Il Consiglio di
Stato, sentenza n° 4991 pubblicata oggi
10 agosto 2020 QUI,
ha confermato un precedente indirizzo (QUI)
sul potere di pianificazione comunale
prevalente a determinate condizioni di adeguata motivazione sulle autorizzazioni
agli impianti di gestione rifiuti comprese le modifiche agli impianti
esistenti.
In particolare la nuova
sentenza riconosce il diritto del Comune di opporsi, in conferenza dei servizi,
alla autorizzazione all’aumento delle quantità e qualità dei rifiuti trattati
in un impianto esistente in quanto con variante generale al piano urbanistico
comunale aveva variato la destinazione urbanistica della zona interessante a
residenziale.
Vediamo le specifiche
motivazioni della sentenza
Nel caso qui esaminato la
Provincia aveva autorizzato la modifica dell’impianto esistente con
provvedimento avente per oggetto “approvazione progetto ed
autorizzazione alla realizzazione di un impianto per il recupero di rifiuti non
pericolosi” e con effetto di variante urbanistica automatica
Intanto una prima
affermazione significativa della sentenza del Consiglio di Stato è che la
modifica della quantità dei rifiuti trattati non consiste in “un mero ‘aggiornamento’ dell’autorizzazione pregressa,
quanto piuttosto di un suo effettivo adeguamento rispetto alle esigenze
aziendali”
Il Comune in Conferenza
dei Servizi ha
espresso il proprio dissenso al rilascio dell’autorizzazione in variante,
perché ciò avrebbe contrastato con la propria precedente determinazione
pianificatoria e programmatoria sull’utilizzo di quella specifica area, dove si
era: “preso atto dell’attività di gestione rifiuti ivi esistente e della necessità
di provvedere al suo trasferimento, con il cambio di destinazione urbanistica
della zona in agricolo residenziale e mediante l’individuazione di un lotto
libero ad uso residenziale coincidente con il sedime dell’opificio”.
Il
Consiglio di Stato pur ricordando che il comma 6 articolo 208 del DLgs 152/2006
afferma che l’approvazione del progetto: “costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e
comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei
lavori”, ha altresì rilevato che il comma 3 del medesimo articolo precisa
invece che: "la decisione della conferenza
dei servizi è assunta a maggioranza e le relative determinazioni devono
fornire una adeguata motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse
nel corso della conferenza".
Secondo la sentenza qui
esaminata quindi i due commi vanno interpretati nel senso che occorre motivare: “le ragioni di pubblico interesse sottese ad
una scelta pianificatoria provinciale che si pone in aperto contrasto rispetto
alla posizione assunta dal Comune in sede conferenziale, nonché rispetto alla
formale variante urbanistica comunale, la quale denota la forte determinazione
del Comune nel volere trasferire l’impianto in altro sito in considerazione del
particolare contesto paesaggistico ed ambientale dell’area.”
Sui due commi dell’articolo
208, sopra citato, il Consiglio di Stato fa una affermazione di interpretazione
generale: “la norma richiamata è
significativa della volontà del legislatore di coordinare in modo armonico l’esercizio
dei concorrenti poteri di pianificazione spettanti ai diversi livelli di
governo del territorio e, secondo il consolidato indirizzo ermeneutico seguito
dalla giurisprudenza costituzionale, appare anzi doverosa la leale
collaborazione degli enti territoriali nel rispetto delle reciproche
prerogative, anche costituzionalmente tutelate.”
Nel caso specifico,
secondo il Consiglio di Stato: “il provvedimento provinciale impugnato è stato difettoso in punto di
motivazione, perché ha mancato di illustrare, in modo per l’appunto adeguato,
le ragioni per le quali il dissenso manifestato dal Comune è superabile.”
Insomma
mentre l’indirizzo della giurisprudenza del Consiglio di Stato, di cui avevo
trattato QUI,
aveva ad oggi affermato che il Comune si può opporre in sede di Conferenza dei
Servizi alla automaticità della variante per effetto della autorizzazioni ma lo
deve fare motivando adeguatamente, ora la nuova sentenza afferma che anche l’ente
autorizzatore se occorre una variante alla destinazione urbanistica deve
dimostrare che i motivi che stanno alla base della autorizzazione sono
superiori a quelli della vigente destinazione urbanistica dell’area.
Non
mi pare poco tutto questo alla faccia di quelli che “tanto l’autorizzazione va
in variante urbanistica comunque”… e mi
vengono in mente un po di casi ancora aperti che sto seguendo!
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