La Giunta Toti quando si tratta di legiferare in campo ambientale non ne indovina una e quindi si becca,anche a legislatura regionale ormai conclusa, un’altra bocciatura dalla Corte Costituzionale che arriva dopo molte altre come spiego QUI. Questa volta si tratta di violazione:
1. della normativa che vieta immissione nelle acque interne di fauna ittica non autoctona
2. della normativa sul numero di giorni di caccia di appostamento per la fauna migratoria
La sentenza è la n° 178 del 30 luglio 2020 (QUI) che vado sinteticamente a descrivere…
IMMISSIONE FAUNA ITTICA NON AUTOCTONA NELLE ACQUE INTERNE
La prima delle disposizioni impugnate pone il divieto di immissione nelle acque interne di specie ittiche non autoctone solo se feconde, con conseguente libertà di immissione, nei corpi idrici, degli esemplari sterili.
La prima delle disposizioni impugnate pone il divieto di immissione nelle acque interne di specie ittiche non autoctone solo se feconde, con conseguente libertà di immissione, nei corpi idrici, degli esemplari sterili.
La competenza esclusiva dello Stato nelle immissioni
di specie ittiche
In tema di immissione di
specie ittiche questa Corte ha chiarito che la disciplina: "dell'introduzione,
della reintroduzione e del ripopolamento di specie animali rientra nella
esclusiva competenza statale di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s),
della Costituzione, trattandosi di regole di tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema e non solo di discipline d'uso della risorsa ambientale - faunistica".
Nell'esercizio di tale sua competenza esclusiva, finalizzata ad una "tutela piena ed adeguata"
dell'ambiente, "lo Stato può porre
limiti invalicabili di tutela" (sentenza n. 30 del 2009; nello stesso
senso, sentenza n. 288 del 2012, sentenza n. 98 del 2017).
L'affermazione di tale competenza comporta
che le Regioni devono adeguarsi alla normativa statale in materia ambientale,
potendo solo definire, nell'esercizio della loro potestà legislativa, livelli
di tutela ambientale più elevati di quelli previsti dallo Stato (sentenze n. 74
del 2017, n. 278 del 2012 e n. 151 del 2011).
Che si tratti di materia ambientale rimessa alla competenza statale è di tutta evidenza: basti infatti considerare che non ha senso una settoriale competenza regionale riferita alla immissione in natura di individui, ancorché non integranti il concetto di specie, che, come nei fiumi, influenzano i territori di altre Regioni. L'immissione di materiale ittico sterile non può certo costituire un livello di tutela ambientale più elevato di quello prescritto dal legislatore statale in quanto detta tipologia di fauna ittica potrebbe ricomprendere anche individui capaci di causare danni all'ambiente al di là delle proprie capacità riproduttive.
che, all'art. 12, comma 3, del D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche), vieta l'introduzione di specie alloctone e, all'art. 6 del decreto legislativo 15 dicembre 2017, n. 230, recante “Adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 1143/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2014, recante disposizioni volte a prevenire e gestire l'introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive”, dispone il divieto di rilascio in natura di “esemplari di specie esotiche invasive di rilevanza unionale” (art. 6 del DLgs. n.230 del 2017) ovvero di specie che sono spostate al di fuori del loro areale naturale.
ESERCIZIO CACCIA DA APPOSTAMENTO DI FAUNA MIGRATORIA
La norma regionale impugnata prevede l'integrazione di due giornate settimanali per l'esercizio venatorio da appostamento alla fauna selvatica migratoria nel periodo intercorrente fra il 1° ottobre e il 30 novembre, salva la facoltà della Giunta regionale, sentito l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), di modificare tale integrazione. La Corte Costituzionale afferma che l'art. 18, comma 4, della legge n. 157 del 1992 prescrive l'adozione del Calendario Venatorio con atto amministrativo e tale previsione costituisce espressione della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema (si vedano precedenti pronunce: sentenze n. 258 del 2019, n. 193 e n. 90 del 2013, e n. 20 del 2012).
La scelta dell’atto amministrativo (Calendario Venatorio) deriva in particolare dal fatto che, a differenza della legge regionale,può essere velocemente rivisto nel caso di esigenze sopravvenute proprio per la tutela della fauna.
Quindi secondo la Corte Costituzionale la norma regionale impugnata, disponendo espressamente l'aggiunta di due giornate di caccia settimanali, si pone in contrasto con tale obbligo e comporta un'illegittima invasione della sfera di competenza statale in materia ambientale.
Nessun commento:
Posta un commento