giovedì 8 ottobre 2020

Conferenza Servizi Biodigestore Vezzano Ligure: non si può rimuovere la non conformità urbanistica del progetto

 

Ho letto alcuni titoli della stampa locale sulla conferenza dei servizi tenutasi ieri sul progetto di Biodigestore proposto a Saliceti (Vezzano Ligure). I titoli non rispondo in alcuni casi a quanto effettivamente emerso in Conferenza. Non c'è stato alcun SI, tanto meno definitivo, al biodigestore ma si è solo conclusa la istruttoria tecnica sulla compatibilità ambientale del progetto (la c.d VIA: Valutazione di Impatto Ambientale). La compatibilità ambientale del progetto è parte del procedimento generale che dovrà portare a decidere la autorizzazione finale ma non è esaustiva. Non solo ma ieri in Conferenza i vari enti tecnici e i settori della Regione si sono pronunciati oralmente quindi ora dovranno formulare per iscritto i loro pareri. Aggiungo che la ViceDirettore Generale Ambiente della Regione ieri ha voluto interpretare che, quanto affermato in modo chiaro e netto dal Comune di Vezzano Ligure in relazione alla non conformità urbanistica del progetto, non costituirebbe oggetto della seduta della Conferenza.

La motivazione apportata dalla ViceDirettore è che tanto ai sensi della vigente normativa (comma 6 articolo 208 del DLgs 152/2006) la autorizzazione costituisce variante allo strumento urbanistico vigente nel Comune, quindi sempre secondo questa dirigente non ha senso affrontare in sede di compatibilità ambientale la non conformità urbanistica del progetto.

Ora intanto anche solo con un ragionamento di buon senso verrebbe da rispondere a questa dirigente: se attraverso la autorizzazione di un progetto si trasforma la destinazione funzionale di un area da agricola a industriale produttiva perché non dovrei valutare l’impatto di questa trasformazione non solo rispetto all’impianto del progetto ma anche alle conseguenze che sull’area vasta anche in termine di evoluzione temporale produrrà al territorio comunale interessato?

Ma siamo in un procedimento disciplinato dalla legge e quindi lasciamo i ragionamento di metodo (pur validissimi soprattutto nella valutazione ambientale dove conta la sostanza della istruttoria prima ancora che i formalismi della procedura e anche su questo c’è giurisprudenza peraltro) e torniamo appunto a leggi e giurisprudenza in materia.

 

SULLA QUESTIONE DELLA AUTORIZZAZIONE CHE ANDREBBE IN VARIANTE AUTOMATICA ALLA PIANIFICAZIONE URBANISTICA VIGENTE

Il Consiglio di Stato,  sentenza n° 4991 pubblicata oggi 10 agosto 2020  QUI, ha confermato un precedente indirizzo  (QUI)  sul potere di pianificazione comunale prevalente a determinate condizioni di adeguata motivazione sulle autorizzazioni agli impianti di gestione rifiuti comprese le modifiche agli impianti esistenti.

In particolare la nuova sentenza riconosce il diritto del Comune di opporsi, in conferenza dei servizi, alla autorizzazione all’aumento delle quantità e qualità dei rifiuti trattati in un impianto esistente in quanto con variante generale al piano urbanistico comunale aveva variato la destinazione urbanistica della zona interessante a residenziale.

Il Consiglio di Stato pur ricordando che il comma 6 articolo 208 del DLgs 152/2006 afferma che l’approvazione del progetto: “costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori”, ha altresì rilevato che il comma 3 del medesimo articolo precisa invece che: "la decisione della conferenza dei servizi è assunta a maggioranza e le relative determinazioni devono fornire una adeguata motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza".

Secondo la sentenza qui esaminata quindi i due commi vanno interpretati nel senso che occorre motivare: “le ragioni di pubblico interesse sottese ad una scelta pianificatoria provinciale che si pone in aperto contrasto rispetto alla posizione assunta dal Comune in sede conferenziale, nonché rispetto alla formale variante urbanistica comunale, la quale denota la forte determinazione del Comune nel volere trasferire l’impianto in altro sito in considerazione del particolare contesto paesaggistico ed ambientale dell’area.”

Sui due commi dell’articolo 208, sopra citato, il Consiglio di Stato fa una affermazione di interpretazione generale: “la norma richiamata è significativa della volontà del legislatore di coordinare in modo armonico l’esercizio dei concorrenti poteri di pianificazione spettanti ai diversi livelli di governo del territorio e, secondo il consolidato indirizzo ermeneutico seguito dalla giurisprudenza costituzionale, appare anzi doverosa la leale collaborazione degli enti territoriali nel rispetto delle reciproche prerogative, anche costituzionalmente tutelate.”

Nel caso specifico, secondo il Consiglio di Stato:  “il provvedimento provinciale impugnato è stato difettoso in punto di motivazione, perché ha mancato di illustrare, in modo per l’appunto adeguato, le ragioni per le quali il dissenso manifestato dal Comune è superabile.”

Insomma mentre l’indirizzo della giurisprudenza del Consiglio di Stato, di cui avevo trattato QUI, aveva ad oggi affermato che il Comune si può opporre in sede di Conferenza dei Servizi alla automaticità della variante per effetto della autorizzazioni ma lo deve fare motivando adeguatamente, ora la nuova sentenza afferma che anche l’ente autorizzatore se occorre una variante alla destinazione urbanistica deve dimostrare che i motivi che stanno alla base della autorizzazione sono superiori a quelli della vigente destinazione urbanistica dell’area.

 

 

SULLA IMPOSSIBILITÀ IN SEDE DI VIA DI VALUTARE LA NON CONFORMITÀ URBANISTICA DEL PROGETTO

A prescindere dalla interpretazione, peraltro chiarissima, della giurisprudenza sulla reale efficacia della norma sulla autorizzazione in variante comunque la giurisprudenza amministrativa univoca afferma da tempo, ma anche recentemente come vedremo di seguito, che la non conformità urbanistica debba essere oggetto di valutazione all’interno del procedimento di VIA. D’altronde altrimenti a cosa servirebbe il quadro programmatico presente negli Studi di Impatto Ambientale che devono accompagnare i progetti di opere sottoponibili a VIA?

Ma torniamo alla giurisprudenza chiarissima sul punto.

Il Consiglio di Stato (Sez. VI, 28/8/2008 n° 4097)  ha precisato che nella VIA “La conformità urbanistica del progetto alle previsioni urbanistiche comunali […] costituisce, contrariamente a quanto prevede l’appellante, elemento indispensabile della valutazione […] relativa alla verifica di impatto ambientale, che […] elenca tra i documenti da produrre a cura dell’interessato ‘una relazione sulla conformità del progetto alle previsioni in materia urbanistica, ambientale e paesaggistica’: un tale obbligo indica, del tutto logicamente, il valore di presupposto indispensabile della congruenza del progetto con le previsioni che la documentazione richiesta è chiamata ad attestare”.


NON SOLO MA  in coerenza con quanto sopra la questione della conformità dell’opera agli strumenti di pianificazione deve essere intesa nel senso che il giudizio di conformità deve essere reso con riferimento  anche agli eventuali profili di tutela ambientale  si veda anche TAR Basilicata 805/2004.   

E’ interessante rispetto a questo quadro giurisprudenziale la sentenza del TAR Campania n. 2279 del 2018 in relazione ad un annullamento in sede di autotutela da parte di un Comune di un permesso di costruire per un impianto di trattamento di rifiuti non pericolosi. La motivazione di annullamento di detto permesso è stata che l’impianto era in zona agricola quindi, secondo la tesi del Comune, non conforme alla pianificazione urbanistica comunale.  In materia rileva in primo luogo il comma 3 articolo 196 del DLgs 152/2006 che recita: “3. Le regioni privilegiano la realizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti in aree industriali, compatibilmente con le caratteristiche delle aree medesime, incentivando le iniziative di auto smaltimento”. 

Il TAR conclude che detta norma costituisce un indirizzo non un vincolo ma al contempo la compatibilità di un impianto di rifiuti con una determinata destinazione funzionale (agricola o meno) prevista dalla pianificazione urbanistica deve essere valutato non in astratto ma in concreto rispetto cioè alle caratteristiche ambientali naturalistiche sanitarie socio economiche del sito interessato.

 

Ancora si veda Consiglio di Stato Sez. III sentenza n. 4689, del 24 settembre 2013:  “la compatibilità urbanistica dell’impianto, benché non espressamente contemplata dall’art. 216 del d.lgs. 152/2006 e dal d.m. 5 febbraio 1998, non può non costituire presupposto per il legittimo esercizio dell’attività di recupero dei rifiuti, atteso che deve essere qualificato sicuramente pericoloso per la preservazione dell’ambiente circostante un impianto che, sebbene rispetti le specifiche tecniche del caso, si ponga in dissonanza con la destinazione urbanistica dell’area;”. 

 

Ma più recentemente molto significativo, e integrativo, è quanto affermato dal Consiglio di Stato con sentenza n°4484 del 2018 (QUI) è intervenuto in relazione alle modalità di svolgimento della procedura di VIA e relativa autorizzazione finale di un deposito GPL di rilevanti dimensioni (mc 10.416).

Il Consiglio di Stato ribadisce alcuni principi generali (in continuità con altre sentenze, si veda sentenza n°2297 del 2018 (QUI).

In particolare della sentenza 4484/2018 rileva, ai fini del nostro ragionamento, il passaggio secondo il quale la VIA di un progetto deve essere effettuata tenendo conto anche degli ulteriori progetti relativi alla medesima area territoriale, anche se solo autorizzati o pianificati e non materialmente eseguiti. Aggiunge il Consiglio di Stato: “E’ rispetto alla conformazione giuridica dell’area stabilita dal piano regolatore che assume significato il concetto di variante. Risulta invece ininfluente il fatto che, materialmente, non si sia ancora proceduto a riqualificare la zona secondo la destinazione da ultimo impressa dal PRG, essendo sempre possibile procedere in tal senso anche in futuro.”


Quanto sopra non mi sembra poco e inviterei i dirigenti della Regione ad avere un atteggiamento più cauto e aggiungo più neutro nell'interpretare certe norme o no? 


 

 



5 commenti:

  1. marco devo per caso pensare che i dirigenti non siano all'altezza di esercitare le loro funzioni in rispetto delle normative?

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    1. premesso che non amo rispondere a chi non si qualifica con nome e cognome e penso che rimettere la funzione che impedisce commenti da sconosciuti, io mi limito a descrivere criticamente comportamenti e interpretazioni le valutazioni personali le lascio a chi ha voglia di farlo.

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    3. aggiungo al signore che si nasconde (forse perchè non è convinto di quello che scrive) che io ho descritto una serie di sentenze lui ha fatto solo delle inutili illazioni personali. Secondo me conoscendo la pubblica amministrazione spezzina penso si tratti di un burocrate ma qui la mia è solo una supposizione ovviamente

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    4. che poi ripensadoci so bene chi è questo sconosciuto visto che mi chiama Marco mi conosce bene e viceversa. Lui una volta non la pensava così dei funzionari e dirigenti quanto meno era più obiettivo poi ha fatto carriera è passato dall'altra parte e ora fa il pesce in barile. CHE TRISTEZZA!

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