Quello
che segue è un post dove spiego a breve termine cosa può essere fatto per
limitare l’inquinamento e il rischio di incidente rilevante per le aree
genovesi dove sono presenti depositi petroliferi soggetti alla Direttiva Seveso
III recepita in Italia con DLgs 105/2015. In un prossimo post affronterò la
questione della ricollocazione dei depositi: una telenovela piena di falsità e
di approccio dilettantesco.
Le
mie richieste, a breve termine, che
avanzo ai candidati alle prossime elezioni regionali nascono dal fatto che quello
che è mancato da parte delle Autorità Competente (Regione compresa), in queste
aree, è l’utilizzo, anzi sarebbe meglio dire l’applicazione, degli strumenti di
controllo autorizzazione e prescrizione previsti dalla vigente normativa
ambientale.
Vediamo
perché e come e soprattutto cosa deve fare la Regione
EMISSIONI DAI DEPOSITI
PETROLIFERI
I depositi petroliferi sono industrie insalubri di
prima classe
I depositi di cui stiamo
parlando sono industrie insalubri di prima classe come risulta dal D.M. 5
settembre 1994 (Elenco delle industrie insalubri di cui all'art. 216 del testo
unico delle leggi sanitarie). In particolare li troviamo al punto 70 sezione B)
Parte I dell’elenco: “70. Idrocarburi -
frazionamento, purificazione, lavorazione, deposito (esclusi i servizi stradali
di sola distribuzione”.
Quindi la autorità
Sanitaria (Sindaco) se dimostra un rischio sanitario in atto nella zona (ad
esempio per una VIS ma anche solo per una serie di eventi di disturbo
dimostrati da certificati medici o ricoveri pronto soccorso, o dati statistici
sistematici) può imporre con ordinanza prescrizioni fino ad arrivare alla
chiusura dell’impianto e avviarne la ricollocazione.
Prescrizioni emissioni depositi
Si afferma da parte di
molte istituzioni che i depositi petroliferi sono esenti da autorizzazioni
ambientali specifiche soprattutto quelle alle emissioni che poi è uno dei
fattori principali di impatto di questi impianti (rischio incidente a parte
ovviamente).
Bene non è così: La norma
generale applicabile in termini autorizzatoria è l’articolo 269 del DLgs
152/2006: “Autorizzazione alle
emissioni in atmosfera per gli stabilimenti” che al comma 10
recita: “ 10. Non sono
sottoposti ad autorizzazione gli impianti di
deposito di oli minerali, compresi i gas liquefatti. I
gestori sono comunque tenuti ad adottare
apposite misure per contenere le emissioni diffuse
ed a rispettare le ulteriori
prescrizioni eventualmente disposte, per le medesime
finalità, con apposito provvedimento dall'autorità competente”.
Autorizzazione emissioni odorigene
Secondo il nuovo articolo 272-bis del DLgs 152/2006 la
normativa regionale o le autorizzazioni possono
prevedere misure per la prevenzione e la
limitazione delle emissioni odorigene a tutti gli impianti ed
alle attività che producono emissioni in atmosfera.
Quali prescrizioni e quale efficacia legale delle
stesse
L’articolo 279 del DLgs 152/2006 è quello che stabilisce sanzioni penali nel caso di
violazione dei limiti inquinanti di legge e delle prescrizioni previste ex ante
negli allegati alla legge. Poi aggiunge o la violazione delle “prescrizioni
altrimenti imposte dall'autorità competente”
Sul punto è intervenuto
una sentenza della Cassazione penale n.34517/2017
Afferma la Cassazione:
“Tali dispositivi si connotano per l’attribuzione, in capo
all’amministrazione deputata alla protezione del bene ambientale e al controllo
sulle attività umane che sul medesimo impattano, di poteri discrezionali che si
caratterizzano per la possibilità di articolare in maniera assai ampia le
prescrizioni da imporre ai destinatari, in modo da poter adeguare le necessità
della tutela alla varietà delle situazioni eventualmente incidenti
sull’ambiente e alle caratteristiche, anche tecnicamente complesse, delle
strutture, produttive e non, che operano in tali contesti”
Cosa può fare la Regione
Relativamente alla
normativa sulle industrie insalubri, può supportare la Amministrazione Comunale
(in termini di risorse economiche e professionali) l’esercizio delle funzioni
del Sindaco in questa materia, in primo luogo facendo funzionare i Dipartimenti
di Prevenzione delle ASL.
Relativamente alle
prescrizioni alle emissioni se è vero che autorità competente a imporre
prescrizioni e autorizzazioni di cui sopra è la Città Metropolitana, la Regione
può predisporre linee guida attuative dell’articolo 272-bis del DLgs 152/2006
togliendo quindi la scusa usata fino ad oggi dai rappresentanti della Città
Metropolitana che non saprebbero come attuare le norme suddette.
LA NORMATIVA SUL RISCHIO DI INCIDENTE RILEVANTE
Normativa sulle industrie a rischio di incidente
rilevante (Seveso) e tutela della salute
il sistema Ispra ed
Arpa (agenzie per la protezione dell’ambiente) ha elaborato nel 2013 un
rapporto specifico sui criteri ed indirizzi tecnico-operativi per la
valutazione delle analisi degli incidenti rilevanti con conseguenze per
l’ambiente.
Secondo questo rapporto
nei Rapporto di sicurezza di questi impianti: “Non viene, in genere,
sviluppata, una descrizione di dettaglio delle metodologie utilizzate per
l’intervento, dell’indicazione dei dati fisico-chimici che dovrebbero
sottendere l’intervento tecnico, di una qualunque disamina dei processi di
diffusione che potrebbero avvenire durante l’emergenza;”
Eppure il DLgs 105/2015
/Seveso III) prevede che nei Rapporto di sicurezza aggiornati
- nella descrizione
dei dispositivi installati nell'impianto per limitare le conseguenze di
incidenti rilevanti viene aggiunto: “per
la salute umana e per l'ambiente, compresi ad esempio sistemi di
rilevazione/protezione, dispositivi tecnici per limitare l'entità di rilasci
accidentali, tra cui nebulizzazione dell'acqua, schermi di vapore, contenitori
di raccolta di emergenza, valvole di intercettazione, sistemi di
neutralizzazione, sistemi di raccolta delle acque antincendio”;
Queste norme e questi
indirizzi istruttori tecnici sono stati presi in considerazione per gli
impianti di Multedo e di Fegino? Considerate che questi impianti devono
adeguarsi alla nuova normativa Seveso e da tempo. Secondo il comma 6 articolo
15 del DLgs 105/2015 per gli stabilimenti preesistenti, deve essere
aggiornato entro il 1° giugno 2016 (se è il primo rapporto), altrimenti
l’aggiornamento era biennale nel vecchio Dlgs 334/1999 e (comma 4 articolo 7)
ed ora dlgs 105/2015 (comma 8 articolo 15)
Il rischio di incidente rilevante e la rimozione
delle norme che possono prevenirlo
1. L’allegato
E al DLgs 105/2015 (attuazione Direttiva Seveso III) prevede:
1.1. La procedura di
individuazione dei gruppi domino preliminari e definitivi: due o più
stabilimenti, tra gli impianti dei quali si possano verificare effetti domino.
1.2. I criteri per
individuare l’area ad elevata concentrazione di stabilimento a rischio di
incidente rilevante (area RIR) tra i quali è possibili effetto domino
1.3. I criteri per la
perimetrazione dell’area RIR di interesse per lo studio di sicurezza
integrato di area (SSIA)”
2. Applicare
ai Piani di Emergenza Esterni degli impianti Seveso il documento Ispra intitolato: “Indirizzi per
la sperimentazione dei Piani di Emergenza Esterna degli stabilimenti a rischio
di incidente rilevante ai sensi dell’articolo 21 del DLGS 105/2015” QUI.
3. Non è
dato sapere per gli impianti Seveso dell’area siano stati rispettate le linee
guida sulla verifica di vetustà dell’impianto come elaborato dall’apposito
Gruppo tecnico nazionale (vedi QUI);
Cosa deve fare la Regione
Per gli impianti più
pericolosi (vi rientrano sicuramente quelli di cui parliamo) occorre ricordare
che la Regione partecipa come membro permanente ai Comitati Tecnici Regionali.
Questi CTR hanno le
seguenti funzioni:
a) effettuare le istruttorie sui rapporti di sicurezza e adotta i provvedimenti conclusivi;b) programmare e svolgere le ispezioni ordinarie e adottare i provvedimenti discendenti dai relativi esiti;
c) applica, tramite la Direzione regionale o interregionale dei Vigili del fuoco, le sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni delle norme della Seveso III
d) fornire al Comune un parere tecnico di compatibilita’ territoriale ed urbanistica, e fornire alle autorità competenti per la pianificazione territoriale e urbanistica i pareri tecnici per l’elaborazione dei relativi strumenti di pianificazione. In altri termini controllare come il Comune pianifica le aree con presenza di industrie classificata Seveso III
e) individuare gli stabilimenti o i gruppi di stabilimenti soggetti ad effetto domino e le aree ad elevata concentrazione di stabilimenti e provvedere ai relativi adempimenti.
Le Amministrazione Regionali succedutesi in questi ultimi 20 anni si sono mai occupati direttamente di queste funzioni? No le hanno lasciate in mano ai loro rappresentanti tecnici nel CTR senza supportarli politicamente e con indirizzi innovativi che emergavano dai documenti nazionali e dalle migliori esperienze europee.
LA QUESTIONE DELLE CONDOTTE PETROLIFERE
L’incidente delle condotte dal deposito Iplom e le
lacune della normativa Seveso III
L’incidente prodotto dalla
condotta collegata ai depositi in località Fegino (GE) ha posto all’attenzione della opinione
pubblica la questione della manutenzione, del percorso e della vigilanza su
queste infrastrutture.
La legge nazionale che ha
recepito la Direttiva Seveso (L. 105 del
26 giugno 2015) non aveva all’epoca
considerato l’opportunità di estendere al trasporto di sostanze pericolose in
condotte il campo di applicazione della Direttiva stessa escludendo all’art. 2
c. 2 lettera d) il “trasporto di sostanze pericolose in condotte, comprese le
stazioni di pompaggio al di fuori degli stabilimenti soggetti al presente
decreto”.
I criteri e indirizzi
tecnico operativi per la valutazione delle analisi degli incidenti rilevanti
con conseguenze per l’ambiente pubblicate da Ispra nel 2013 confermano la
necessità di valutare all’interno delle procedure della normativa Seveso i
rischi delle condutture e infrastrutture esterne agli impianti considerati
Seveso.
L’obiettivo del rapporto è
quello di fornire ai tecnici del Sistema agenziale, criteri ed indirizzi
tecnico-operativi da applicare per la valutazione delle analisi degli incidenti
rilevanti con conseguenze ambientali originati dal rilascio incontrollato di
sostanze eco-tossiche nelle acque superficiali quali fiumi, laghi, acque
costiere e marine.
Sempre dal rapporto si
evince che la maggior parte delle aziende a rischio di incidente rilevante che
trattano o stoccano prodotti petroliferi e sostanze ecotossiche (sopra soglia)
in prossimità di un corpo idrico superficiale, operano nelle vicinanze di corsi
d’acqua di rilevante interesse dal punto di vista delle dimensioni, della
capacità di veicolare sostanze o della diretta connessione con il comparto
marino costiero.
Sempre Ispra nel marzo
2016 pubblica la traduzione del documento “Question&Answer – Directive
2012/18/EC – Seveso III”.
Il documento proveniente
dalla Commissione Europea contiene le risposte ad alcuni quesiti specifici
posti alla Commissione stessa dalle autorità nazionali degli Stati Membri. Essi
riguardano questioni tecniche emerse nell’attuazione della direttiva e di
quelle precedenti.
In particolare
il primo quesito riportato nel documento è il seguente: “Qual è la
relazione tra Direttiva Seveso III e la Convenzione n.174 del 1993 dell’OIL
(Organizzazione Internazionale del Lavoro) sulla prevenzione degli incidenti
industriali maggiori, soprattutto riguardo alle condotte e alle installazioni
nucleari?”
La Commissione ha così
risposto: “Gli Stati Membri che hanno ratificato in tutte le sue parti la
Convenzione n. 174 del 1993 dovrebbero aver implementato misure coerenti con
quest’ultima. Nelle aree che non sono soggette alle prescrizioni della
direttiva, per esempio le condotte, si ritiene che gli Stati Membri
estenderanno l’ambito di applicazione della direttiva Seveso III all’interno
della propria legislazione nazionale oppure che adotteranno specifici distinti
provvedimenti.”
Appare chiarissima la
dichiarazione della Commissione che conferma la possibilità di estendere
l’applicazione della normativa Seveso anche agli oleodotti o comunque
condutture che trasportano sostanze pericolose che sono comunque connesse con
tali impianti.
Cosa deve fare la Regione
1. Prima di
tutto chiedere al Parlamento Nazionale di approvare il disegno di legge
presentato da anni (con una petizione della Associazione L’Altra Liguria) in
cui modifica il DLgs 105/2015 (attuazione Direttiva Seveso III) estendo il campo di applicazione della
Direttiva anche alle condotte petrolifere e di combustibili gassosi.
2. A
prescindere dall’aggiornamento normativo di cui al punto 1: promuovere una
revisione dei programmi ispettivi ex DLgs 105/2015 che tenga conto delle
condotte esterne agli impianti classificati Seveso. Questo anche sulla base del
fatto che nel programma 2016 il Comitato Tecnico Regionale ha ricompreso
l'attività ispettiva sullo stabilimento IPLOM di Busalla. Il suddetto programma
può essere ovviamente soggetto a revisione qualora intervengano fatti che ne
richiedano la rimodulazione al fine di intensificare i controlli o di
effettuare indagini di mirate in occasione al verificarsi di incidenti o quasi
incidenti. Infatti i piani ispettivi x Seveso III devono tra l’altro definire
la zona geografica coperta dalla attività ispettiva. Non solo ma il Rapporto sui criteri ed
indirizzi tecnico-operativi per la valutazione delle analisi degli incidenti
rilevanti con conseguenze per l’ambiente elaborate dal sistema Arpa
e Ispra nel 2013 sottolinea come i Rapporti di Sicurezza esaminati
sottovalutino il rischio di dispersione in mare da condotte e tubazioni e
auspica tra le misure di prevenzione di sistematici controlli di tutti i punti
delle tubazioni di collegamento terra-piattaforma a mare.
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