Ecco il quarto post di
proposte di governo per i candidati alle prossime elezioni regionali . Qui
partendo dal caso del porto petroli Multedo (GE), ed alla sua discussa e sempre
rinviata ricollocazione , si fa
riferimento:
1. prima di
tutto alla giurisprudenza del consiglio di stato sulla prevalenza della
pianificazione urbanistica relativamente alla presenza e alla modifica di
questa presenza di depositi di oli minerali;
2.
all’aumento di capacità di stoccaggio di una delle aziende presenti in questa
area in palese contrasto con detta giurisprudenza e detta pianificazione
locale;
3. per
concludere con un ragionamento più generale legato alla esigenza di vedere questioni
come quella della ricollocazione dei depositi di Multedo ma anche di altri come
quelli del Fegino, nell’ottica di una pianificazione degli ambienti costieri
fondata sui migliori e più recenti indirizzi della Unione Europea.
Insomma si descrive quello
che non è stato fatto, le norme anche urbanistiche oltre che ambientali non
applicate e come invece dovevano e dovrebbero essere applicate e questa
descrizione può essere un impegno da condividere da parte dei candidati alle
prossime elezioni regionali soprattutto
se si dichiarano ambientalisti.
LA QUESTIONE MULTEDO
Le promesse non mantenute sulla dismissione degli impianti di Multedo
In seguito all’incidente del 1987, fu immediatamente siglato un protocollo d’intesa tra Provincia, Comune e Regione che impegnava la politica e gli enti locali a dismettere le attività relative ai depositi costieri da quelle aree entro il 1991. Nel PUC (Piano Urbanistico Comunale), le zone nelle quali oggi operano Carmagnani S.P.A, Superba e Fondega Sud, sono individuate come “distretti di trasformazione” con “l’obiettivo primario di eliminazione delle incompatibilità ambientali e urbanistiche, per ricostituire una continuità di funzioni produttive ed urbane ambientalmente compatibili”.
Il Consiglio superiore dei lavori pubblici nella sua adunanza del 1º ottobre 1999 relativa al PRP di Genova contiene affermazioni e indicazioni incontrovertibili relativamente alla questione relativa all’allontanamento del Porto petroli dal centro abitato e ritiene che tali ineludibili problematiche debbano essere oggetto di una successiva variante del PRP, considerate le attuali lacune dello strumento pianificatorio.
I piani territoriali di coordinamento degli insediamenti produttivi della Regione Liguria, attraverso approvazione con la deliberazione regionale n.95/1992, relativamente all’area di intervento n.4, affermano quanto segue: “In relazione all’obiettivo di competitività dell’Area Metropolitana Genovese il piano assegna all’area un ruolo strategico nella riqualificazione urbanistica del ponente genovese, indicando l’obiettivo (conseguibile per fasi) della progressiva contrazione e definitiva rilocalizzazione del Porto Petroli, e in prospettiva della sua sostituzione con funzioni urbanistiche compatibili”.
La posizione sopra citata, espressa dai piani territoriali della Regione Liguria, relativa alla necessità di una rilocalizzazione del Porto Petroli, è stata ulteriormente confermata anche dall’approvazione del PUC approvato con D.P.G.R n 44/2000.
Quanto sopra espresso è stato ulteriormente confermato mediante delibera anche dalla seduta congiunta, avvenuta in Regione Liguria in data 17/09/2015, con il comitato tecnico regionale per il territorio e la sezione per la pianificazione territoriale e urbanistica, per il progetto definitivo del piano urbanistico comunale:
Eni, maggiore azionista di Porto Petroli, insieme a Porto Petroli, qualche anno fa propose l’installazione di una boa offshore, progetto che andava proprio nella direzione indicata dalla Regione Liguria e del Comune di Genova verso una progressiva contrazione per una definitiva rilocalizzazione, che avrebbe permesso di allontanare le petroliere, e quindi la movimentazione del greggio, dal centro abitato ma che a causa della crisi economica e del crollo relativo alla richiesta del petrolio ha poi deciso, nel 2016, di rinunciarvi [NOTA 1].
Ad oggi, malgrado siano passati 30 anni, ancora NULLA è stato fatto e che non sia stata ancora definita una nuova area dove poterli destinare.
Non solo ma il Porto Petroli ha, nel mese di Aprile 2018, ottenuto dal comitato Portuale il via libera per la proroga della concessione per ulteriori 10 anni nel sito di Multedo, malgrado il piano d’impresa della ditta stessa continui a non prevedere una graduale contrazione delle attività al fine di una totale futura rilocalizzazione, come richiesto dagli enti locali, Regione e Comune, mediante delibere, dai primi anni dal 1992.
Eppure la giurisprudenza
riconosce poteri non banali alla pianificazione comunale se vigente al momento
di modifiche o nuove autorizzazioni anche ad impianti esistenti . Altra arma di
pressione quindi verso i gestori dei depositi genovesi di cui stiamo
parlando, guardiamo ad esempio questa sentenza del Consiglio di Stato
I Depositi di oli minerali anche se strategici devono
rispettare la conformità urbanistica vigente
Il Consiglio di
Stato, confermando la sentenza in primo grado del TAR Campania (n°
2297/2018 QUI), ha
dichiarato la illegittimità della decisione della Regione Campania di non
applicare la VIA ad un mega deposito di gpl esistente che chiedeva un
ampliamento
La sentenza del
Consiglio di Stato in questione è quella della sez. VI n°
4484 del 23 luglio 2018, per il testo vedi QUI.
In
particolare risultano interessanti le motivazioni relative
alla compatibilità urbanistica del progetto con la nuova pianificazione
comunale intervenuta nel frattempo di un progetto classificato come
strategico ai sensi dell’articolo 57 della legge 35/2002 (Disposizioni per
le infrastrutture energetiche strategiche, la metanizzazione del mezzogiorno e in
tema di bunkeraggio).
In particolare secondo il Consiglio
di Stato: “E’ quindi evidente la sostanziale differenza tra le condizioni
urbanistiche e ambientali esistenti nel corso della prima verifica di
assoggettabilità del 2003 rispetto a quelle oggetto della seconda verifica.”
Quindi al di la del caso specifico esaminato nella sentenza (progetto
autorizzato ma non realizzato compiutamente e successiva domanda di ampliamento
del progetto autorizzato) il Consiglio di Stato afferma un principio
significativo e cioè che la pianificazione urbanistica vigente è elemento
vincolante nelle procedura di autorizzazione e valutazione di un impianto
industriale tanto più se a rischio di incidente rilevante. Infatti la
sentenza del Consiglio di Stato aggiunge subito dopo: “deve precisarsi che la
valutazione di compatibilità di un progetto deve essere effettuata tenendo
conto anche degli ulteriori progetti relativi alla medesima area territoriale,
anche se solo autorizzati o pianificati e non materialmente eseguiti. Alla luce
delle considerazioni che precedono - nonostante l’ambito della valutazione
ambientale sia in genere contraddistinto da profili particolarmente ampi di
discrezionalità amministrativa sul piano dell’apprezzamento degli interessi
pubblici in rilievo e della loro ponderazione rispetto all’interesse
all’esecuzione dell’opera - nel caso di specie, risulta evidente come
l’amministrazione abbia fatto cattivo uso del proprio potere discrezionale, per
non aver dato conto dei rilevanti aspetti appena evidenziati (e non presenti
nel 2003).”
In sostanza nel momento in
cui si chiede la autorizzazione a collocare un impianto industriale ma anche a
modificare parzialmente un impianto esistente occorre verificare cosa la
pianificazione vigente prevede intorno all’area dove dovrebbe essere realizzato
detto impianto, questo anche se dette previsioni non siano ancora realizzate.
Ne rileva nel caso in
esame l’impegno del committente dell’impianto industriale a ricollocare lo
stesso quando la nuova pianificazione verrà realizzata. Afferma il Consiglio di
Stato sul punto: “Va osservato che deve aversi riguardo al solo regime
giuridico imposto al territorio dallo strumento di pianificazione, il quale,
oltretutto, non è soggetto a limiti temporali di efficacia. E’ rispetto alla
conformazione giuridica dell’area stabilita dal piano regolatore che assume
significato il concetto di variante. Risulta invece ininfluente il fatto che,
materialmente, non si sia ancora proceduto a riqualificare la zona secondo la
destinazione da ultimo impressa dal PRG, essendo sempre possibile procedere in
tal senso anche in futuro.”
Questo la giurisprudenza
anche recente ma nonostante ciò, nonostante quanto scritto sopra ecco che
arriva…
Intanto occorre dire che
secondo l’articolo 18 del DLgs 105/2015 (attuazione direttiva Seveso III in
Italia) Le modifiche che potrebbero
costituire aggravio del preesistente livello di rischio di incidenti rilevanti,
e le procedure e i termini
di cui al comma 1, sono
definiti all'allegato D.
In particolare l’allegato
D al punto 2 prevede: “2. MODIFICHE CHE
NON COSTITUISCONO AGGRAVIO
DEL PREESISTENTE LIVELLO DI
RISCHIO DI INCIDENTI RILEVANTI”, prevede che:
“Il gestore, contestualmente alla
realizzazione delle modifiche al proprio stabilimento, non ricomprese tra
quelle di cui al punto
1, deve comunque aggiornare il modulo di cui all'allegato 5 del presente
decreto”.
Il modulo è quello che si
trova a questo link QUI.
Quindi prima di tutto
occorreva verificare il rispetto corretto della suddetta procedura.
Ma non basta perché anche
se fosse vero che l’aumento di capacità di stoccaggio dei depositi Carmignani
rientri ne limiti di legge tali da non richiedere una nuova Notifica e quindi
un nuovo Nulla osta di Fattibilità del CTR, resta che siamo di fronte ad un
consolidamento di un impianto che ad esempio deve dimostrare di essere adeguato alle ultime novità in materia di
normativa Seveso. In particolare alle norme e alle linee guida
sull’invecchiamento degli impianti e delle tecnologie che fanno parte dello stabilimento soggetto a detta
normativa. Facciamo riferimento
all’articolo 14 del DLgs 105/2015, all’allegato B a detto DLgs 105/2015,
alle linee guida del Gruppo di lavoro istituito nell’ambito del
Coordinamento per l’uniforme applicazione sul territorio nazionale.
E’ indubbio che impianto
vetusti come quello in esame nel momento in cui si prevede un loro
consolidamento (al di la dei limiti di legge delle sostanze utilizzate)
richiedano una verifica preventiva di quanto sopra indicato. Questo anche alla
luce della definizione di invecchiamento, ex
nota 3 al punto 3.3.4. allegato B al DLgs 105/2015:"L'invecchiamento non è connesso all'età
dell'apparecchiatura, bensì alle modifiche che la stessa ha subito nel tempo,
in termini di grado di deterioramento e/o di danno subito”.
A tutto questo occorre
aggiungere che di fronte ad un consolidamento di un impianto Seveso che va a
collocarsi in un area con altri impianti assoggettati a detta normativa non è
mai stato predisposto uno studio integrato di area che affronti preventivamente
il rischio effetto domino in caso di incidente rilevante ma anche di quasi
incidente rilevante. Questa ultima dizione introdotta dalle linee guida sulla
verifica della vetustà degli impianti Seveso, sopra richiamate, di quasi
incidente rilevante [NOTA 2].
Nonostante ciò, nonostante
la giurisprudenza sopra citata, nonostante quanto ho descritto sulla potenziale
illegittimità della procedura scelta, si è andati avanti con l’aumento dello
stoccaggio alla Carmagnani!
UNA NUOVA STRATEGIA PIANIFICATORIA PER LE COSTE LIGURI
La problematica sopra
esposta è emblematica del fatto che questioni come quella della ricollocazione
del porto petroli di Multedo non possono
essere affrontate con una logica di trasferimento in chiave meramente urbanistica
ma occorrerebbe prima di tutto rivedere tutta la destinazione funzionale della
linea di coste secondo i parametri UE della pianificazione in ambienti
costieri.
Una nuova pianificazione
delle attività umane sugli ambienti costieri deve inquadrare la problematica della sostenibilità di
determinate attività in una logica di area vasta, sulla base di parametri
condivisi di valutazione: ambientali, sanitari, sociali, economici,
industriali. La UE ha prodotto strumenti di regolamentazione della
pianificazione sostenibile degli ambienti costieri e degli usi che in tali
ambienti l’uomo ha realizzato o prevede di realizzare. Strumenti anche di tipo
operativo con apposite linee di finanziamento per piani programmi e progetti
sostenibili nell’uso delle nostre coste. Basti pensare:
1. Direttiva 2008/56/CE che istituisce una quadro per l’azione comunitaria
nel campo della politica per l’ambiente marino
2. Regolamento (ue) n. 1255/2011 del 30 novembre 2011 che istituisce un programma di
sostegno per l’ulteriore sviluppo di una politica marittima integrata
3. Direttiva 2014/89/UE sulla pianificazione degli ambienti costieri
integrata con le politiche marittime
4. DLgs
201/2016: Attuazione della direttiva 2014/89/UE che istituisce un quadro per
la pianificazione dello spazio marittimo.
Questi atti della UE
individuano uno strumento di coordinamento per attuare i suddetti indirizzi
operativi è la pianificazione dello spazio marittimo (PSM).
La PSM costituisce
uno strumento di governance efficace ai fini di una gestione basata sugli
ecosistemi che affronti l’impatto combinato delle attività marittime, i
conflitti connessi alle diverse utilizzazioni dello spazio e la preservazione
degli habitat marini.
La PSM si deve fondare sui
seguenti principi:
1. connettività
terra-mare grazie al requisito di coerenza tra la pianificazione dello
spazio marittimo e la gestione integrata delle zone costiere.
2. parametri vincolanti
per gli strumenti di pianificazione esistenti, in Italia e in Liguria,
come ad esempio: piani regolatori dei porti, piani regionali di tutela
delle coste, piani paesaggistici per le aree costiere, strumenti urbanistici
tradizionali (piani urbanistici comunali, piani territoriali di coordinamento
provinciali e regionali), ma anche strumenti urbanistici attuativi di
questi piani, piani dei trasporti nazionali e regionali con particolare
riferimento alla attività marittima, piani di riconversione in aree delimitate
con gravi emergenze ambientali e socio economiche con carattere maggiormente
prescrittivo
3. partecipazione del pubblico affinché tutte le
parti interessate possano contribuire fin dalle fasi iniziali
all'elaborazione dei piani di gestione dello spazio marittimo e
delle strategie di gestione integrata delle zone costiere.
Quanto
sopra richiede una impostazione metodologica non limitata al censimento di aree
secondo logiche prettamente economiche o di disponibilità ma individuando:
1. Analisi del quadro economico e ambientale comprese le lacune procedurali e
di monitoraggio sotto il profilo della correlazione tra ambiente e salute
2. Metodologie e parametri di valutazione per scenari
3. Percorsi politico amministrativi
4. Piani e programmi e filoni di finanziamento
5. Modalità di coinvolgimenti di tutti
gli attori sociali interessati
[NOTA 1] https://genova.repubblica.it/cronaca/2016/03/15/news/niente_boa_offshore_al_porto_petroli_tursi_all_attacco-135555060/
[NOTA 2] (norma tecnica UNI 10617: 2012): qualunque evento straordinario che avrebbe potuto
trasformarsi in un incidente rilevante. La differenza tra un incidente
rilevante e un quasi incidente rilevante non risiede nelle cause o nelle modalità di evoluzione dell'evento, ma solo
nel diverso grado di sviluppo delle conseguenze o nella casualità della presenza di cose o persone
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