privati proprietari delle aree che ricadono all’interno del piano vanno qualificate e commisurate tenendo conto della superiore esigenza, che è di carattere generale, di raccordare le aree già insediate ed edificate da un punto di vista strutturale, coordinando le esigenze abitative con quelle della produzione.

Aggiunge quindi il Consiglio di Stato che gli insediamenti già presenti sul territorio non possono costituire di per sé stessi un ostacolo all’esplicazione di un potere di governo che si sostanzia e che allo stesso tempo rappresenta un tratto essenziale del ruolo che l’Ente locale riveste nella disciplina del proprio territorio, rispetto all’intera collettività sullo stesso stanziata.

 

Il fatto che l’autorizzazione dell’impianto sia in scadenza non deve facilitare il rinnovo se il Comune vuole pianificare diversamente il territorio

La ditta ricorrente in primo grado è titolare di un’autorizzazione all’esercizio di un impianto prossima alla scadenza decennale, del cui rinnovo o proroga non è stata fornita la prova in giudizio. Pertanto, l’astratta ed ipotetica prorogabilità del titolo – peraltro dipendente, anch’essa, da una scelta puramente discrezionale dell’Amministrazione preposta – non può costituire un limite o un ostacolo all’esercizio del potere di programmazione del territorio.

Non solo ma, conclude il Consiglio di Stato, il Comune, nel perseguire l’intento di ridisegnare l’assetto residenziale del proprio territorio, ha anzi individuato il momento forse migliore e più opportuno per sacrificare l’interesse privato a fronte dell’interesse della collettività in generale, ovverossia il momento prossimo alla scadenza del titolo autorizzatorio all’esercizio dell’impianto di stoccaggio dei rifiuti.

 

 

CONCLUSIONI

La sentenza conferma come il potere di pianificazione comunale se adeguatamente motivato, resta sovrano e non è limitato neppure dall’articolo 208 del DLgs 152/2006 che al comma 6 prevede: “l’autorizzazione… costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico”. Si conferma come questa norma debba essere interpretata non come un vincolo automatico che escluderebbe ex lege il potere di pianificare anche per il futuro il proprio territorio da parte di un Comune ma debba essere frutto di un confronto di merito e di un bilanciamento degli interessi in campo che vede comunque al centro la massima discrezionalità della Amministrazione locale.

Vedi anche QUI, QUI, QUI, QUI, QUI.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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